L’aiuto sociale tra frammenti e prestazioni


Sergio Pasquinelli | 9 Gennaio 2019

In collaborazione con Redattore Sociale

 

Con l’approvazione della legge di Bilancio, sul filo di lana degli ultimi giorni di dicembre, si sono finalmente scoperte le carte “sociali” dell’attuale governo, le misure e gli stanziamenti, spesso positivamente incrementati rispetto al passato, ma ancora molto frammentati. La frammentazione è un rischio che si presenta in ambiti diversi. Vediamo quali.

 

Servizio civile

Un incremento dei fondi ha riguardato il Servizio civile. “Con il maxi-emendamento del Governo, sale a quasi 200 milioni la dotazione complessiva del fondo nazionale Servizio Civile a disposizione per l’anno 2019, con un aumento di 50 milioni rispetto alla previsione precedente l’emendamento. Una buona notizia”. E’ quanto si legge in una nota congiunta di Forum nazionale per il servizio civile, Rappresentanza nazionale dei volontari in servizio civile e Conferenza nazionale enti servizio civile, che esprimono però alcune perplessità. Da un lato il raddoppio dell’Ires previsto per gli enti di assistenza sociale e sanitaria e per le associazioni e fondazioni culturali previsto nella Legge di bilancio 2019. Un aumento che, prosegue la nota, “colpisce le fasce più deboli della popolazione, dalle case di riposo alle scuole”. Dall’altro lato meno di 200 milioni saranno sufficienti per appena 35.000 volontari in Italia e 1.000 all’estero nel contingente 2019, al di sotto dei 53.000 volontari avviati nel 2018 e ben lontano dalle oltre 110.000 domande presentate.

Diverse le incognite relative ad un Dipartimento che sarà chiamato a svolgere un ruolo centrale nell’attuazione della riforma e nella gestione di 53.000 volontari nel 2018 a fronte di un numero esiguo di funzionari pubblici dedicati, inclusi quelli delle Regioni e Province Autonome, nonché chiamato ad adottare provvedimenti importanti e urgenti: nuovi contratti per gli operatori volontari, aggiornamento delle disposizioni che regolano i rapporti fra enti e operatori volontari. Si tratta di operazioni che senza una regia adeguata rischiano di non coordinarsi e di caratterizzare un servizio civile molto “prestazionale” e poco “educante”.

 

Reddito di cittadinanza

La misura più attesa è oggetto di un decreto attuativo in fase di approvazione definitiva. Rimangono forti le perplessità ben sintetizzate da Daniela Mesini nel “Punto” di Welforum che esce oggi su questo sito, su un primo bilancio del governo giallo-verde.

Perplessità circa i tempi brevissimi previsti per la ristrutturazione ed il rafforzamento dei Centri per l’Impiego. Servizi oggi assolutamente non in grado di gestire l’onda d’urto di milioni di nuovi utenti, sia in termini quantitativi – esame e processo delle istanze – sia e soprattutto qualitativi – definizione di progetti individuali di inserimento lavorativo e sociale, collegamento con la domanda (fino a che punto esistente?) di posti di lavoro, e di percorsi di inclusione sociale.

Per questo sono forti i dubbi sulla loro presunta adeguatezza rispetto alle funzioni di gestione della misura: accesso, valutazione dei bisogni del nucleo, presa in carico, coordinamento della rete dei servizi territoriali coinvolti. Senza tutte queste funzioni, il rischio di una misura che diventa elargizione pura diventa concretissimo.

Leggere la povertà unicamente come assenza di lavoro e solamente risolvibile sul mercato del lavoro significa non conoscerla: come ampiamente mostra l’evidenza empirica, la condizione di povertà è caratterizzata da molteplici vulnerabilità e bisogni complessi. L’approccio adottato rischia oltremodo di incentivare il lavoro nero, come già molti osservatori hanno argomentato, oltre a generare una pioggia di lavori socialmente utile di stampo assistenzialistico, di cui conosciamo gli effetti passivizzanti sulle persone e le comunità.

 

Misure per le famiglie

Ma la frammentazione maggiore la troviamo nelle misure per le famiglie: Bonus mamma domani, Bonus bebè, Bonus nido, Carta famiglia, Congedi di maternità, Bonus assunzione laureati.

Misure diverse, in parte leggermente riviste rispetto all’anno passato come descrive Stefania Sabatinelli nel “Punto” di Welforum” in pubblicazione oggi, ma sostanzialmente confermate nei limiti di consistenza e del numero di beneficiari che potranno usufruirne:

  • il Bonus mamma domani, offerto a tutte le mamme a prescindere dal reddito, è una una tantum di 800 euro;
  • il Bonus bebè riconosce 80 auro al mese per un anno a chi ha un Isee inferiore a 25.000 euro;
  • il Bonus nido (una tantum fino a 1.500 euro) copre con lo stanziamento adottato meno della metà della platea potenzialmente interessata;
  • la Carta famiglia, con uno stanziamento totale di un milione di euro, offre vantaggi limitati alle famiglie (acquisto nei negozi) per entità e diffusione;
  • i Congedi di maternità riguardano solo il personale dipendente;
  • il Bonus assunzione laureati magistrali eccellenti è un incentivo fiscale che dura un anno e che riguarda un target ristretto e già di per sé avvantaggiato di giovani, certo lodevole assieme all’incremento di 20 milioni del Fondo per le politiche giovanili, di cui si dovranno valutare gli impatti reali nei mesi a venire.

Tutte queste misure si intersecano, e si sovrappongono in parte, creando una giungla di piccoli/grandi benefici sempre limitati nel tempo e spesso poco congrui rispetto ai costi reali che una famiglia deve sostenere.

In un paese con un tasso di fecondità in caduta libera risulta evidente l’inefficacia di queste misure, nel loro insieme, a sostenere le scelte procreative delle famiglie. Sostegni che dovrebbero diventare una priorità nelle politiche di welfare, assieme a una semplificazione riformatrice che superi la frammentazione e che deve toccare diversi fronti: il lavoro, la casa, la conciliazione dei tempi, oltre che la cura in senso stretto.

Rimane da affrontare il tema del lavoro di cura delle famiglie (caregiver) nei confronti di propri congiunti non autosufficienti, su cui giacciono in Senato ben sette disegni di legge. Anche questo, un aspetto cruciale che investe un numero crescente di famiglie. E che tuttavia rischia di produrre un altro “frammento” alle misure per la non autosufficienza, anziché diventare oggetto di una più organica riforma delle prestazioni del settore, basata su riferimenti certi e livelli essenziali omogenei. Logica che ispira un annunciato disegno di legge di iniziativa popolare da parte di Fnp Cisl.