Sono trascorsi oltre 25 anni dall’approvazione della legge 109/96 sull’uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. I risultati raggiunti dallo Stato sono di grande rilievo: ad aprile 2024 sono circa 20.000 gli immobili confiscati destinati ai Comuni o ad altre amministrazioni e 23.000 quelli ancora da destinare.
Tuttavia, come la Corte dei Conti ha recentemente evidenziato, molto resta ancora da fare affinché questo patrimonio sia adeguatamente valorizzato a fini sociali. È necessario che gli immobili in possesso degli enti locali siano concretamente utilizzati in favore della collettività, principalmente tramite il coinvolgimento delle comunità locali e l’affidamento in gestione ad enti del Terzo settore in grado di elaborare e realizzare progetti efficaci ed utili.
Il raggiungimento di questi obiettivi richiederebbe una riforma del sistema di governance. Sono state avanzate alcune valide proposte la cui trattazione non rientra tra gli obiettivi di questo articolo con il quale si vuole, invece, proporre un tentativo di riflessione sul ruolo che gli strumenti della coprogrammazione e della coprogettazione possono avere ai fini di un’efficace attuazione della normativa sulla valorizzazione sociale dei beni confiscati.
Partiamo dal ricordare che:
- Il d. lgs 117/2017 (CTS) assegna ad entrambi gli strumenti collaborativi (disciplinati dall’art. 55 e dal DM 72/2022) un ruolo di grande rilievo, in quanto il loro utilizzo viene esteso senza limitazioni a tutti i settori di interesse generale citati dall’art. 5, tra i quali rientra, al punto Z, la riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
- Secondo il comma 2 dell’art. 55 del CTS: “La coprogrammazione è finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili”.
- Se nella coprogrammazione si leggono i bisogni e le priorità di intervento, nella coprogettazione ci si occupa della progettazione e della successiva realizzazione di uno specifico intervento sociale, valorizzando l’integrazione tra una pluralità di soggetti: enti pubblici, imprese sociali, volontariato, associazionismo.
- In ragione della peculiarità della metodologia della coprogettazione, le risorse pubbliche messe a disposizione dei partecipanti possono essere di vario tipo e, dunque, trattarsi di:
- risorse economiche, proprie o di altro ente o soggetto;
- beni mobili e/o immobili;
- risorse umane.
Come già accennato in precedenza, la Corte dei Conti in una recente Delibera (marzo 2023) ha evidenziato che i provvedimenti di sequestro o confisca dei beni della criminalità organizzata sono in continuo aumento e superano costantemente i provvedimenti di riutilizzo. Pertanto, lo stock di beni inutilizzati è destinato ad aumentare.
La Corte individua come principali cause di questo fenomeno:
- la mancanza di un sistema di raccolta dati affidabile, completo e pienamente consultabile nel quale far confluire le informazioni raccolte;
- la ridotta disponibilità finanziaria dei Comuni e degli enti del Terzo settore, che rende difficoltoso l’avvio dei progetti di reimpiego sociale delle strutture;
- la lunghezza dei procedimenti di assegnazione.
Oltre alle cause evidenziate dalla Corte, riteniamo opportuno riflettere su altri aspetti che, a nostro avviso, fungono da ostacolo al raggiungimento di validi risultati:
- La destinazione non sempre è sinonimo di valorizzazione. Occorre superare l’attuale logica quantitativa di governance dei beni confiscati, secondo la quale i risultati sono misurati in termini di numero di destinazioni effettuate agli Enti Locali, in favore di una logica qualitativa che pone l’accento su aspetti quali: numero di occupati, cittadini e utenti coinvolti nelle attività del soggetto gestore, capacità di risposta alle esigenze delle comunità, ecc.
- Occorre superare l’attuale approccio focalizzato principalmente sulla ristrutturazione edile del bene, in favore di un modello focalizzato sulla mobilitazione delle risorse territoriali, sul coinvolgimento della comunità e sulla generazione di idee e progetti.
- Il tema della valorizzazione degli immobili confiscati è spesso relegato in una dimensione “micro-localistica” e “iper-frammentata”. È necessario oggi pensare ad interventi di ampio respiro, che comportano il coinvolgimento di una molteplicità di beni localizzati in territori diversi e di soggetti di rilievo regionale e nazionale.
- Occorre prestare particolare attenzione ai piccoli comuni spesso privi di risorse e competenze adeguate, così come non possiamo non evidenziare la storica assenza di capacità progettuali da parte degli ETS, potenziali soggetti gestori.
Per comprendere in che modo coprogrammazione e coprogettazione possono incidere su alcune delle criticità appena esposte, occorre partire da una considerazione di carattere generale: il Codice Antimafia (D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e s.m.i), nel disciplinare il complesso iter relativo alla valorizzazione a fini sociali dei beni confiscati, individua come attori cardini: i Comuni e le Organizzazioni del privato sociale (associazioni, cooperative sociali, enti e comunità).
In quest’ottica, possiamo affermare che gli strumenti di progettazione partecipata rappresentano una risorsa preziosa, in quanto possono dare metodo e contenuti al rapporto tra attore pubblico ed ETS.
Appare quindi evidente che l’adozione di meccanismi di coprogrammazione e coprogettazione può aiutare a superare o quanto meno rendere meno critiche le problematiche evidenziate in precedenza, soprattutto in relazione ad aspetti quali la carenza di informazioni, l’eccessiva focalizzazione sugli aspetti legati alla ristrutturazione del bene, la dimensione localistica ed iper-frammentata degli interventi e la carenza di capacità progettuali.
In particolare, rispetto all’analisi svolta in precedenza, gli strumenti collaborativi possono:
- offrire un valido ausilio nel superare le carenze informative, in quanto in fase di analisi dei bisogni (coprogrammazione) diviene indispensabile informare gli enti coinvolti in merito ai beni confiscati presenti su un dato territorio ed approfondire le conoscenze sulle loro caratteristiche (stato di conservazione, presenza di vincoli, ecc.);
- aiutare i soggetti coinvolti a costruire concreti progetti di valorizzazione del bene e a focalizzare gli sforzi sui bisogni del territorio, sulle idee e sui progetti, superando l’attuale impostazione che è centrata più sugli aspetti quantitativi che sull’impatto sociale ed economico delle assegnazioni;
- facilitare l’avvio di iniziative di ampio respiro, in grado di coinvolgere una molteplicità di beni e soggetti gestori differenti con l’obiettivo di dare risposte sistemiche ai bisogni del territorio.
La coprogettazione potrebbe rivelarsi uno strumento molto utile anche laddove si utilizzino fondi pubblici destinati alla ristrutturazione di beni confiscati. Gli attuali strumenti di agevolazione non prevedono alcun coinvolgimento dei potenziali soggetti gestori nella definizione degli aspetti progettuali legati alla rifunzionalizzazione degli immobili, limitandone l’efficacia e costringendo, spesso, il soggetto gestore a utilizzare un immobile non rispondente alle proprie esigenze o a sobbarcarsi l’onere finanziario di ulteriori interventi edilizi.
Occorre inoltre evidenziare che, soprattutto nei territori caratterizzati da un Terzo Settore più debole e frammentato, gli Enti locali spesso non riescono ad assegnare beni confiscati agli ETS, in quanto nessuno dei soggetti presenti sul territorio ha la dimensione minima necessaria per farsi carico di un impegno così gravoso. Anche in questo caso, la coprogettazione può essere un utile meccanismo per elaborare progetti in grado di coinvolgere una pluralità di ETS nella gestione di un singolo bene.
Al fine di comprendere dal punto di vista procedurale in quale momento possono essere introdotti meccanismi di coprogrammazione e coprogettazione, è opportuno soffermarsi brevemente sull’iter di assegnazione di beni confiscati. L’iter che conduce alla gestione di un bene da parte di un ETS può essere suddiviso in 5 fasi, non necessariamente consequenziali:
- Individuazione del bene. L’ente locale individua il bene confiscato di proprio interesse mediante l’accesso al data base (Open Regio) disponibile sul sito dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC).
- Formulazione manifestazione di interesse. Dopo aver individuato il bene, il Comune manifesta il proprio interesse all’ANBSC che procede alla destinazione dell’immobile al richiedente.
- Formulazione del regolamento comunale per la gestione dei beni confiscati.
- Avviso di selezione per la concessione bene immobile.
- Assegnazione del bene al soggetto gestore (ETS) mediante sottoscrizione di apposita convenzione.
Nel corso di questo lungo e complesso iter, la coprogrammazione potrebbe essere un valido ausilio in fase di elaborazione del regolamento comunale per la gestione dei beni confiscati, mentre la coprogettazione potrebbe precedere, integrare o sostituire l’Avviso di selezione per la concessione del bene immobile, secondo le modalità e gli step previsti dal DM 72/21, illustrate nei precedenti paragrafi.
In conclusione, possiamo affermare che la coprogettazione e la coprogrammazione possono risultare utili nell’ambito della valorizzazione dei beni confiscati. Per raggiungere questo obiettivo occorre superare, tuttavia, numerosi ostacoli legati principalmente a tre fattori: un approccio spesso troppo burocratico da parte della Pubblica Amministrazione, mancanza di competenze specifiche e scarsità di risorse dedicate allo sviluppo di questi percorsi.
Inoltre, crediamo che non relegare questi strumenti al solo ambito dei servizi sociali, estendendoli ad un settore complesso come quello dei beni sottratti alla criminalità, possa aiutare ad una migliore comprensione delle loro potenzialità. È utile sottolineare che “la co-progettazione, nelle coordinate del Codice del Terzo Settore, diventa una procedura che espande gli interventi a campi più larghi dei servizi sociali socioeducativi e di inserimento lavorativo tradizionali e riconcettualizza in potenza il concetto di sociale ampliando sia il terreno di azione che il numero e la tipologia degli attori coinvolgibili” (Fazzi, 2023).
Numerosi studi dimostrano che la coprogettazione funziona laddove esiste un buon livello di accumulazione di capitale sociale. In questa sede vogliamo lanciare una sfida: la coprogrammazione e la coprogettazione possono divenire strumenti per creare capitale sociale. In quest’ottica, gli enti locali e gli ETS devono compiere un salto di qualità, andando oltre i ruoli consolidati e assumendo la responsabilità di “agenti di sviluppo” del territorio, affiancati e supportati (anche finanziariamente) dalle strutture amministrative centrali (ANBSC, Dipartimento per le Politiche di Coesione) e dalle Regioni.
Lo sforzo che si richiede ai soggetti coinvolti va oltre gli aspetti procedurali, tuttavia esso risulta necessario, in quanto “la valenza della coprogettazione, prima ancora che tecnica, è eminentemente politica e tale connotazione investe direttamente il ruolo sia del pubblico, sia del terzo settore” (Fazzi, 2023).