Politiche per l’integrazione lavorativa: il punto della situazione e le prospettive in Italia


Nicola Orlando | 16 Novembre 2018

In Italia, come nel resto del mondo e in Europa, la condizione lavorativa delle persone con gravi condizioni di salute è sicuramente peggiore di quella della popolazione residente considerata nel suo complesso. I dati dell’Indagine Multiscopo dell’Istat mostrano infatti come la situazione lavorativa delle persone peggiora all’aggravarsi delle condizioni di salute. Tra le persone con disabilità, rispetto al totale della popolazione residente, è più bassa la quota di persone che partecipano al mercato del lavoro e di occupati ed è più alta la quota di inattivi, ritirati dal lavoro o inabili al lavoro.

 

In Italia il sistema per supportare l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è fin dalla fine degli anni ‘60, con la Legge n. 482/1968, basato sullo strumento delle quote. Con la Legge 68/1999 sono stati adottati i principi del collocamento mirato, con l’obiettivo di aumentare la domanda di lavoro da parte delle imprese, sia pubbliche che private, utilizzare servizi mirati per favorire e garantire un sempre più adeguato incontro tra domanda e offerta di lavoro per le persone con disabilità, prevedere incentivi all’assunzione per le imprese, oltre che rimborsi o sgravi fiscali per l’adeguamento dei posti di lavoro. La Legge 68/1999, dunque, ha affiancato al sistema delle quote obbligatorie, servizi di collocamento mirato, incentivi e altri strumenti e istituti con l’obiettivo di facilitare l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. La Legge 68 /99 è altresì oggetto di monitoraggio biennale da parte del Ministero del Lavoro.

Nel passaggio dalla precedente normativa (L. 482/1968) all’attuale (L. 68/1999) si deve anche considerare che negli anni Ottanta una sentenza della Corte Costituzionale ha attestato che la L. 482/1968 escludeva dal collocamento al lavoro gli invalidi psichici e auspicava per le persone con questa tipologia di disabilità la costruzione di percorsi a hoc per gli invalidi psichici, che infatti sono stati previsti dalla Legge 68/1999.

 

Per accedere al sistema del collocamento mirato è previsto un accertamento sanitario che viene svolto da una commissione medica, accertamento che si conclude con una relazione conclusiva in cui viene formulata sia una diagnosi funzionale, sulla condizione psichica, fisica e sensoriale della persona e dunque sulla presenza di  invalidità, che  il profilo socio – lavorativo della persona con disabilità, in collaborazione con i Comitati Tecnici (altro strumento importante della Legge n. 68/1999 che con il “Jobs Act” è stato rafforzato e posto in capo ai servizi del collocamento mirato). Per definire il profilo socio – lavorativo della persona con disabilità si raccolgono informazioni, ad esempio, sulle sue precedenti esperienze lavorative e sul suo percorso scolastico. La previsione del profilo socio-lavorativo permette di rafforzare la diagnosi funzionale. Alcuni referenti dei servizi di collocamento mirato intercettati nell’ambito di alcune attività di ricerca realizzate sostengono che la relazione conclusiva abbia anticipato la classificazione ICF e la Convenzione delle Nazioni Unite, proprio perché abbina alla diagnosi sulle condizioni di salute un’analisi del contesto in cui la persona con disabilità si cala quotidianamente e con cui si confronterà anche quando sarà inserito al lavoro. Il Comitato Tecnico può chiedere alla Commissione Medica di verificare lo stato di salute della persona con disabilità inserita al lavoro, nel momento in cui ciò dovesse rendersi necessario.

 

I dati dell’ultima Relazione al Parlamento sullo Stato di Attuazione della L. 68/1999 (la VIII), relativi al biennio 2014/2015, mostrano che le persone con disabilità avviate al lavoro, rappresentano un terzo delle persone che si iscrivono al collocamento mirato. La maggior parte delle persone con disabilità vengono avviate al lavoro con contratti di lavoro a tempo determinato (il 72% circa nel 2014 e il 63% circa nel 2015): si tratta quindi di posti di lavoro soggetti ad un elevato turnover, con una certa difficoltà per le persone con disabilità a mantenere il posto di lavoro. Tra gli strumenti per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità previsti dalla Legge 68 ci sono anche le convenzioni, che possono essere di vario tipo. Il dato che colpisce è quello relativo allo scarso ricorso alle convenzioni ex articolo 14 del d.lgs. 276/2003 che prevedono l’assunzione da parte delle cooperative sociali in cambio di commesse da parte dell’impresa che così assolve all’obbligo di legge. Sebbene queste convenzioni siano più diffuse di altre due tipologie di convenzioni, quelle ex art. 12 ed ex art.  12 bis della Legge 68/1999 che sono rimaste praticamente inutilizzate. Le convenzioni ex art. 12 ed ex art. 12 bis della Legge 68/1999 obbligano le imprese nei confronti della persona con disabilità inserita al lavoro in maniera stringente rispetto alle convenzioni ex art. 14 del d.lgs. 276/2003 che sono regolate da accordi quadro stipulati a livello territoriale, regionale e/o provinciale.

 

Alcuni strumenti ed istituti del collocamento mirato, laddove hanno funzionato (non si dimentichi che l’applicazione della L. 68/1999, essendo di competenza regionale, si presenta fortemente differenziata da regione a regione) sono stati più di altri validi nel supportare l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Spesso i referenti dei servizi di collocamento mirato sottolineano l’importanza della rete dei servizi del territorio nel supportare l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, sebbene il funzionamento della rete sia fortemente differenziato tra i diversi contesti territoriali. Un altro strumento che ha funzionato particolarmente bene è quello delle convenzioni di programma, ex art. 11 Legge 68 /99, commi 1 e 2, in quanto hanno permesso fino dall’ introduzione della nuova normativa sui collocamenti mirato di stabilire un rapporto tra le imprese e i servizi di collocamento mirato per inserire in maniera programmata le persone con disabilità e con modalità contrattuali flessibili, al fine di assolvere agli obblighi di assunzione previsti dalla Legge. All’interno del sistema di collocamento mirato, uno degli attori importanti della rete sono le cooperative sociali di tipo b, che sono in grado di inserire al lavoro le persone con disabilità in un contesto protetto dove possono sperimentare le proprie capacità lavorative e eventualmente transitare verso le imprese profit. Tra l’altro, come richiamato precedentemente, sono interlocutori privilegiati all’interno delle convenzioni, ex artt. 12 e 12 bis L. 68/99 ed ex art.  14 d.lgs. 276/2003.

 

Tra gli elementi di attenzione nell’attuazione del collocamento mirato ci sono le differenze territoriali nel suo funzionamento di cui tenere conto: è complesso coordinare tutti gli attori coinvolti, a fronte del ruolo di coordinamento delle Regioni. Si registra poi la tendenza delle imprese pubbliche e private, a fronte della carenza tra gli iscritti al collocamento mirato di persone con disabilità con le qualifiche e le competenze richieste, ad evitare il rispetto delle quote preferendo pagare le sanzioni piuttosto che inserire al lavoro le persone con disabilità. Si ravvisa inoltre la necessità di rafforzare lo staff dei servizi di collocamento mirato, sia in termini numerici che in termini di competenze, per garantire un adeguato presidio di tutta la Legge 68 e del collocamento mirato e un buon funzionamento di tutti i suoi strumenti, comprese le attività ispettive.

In questo contesto le persone con disabilità psichiche ed intellettive incontrano le maggiori difficoltà a accedere al mercato del lavoro e possono essere ancora più penalizzate da un sistema di supporto al lavoro non completamente funzionante.

Altri elementi di attenzione sono rappresentati dal fatto che spesso, negli elenchi iscritti nel collocamento mirato, le imprese non trovano persone con disabilità adeguate dal punto di vista del livello di istruzione e delle competenze possedute cosicché da preferire, come già detto in precedenza, il pagamento delle sanzioni piuttosto che inserire una risorsa che non ritengono adatta alle proprie attività. Il collocamento mirato infine soffre di alcune importanti criticità nella disponibilità di dati aggiornati.

 

Tra i recenti cambiamenti sono intervenuti due decreti legislativi in attuazione del “Jobs Act”, il d.lgs. 150/2015 e il d.lgs. 151/2015, che dovrebbero rafforzare e semplificare il funzionamento del collocamento mirato, con la previsione di linee guida, il rafforzamento degli incentivi per i datori di lavoro, la riconferma di  rimborsi per l’adozione di accomodamenti ragionevoli dei posti di lavoro, l’attivazione della banca dati del collocamento mirato per migliorare la disponibilità di informazioni sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. È stato poi disposto il rafforzamento del ruolo dei Comitati Tecnici che hanno la piena responsabilità nel definire il percorso di inserimento lavorativo delle persone con disabilità sulla base della tipologia di disabilità e del grado di invalidità diagnosticati dalla Commissione Medica. È interessante anche, sebbene non sia ancora evidente fino a che punto ciò sia stato implementato, la possibilità, per le persone con disabilità, di firmare un servizio personalizzato in base al loro profilo di occupabilità. Naturalmente sono cambiamenti che dovranno essere valutati per capire l’efficacia delle modifiche apportate.

Rimane tuttavia ancora prioritario:

  • rafforzare lo staff dei servizi di collocamento mirato per garantire un supporto migliore alle persone con disabilità, il buon funzionamento della legge 68 e un appropriato utilizzo degli strumenti del collocamento mirato;
  • offrire servizi sempre più efficaci e personalizzati, tenendo debitamente in considerazione che il mondo della disabilità è diversificato per tipologia e gravità di disabilità;
  • la progettazione di percorsi di formazione delle persone con disabilità con il coinvolgimento delle imprese per rafforzare le competenze delle persone con disabilità che si iscrivono al collocamento mirato e per offrire alle imprese i profili professionali che effettivamente ricercano;
  • rafforzare i servizi di tutoraggio e supporto sia alle imprese che alle persone con disabilità inserite al lavoro, per garantire una maggiore continuità e/o stabilità lavorativa.

 

Le slide presentate durante l’intervento sono disponibili qui.


Commenti

Vi spiego come viene prodotta nella realta’la diagnosi funzionale. Una commisione di medici legali incontra per pochi minuti la persona disabile, legge la documentazione medica e compila velocemente gli items del format. La parte finale del corposo documento, indica le prescrizioni rivolte ad un ipotetico datore di lavoro, crocettando le voci del format. Tali prescrizioni sono del tutto simili nella maggior parte delle casistiche (es.divieti di utilizzare scale da lavoro). Questo “procedimento” non e’ coordinato con gli accertamenti dell’eventuale medici competente: non e’ proprio previsto dalla legge. Il profilo socio lavorativo, redatto velocemente da un operatore sociale, e’ del tutto inutile e non viene letto dagli operatori del collocamento mirato, che utilizzano tecniche molto piu’ efficaci per conoscere la persona.Per inciso, e’ stato speso molto denaro inutilmente per implementare sistemi informativi che producono documentazione che nin ha un uso pratico. Il comitato tecnico esiste solo sulla carta ed e’anche esso assolutamente inutile al fine del collocamento mirato. Vorrei concludere segnalando che le ricerche statistiche servono ben poco a capire le criticita’ e le buone pratiche del collocamento mirato. Occorrono indagini empiriche qualitative (interviste agli operatori ecc). Cordiali saluti