Trust e risorse economiche a supporto dei progetti per il Dopo di Noi


Luca Bellini | 10 Settembre 2024

L’oggetto di queste note è il frutto dell’esperienza di una fondazione milanese sull’impiego delle risorse economiche delle famiglie per il così detto “Dopo di Noi”, con gli strumenti previsti nella Legge n. 112 del 20161. Il testo di questa legge può essere idealmente diviso in due parti: la prima (artt. 2 – 5) riguarda l’intervento pubblico diretto, attuato con l’istituzione del Fondo nazionale per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno famigliare; la seconda (artt. 6 e 7), riguarda l’intervento pubblico indiretto, nel quale sono previste agevolazioni fiscali per alcuni strumenti strettamente privatistici. In particolare, si tratta di polizze assicurative, trust, vincoli di destinazione e contratti di affidamento fiduciario, impiegati nell’interesse di singoli cittadini con disabilità grave. Di seguito si fa riferimento principalmente all’utilizzo del trust.

Negli anni ‘90, quando si parlava dell’impiego delle risorse economiche delle famiglie in favore del proprio figlio disabile, l’espressione “Dopo di noi” non era stata ancora coniata: allora, come oggi, i genitori si domandavano come fosse possibile aiutare il proprio figlio quando non sarebbero stati più in grado di farlo. La soluzione più ricorrente era quella di programmare che, alla morte dei genitori, il patrimonio destinato alle esigenze del figlio con disabilità sarebbe stato lasciato al figlio sano, affinché si occupasse del fratello.

Questa soluzione, come ormai noto, aveva delle fragilità intrinseche perché significava, da un punto di vista giuridico, confondere tra loro i patrimoni dei due figli, con i rischi che ne potevano derivare (le eventuali sfortune del patrimonio del figlio sano, infatti, si sarebbero ripercosse sulla parte del patrimonio destinato al figlio con disabilità). Soprattutto, questa soluzione rischiava di non contemplare nessuna progettualità: il progetto di vita per il figlio con disabilità non era previsto dai genitori, anche perché non avrebbe potuto contare su autonome risorse economiche per realizzarlo. La vita del figlio con disabilità rischiava così di essere strettamente dipendente dalle vicende della vita del figlio sano.

Nel tempo, i genitori e le associazioni da loro create hanno trovato altre soluzioni. All’epoca, per la tutela giuridica delle persone fragili, esistevano solamente l’interdizione e l’inabilitazione, che erano giustamente vissuti come strumenti di emarginazione sociale. Finalmente, nel 2004 è stata introdotta nel nostro ordinamento l’amministrazione di sostegno2 e oggi si può dire che la nomina di un amministratore di sostegno sia la prima e migliore risposta all’esigenza di tutela della persona e a quella di voler destinare le risorse economiche della famiglia per il Dopo di noi e per la vita autonoma della persona con disabilità.

In questo contesto, anche prima della Legge n. 112 del 2016, si è sviluppato l’utilizzo del trust a beneficio delle persone con fragilità. Dando per conosciute in questa sede la definizione giuridica di questo istituto e la sua genesi nel nostro ordinamento, si può esemplificarne un’applicazione come segue. I genitori, o anche uno solo di loro, dichiarano, in un atto notarile, la loro volontà che tutto il loro patrimonio, o una sua parte, sia trasferito in proprietà, subito, o gradualmente o alla loro morte, ad una persona (il trustee), affinché lo impieghi esclusivamente per il progetto di vita del loro figlio con disabilità. In tal modo, i genitori si spogliano della proprietà dei beni conferiti nel trust ed il trustee ne diventa il proprietario. Si tratta di una proprietà diversa da quella conosciuta dal nostro Codice civile (diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo), perché è vincolata alle finalità indicate dai genitori nell’atto istitutivo del trust ed è separata da quella dei beni personali del trustee. In particolare, la Legge 112 del 2016 prevede che i beni conferiti nel trust siano destinati esclusivamente alla realizzazione delle finalità assistenziali del trust. Pertanto, l’interesse esclusivo del trustee è quello di sostenere economicamente il progetto di vita ed il benessere del beneficiario del trust.

In sintesi, quindi, la struttura del trust c.d. per il Dopo di Noi prevede: i disponenti, vale a dire coloro che immettono nel fondo il patrimonio: normalmente sono i genitori, ma può essere chiunque; il beneficiario di questo patrimonio che, può essere solamente una persona con disabilità grave, ai sensi dell’art. 3 , comma terzo, della L. 104 del 1992; il trustee, che diviene il proprietario del patrimonio in trust ed ha il compito di realizzarne lo scopo; il custode del trust, vale dire la persona, normalmente nominata dai genitori/disponenti, al quale è conferito il potere di controllo sul trustee affinché quest’ultimo rispetti le previsioni dell’atto istitutivo del trust; infine, i destinatari finali dei beni in trust: nell’atto istitutivo i genitori / disponenti possono indicare le persone o gli enti ai quali il trustee dovrà devolvere i beni residui dopo che il trust avrà cessato la sua funzione, con la morte del suo beneficiario: talvolta i genitori prevedono che i beni tornino in famiglia, vale a dire a sé stessi, se ancora in vita, o agli altri loro figli; altre volte i destinatari finali sono le persone o gli enti che hanno prestato assistenza al loro figlio con disabilità. Si deve, comunque, tenere presente che è possibile istituire un trust a beneficio di una persona fragile, con contenuti e struttura diversi da quelli previsti dalla L. 112/2016; in tal caso, non saranno utilizzabili i benefici fiscali previsti da tale Legge.

I genitori, di fronte ad amministrazione di sostegno e trust, spesso si domandano quale dei due istituti sia il migliore o se possano essere utilizzati entrambi e come coordinarli tra loro. Naturalmente, ogni caso richiede una valutazione specifica. Tuttavia, l’esperienza dimostra che il più delle volte la presenza dell’amministratore di sostegno è fondamentale, perché la persona che ricopre tale ruolo è il primo interprete delle esigenze e delle aspirazioni del beneficiario. Peraltro, solamente l’amministratore di sostegno, non il trustee, può esercitare poteri in materia di cura della persona, ad esempio per il consenso per i trattamenti terapeutici.  Il coordinamento tra i due istituti spesso è costituito dalla nomina dell’amministratore di sostegno nel ruolo di custode del trust.

Il trust può essere visto quindi come uno strumento complementare che può aiutare l’amministratore di sostegno. In concreto, si tratta di valutare, da caso a caso, quando sia opportuno affidare la cura e l’assistenza della persona all’amministratore di sostegno e la cura del patrimonio al trustee. Le motivazioni che portano i genitori ad affiancare il trust all’amministrazione di sostegno sono molteplici. Spesso si tratta di famiglie facoltose, ma la questione principale sulla quale fondare la decisione non è la consistenza del patrimonio, ma il progetto di vita e gli strumenti per realizzarlo.

Si può rilevare che l’impiego del trust e degli altri strumenti privatistici non favorisce soltanto le persone che ne sono beneficiarie dirette, ma può avere una ricaduta positiva sul welfare sociale, inteso come beneficio per tutti i cittadini, sotto diversi punti di vista.

  1. La scelta dell’impiego di un trust porta necessariamente i genitori / disponenti a riflettere sul progetto di vita e sulla sua sostenibilità economica. Bisogna tenere presente che il progetto di vita a cui fa riferimento l’art. 6 della L. 112 / 2016 non è il progetto individuale richiamato nella prima parte della Legge: si tratta di un documento privato elaborato dai genitori. Infatti, questi ultimi, nell’atto istitutivo del trust, sono chiamati a programmare l’impiego di risorse private in progetti, che, diversamente, non sarebbero stati probabilmente nemmeno immaginati. Pertanto, il primo effetto dell’utilizzo di un trust è quello di creare una cultura sulla elaborazione del progetto di vita, che può dare spazio alla creatività dei genitori, e di chi li affianca, e può quindi generare la speranza in un futuro migliore.
  2. Generalmente la realizzazione di un progetto di vita prevede il coinvolgimento di enti del terzo settore, che forniscono i servizi e le prestazioni a favore del beneficiario del trust. Pertanto, l’utilizzo del trust comporta l’impiego di risorse economiche private a favore di tali enti che quindi possono migliorare i loro servizi e renderli più accessibili per tutti.
  3. L’impiego di risorse economiche private, può comportare un risparmio di risorse pubbliche che possono quindi essere allocate altrimenti.
  4. Si è detto che l’amministratore di sostegno mantiene comunque un ruolo fondamentale. Può essere immaginato come il ragno che tesse la tela dei rapporti tra tutte le persone che sostengono il progetto di vita. Tuttavia, uno degli aspetti che preoccupa i genitori è la ricerca di una persona che li possa sostituire nel ruolo di amministratore di sostegno quando loro non potranno più esserlo. Talvolta, viene individuata una persona, magari un parente o un amico fidati, la quale è disponibile, ma è preoccupata per l’amministrazione del patrimonio destinato alla persona con disabilità e, per tale motivo, non accetta di essere nominata. In questi casi il trust può essere d’aiuto, perché questa persona può essere sollevata dagli oneri e dalla responsabilità dell’amministrazione del patrimonio, che sono demandate invece al trustee. In tal modo, l’amministratore di sostegno potrà concentrare la sua attività ed il suo impegno sulla cura e sull’assistenza del beneficiario, potendo rivolgersi al trustee per chiedergli di far fonte alle spese per le esigenze di vita e le aspirazioni del beneficiario stesso. In tal modo la platea dei potenziali amministratori di sostegno si amplia e facilita quindi i Giudici tutelari nella ricerca di persone disponibili ad essere nominate.
  5. Come si è anticipato, nel caso in cui il patrimonio del trust non sia completamento speso per il progetto di vita del beneficiario, il trustee, al termine del trust, è tenuto a devolverlo ai destinatari finali indicati dai genitori/disponenti. Spesso questi ultimi indicano come destinatari gli enti che hanno dato assistenza a loro figlio o, comunque, enti che perseguono interessi pubblici di cura, ricerca, assistenza ecc. Pertanto, patrimoni che, se non fosse esistito il trust sarebbero stati ereditati dagli eredi per legge, sono spesso, invece, devoluti al welfare sociale.

Fatte queste considerazioni, ci si potrebbe domandare quale tipo di soggetto possa avere le qualità più adatte per rivestire il ruolo di trustee. In astratto, si può immaginare un parente o un amico o un professionista che goda della fiducia dei genitori/disponenti. Si tratterebbe quindi di una persona fisica, spesso della stessa età di questi ultimi, sulla quale tuttavia è difficile poter fare affidamento, anche solo per ragioni anagrafiche. Esistono poi trust company che, esperte nell’ambito dei c.d. trust famigliari, hanno competenza per la conservazione e l’incremento dei patrimoni loro affidati; hanno tuttavia meno esperienza nell’impiego dei patrimoni per le esigenze delle persone. A Milano, nel 2014, un gruppo di professionisti, con particolare sensibilità per le persone svantaggiate ed esperienza nelle attività fiduciarie e nell’amministrazione di sostegno, ha pensato ad una fondazione per il ruolo di trustee. Nel 2016 è stata quindi costituita la Fondazione Lombarda Affidamenti che, da tale data, svolge la propria attività come trustee in trust a beneficio di persone con disabilità o comunque fragili3. L’attività si svolge nell’ambito della Regione Lombardia e la Fondazione si augura che la sua esperienza possa contribuire a far nascere iniziative analoghe in altre Regioni.

  1. Sull’attuazione della legge 112/2016 sono disponibili le Relazioni al Parlamento (2017, 2019) e quella della Corte dei Conti approvata nel dicembre 2022: welforum ha pubblicato qui e qui due articoli di commento.
  2. Si veda la legge 9 gennaio 2004, n. 6 “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno (…)”.
  3. Il sito internet della Fondazione è raggiungibile qui.