L’intervento educativo nell’Ufficio di servizio sociale per i minorenni


Giovanni Lapi | 8 Giugno 2021

Nell’ambito del sistema dei servizi del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, gli Uffici di servizio sociale per i minorenni (Ussm) si attivano nei confronti dei minori autori di reato e li accompagnano lungo tutto il percorso penale, fino al compimento del venticinquesimo anno di età. Gli Ussm, che sul territorio nazionale sono complessivamente ventinove, intervengono in ogni stato e grado del procedimento penale, predisponendo su richiesta dell’Autorità giudiziaria la raccolta di elementi conoscitivi per l’accertamento della personalità, fornendo concrete ipotesi progettuali e concorrendo alle decisioni dell’autorità giudiziaria. In estrema sintesi gli Ussm:

  • avviano un tempestivo intervento nei confronti del minore in stato di arresto e di fermo;
  • svolgono attività di sostegno e controllo nella fase di attuazione delle misure cautelari, alternative e sostitutive disposte nei confronti dei minori e giovani adulti (18-25 anni), in collaborazione con gli altri servizi della giustizia minorile, i servizi socio-sanitari territoriali ed il privato sociale;
  • predispongono e gestiscono, in collaborazione con i servizi socio-sanitari territoriali ed il privato sociale, la misura della sospensione del processo e della messa alla prova.

 

Per un approfondimento dei livelli essenziali di intervento degli Ussm, inoltre, si rimanda all’Allegato 1 della Circolare dipartimentale n. 1/2013, recante “Modello d’intervento e revisione dell’organizzazione e dell’operatività del Sistema dei Servizi Minorili della Giustizia e relativi disciplinari (Disciplinare n. 1)”, che integra gli orientamenti e le indicazioni della Circolare prot. n. 5351 del 2006, avente ad oggetto l’“Organizzazione e gestione tecnica degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni”.

 

Per quanto riguarda il modello organizzativo-operativo, la circolare del 2006 include fra i profili professionali degli Ussm quello dell’educatore. In particolare, nel trattare specificamente il sistema dei ruoli professionali, afferma che “Al fine di garantire un’organizzazione del lavoro rispondente al mandato istituzionale degli USSM, è auspicabile la presenza di diverse professionalità con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza. […] La presenza di diverse professionalità all’interno dei Servizi Sociali Minorili consente di garantire la pluralità delle competenze e dei saperi, di mantenere l’unitarietà del progetto educativo e di valorizzare il ruolo del Case Management” (par. 2.1). In questa prospettiva, infatti, se l’Ussm non è il solo ed esclusivo titolare della presa in carico del minore o giovane adulto autore di reato, “ma ne è soprattutto il responsabile in una prospettiva di accompagnamento all’interno dei diversi e possibili intrecci nel progetto socio-educativo e riabilitativo” (par. 3.2), tale ruolo può essere esercitato più efficacemente promuovendo una dimensione di intervento multiprofessionale al suo interno.

L’implementazione del case management, inoltre, presuppone e dà concretezza al coordinamento tra i diversi professionisti coinvolti, allo scopo di rispondere in modo integrato ai bisogni dei giovani in carico ed in questo modo “favorire la condivisione di un metodo di lavoro nella progettazione, attivazione e valutazione degli interventi tra figure professionali […]” (par. 3.2), in collaborazione con i servizi territoriali, le risorse del privato sociale e la comunità nel suo insieme.

In considerazione di ciò, pertanto, sarebbe auspicabile uno sforzo maggiore nella direzione di “provare a ripensare a nuove espressioni organizzative dell’Ufficio di Servizio Sociale, arricchito da metodologie innovative che attengono a una logica di staff, più che a prese in carico individuali, strizzando l’occhio a compartecipazioni attive di più figure specializzate che intervengono sul progetto educativo consentendo, contestualmente, la contaminazione dei saperi tipica del lavoro di staff”1. Condividere il lavoro sul caso con altre figure professionali “non raddoppia il lavoro ma ne ridistribuisce il carico (emotivo, gestionale) e riporta l’utente in una logica di rete, quale punto focale, termine sdoganato dal punto di vista linguistico ma mai veramente applicato nei servizi della Giustizia minorile”2. D’altra parte, nei servizi della giustizia minorile sono state sperimentate nel tempo modalità e logiche di intervento, ma che tuttavia non sono mai state normate.

 

La circolare del 2006 individua alcuni strumenti per potenziare l’operatività degli Ussm. In tal senso, particolare attenzione viene posta sulla “necessità di adeguamento del modello organizzativo alla specificità della dimensione territoriale in cui opera […] e alle risorse professionali disponibili”3. Tra gli elementi innovativi, quindi, l’implementazione del case management offrirebbe i seguenti vantaggi4:

  • un migliore coordinamento tra professionisti per rispondere in modo integrato ai bisogni delle persone;
  • una maggiore condivisione di un metodo di lavoro nella progettazione, attivazione e valutazione degli interventi tra figure professionali;
  • una maggiore integrazione tra risorse formali ed informali;
  • un uso più razionale ed efficiente delle risorse disponibili;
  • un maggiore controllo nell’uso delle risorse.

Peraltro, la stessa circolare non fornisce definizioni specifiche di case management, “lasciando di fatto all’interpretazione e alla volontà dei singoli il compito di mettere in pratica tali indicazioni”5.

 

La professionalità pedagogica è di fatto presente all’interno degli Ussm in diverse realtà territoriali ormai da almeno venticinque anni, ma tale figura è stata pressoché sempre impiegata per far fronte alla carenza di assistenti sociali e dunque senza valorizzarne, in concreto, la specificità professionale.

Tale figura professionale, invece, se opportunamente considerata, può certamente apportare un valore aggiunto, in termini di competenze e modalità di intervento, in un’ottica multidisciplinare e di integrazione degli interventi. L’approccio educativo, in particolare, è specificamente relazionale e caratterizzato per sua natura dal “fare con” la persona in carico, specie al di fuori del contesto istituzionale dell’ufficio, attraverso attività concrete e di “accompagnamento nell’ambiente di vita”6. Tuttavia, è soltanto con le nuove piante organiche, approvate all’inizio di quest’anno, che all’interno degli Ussm viene prevista a tutti gli effetti la presenza del funzionario della professionalità pedagogica.

 

Nel settembre del 2020, con l’inserimento per la prima volta nell’organico di un funzionario della professionalità pedagogica, all’Ussm di Torino prende avvio una progettualità innovativa. La finalità è quella di implementare nell’area penale esterna del territorio di competenza, che comprende il Piemonte e la Valle d’Aosta, interventi di tipo multidisciplinare, attuando la presa in carico educativa in affiancamento a quella dell’assistente sociale, per minori e giovani adulti che necessitano di uno specifico intervento educativo.

La nuova figura professionale consente inoltre di ripensare ed esplorare altre progettualità, in un’ottica multiprofessionale, come per esempio le attività di gruppo e il lavoro con le famiglie. La stessa è pertanto integrata nel servizio, con gli obiettivi e le modalità operative di seguito indicate e che possono essere oggetto di modifica sulla base delle verifiche in itinere dell’esperienza:

  1. prendere in carico i minorenni e giovani adulti sottoposti a misure cautelari e alternative alla detenzione o per i quali è richiesta la formulazione e gestione di una proposta progettuale di messa alla prova, individuati prevalentemente sulla base di specifici bisogni di intervento educativo;
  2. effettuare interventi educativi in affiancamento all’assistente sociale per alcune situazioni particolari e/o specifiche progettualità relative a minorenni e giovani adulti, previa valutazione sulla base di una scheda di segnalazione (con data di avvio, obiettivi e durata dell’intervento) compilata dall’assistente sociale di riferimento, di norma nell’ambito della predisposizione e gestione di percorsi di messa alla prova e prevalentemente sul territorio della Città Metropolitana;
  3. stimolare la presa in carico educativa da parte dei servizi territoriali per poter dedicare maggiormente il proprio intervento alle aree più carenti di risorse educative;
  4. implementare l’attivazione ed il monitoraggio di nuove risorse per le Attività di utilità sociale (AUS), promuovendo allo stesso tempo, nei servizi territoriali, l’individuazione di referenti per il supporto nella ricerca;
  5. co-condurre, insieme all’assistente sociale e/o esperti esterni, esperienze di gruppo con minorenni e giovani adulti sul territorio della Città Metropolitana.

 

Trattandosi di un’esperienza innovativa, infine, nel corso dell’esperienza è prevista la raccolta di alcuni dati quantitativi (numero di prese in carico, tipologia delle misure penali, aree territoriali di intervento, ecc.) che al termine della prima annualità saranno esaminati insieme ai risultati di un questionario somministrato agli assistenti sociali. Risulta evidente che, in proporzione alla vastità del territorio di competenza, una sola unità di personale all’interno del servizio costituisce una risorsa assolutamente limitata, ma è auspicabile che qualora se ne riconoscano i vantaggi sul piano operativo, tale presenza possa essere in futuro incrementata.

Con questa ottica ed in relazione alle diverse specificità dei ruoli professionali, sarebbe nel contempo auspicabile una definizione più puntuale degli ambiti di intervento dell’assistente sociale e dell’educatore, limitando per quanto possibile le aree di sovrapposizione e rendendo le due figure a tutti gli effetti complementari.

  1. Barberis G., “Il Servizio sociale per i minorenni tra gestione organizzativa e cambiamenti sociali”, in Nuove esperienze di giustizia minorile, Unico 2014, Roma, p. 60.
  2. Ivi
  3. Cimino A., “Il ‘Case Management’ nella giustizia: gli Uffici di Servizio Sociale per i minorenni”, in Nuove esperienze di giustizia minorile, Unico 2014, Roma, pp. 101-102.
  4. Ivi.
  5. Ivi.
  6. Ivi, pp. 95-96.