Il progetto di vita, si può fare veramente


Laura Belloni | 1 Agosto 2024

“E tu quando sei uscita di casa l’ultima volta perché hai potuto semplicemente scegliere di farlo?

 Se me lo avessero chiesto quattro anni fa, quando non ero tetraplegico e avevo una vita sociale come tanti, al massimo avrei risposto ieri.

Forse l’avrei trovata una domanda sciocca. Ora so contare e ricordare con precisione quante volte sono uscito di casa nel 2023 e quanto ho pagato per farlo” (Simone R. – gennaio 2024)

 

Due cose mi hanno colpita nel leggere questo breve messaggio pubblicato su Instagram.

La prima: dover pagare per ciò che chiunque farebbe in autonomia godendo del privilegio di non avere bisogno di nessuno e dando per scontato il poter ‘fare’ quello che si desidera, quando lo si desidera, come cucinarsi, varcare la soglia di casa, lavorare. La seconda: ci ricorda che la disabilità ‘capita’, può capitare a tutti in qualunque momento della vita e direi, anche per questo, ci riguarda tutti.

Per affrontare l’argomento di questo intervento “vita indipendente: si può fare”, ho pensato fosse necessario partire mettendoci  dalla parte “giusta”, da quella cioè del “fare Insieme”, insieme alle persone con disabilità, alle famiglie, agli operatori, assumendo sempre i diversi punti di vista, i desideri e le aspirazioni di tutti.

Fondazione Idea Vita

Questo breve racconto ci introduce al percorso che in questi anni ha realizzato la realtà che rappresento, Fondazione Idea Vita: una fondazione di partecipazione familiare nata nel 2000 da un piccolo gruppo di familiari con figli con disabilità[1]. Per questi genitori era necessario poter garantire ai loro giovani figli con disabilità, una vita fin da subito di partecipazione alla propria città, di possibilità di relazione con i pari, di scelta della possibilità di vivere al di fuori del nucleo famigliare. Permettere la realizzazione di una vita adulta significava, mantenendolo sullo sfondo, iniziare ad affrontare anche il futuro, il cosiddetto “dopo di noi”: Dove vivrà mio figlio? Chi si occuperà di lui? Chi lo guarderà/capirà come lo capiamo noi oggi?’

Queste sono le domande che i genitori si sono inizialmente posti. Poi hanno studiato, conosciuto meglio la realtà sociale milanese, hanno intravisto alcune risorse e alcune assenze, hanno scelto di ‘stare insieme’, primo messaggio importante per le famiglie, ‘da soli non si va da nessuna parte’; hanno inventato con un notaio una forma giuridica che potesse garantire sia il loro protagonismo, sia una struttura giuridica che potesse permanere nel futuro: la fondazione di partecipazione familiare (oggi abbastanza diffusa in Italia).

I fondatori sono familiari di persone con disabilità, convinti che la famiglia possa e debba essere protagonista nel costruire la traiettoria di vita per il proprio figlio con fragilità, rispettandone inclinazioni e aspirazioni. La Fondazione ha quindi lo scopo di garantire, nel tempo, la salvaguardia dei valori più preziosi per le famiglie: la serenità e il benessere del proprio congiunto.

Dai servizi “standardizzati” ai budget di progetto 

I centri diurni, le comunità alloggio, le residenze sanitarie rappresentano offerte standardizzate, pre-progetti a cui la persona si deve adattare, in cui prevale spesso la dimensione organizzativa del servizio e nelle quali persino i tempi di permanenza sono circoscritti alle caratteristiche e all’ età della persona. Le parole usate dagli operatori sono infatti: inserimento, appropriatezza, impiattamento, alzate, dimissioni…

Osserviamo purtroppo che molto frequentemente rimane centrale l’offerta di una “soluzione abitativa”, con l’intento, implicito che sia un “progetto definitivo” per la persona.

Non è ancora sufficientemente diffusa l’idea che occorra sperimentare e far sperimentare alle persone, osservare per capire, offrire un percorso di emancipazione accettando il rischio di dover tornare indietro e ripartire, ma con l’obiettivo di una vita adulta il più possibile scelta e rispondente ad un desiderio.

Nel 2001 i familiari di Idea Vita hanno affittato una casa, l’hanno resa ‘bella’ con spazi adeguati, hanno previsto 4 o 5 persone conviventi, periodi di sperimentazione abitativa graduale nel rispetto dei tempi e dei desideri di ognuno… tutto quello che oggi prevede la legge 112/2016.

Le famiglie sono state protagoniste del cambiamento: la legge 112/2016 ha dato poi una cornice legislativa ad esperienze, anche simili a questa, che nelle città si stavano già realizzando a partire dal coinvolgimento diretto delle famiglie, sia finanziario sia nell’impegno a garantire la libertà di scelta e una vita da ‘cittadini’.

Esperienze queste che si sono potute realizzare anche grazie all’incontro con operatori illuminati che hanno ascoltato questa esigenza e che hanno detto: “Proviamoci”. Prima è importante sapere cosa si desidera, poi occorre sperimentare, poi ci si confronta e solo infine arrivano le leggi.

A nome dei familiari, a tutti gli operatori diciamo “Coraggio nell’ascoltare – Coraggio nel credere che si possa fare insieme alle persone e alle loro famiglie – Coraggio nel voler sperimentare progetti innovativi”.

Oggi a Milano ci sono diverse persone con disabilità che vivono la loro vita indipendente, dove gli operatori sono presenti in orari a misura delle persone che la vivono, le persone sono quattro o cinque che si sono scelte lungo alcuni periodi di sperimentazione abitativa; i conviventi sono spesso molto diversi tra loro per bisogni, possibilità e necessità.

Molte delle case in quanto ‘struttura’, sono oggi messe a disposizione dalle famiglie, attraverso forme diverse: affitto, comodato gratuito o acquistati attraverso la donazione modale.

Organizzare e realizzare progetti di vita indipendente personalizzati richiede tempo, energie e capacità, nonché l’adesione da parte della famiglia e di ogni altro interlocutore significativo ad un progetto che rimane sempre in continua evoluzione.

È evidente quindi che “si può fare”, è evidente perché si è fatto. Riteniamo che le sperimentazioni sul campo siano la miglior modalità per avviare un appartamento e che non ci siano ricette definite o uguali per tutti: è sempre necessario ascoltare, aggiustare, guardare come funziona, raccontarlo quando funziona perché questo dà modo alle famiglie di essere più fiduciose rispetto alla possibilità che esista un ‘durante noi’ che verrà garantito anche dopo, dà modo alle persone con disabilità di essere fiduciose nel poter vivere la propria libertà di scelta.

L’azione di Monitoraggio

Milano era ed è una città molto ricca di imprese sociali e di ‘servizi’, ma, per i fondatori di Idea Vita, era necessario inventare un nuovo modo, o meglio, si doveva trovare “il modo” perché i loro figli potessero vivere pienamente la loro vita da cittadini, “accompagnati” da operatori nei modi e nei tempi che per ciascuno dovevano essere personali e diversi.  

I fondatori hanno scelto di non costituire una impresa sociale, ma di dialogare con quelle esistenti per tutte quelle figure professionali necessarie ad accompagnare la quotidianità della vita dei loro figli.

Una cosa ancora mancava, un ulteriore strumento di garanzia e lo hanno inventato: l’azione di Monitoraggio della qualità di vita della persona, la continuazione del loro ‘sguardo genitoriale’ nel futuro, affidata a una figura professionale indipendente dalla gestione che permanesse lungo tutto l’arco della vita dei loro figli.

Nella “cassaforte” della fondazione hanno posto quindi “l’azione di monitoraggio della qualità della vita”, ad integrazione e supporto dell’Amministratore di Sostegno, per garantire la qualità della vita della persona nell’ambiente in cui vive, misurata sulla serenità e sul benessere da lei espresso con gli strumenti di comunicazione dei quali è dotata.

Nell’oggi rappresenta lo sguardo che accompagna l’emergere di una progettualità che non è degli operatori o dei servizi, ma della persona stessa, del suo desiderio, della capacità della sua famiglia di lasciare una porta aperta con fiducia sul futuro. La fondazione è garanzia di questa azione.

Il contesto del lavoro della Fondazione lo si può definire alla fine come l’incontro di diverse collettività, la possibilità cioè di incontrarsi e pensare che ogni progetto appartenga a tutti i soggetti coinvolti.

Una differente prospettiva

Nel corso degli anni sono state promulgate leggi a favore delle persone con disabilità di grande valore sociale che hanno aiutato ad avviare, con una visione integrata e personalizzata, il percorso di vita delle persone adulte con disabilità. A fronte di un’offerta di servizi pubblici e/o privati, permane il problema legato alla grandissima frammentazione delle proposte e dei sostegni, per cui le famiglie si trovano sole nel districarsi fra opportunità e relazione tra le proposte, nella difficoltà di individuare i percorsi di vita per il proprio figlio, rimandando spesso nel tempo un progetto di emancipazione fino a situazioni di emergenza.

Idea Vita sta sperimentando con alcune imprese sociali progetti ad elevata personalizzazione, dove accompagnare le persone nel percorso verso la vita indipendente, sostenendo i familiari nella ideazione e definizione di un progetto complessivo. I progetti vedono anche gli operatori assumere il ruolo di  traghettatori, accompagnatori di vita a fianco delle persone; l’esperienza dimostra che è possibile far emergere risorse dalle persone, tutte e indipendentemente dalla disabilità, che assumono così il ruolo non solo di soggetti portatori di bisogni, ma anche di adulti capaci di fare esperienze, di scegliere ed esprimere interessi; la relazione fiduciaria tra famiglie e operatori/enti diventa fattore determinante per avviare percorsi sperimentali e continuativi.

Gli strumenti tipici che concorrono alla realizzazione di questo processo sono la messa in rete ed il dialogo tra le diverse figure (storie, posizioni, aspettative, ecc.) coinvolte nella realizzazione di un progetto di vita.

L’azione di Monitoraggio, figura indipendente dalla gestione, si pone con modalità equidistanti da ciascun interlocutore e permette a ciascuno (ente gestore, figure educative, famiglie, assistenti sociali, ecc.) di rimettere al centro la persona con disabilità. Idea Vita fonda la sua azione quindi sulla costruzione e sul consolidamento di una rete basata su alleanze fiduciarie con persone con fragilità, enti, istituzioni, fondazioni, cooperative, associazioni, famiglie.

Concludendo

Facendo riferimento al messaggio di Simone letto all’inizio, dobbiamo provare a metterci dalla parte delle persone, sempre, perché senza questo piccolo sforzo di empatia, non riusciremo mai a rispondere al desiderio di libertà delle persone, al diritto di ognuna alla libertà di scelta. Una nuova  “cultura della disabilità” è necessaria perché si impedisca che vi siano continuamente strade e percorsi paralleli (segreganti) rispetto a tutte le altre persone.

Abbiamo provato a declinare con tre parole il cambio di prospettiva che si sta provando a realizzare: la prima è la conoscenza della persona, come ci indica anche la legge 227/2021, perché non può bastare una diagnosi per definire una persona, è necessaria la conoscenza diretta e di ognuna per capire i bisogni e i desideri. Poi c’è l’incontro con il territorio, con la “città”  che deve conoscere le “sue” persone con disabilità perché solo in questo modo è possibile pensare alle possibilità d’integrazione e partecipazione di tutti. La città dalla sua parte deve avere la capacità di farsi ‘attraversare’ dal mondo della disabilità, abbattendo barriere culturali e architettoniche. Infine, il protagonismo: dare sempre diritto di presenza alle persone, in qualunque contesto, incontro, riunione si faccia, punto di partenza per ‘rimanere dalla parte giusta’.

Mi è stato chiesto di dare qualche numero per fotografare Fondazione Idea Vita oggi.

I fondatori sono diventati una sessantina.  29 sono le persone ad oggi che stabilmente vivono in una situazione di co-housing, cioè in un appartamento insieme ad altri. Sono 10 le persone che hanno deciso di vivere da sole, sempre in un appartamento. Sono 5 le imprese sociali con cui dialoghiamo e con cui costruiamo e realizziamo i percorsi di vita indipendente delle persone.  Sono 62 le famiglie  che hanno scelto un’azione di Monitoraggio individuale stabile nel tempo e un centinaio le famiglie che seguono le varie iniziative della Fondazione.

Vorrei concludere questo intervento con un pensiero di Nenette Guidi Anderloni, ripreso dal volume A casa come va?1

Tutti dicono che “la persona è al centro del sistema e quindi degli interessi e delle azioni che si intraprendono per lei”. Ma spesso, poi, si confezionano soluzioni che si ritiene in modo unilaterale siano rispondenti a quello che viene definito “il suo bene”.

Ricordiamo l’articolo 19 comma (a) della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità: “Le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione”.

 

[1] Il sito di Idea Vita Onlus è raggiungibile a questo link

[2]  

  1. A casa come va? Itinerari di cittadinanza e vita indipendente di persone con disabilità e dei loro familiari, a cura di Fondazione Idea Vita, FrancoAngeli, 2022.