Sulla base di quanto esposto nei due articoli precedenti (uno e due) l’autore Artoni propone un possibile scenario per il futuro del sistema pensionistico, con tutte le cautele che il tema impone.
Organismi ufficiali, nazionali e sovranazionali, formulano previsioni sull’evoluzione della spesa pensionistica in termini di prodotto per i prossimi decenni. In Italia e nell’Unione europea le previsioni attualmente disponibili arrivano al 2070. Più che di previsioni, si tratta di estrapolazioni di andamenti registrati nel recente passato o di tendenze, per usare il termine della RGS per il suo esercizio articolato per quinquennio. Noi accenneremo sinteticamente alle tendenze dello scenario nazionale base dal 2015, ultima stima precedente la pandemia, al 2035. Anche se le stime disponibili risentono dell’insuperabile incapacità dell’essere umano di prevedere il futuro al di là del breve periodo, non se ne deve sottovalutare l’importanza nella definizione degli orientamenti di politica economica, spesso ispirata dagli annunci di eventi futuri anche se imprevedibili.
La spesa pensionistica diretta (somma delle erogazioni per vecchiaia, anzianità e invalidità) oggetto delle previsioni della RGS dovrebbe aumentare in termini di PIL dal 12,8 nel 2015 al 13,5 nel 2035. Dal 2025 al 2035 il livello di spesa relativa dovrebbe rimanere costante, dopo aver parzialmente riassorbito l’incremento legato alla recessione pandemica del 2020.
Possiamo analizzare il ruolo delle diverse determinanti della spesa complessiva. I dati demografici indicano un ulteriore rafforzamento delle tendenze in atto negli ultimi anni. La popolazione dovrebbe diminuire di oltre due milioni rispetto al 2015 (da 60,3 milioni nel 2015 a 57,9 nel 2035), nonostante un saldo migratorio annuo intorno alle 140 mila unità. L’evoluzione demografica è determinata da un tasso di fecondità basso (sempre a 1,35), da un lato, e, dall’altro, da un significativo aumento della speranza di vita che dovrebbe essere 84,2 anni nel 2035 contro gli 82,3 nel 2015. La popolazione di età superiore ai 65 anni dovrebbe essere nel 2035 il 30% del totale, contro il 22 registrato nel 2015.
In un contesto demografico in evidente deterioramento, la stabilizzazione del rapporto fra spesa pensionistica può venire in primo luogo da un andamento economico favorevole. Nelle stime della RGS (i dati sono esposti nella tab.8) si prevede un significativo aumento del tasso di occupazione (che infatti dovrebbe aumentare di cinque punti nel giro di venti anni) e dagli effetti positivi della spesa in conto capitale (infatti si prevede un incremento della produttività a un tasso medio dell’1,5. I risultati non sono comunque esaltanti: a prezzi 2015 il PIL dovrebbe aumentare del 20% dal 2015 al 2035 (in termini nominali del 51 ipotizzando un‘inflazione annua di poco inferiore al 2%); in termini reali il prodotto pro capite dovrebbe crescere allo stesso tasso e quello per occupato del 7% (a un tasso medio inferiore allo 0,7% con un’occupazione che cresce del 7,5 nello stesso arco di tempo). Il quadro economico è completato dall’assunzione che l’incremento delle retribuzioni in media segua quello delle produttività per occupato, una dinamica comunque inferiore a quella del prodotto pro capite. Continuerebbe in altri termini un processo di distribuzione del reddito nazionale che penalizza il fattore lavoro.
Tab. 8 – Scenario Nazionale Base – RGS Tendenze 2022
2015 | 2020 | 2025 | 2030 | 2035 | Incremento % 2035/2015 |
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Popolazione (ml) | 60,295 | 59,641 | 58,56 | 57,906 | 57,185 | 94,8 |
Pop > 65 (ml) | 13,182 | 13,859 | 14,507 | 15,807 | 17,29 | 131,2 |
% | 21,9 | 23,2 | 24,8 | 27,3 | 30,2 | |
PIL (md) nominale | 1655 | 1661 | 2151 | 2502 | 2884 | 174,3 |
reale | 1655 | 1573 | 1805 | 1903 | 1986 | 120,0 |
PIL pro cap nominale (euro) | 27454 | 27843 | 36732 | 43213 | 50435 | 183,7 |
reale | 27454 | 26367 | 30817 | 33856 | 34731 | 126,5 |
PIL per occ. nominale (euro) | 74831 | 74184 | 91454 | 105254 | 122738 | 164,0 |
reale | 74831 | 70249 | 76726 | 80026 | 84523 | 113,0 |
Indice prezzi consumo | 100 | 102,3 | 123,1 | 135,9 | 150,1 | |
Occupati (ml) | 22,121 | 22,385 | 23,52 | 23,774 | 23,98 | 108,4 |
Tasso di occupazione | 36,7 | 37,5 | 40,2 | 41,1 | 41,1 | |
Pensioni dirette (ml) | 212,6 | 227,8 | 241,5 | 255,9 | 268,8 | 126,4 |
Prezzi 2015 | 12,8 | 14,5 | 13,4 | 13,4 | 13,5 | |
Pensioni dirette numero | 13,183 | 12,992 | 13,309 | 13,998 | 14,544 | 110,3 |
Pensionati > 65 | 12500 | 12633 | 13092 | 14135 | 15068 | 120,5 |
Importo medio pensioni dirette | 16130 | 17536 | 18144 | 18280 | 18484 | 114,6 |
Alla regolazione della spesa pensionistica contribuirà, in secondo luogo, anche la progressiva applicazione delle riforme varate negli ultimi decenni. In particolare, l’età di pensionamento dovrebbe continuare ad aumentare in ragione dell’allungamento della speranza di vita: infatti la RGS stima che le pensioni dirette (vecchiaia, anzianità e invalidità) passino da 13,2 milioni del 2015 a 14,5 nel 2035, nonostante il forte aumento della popolazione anziana. Di conseguenza, il numero di pensioni dirette per 100 occupati dovrebbe rimanere invariato intorno a 60. L’importo medio delle pensioni dovrebbe poi crescere in termini reali del 14%, ipotizzando l’adeguamento dei trattamenti individuali a un’inflazione che nelle stime della RGS dovrebbe raggiungere il 35% dal 2015 al 2035.
Le valutazioni della rilevanza di questi esercizi possono essere le più diverse: potrebbero essere ritenuti un quadro di riferimento da cui non si può prescindere o potrebbero essere enfatizzati limiti di previsioni in cui si tende ad estrapolare le esperienze passate, senza alcuna valutazione critica. Si deve aggiungere chele previsioni formulate in sede nazionale si confrontano con analoghe prospettazioni a livello europeo, dove le ipotesi di base tendono ad essere ancora più restrittive.
Si possono tuttavia sottolineare alcuni punti o omissioni a mio giudizio significative. La prima omissione riguarda l’inquadramento macroeconomico. Sarebbe opportuno interrogarsi sulle ragioni della mediocre performance dell’economia italiana negli ultimi trent’anni. Una diversa apolitica economica avrebbe garantito anche nella sfera della protezione sociale margini di manovra più ampi. In particolare, la dinamica retributiva, con i connessi effetti distributivi a livello macro, ha certamente penalizzato la crescita del sistema. Pensare che stessa impostazione di politica economica possa proseguire anche in futuro rende che le previsioni per il futuro perlomeno discutibili.
In secondo luogo, un sistema pensionistico non può essere valutato e proiettato nel futuro solo sulla base di considerazioni macroeconomiche. L’adeguatezza di un sistema pensionistico nella distribuzione dei trattamenti. L’attenzione a tassi di sostituzione fra prima pensione e ultima retribuzione, come si fa nella pubblicazione della RGS, può essere indebitamente tranquillizzante, in quanto l’attenzione è rivolta a carriere lunghe e caratterizzate da una ragionevole dinamica retributiva. Il problema, per un sistema quale quello italiano che ha adottato con grande convinzione il metodo contributivo per il calcolo della pensione, si pone per le carriere inframmezzate da periodi di inattività e da salari bassi. Nella realtà del mercato del lavoro italiano le componenti di precarietà contrattuale e salariale sono diventate rilevanti, con prevedibili effetti sull’adeguatezza delle pensioni future. Sotto questo aspetto le previsioni della RGS riguardanti l’evoluzione dell’importo medio delle pensioni dirette nei prossimi vent’anni, significativamente inferiore alla crescita del prodotto pro capite, possono essere interpretate come un campanello d’allarme. Se non interverranno importanti aggiustamenti, se non altro sul fronte della distribuzione dei trattamenti in un quadro di invarianza relativa della spesa e in un contesto di crescita reale comunque modesta, il nostro sistema pensionistico potrebbe essere in futuro incapace di fronteggiare fondamentali esigenze di equilibrio sociale.
In estrema sintesi, il sistema pensionistico, come tutti gli istituti sociali, deve essere regolato in relazione in particolare all’evoluzione demografica: sotto questo aspetto gli interventi degli ultimi decenni sono stati certamente drastici, anche se paragonati a quelli degli altri paesi. Tuttavia, nella realtà il buon funzionamento del sistema di protezione sociale, di cui il sistema pensionistico è componente fondamentale, richiede un quadro macroeconomico non stagnazionsta e meccanismi distributivi sul fronte salariale e su quello contrattuale che rispettino ragionevoli equilibri nella società.