Inclusione e lavoro: buone pratiche dal Valdarno Aretino
Federica FerriniLisa Cammilli | 9 Giugno 2022
Come si stanno organizzando i territori nell’attivazione di percorsi di inclusione e lavoro, secondo profili di popolazione? Quali sono le modalità di azione e gli strumenti messi in campo? Vediamo insieme l’esperienza della zona del Valdarno Aretino (di cui avevamo già parlato in termini di presa in carico, costituzione delle reti ed integrazione tra servizi sociali e servizi per il lavoro), presentata nell’ambito dell’ultima edizione della Comunità di Pratica sull’inclusione sociale in Regione Toscana, che dal 2020 si propone di stimolare il confronto e lo scambio di pratiche tra territori nel sostegno delle fragilità.
Modalità di lavoro
L’Ambito Valdarno è composto da otto Comuni a gestione singola e presenta una popolazione di circa 95.542 abitanti. L’ufficio zonale (equipe) RdC si occupa della gestione del Reddito di Cittadinanza per l’intero Ambito; nasce nel 2018 per la gestione dei REI e oggi è costituita da: un amministratore d’Ambito (responsabile dei servizi sociali del Comune di San Giovanni Valdarno, responsabile dell’equipe, referente di zona), tre assistenti sociali con funzione di case manager, due educatrici (una responsabile PUC e una responsabile tirocini d’inclusione). L’equipe RdC intrattiene relazioni con i servizi sociali professionali dell’Ambito, con il Centro per l’Impiego (CpI) e con gli specialisti afferenti alle equipe multidisciplinari.
Le famiglie beneficiarie vengono convocate tramite piattaforma GePI presso lo sportello del Comune di residenza per effettuare l’Analisi preliminare; successivamente viene concordato, insieme al nucleo, il percorso da seguire, quindi viene compilato il Patto per l’Inclusione Sociale e, nel caso di bisogni complessi, attivata l’equipe multidisciplinare e compilato il Quadro di analisi. Una volta avviato il progetto, le persone continuano ad essere contattate (e viceversa) per monitorare la situazione e cogliere eventuali criticità prima che esplodano improvvisamente. Lo stesso avviene con le persone inserite nei PUC.
Importante da questo punto di vista è il lavoro di rete con il CpI e con i navigator, con i quali vengono organizzate a distanza riunioni con cadenza quindicinale. In tale sede avvengono passaggi di casi, scambio di informazioni, aggiornamenti sui percorsi degli utenti; vengono inoltre affrontate le questioni relative ai PUC attivi o in attivazione, beneficiari da associare e andamento del matching (una volta effettuato il matching da parte degli operatori del CpI, i nominativi vengono passati alla responsabile PUC di zona).
L’ufficio RdC lavora in un’ottica di one-stop-shop, cercando di dare una risposta complessiva alle necessità delle persone, indipendentemente dal tipo di bisogno e dalla complessità dello stesso. Le case manager accolgono ed orientano sia beneficiari RdC che cittadini in cerca di informazioni; hanno inoltre creato una rete tra servizi (servizio sociale territoriale, servizi specialistici, anagrafi, CAF, INPS, punti vaccinali) in grado di attuare una presa in carico universalistica.
Tirocini d’inclusione
L’Ambito Valdarno ha attivato tirocini d’inclusione fin dal 2018 con l’introduzione del REI, che prevedeva la messa in campo di interventi di natura sociale, socio-assistenziale, educativa, sanitaria, di istruzione e formazione, e di supporto per l’inclusione lavorativa. Tra questi, l’attivazione di un tirocinio d’inclusione sociale di uno o più membri il nucleo familiare, finalizzato all’inclusione sociale, all’autonomia e alla riabilitazione di persone prese in carico dal servizio sociale e/o da i servizi sanitari competenti, ha rappresentato una rilevante opportunità per i beneficiari REI che, molto spesso non presentavano una immediata capacità di inclusione lavorativa.
In totale sono stati attivati 31 tirocini, ripartiti – in base al numero di beneficiari REI residenti negli 8 Comuni dell’Ambito – fra aziende private e pubbliche amministrazioni. L’equipe ha attuato, anche con la collaborazione del Centro per l’Impiego di Montevarchi, il matching tirocinante-azienda/ente in base alle valutazioni emerse dal colloquio preliminare e dai colloqui al CpI; i servizi e le assistenti sociali dei Comuni hanno inoltre cooperato nelle varie fasi di attuazione.
I primi progetti sono partiti nei mesi di maggio/giugno 2019, grazie ad un lavoro di riadattamento della normativa in materia di tirocini formativi (in quel momento non esisteva ancora una regolamentazione ad hoc da parte di Regione Toscana). I tirocini sono stati attivati attraverso una convenzione fra tre soggetti: soggetto promotore (CpI), soggetto ospitante e Comune di San Giovanni Valdarno in qualità di referente del progetto; alla convenzione è stato allegato un progetto formativo personalizzato. Il costo dell’indennità di tirocinio, erogato dall’Ente Capofila, così come le coperture assicurative necessarie alla sua attivazione, sono state completamente sostenute con i fondi PON Inclusione. I tirocini hanno avuto una durata di 6 mesi, rinnovati per altri 6 mesi in particolari situazioni.
In seguito all’emanazione del DPCM 9 marzo 2020 e le successive misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’equipe ha provveduto tempestivamente alla sospensione di tutti i tirocini ancora in corso; provvedendo, non appena possibile, alla loro riattivazione. Le ultime esperienze sono terminate nella primavera 2021.Assistenti sociali ed educatrice hanno portato avanti, per tutto il periodo di attivazione, l’attività di matching (sono stati considerati possibili candidati tutti quegli utenti che sono – o sono stati – beneficiari REI); la raccolta delle adesioni e la ricerca di aziende disponibili ad accogliere tirocinanti non si è mai fermata. Il reperimento di aziende disponibili e, soprattutto, sensibili al tema dell’inclusione è stato per l’equipe molto difficoltoso, tanto che la maggioranza degli enti ospitanti sono stati gli stessi Comuni dell’Ambito ed alcune cooperative sociali operanti sul territorio. Questo aspetto è stata la causa principale della mancata trasformazione dell’esperienza in assunzione; il sopraggiungere dell’emergenza sanitaria ha inoltre annullato le chance di coloro che, anche se maggiormente occupabili, svolgevano il tirocinio in azienda/cooperativa sociale. L’educatrice ha inoltre assunto il ruolo di “tutor del soggetto finanziatore” e svolto attività di gestione e monitoraggio, rapportandosi con tirocinanti e tutor aziendali, rispondendo a quesiti e mediando richieste. Il tutto è stato realizzato dialogando costantemente con il CpI. Le assistenti sociali hanno inoltre provveduto ad aggiornare periodicamente le colleghe dei servizi territoriali con report e riunioni.
La zona Valdarno ha recentemente approvato l’attivazione dei nuovi tirocini d’inclusione, regolati dalla Delibera regionale 620/2020 “Disposizioni per la realizzazione di tirocini di orientamento, formazione e inserimento/reinserimento finalizzati all’inclusione sociale all’autonomia delle persone ed alla riabilitazione”, riservati ai nuclei beneficiari RdC. Nel mese di maggio/giugno 2022 si prevede la partenza dei primi progetti, per giungere ad una prima tranche di 30 tirocini e successivamente procedere con una seconda. I costi delle indennità e delle coperture assicurative saranno sostenuti con le risorse di Quota Servizi Fondo Povertà.
Progetti Utili alla Collettività
In Valdarno i primi passi verso l’attuazione dei PUC si sono mossi molto presto: a dicembre 2019, dopo un attento studio della normativa di riferimento (DM 149 del 22/10/2019), l’equipe zonale RdC ha costruito e somministrato ai responsabili delle aree di attuazione dei PUC un questionario ad hoc di rilevazione di bisogni e disponibilità di ogni singolo Comune dell’Ambito, tenuto conto dei servizi già attivi, da potenziare o altresì da attivare, negli ambiti previsti dalla normativa.
Il secondo step ha previsto lo svolgimento di veri e propri incontri di progettazione, dapprima in presenza e successivamente a distanza, con i responsabili dei vari settori/uffici di tutti i Comuni dell’Ambito per condividere i punti cruciali dettati dalla normativa. Ciò ha portato, a settembre 2020, al caricamento dei primi progetti sul “Catalogo PUC” di GePI: case manager e responsabile PUC hanno quindi iniziato l’attività di matching tra i beneficiari di volta in volta convocati e i progetti attivi sul territorio. L’equipe, poiché inizialmente non erano ancora disponibili i moduli fac simile, ha inoltre provveduto a mettere a punto tutta la modulistica da utilizzare (es. scheda progetto, registro presenze, scheda di monitoraggio, scheda di rinuncia).
Ad oggi in Valdarno vi sono 34 progetti attivi e 22 terminati (56 PUC totali), per un totale di 110 beneficiari coinvolti; la maggior parte sono gestiti direttamente dalle amministrazioni comunali, mentre alcuni sono gestiti dagli Istituti Comprensivi scolastici, con i quali è stato stipulato uno schema di accordo Scuola-Comune. Non vi sono invece ancora PUC con gestione affidata al terzo settore, ma alcuni Comuni stanno lavorando alla manifestazione d’interesse. La maggior parte dei progetti è legato alla gestione di temi legati alla pandemia, quali il triage, la sanificazione dei locali, la sorveglianza sul distanziamento in ingresso e in uscita dai locali scolastici, la sorveglianza sugli scuolabus, ma vi sono anche progetti legati alla manutenzione del verde e al decoro urbano. Ci sono inoltre progetti che si svolgono in biblioteca, di accoglienza e orientamento negli uffici pubblici, afferenti all’area sociale (consegna spesa a domicilio), nel settore artistico (legati a uno specifico evento, una mostra), nel settore urbanistico (digitalizzazione di un archivio, rilevazione barriere architettoniche sul territorio) e ambientale (gestione archivio e raggiungimento obiettivi sulla raccolta differenziata).
Ad oggi ci sembra di poter affermare che l’esperienza dei PUC possa considerarsi positiva sia per i beneficiari, che globalmente sembrano vivere l’esperienza come una ri-attivazione (avere un impegno, sentirsi utile, essere riconosciuto/a in un ruolo utile), sia per i contesti che li ospitano, che vivono le persone come risorse da valorizzare e come un’occasione per potenziare servizi già attivi o rispondere più adeguatamente alle esigenze contingenti. Seppur in numero nettamente minore abbiamo anche avuto riscontri negativi da parte dei contesti ospitanti e di alcuni beneficiari, che hanno vissuto il PUC come un obbligo, non cogliendoci niente di più.
Le maggiori criticità sono state riscontrate da un punto di vista gestionale ed informatico della piattaforma GePI e dalla iniziale mancata interoperabilità con MyAnpal; anche l’esteso sistema di esoneri/esclusioni limita fortemente il numero di beneficiari associabili.
Caratteristiche di beneficiari e famiglie
Nella zona Valdarno la platea di percettori RdC risulta piuttosto omogenea e presenta numeri inferiori rispetto ad altre zone toscane e nazionali. Le principali problematiche presentate dalle famiglie prese in carico sono riconducibili a: un passato di dipendenze, dal quale spesso non ne sono mai usciti realmente; un quadro sanitario compromesso; forti difficoltà nella gestione e/o reperimento di una casa; problemi legati alla monogenitorialità e/o alla numerosa presenza di figli minori; scarsa conoscenza della lingua italiana per i cittadini stranieri e assenza di reti di supporto.
La maggioranza degli utenti è poi caratterizzata dalla mancanza di qualifiche e di competenze informatiche e digitali. Si tratta in prevalenza di persone distanti da molto tempo dal mercato del lavoro o che addirittura non vi ci sono mai avvicinate: non di rado succede di incontrare persone che non hanno mai avuto un regolare contratto di lavoro. Allo stesso modo, le persone incontrate hanno spesso difficoltà nella tenuta degli impegni e risultano distanti dai servizi o hanno (avuto) con questi un rapporto conflittuale; paiono sfuggenti, fanno fatica a fidarsi e ad affidarsi.
In seguito ad attività di accompagnamento personalizzato e continuativo (consultazione offerte di lavoro, candidatura guidata, fornitura elenchi aggiornati di agenzie interinali, aiuto nella stesura del CV), abbiamo rilevato un graduale aumento delle competenze: la persona diventa più attiva e protagonista nella ricerca del lavoro. Gran parte dei beneficiari non è direttamente collocabile nel mercato del lavoro, e per molti essere candidabile ad un’offerta di lavoro ed essere in grado di sostenere un colloquio rappresenta un punto di arrivo di un lungo percorso, e non un punto di partenza. I PUC rappresentano quindi una prima occasione di ri-attivazione della persona, nonché una palestra per confrontarsi con una situazione vagamente simile ad un impegno lavorativo. Il tirocinio può invece rivelarsi punto di partenza per il beneficiario maggiormente occupabile oppure rappresentare un secondo step del percorso per chi proviene da un PUC. Tali supporti rappresentano quindi validi strumenti di accompagnamento verso l’inclusione e la ri-attivazione dei beneficiari.