Assegno unico e universale per i figli a carico

Idee guida e simulazioni del disegno di legge in discussione al Senato


Stefano Lepri | 19 Ottobre 2017

Al Senato della Repubblica è in discussione un disegno di legge delega (A.S. 1473) depositato nel 2014, di mia iniziativa e sottoscritto da una cinquantina di colleghi, al fine di riordinare e potenziare le misure di sostegno per i figli a carico, con l’obiettivo di riconoscere un Assegno unico e universale1. Dopo un lungo e completo iter di audizioni in Commissione finanze, sono stati depositati gli emendamenti, per cui oggi il testo emendato è quello da considerare per gli approfondimenti. C’è motivo di credere che ormai il provvedimento non vedrà la luce in questa legislatura, pur avendo avuto numerose e dirette dichiarazioni di apprezzamento e sostegno da parte di parlamentari e studiosi, oltre che dal leader del partito che guida l’attuale maggioranza. La ragione della mancata approvazione è riconducibile non ai dubbi sulla proposta, pur da raffinare, quanto piuttosto alla consapevolezza che occorra garantire un significativo aumento delle dotazioni; che serva un arco di tempo piuttosto lungo per approvare i decreti legislativi e ministeriali, ossia per applicare la misura. Si può quindi ritenere che la proposta, ormai approfondita ancorché migliorabile, possa diventare una delle grandi riforme della prossima legislatura, se le condizioni politiche lo consentiranno.  

Le finalità della proposta

La misura si rifà alle migliori pratiche già in vigore in vari Paesi (es. Germania, Gran Bretagna, Canada) e parte da un’idea chiara: chiunque abbia figli, a prescindere dalla sua condizione, non può essere lasciato solo nel mantenerli. Una parte di questo costo dovrebbe essere a carico della fiscalità generale, per cui i genitori, salvo i nuclei particolarmente benestanti, avrebbero diritto non solo ad alcuni servizi che hanno già da tempo carattere universalistico (scolastici e sanitari in particolare), ma anche a una dote statale per ogni figlio a carico. Un diritto che prescinde dal fatto che tu lavori o meno, che tu sia lavoratore dipendente o meno. Oggi infatti in Italia se sei lavoratore autonomo non hai gli assegni familiari; se sei incapiente non hai neanche le detrazioni per figli a carico. L’assegno per i figli sarebbe quindi anzitutto una forma di redistribuzione a favore di quei genitori che oggi lo Stato non aiuta o aiuta troppo poco. La proposta avrebbe poi il pregio della semplificazione: tutte le attuali misure di trasferimento verrebbero abolite e assorbite dall’unico assegno per i figli. Ogni mese esso verrebbe erogato sul conto corrente dei genitori o direttamente in busta paga, così che sia meglio percepito il suo valore e la sua destinazione vincolata per i figli. Ogni figlio sarebbe beneficiario della stessa cifra, senza applicazione di scale di equivalenza, pur con importo diverso a seconda dell’età. Il terzo obiettivo è riferibile alla certezza e alla durata della misura, al fine di favorire la natalità: darebbe a tutti, ai disoccupati ma anche agli occupati oggi stabili, ma domani chissà, la certezza di un contributo sicuro. Il genitore saprebbe prima, e anche di fronte a una gravidanza non programmata, che fino a quando il figlio sarà grande potrà sempre contare su una dote sicura e puntuale. Alcune scelte contenute nel disegno di legge, o rimandate ai decreti legislativi, sono conseguenti. L’abolizione delle misure strutturali e dei vari bonus, sostituite dall’Assegno unico e universale, lascia aperta la decisione circa l’utilizzo dello stesso. Esclusa un’indicazione dirigista, potrebbe essere ragionevole (anche se al momento non previsto) incentivare o comunque favorire l’utilizzo di almeno parte della dote nell’acquisto di servizi accreditati. Sarebbe applicata una blanda selettività su base ISEE: l’applicazione del beneficio è prevista in modo pieno fino a una soglia ISEE del nucleo familiare pari a 30.000 euro annui. Al di sopra, si applicherebbe una progressiva riduzione del beneficio, per scaglioni successivi, fino all’azzeramento con ISEE a 50.000 euro annui. Il calcolo dell’ISEE avverrebbe secondo le disposizioni riservate alle prestazioni agevolate rivolte a minorenni.

 

Alcune prime simulazioni

Oggi complessivamente, sommando tutte le misure attualmente in vigore, lo Stato italiano impegna già circa sedici miliardi all’anno per i figli a carico. Con quattro miliardi aggiuntivi abbiamo stimato un contributo per ogni figlio a carico di 150 euro mese pro capite dal settimo mese di gravidanza e fino a tre anni; di 125 euro da tre anni fino ai diciotto; di 100 euro dai diciotto ai venticinque anni. Con sei miliardi si arriverebbe invece a 200, 150 e 100 euro mese pro capite, a seconda delle tre fasce di età. Sono invece circa due i miliardi che servirebbero per eliminare i residui oneri a carico delle imprese per gli assegni familiari: negli emendamenti si prevede infatti il progressivo superamento della contribuzione per gli assegni familiari a carico del datore di lavoro. Complessivamente la riforma a regime, per una sua sostenibilità e per le clausole di salvaguardia previste, necessiterà di circa otto miliardi aggiuntivi di euro, rispetto a quelli oggi stanziati: non potrà che essere un processo pluriennale a consentire il raggiungimento di tale importo. Si consideri al riguardo che una parte della copertura potrebbe arrivare da verosimili risparmi nell’applicazione del Reddito d’inclusione sociale, nella misura in cui l’Assegno unico e universale sia in grado di fare uscire il nucleo familiare da una condizione di povertà assoluta. Secondo nostre prime stime, fondate sull’attuale composizione dei redditi e dei patrimoni, circa i tre quarti delle famiglie godrebbe oggi del contributo pieno. Vi sarebbe poi una fascia intermedia che ne beneficerebbe in parte via via decrescente; solo l’ultimo decile più ricco sarebbe escluso dal beneficio. E’ prevista peraltro una clausola di salvaguardia, che assicura di fruire comunque di un importo non inferiore a quello oggi complessivamente percepito con le diverse misure. Si tratterebbe pertanto di una riforma strutturale, che tuttavia non toccherebbe i diritti cosiddetti acquisiti. Anche le famiglie numerose dovranno essere tutelate, potendo oggi fruire di alcuni sussidi particolari che verrebbero soppressi.  

Conclusioni

Si intende, in sintesi, finanziare interamente con la fiscalità generale parte del costo di mantenimento dei figli, così da rimuovere almeno in parte l’ostacolo economico a generare, facendo in modo che la misura sia semplice (superando tutti gli attuali sussidi e bonus da sostituire con l’assegno unico), equa (per tutti, tranne i ricchi) e certa (si riceve in denaro ogni primo del mese per tutti gli anni in cui il figlio è a carico). La riforma verosimilmente ridarebbe slancio alla natalità e fiducia ai giovani, che vedrebbero ridotto l’ostacolo economico a diventare, magari più volte, papà e mamma. Favorirebbe inoltre la domanda interna di servizi e beni per i figli, spesso prodotti in prossimità dei luoghi di vita, e quindi lo sviluppo dell’economia. La proposta di riforma, per essere efficace così come delineata, necessita di un notevole incremento nella dotazione complessiva; non a caso la copertura della legge è inevitabilmente, al momento, imprecisa. Si dirà che tutto questo costa molto. È vero, ma dobbiamo decidere le priorità. E se questa è una priorità dobbiamo prevedere – come è stato fatto in altri campi in questi anni – un riequilibrio delle entrate e della spesa pubblica. Abbiamo uno dei più bassi tassi di natalità del mondo, non possiamo continuare a far finta di nulla.   Leggi il DDL “Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico” con emendamenti approvati.

  1. Leggi anche l’articolo pubblicato su welforum.it