Distorsioni prodotte dall’ISEE. Parte II

Proposte per gli enti erogatori


Maurizio Motta | 20 Maggio 2024

Questo articolo è la seconda parte dell’articolo pubblicato su welforum.it il 6 maggio scorso, e che era mirato a descrivere le criticità per i cittadini. Questa seconda parte è dedicata ai problemi che l’ISEE produce a svantaggio degli Enti che devono erogare prestazioni, nonché a indicare possibili proposte di miglioramento.

Nel valutare i redditi

A) Se quando un cittadino presenta un ISEE per una prestazione, i redditi del suo nucleo sono aumentati rispetto a quelli entro quell’ISEE, l’Ente erogatore non può imporgli di aggiornarli. L’unico modo per farlo sarebbe di presentare un ISEE corrente, ma produrre l’ISEE corrente è una scelta discrezionale del solo cittadino, che la utilizza se i redditi sono diminuiti (e non certo se sono aumentati), peraltro con tutti i limiti già descritti sull’ISEE corrente. Dunque non vi è alcun obbligo del cittadino a dichiarare suoi eventuali miglioramenti dei redditi intervenuti prima che scada l’ISEE, salvo nell’ISEE corrente1, oppure se specifiche norme nazionali lo prevedono per specifiche prestazioni (come accadeva nel Reddito di Cittadinanza e ora nell’Assegno di Inclusione).

B) Opera la stessa criticità segnalata per i cittadini che consiste nel fatto che l’ISEE non descrive mai una effettiva disponibilità economica, perché include redditi, beni, e detrazioni di spese, di anni molto diversi tra di loro.

C) È problematico che l’affitto che viene tolto dai redditi per l’ISEE sia solo quello “previsto” al momento della DSU, e non quello effettivamente pagato, con il rischio di premiare la morosità.

D) Entro l’ISEE non ci sono redditi che invece può essere necessario valutare per alcune prestazioni, come:

  • l’indennità di accompagnamento, che invece può essere opportuno considerare per prestazioni come le integrazioni delle rette di ricovero, perché nelle strutture residenziali l’utente riceve tutta la tutela per la vita quotidiana, inclusa appunto quella alla quale è finalizzata l’indennità. La normativa su questa indennità prevede che qualora chi ne fruisce sia ricoverato in struttura residenziale a carico totale di enti pubblici, e dunque gratuitamente, tale indennità non venga più erogata dall’INPS. Questo dispositivo normativo dimostra come l’indennità di accompagnamento e la retta per la struttura assolvano la stessa funzione, ovvero garantire al cittadino il sostegno negli atti della vita quotidiana, che nella struttura consiste appunto nel ricevere tutela h24 che si riceve pagando la retta. Sarebbe pertanto necessario evitare improprie sovrapposizioni di interventi pubblici che hanno lo stesso scopo, appunto prevedendo che i ricoverati che fruiscono di indennità di accompagnamento la debbano utilizzare per la retta.
  • Quei trattamenti per l’invalidità civile che sono erogati non solo in base ad una condizione di disabilità ma anche in relazione alla condizione economica (ossia che sono soggetti ad un test dei mezzi), che invece può essere opportuno considerare tra i redditi quando si richiedono sostegni economici contro la povertà, appunto perché quei trattamenti sono stati erogati anche come sostegno al reddito.

Non considerare questi trattamenti tra i redditi dei richiedenti (come fa l’ISEE) produce due distorsioni: implica una prestazione identica per chi li riceve e per chi non li riceve, ed impedisce di evitare sovrapposizioni di interventi analoghi del welfare.

Nel valutare i patrimoni mobiliari

E) Se quando usa l’ISEE per una richiesta di prestazione il nucleo ha accresciuto i propri patrimoni mobiliari, ossia i suoi risparmi, rispetto a quelli inclusi nell’ISEE (che sono del secondo anno precedente la DSU) questo aumento non viene mai catturato nell’ISEE, né gli Enti erogatori possono imporre di modificare l’ISEE. Solo il cittadino ha facoltà di fare un ISEE corrente quando vuol far rilevare una diminuzione dei patrimoni mobiliari.

F) Per qualunque suo utilizzo l’ISEE prevede le stesse franchigie sui patrimoni mobiliari, ossia non vengono considerati 6.000 euro più 2.000 per ogni componente oltre al primo, sino a un massimo di 10.000 euro incrementato di 1.000 per ogni figlio oltre il secondo. Il che significa che anche per prestazioni che consistono in erogazioni di sostegno al reddito contro la povertà (nazionali e locali), bisogna erogare a una famiglia di 4 persone (ad esempio i genitori e due minori) anche se ha risparmi disponibili in banca di 11.000 euro. È una soglia che pare eccessiva: sarebbe più opportuno prevedere che questa famiglia prima di fruire di prestazioni pubbliche (anche a sostegno del reddito) debba consumare parte di questi risparmi sino a una loro franchigia più bassa.

Nel valutare i patrimoni immobiliari

G) Se quando usa l’ISEE per una richiesta di prestazione il nucleo ha accresciuto i propri patrimoni immobiliari (terreni e fabbricati) rispetto a quelli inclusi nell’ISEE (che sono del secondo anno precedente la DSU) questo aumento non viene mai catturato nell’ISEE, né gli Enti erogatori possono imporre di modificare l’ISEE. Solo il cittadino ha facoltà di fare un ISEE corrente se vuol far rilevare una diminuzione dei patrimoni immobiliari.

H) Le criticità già rilevate a sfavore dei cittadini, che fanno valutare nell’ISEE terreni e fabbricati dai quali non si può ricavare denaro, sono problematiche anche per gli Enti erogatori, poiché col solo ISEE si rischia di valutare disponibilità economiche distorte.

Altre criticità

I) I problemi già segnalati per i cittadini che consistono: nell’uso dell’ISEE per accedere a prestazioni sociosanitarie, nella genericità dei criteri per valutare l’estraneità affettiva ed economica, e nella scala di equivalenza dell’ISEE che andrebbe aggiornata, producono distorsioni di equità anche per gli Enti erogatori.

Dunque usare il solo ISEE per ricavare prestazioni o contribuzioni produce danni non solo ai cittadini, ma anche agli Enti gestori dei servizi. La normativa sull’ISEE non prescrive quale deve essere la formula di calcolo con la quale ricavare, dai dati dell’ISEE, gli importi da erogare o da far pagare, e sono in uso molte diverse formule. Un consistente orientamento della giustizia amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) sostiene l’utilizzo di formule che considerino il solo valore finale dell’ISEE come se fosse il reddito disponibile del nucleo nel momento della richiesta di prestazione. Ma in questo modo si assume che tutte le criticità esposte (sia per i cittadini che per le amministrazioni) non esistano, il che è davvero difficile da accettare. Ed è facilmente riscontrabile questo paradosso: non c’è operatore o funzionario di servizi che usano gli ISEE di utenti che non si accorga delle disfunzioni di questo indicatore, e per contro è del tutto assente un dibattito scientifico o una opinione di forze politiche sulla necessità di riformare l’ISEE.

Poiché la riforma normativa dello strumento sarebbe l’azione più efficace, ecco alcune proposte2, che puntano a ridurre le criticità esposte in questo articolo e nel precedente.

Per valutare la condizione economica reale al momento della richiesta di prestazione

1) Prevedere per i cittadini l’obbligo a modificare sempre l’ISEE se prima della scadenza dell’ISEE cambia il nucleo familiare che era a fondamento della DSU. Nell’attuale normativa questo vincolo è previsto per l’Assegno di Inclusione, ma per le altre prestazioni è solo a discrezione dei singoli Enti erogatori. La proposta vuole evitare ISEE vigenti in presenza di nuclei che sono cambiati dal momento della DSU.

2) Prevedere l’obbligo per i cittadini a dichiarare variazioni che intervengono, prima della scadenza di qualunque ISEE, sia nei patrimoni che nei redditi che quell’ISEE include. Questo vincolo era è già previsto per il Reddito di cittadinanza, e ora per l’Assegno di Inclusione, ma non per altre prestazioni; ed è impossibile (ai sensi dalla vigente normativa ISEE) introdurlo solo su iniziativa degli enti erogatori.

3) Per superare le criticità derivanti dal fatto che nell’ISEE i redditi e i patrimoni sono di un momento anche molto precedente quello della richiesta di intervento possono essere valutate diverse opzioni:

  • Muovere verso un ISEE che “sia sempre un ISEE corrente”, ossia includa sempre i redditi vicini al momento della prestazione (meglio se la media degli ultimi 3 mesi) e i patrimoni disponibili al momento della prestazione. Questo criterio non necessariamente indebolisce i controlli sulle autocertificazioni e sull’ISEE, come si motiva più avanti. In ogni caso va previsto che nell’ISEE corrente, visto il suo obiettivo, anche i patrimoni siano quelli disponibili al momento della richiesta di prestazione, e non del 31 dicembre precedente.

Oppure

  • Consentire (o meglio, prevedere di default per tutte le prestazioni) di utilizzare l’ISEE solo come soglia di accesso alla prestazione, e poi di valutare redditi e beni che siano “attuali”, netti e non lordi, e senza franchigie, per determinare la prestazione.

4)Prevedere la possibilità di un ISEE corrente anche se vi sono trattamenti assistenziali che si sono ridotti, e non necessariamente interrotti; e anche se i redditi si sono ridotti di un volume inferiore al 25%. Nonché introdurre automatismi che informino i cittadini sulla facoltà di presentare un ISEE corrente, ad esempio con una stampa emessa in automatico al momento di creare una DSU.

5) Rappresentare l’effettiva condizione economica cogliendo le sue diverse componenti (reddito, patrimoni, detrazioni, spese) nello stesso momento. E detrarre dai redditi l’affitto effettivamente pagato, e non solo quello dovuto.

Per valutare le disponibilità economiche realmente esistenti

6) Prevedere che i redditi entro l’ISEE siano al netto e non al lordo delle ritenute fiscali.

7) Eliminare dai patrimoni immobiliari (o abbatterne drasticamente il valore) quelli invendibili in seguito a provvedimenti di inagibilità e inabitabilità. E calcolare il valore delle abitazioni in usufrutto in modo abbattuto (anche ad esempio in proporzione all’età di chi ne usufruisce), escludendo quelle fruite in base ad un diritto di abitazione. Peraltro il modo col quale far pesare i patrimoni immobiliari nella condizione economica è uno snodo cruciale sinora mai ben affrontato.

8) Introdurre detrazioni dai redditi ISEE di almeno alcune spese molto rilevanti che per il nucleo sono ineludibili. Il nodo è molto delicato ma non pare eludibile.

9) Non è sufficiente disporre di un ISEE meglio aggiornato, perché per molti interventi è anche necessario poter considerare separatamente le diverse componenti della condizione economica, ossia usare questo meccanismo:

  • Il valore finale dell’ISEE si utilizza per definire chi è eleggibile alla prestazione (con una soglia di accesso)
  • E poi l’importo della prestazione si definisce valutando se i patrimoni mobiliari del momento della prestazione superano una loro soglia, e se quelli immobiliari superano una loro soglia. E per coloro che non sono incorsi in questi motivi di esclusione si dimensiona la prestazione in base al reddito disponibile nel momento della richiesta.

È il meccanismo che era previsto dal Reddito di cittadinanza, ed ora dall’Assegno di Inclusione (ma col grave limite che patrimoni e redditi sono ricavati dal solo ISEE). Dovrebbe diventare un criterio reso legittimamente utilizzabile più in generale.

10) Far pesare le donazioni effettuate in passato nell’ISEE dei non autosufficienti ricoverati produce distorsioni selettive che nemmeno è possibile individuare ex post nei casi concreti. Meriterebbe eliminare il criterio.

11) Prevedere che il ricalcolo dell’ISEE a cura degli Enti erogatori, quando è presentato per rinnovare la stessa prestazione, sia da utilizzare quando viene richiesta qualunque prestazione. Così già operava il meccanismo che era previsto nel Reddito di cittadinanza (e ora nell’Assegno di Inclusione) dove negli ISEE presentati per questi interventi il sistema toglie in automatico i trattamenti assistenziali ricevuti dai richiedenti e inclusi nell’ISEE. Ma il meccanismo va esteso a tutte le prestazioni. Inoltre sarebbe bene che gli “ISEE ricalcolati” potessero essere salvati sul sistema informativo dell’ISEE, e non solo (come oggi accade) conservati dai singoli Enti erogatori.

Maggiori flessibilità

12) Prevedere che il sistema ISEE consenta di adattare lo strumento alle esigenze di diverse prestazioni; ad esempio:

  • Poter modificare la franchigia prevista per i patrimoni mobiliari, quando appare troppo elevata, ad esempio per le prestazioni a sostegno del reddito.
  • Poter includere tra i redditi anche trattamenti assistenziali che oggi sono esclusi dall’ISEE, come l’indennità di accompagnamento negli interventi come le integrazioni a carico dei Comuni delle rette di ricovero. Nonché i diversi trattamenti per l’invalidità civile erogati anche in base alla condizione economica, da considerare tra i redditi di chi richiede sostegni economici contro la povertà. Tuttavia gestire questo delicato tema solo come facoltà degli enti erogatori produce scorrette difformità tra i territori, e dunque sarebbe preferibile un criterio nazionale uniforme.

I controlli

Incorporare nel sistema ISEE il massimo di controlli possibili sulle autocertificazioni resta essenziale, ma garantire controlli non può essere ragione sufficiente per mantenere le criticità dell’ISEE descritte; ecco alcune proposte per revisionare i meccanismi dei controlli, coerenti con le proposte di revisione dell’ISEE prima suggerite.

Sui redditi

a) Diversi redditi potrebbero essere immessi automaticamente nella DSU anche se fossero quelli “del momento della DSU” (o dei 3 mesi precedenti). Ad esempio tutti i trattamenti erogati da Enti nazionali, e non solo dall’INPS, a sostegno del reddito o per assenza d lavoro. Cioè quando un sistema informativo gestionale eroga denaro che rilevi ai fini ISEE, dati che sono strutturalmente disponibili in modo aggiornato, che potrebbero essere immessi nelle DSU dagli enti erogatori.

b) I redditi che è difficile catturare in automatico se riferiti al momento della DSU (o ai 3 mesi precedenti) sono quelli rilevanti ai fini IRPEF (in primis quelli da lavoro). Ma si potrebbe introdurre un correttivo (spesso dimostratosi efficace), prevedendo che il cittadino li autocertifichi entro una modulistica molto blindata che lo vincoli a descrivere “se e perché” sono diversi da quelli riscontrabili nell’ultima dichiarazione IRPEF.

c) Utile anche una modifica alla normativa sull’autocertificazione, escludendo (o limitando) la possibilità per il cittadino di autocertificare i redditi senza esibire documentazione. Peraltro i “redditi” sono sempre stati un oggetto di autocertificazione piuttosto anomalo rispetto agli altri previsti dall’art. 46 del DPR 445/2000.

d) Dall’inizio del 2020 sono stata ampliate le circostanze nelle quali il cittadino può presentare un ISEE corrente. La scelta era opportuna, ma significa che viene ritenuto accettabile dal legislatore che crescano molto gli ISEE nei quali non opera l’immissione di redditi a cura dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate, e dunque il relativo controllo automatico.

Sui patrimoni mobiliari

e) Mantenendo la logica di valutare un identico “momento di possesso” per i patrimoni mobiliari ed immobiliari (perché gli uni possono convertirsi negli altri) non sembra indispensabile che il periodo cui si riferiscono debba essere soltanto un anno solare precedente la DSU (giacenza media) per i patrimoni mobiliari, o un 31 dicembre precedente la DSU. Se l’archivio dei gestori di patrimoni finanziari presso l’Agenzia delle Entrate prevedesse un rifornimento dei dati “in continuo”, o uno scarico trimestrale, sarebbe agevole utilizzare una “giacenza media” che si riferisca al solo trimestre precedente la DSU, nonché lo stock al momento della DSU. Quindi un “controllo automatico” potrebbe essere operante anche se il cittadino dovesse dichiarare i patrimoni mobiliari posseduti al momento della DSU. Certo la soluzione migliore sarebbe che i dati sui patrimoni mobiliari venissero immessi entro l’ISEE in automatico ricavandoli dall’archivio dei rapporti finanziari, superando eventuali obiezioni sulla privacy.

Sui patrimoni immobiliari

f) Non è indispensabile che il periodo cui si riferiscono i patrimoni immobiliari debba essere necessariamente un 31 dicembre precedente la DSU. Questo dato, oltre a non essere facile da ricostruire per il dichiarante (ad esempio se dichiara molti mesi dopo), non genera nessun controllo automatico nel sistema ISEE. Dunque non dovrebbe implicare difficoltà chiedere di dichiarare i patrimoni immobiliari posseduti al momento della DSU, anzi aiuterebbe sia il dichiarante sia chi esegue i controlli, per non dover risalire con fatica a valori pregressi.

g) Una prospettiva interessante è di far immettere in automatico entro le DSU i patrimoni immobiliari dagli archivi dell’Agenzia delle entrate, anche se resta l’esigenza (peraltro ben più rilevante che entro il solo contesto dell’ISEE) di un aggiornamento del Catasto.

I controlli che devono essere eseguiti dagli Enti erogatori

Oltre ai controlli che il sistema ISEE esegue “in automatico”, spettano agli Enti erogatori i controlli previsti elencati all’art. 10 comma 7 del dPCM 159/13 e s.m.i. Sul punto sarebbero utili questi miglioramenti:

h) Prevedere che la composizione anagrafica del nucleo ISEE sia controllata automaticamente tramite connessioni del sistema ISEE con le anagrafi comunali, e dunque con l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). Anzi invece di “controlli ex post” sul nucleo già dichiarato dai cittadini, il sistema ISEE potrebbe popolare in automatico i dati anagrafici importandoli dall’ANPR, ed evidenziare successive variazioni del nucleo. Automatismo che va progettato con link tra DSU e ANPR.

i) Per conoscere i trattamenti assistenziali ricevuti dal nucleo era previsto il “Casellario dell’assistenza”, confluito nel SIUSS3 che prevede che tutti gli enti erogatori pubblici di prestazioni sociali agevolate (ossia dipendenti da una valutazione della condizione economica) obbligatoriamente inviino i dati delle loro prestazioni e dei loro utenti. Questo potrebbe diventare un efficace strumento di controllo ex ante dei contenuti degli ISEE se i trattamenti assistenziali erogati (da chiunque) al nucleo potrebbero essere immessi in automatico nelle DSU dal sistema, riducendo così le autodichiarazioni. E se il SIUSS fosse alimentato con dati “freschi” e correnti questi trattamenti nell’ISEE potrebbero essere quelli ricevuti al momento della DSU (o nei 3 mesi precedenti). Sarebbe però necessario che nel SIUSS si superassero queste criticità:

  • È poco realistico che tutti gli enti erogatori inviino sistematicamente i propri dati su fruitori e prestazioni; meglio una architettura nella quale una piattaforma sovraordinata li catturi in automatico. Il tema richiede strategie da approfondire, ma confidare che il meccanismo attuale sia efficace appare illusorio.
  • Non è prevista la possibilità di ricostruire le prestazioni non per la singola persona, ma per l’intero nucleo familiare. Lettura che è decisiva per tutti gli interventi diretti all’intero nucleo, come accade di norma nei servizi sociali, anche in prestazioni che sono appositamente regolate da leggi nazionali con criteri che considerano l’intero nucleo. L’ISEE è costruito per l’intero nucleo familiare, dunque sarebbe logico che questa prospettiva fosse estesa anche nel SIUSS.
  • Ciò che un Ente erogatore può leggere nel SIUSS sono solo i suoi interventi o quelli dell’INPS; il che svuota di senso l’obiettivo di vedere tutte le prestazioni erogate ad un nucleo anche da qualunque altra amministrazione.
  1. Dal 1/1/2020 l’ISEE ha validità di 6 mesi, ma con l’obbligo del cittadino di aggiornarlo prima della scadenza se qualcuno del nucleo cambia la situazione occupazionale (ad esempio trova lavoro) o se inizia a ricevere prestazioni assistenziali/previdenziali/indennitarie.
  2. Sono in parte ricavate dall’articolo di F. Pesaresi e M. Motta pubblicato su welforum.it il 10 giugno 2021
  3. Il Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali, in costruzione