La prima attuazione dell’ADI: il punto di vista degli operatori


Andrea Tittarelli | 11 Giugno 2024

Il panorama delle politiche sociali italiane ha subito una significativa trasformazione con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione (ADI) e del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL). Queste misure, istituite dal DL 48 del 4 maggio 2023 e successivamente modificate con la Legge 85/2023, hanno preso il testimone dal Reddito di Cittadinanza (RDC), la precedente misura nazionale di contrasto alla povertà.

ADI e SFL rappresentano due approcci distinti nella lotta contro la povertà. L’ADI è una misura categoriale rivolta alle fasce più vulnerabili della società, mentre il SFL è orientato all’attivazione al lavoro per individui considerati “occupabili”. Nel 2024, le risorse destinate all’ADI ammontano a circa 5,5 miliardi di euro, mentre il SFL beneficia di un finanziamento di 1,5 miliardi di euro.

IL SFL è stato attivato il 1° settembre 2023, mentre per l’ADI è possibile presentare la domanda dal’18 dicembre 2023. Secondo le anticipazioni dell’INPS, del considerevole numero di 600.000 nuclei che hanno richiesto l’ADI, l’88% è composto da ex percettori del RDC. Dalla Campania e dalla Sicilia, come già nel caso del RDC, provengono una parte significativa dei richiedenti, rispettivamente il 26,7% e il 21,8%, ma anche altre regioni come Puglia, Lazio, Calabria e Lombardia contribuiscono in modo rilevante, evidenziando un’ampia diffusione delle richieste a livello nazionale.

In questo articolo ci concentreremo sulla fase iniziale di attuazione dell’Assegno di Inclusione.

Come funziona l’Assegno di inclusione

L’Assegno di Inclusione è riconosciuto a partire dal 1° gennaio 2024 come “misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale.” La sua concessione è subordinata al rispetto di specifici requisiti di residenza, cittadinanza, soggiorno, prova dei mezzi basata sull’ISEE, e adesione a un percorso personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa.

Il funzionamento pratico dell’ADI prevede da parte dei cittadini la presentazione telematica della richiesta presso l’INPS, l’iscrizione al Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL) e la sottoscrizione di un Patto di attivazione digitale. A questo punto i beneficiari iniziano a ricevere la prestazione economica e sono coinvolti in un percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa. Il coinvolgimento attivo dei Servizi Sociali è fondamentale, a partire da una valutazione dei bisogni del nucleo familiare finalizzato alla definizione di un Patto per l’Inclusione. Periodici aggiornamenti e incontri sono previsti per garantire l’efficacia della misura e il rispetto degli impegni previsti nel Patto.

Esploreremo ora le principali caratteristiche dell’ADI, a chi è destinata e le principali fasi di avvio, analizzando il punto di vista di alcuni Assistenti Sociali coinvolti nel processo, in risposta a uno specifico questionario a loro sottoposto. Sono stati intervistati 8 assistenti sociali di tre Comuni umbri, capofila di tre Ambiti Territoriali Sociali (ATS): Perugia,1 Gubbio2 e Narni.3

Gli esiti dell’indagine sugli operatori

L’impatto iniziale dell’Assegno di Inclusione sui servizi è stato significativo a causa sia della complessità della nuova misura che di una carenza di formazione ed informazione degli operatori. Questo si è tradotto in incertezza e confusione tra gli addetti ai lavori, che si sono trovati spesso impreparati ad affrontare le richieste dei cittadini e a fornire loro un adeguato e tempestivo supporto, e comportando talvolta la necessità per i servizi stessi di doversi ri-organizzare, con rapidità ed in carenza di organico.

Di contro tutto ciò ha generato disorientamento tra i cittadini riguardo agli effettivi requisiti ed alle procedure necessarie per accedere alla misura, che si sono tradotti, da un lato, in uno scoraggiamento, specie per i soggetti più fragili, a presentare domanda, dall’altro in un alto numero di domande non accolte, spesso tradottisi nella successiva richiesta di attivazione di aiuti economici locali, a fini compensatori.

Altre ricorrenti apprensioni tra i cittadini hanno riguardato la possibilità di perdere i benefici maturati grazie alla misura precedente (Reddito di Cittadinanza) ed il rispetto della scadenza dei 120 giorni per la presentazione presso i Servizi per l’avvio del percorso di presa in carico. Queste preoccupazioni ed ansie hanno portato a una decisiva mobilitazione dei cittadini, che hanno fatto sentire la propria voce sia presso gli uffici dei Servizi Sociali, sia tramite altri canali, quali i CAF e i Patronati.

I tre ATS considerati hanno registrato un differente afflusso di domande per accedere all’ADI. Se nelle due zone sociali in provincia di Perugia (2 e 7) si è riscontrato un sostanziale pareggio o addirittura un incremento dei beneficiari rispetto al Reddito di Cittadinanza, la zona ternana (11) ha invece riportato una diminuzione degli aventi diritto. Si tratta di un esito in parte inatteso, vista le restrizioni della nuova misura rispetto a quella precedente, ma evidentemente in parte imputabile a una maggiore capacità di attivazione della cittadinanza e ad una peculiare concentrazione dei target della nuova misura in alcuni specifici contesti territoriali.

Le limitazioni categoriali introdotte con l’Assegno di Inclusione hanno penalizzato in particolare i nuclei con un solo componente4 e quelli composti da persone di età compresa tra 18 e 59 anni, senza figli minori e senza disabilità, creando una palese discriminazione, a detta degli operatori sociali, nei confronti di alcuni target, seppur in condizione di povertà ed esclusione sociale conclamata. Altro requisito considerato divisivo riguarda l’assenza di condanne penali da parte dei richiedenti negli ultimi dieci anni, ed il fatto di non essere sottoposti a misure cautelari per poter beneficiare della misura. Questo criterio, già presente in parte con il Reddito di Cittadinanza, esclude automaticamente coloro che hanno avuto problemi con la legge, senza tener conto del fatto che tali individui potrebbero aver completato con successo un percorso di riabilitazione e potrebbero necessitare più di altri di un accompagnamento al fine di reinserirsi pienamente nella società.

Pur avendo introdotto tra gli aventi diritto le persone in condizione di svantaggio “certificato”, con tutte le complicazioni del caso, non risultano inoltre tra i destinatari persone con problemi di natura sanitaria che non abbiano ancora ottenuto il riconoscimento dell’Invalidità Civile o che soffrano di disturbi mentali o dipendenze non in carico ai servizi specialistici – e che difficilmente accedono spontaneamente – e le persone senza fissa dimora non iscritte nel registro o non iscritte all’anagrafe della popolazione residente. Rispetto a questo ultimo gruppo, va notato che il Ministero, come indicato nella Nota 1329/2020, aveva fornito chiarimenti sulla possibilità di considerare il requisito della residenza in modo “sostanziale” per i beneficiari del Reddito di Cittadinanza, ma, ad oggi, non ci sono informazioni circa l’applicabilità di questo principio all’ADI.

Infine, in tutte le zone sociali considerate emerge una scarsa contezza da parte dei Servizi Sociali riguardo al comportamento dei cittadini nel processo di attivazione digitale. Allo stesso tempo, i cittadini hanno affrontato il patto di attivazione digitale con molte lacune conoscitive, il che potrebbe intaccare la necessaria responsabilizzazione e coinvolgimento nelle fasi successive del percorso di presa in carico.

  1. Zona sociale 2 – Perugia, Corciano, Torgiano
  2. Zona sociale 7 – Gubbio, Costacciaro, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Scheggia, Pascelupo, Sigillo
  3. Zona sociale 11 – Narni, Alviano, Amelia, Attigliano, Avigliano Umbro, Calvi dell’Umbria, Giove, Guardea, Lugnano in Teverina, Montecastrilli, Otricoli, Penna in Teverina
  4. Va qui ricordato che per le persone sole di età compresa tra 18 e 59 anni, senza figli minori e senza disabilità, con ISEE superiore ai 6.000,00 € viene meno anche il Supporto per la Formazione e il Lavoro