Ascoltare i cittadini per disegnare la città
L’esperienza torinese di Urban Lab
Elisa Monetti | 31 Ottobre 2024
Da giugno 2023 la Città di Torino ha intrapreso un percorso di ascolto della cittadinanza, indagando sui bisogni essenziali per sviluppare il disegno preliminare del nuovo Piano Regolatore Generale (PRG) della città. Il Piano Regolatore Generale è uno strumento urbanistico a disposizione di ogni città, che serve a definire le regole per le future trasformazioni urbanistiche. Il PRG vigente nella Città di Torino risale al 1995 e ha rigenerato le aree industriali dismesse per scopi produttivi e residenziali. Ma in quasi trent’anni i cittadini, e di conseguenza le loro esigenze, sono cambiati, come il contesto politico cittadino. È necessario ridisegnare la città e i servizi, e per farlo l’amministrazione torinese ha deciso di affidare a Urban Lab la gestione del processo di ascolto dei cittadini e la raccolta delle loro istanze. Creare un buon PRG influisce su molti aspetti della quotidianità dei cittadini e contribuisce a rendere la città un posto più o meno adatto a rispondere a bisogni come la manutenzione delle strade e una maggiore viabilità, potenziando i trasporti pubblici, ma anche a bisogni sociali. Sistemare un parco di quartiere permetterebbe agli/alle adolescenti di ritrovarsi, ma anche agli anziani di potersi godere un po’ di verde. Inutile sottolineare i benefici della riqualificazione di edifici scolastici o case di cura; e pianificare un nuovo utilizzo di edifici vuoti, come possibili nuove abitazioni sociali oppure centri culturali, può essere una strategia da attuare attraverso il Piano. In uno degli incontri organizzati da Urban Lab per la definizione di alcuni temi critici su cui ripensare al Piano Regolatore è emersa la connessione tra la pianificazione urbana e le offerte di welfare: una viabilità più efficiente permetterebbe di connettere tutti i quartieri e superare la dicotomia centro/periferia; è emerso il ruolo della mixité – in termini di classe sociale e background culturale -, per favorire la collaborazione tra realtà diverse per creare nuovi progetti che si adattino ai bisogni della popolazione.
Il processo di ascolto stesso, se fatto bene, può restituire fiducia e incentivare la collaborazione tra istituzioni, associazionismo e cittadini in genere. Lo scopo è quello di individuare i bisogni e gli elementi di forza e criticità nella città, per sviluppare un Piano che non solo sia in grado di rispondere ai bisogni attuali, ma che sia anche flessibile per potersi adattare ai cambiamenti futuri. L’ascolto, al momento non ancora concluso, ha attraversato diverse fasi, monitorando i risultati sulla partecipazione e sui temi emersi, modificando in itinere strategie, strumenti, attività.
Fasi, esiti, cambiamenti: un processo continuo.
La prima fase, svolta a giugno e a novembre 2023, ha coinvolto i corpi intermedi e altri stakeholders in diversi workshop su temi riguardanti l’economia, l’ambiente e le trasformazioni, gli spazi di vita quotidiana. Parallelamente, nell’ottobre 2023, si è cercato di raggiungere i cittadini attraverso un questionario online e tre giornate di attività nelle circoscrizioni. Analizzando gli esiti di questa fase, in particolare delle attività di ingaggio della popolazione, è emersa una significativa distanza tra la cittadinanza intesa in senso generale e l’amministrazione, perché tra i cittadini coinvolti molti erano tecnici, pochi profili giovani e famiglie, e soprattutto rarissime le persone straniere Le circoscrizioni non sempre hanno saputo attrarre i cittadini nel processo, per diversi motivi: innanzitutto «Non molti abitanti di Torino sanno a quale circoscrizione fare riferimento, ma certamente conoscono il loro quartiere di residenza, anche se non lo frequentano» riflette Chiara Lucchini, referente di Urban Lab per quanto riguarda il processo di ascolto della Cittadinanza; inoltre, le circoscrizioni come soggetti amministrativi hanno perso molto rispetto al loro ruolo sia politico che sociale negli anni, e le loro sedi (dove spesso si sono realizzate le attività di ottobre) non erano conosciute dai cittadini, poiché raramente frequentate.
Un altro tema critico emerso è stato il tempo: il tentativo di ascoltare una popolazione di circa novecentomila abitanti non può esaurirsi in sole tre giornate. I tempi devono essere lunghi, perché più si mantiene una porta aperta dove confrontarsi, più emergono effettivamente le istanze sentite dalle persone. Al contempo però, i tempi per l’amministrazione sono stretti: l’ascolto serve per definire una prima stesura del Piano, che poi sarà sottoposto alla Giunta Comunale (e poi affrontare diversi altri passaggi in Regione), che poi, se approvato, dovrà implementare i progetti. Bisogna quindi consegnare la documentazione il prima possibile, per cominciare il prima possibile.
Nonostante le criticità, la prima fase ha permesso di prendere coscienza delle potenzialità dell’ascolto, non solo in funzione del PRG: dopo aver raccolto tante istanze e necessità non inerenti direttamente al Piano (per esempio i rifiuti, la criminalità, la socialità) si è voluto continuare con l’ascolto in maniera diversa, più focalizzata sui cittadini. La seconda fase, iniziata nella primavera 2024 e chiamata Voci di Quartiere, ha cambiato strategia: mentre nel primo anno si cercava di coinvolgere le persone parlando del Piano Regolatore, in questa fase
«si è chiesto alle persone come fosse la qualità della vita nel quartiere, la qualità dei servizi, la qualità degli spazi pubblici» dice Chiara Lucchini1. In sostanza, si è cercato (e si cerca ancora) di coinvolgere diversi assessorati nella progettazione e realizzazione di azioni nel breve periodo. Inoltre, questa strategia di ingaggio permette di coinvolgere quella fetta di popolazione che non sa cosa sia il PRG e che vuole solo poter esprimere una propria opinione sui temi caldi della propria quotidianità. Tra le novità di questa fase, emerge l’esigenza di coinvolgere attori diversi, più vicini alle persone: le Case di Quartiere. I loro spazi sono più conosciuti, e aperti a tutte le persone, i loro agganci con la popolazione e con diverse associazioni e comitati del territorio rendono queste strutture capaci davvero di ingaggiare anche le persone che delle istituzioni non si fidano. Inaspettatamente, secondo Chiara Lucchini, «è diventata un’iniziativa corale, coordinata da Urban Lab, ma fatta da tanti altri soggetti». Le Case di Quartiere hanno co-progettato con Urban Lab diverse attività, da workshop all’interno dei loro spazi su alcuni temi ricorrenti, sino alle “camminate di quartiere”, scoprendo la città raccontata da chi la vive quotidianamente. Inoltre, a ottobre tornerà a circolare per la città la cargo bike di Voci di quartiere per rispondere alle domande e raccogliere istanze e proposte, e torneranno gli spettacoli nei parchi organizzati da Casa Teatro Ragazzi per bambini e adulti. Tra la primavera e l’estate sono state raccolte 400 “voci”, tra interviste individuali e altre attività: un numero piccolo, ma che raccoglie diverse fasce di popolazione, che la prima fase non aveva agganciato. Non ci sono ancora report dettagliati sulle istanze raccolte, tuttavia è possibile rilevare che tra i temi emersi vi è la mobilità, e in particolare la necessità di aumentare le piste ciclabili o le zone pedonalizzate, i trasporti notturni, la previsione di un’ultima corsa della linea metropolitana più tardi la sera. Molte proposte hanno riguardato il riuso delle aree dismesse e istanze sulla protezione degli spazi verdi come il Parco degli Artiglieri di Montagna, che è stato al centro del dibattito da parte del comitato EsseNon. Un altro tema emerso, mi accenna brevemente Chiara Lucchini, riguarda gli spazi di ritrovo per i giovani, in particolare per gli adolescenti, che spesso si incontrano nei supermercati perché spazi informali per loro sembrano scarseggiare nella città. A proposito di giovani, sempre più difficili da raggiungere, si sta cercando qualche strategia, coinvolgendo una trentina di ragazzi di provenienze varie per capire insieme come ingaggiarli nel processo, e organizzare un evento di “Voci di Quartiere” a novembre secondo le istruzioni degli stessi giovani adulti torinesi.
Qualche riflessione
Se nella prima fase gli spazi e gli attori coinvolti sono stati elementi critici, in questa seconda fase l’attivazione delle Case di Quartiere e di altre associazioni del territorio, oltre alla cargo bike, hanno permesso di raggiungere una varietà di voci spesso invisibili agli occhi di chi governa la città. Ma come si risponderà a tutte queste istanze? Le narrazioni delle persone hanno non solo sottolineato l’urgenza di alcuni bisogni, ma hanno anche scoperto il desiderio e la disponibilità dei cittadini ad attivarsi nel creare strategie per migliorare la qualità della vita: l’amministrazione deve prestare attenzione di questo dato e fornire opportunità e spazi per coltivarlo, per promuovere occasioni di partecipazione dei cittadini pronti a fare la propria parte. Questo non esime dal creare politiche e piani – urbanistici e non – che utilizzino questo tipo di ingaggio: una volta chiesto ai cittadini cosa vogliono, qualcosa si deve fare, anche se piccola. Perché il tema “tempo” rimane critico in questi processi: serve tempo per ascoltare, serve tempo per disegnare, serve tempo per attivare e costruire. E far comprendere ai cittadini che ciò che hanno espresso potrà risolversi tra anni (nello scenario di un PRG) è necessario, ma non basta. Bisogna porsi qualche piccolo obiettivo, mostrare che questo percorso non è stato solo una facciata per una campagna elettorale, che c’è un progetto dietro, che a piccoli passi si possono raggiungere gli obiettivi posti. Anche perché già tra un anno i bisogni potrebbero cambiare, o i problemi potrebbero essere sempre più urgenti e i progetti definiti dal PRG approvato potrebbero risultare obsoleti subito dopo la loro realizzazione.
Un altro spunto di riflessione riguarda i cittadini e l’associazionismo. Risulta più facile comunicare con le organizzazioni e i comitati, piuttosto che con gli individui singoli: le associazioni rappresentano parte dei cittadini, che non avrebbero il tempo di informarsi e/o di partecipare a tutti gli eventi sul tema; inoltre, esse sanno come confrontarsi con altre istituzioni, ne comprendono il linguaggio e i tempi comunicativi e organizzativi. Ma allora ci si può chiedere se per farsi ascoltare un cittadino è “costretto” ad aggregarsi, a far parte di un comitato o un’associazione. Basti pensare alle modalità con cui il processo di ascolto analizzato è stato elaborato, anche per le necessità di efficienza e contenimento dei tempi burocratici: per certi temi i cittadini “singoli” non sono facili da raggiungere, né è facile la raccolta delle risposte e proposte di ogni cittadino. Non solo Urban Lab ascolta le istanze dei singoli: con l’avvento del processo di ascolto voluto dall’amministrazione torinese, è nata un’assemblea parallela Un Altro Piano per Torino, che discute sul processo e si attiva per raccogliere questioni aperte, mostrando una narrazione diversa da quella “pubblica”. In questo articolo non si vuole entrare nel merito delle istanze qui riportate, ma l’assemblea potrebbe rappresentare un contenitore di istanze utili ai progetti di trasformazione della città, perché coinvolge anche le persone che con il tempo hanno cominciato a diffidare delle decisioni comunali. Un tema ampio, sulla partecipazione cittadina concessa e sulla collaborazione mancata, un tema che nel nostro Paese non smette mai di esistere. Il lavoro svolto da Urban Lab per coinvolgere più cittadini possibili non va dato comunque per scontato, anche perché ha rappresentato l’inizio di un processo mai sperimentato fino in fondo, muovendo molte risorse e inevitabilmente trovandosi di fronte a molti interessi da bilanciare. La decisione finale spetterà sempre all’amministrazione comunale, che dovrà capire a quali istanze e come rispondere: come nel welfare, la collaborazione tra cittadini, istituzioni e associazionismo potrebbe rivelarsi fondamentale per creare trasformazioni di comunità, all’interno delle quali ognuno possa non solo portare la propria voce ma anche mettere le proprie risorse in gioco.
Interessante il contesto potrebbe essere esercitatato su tutto il territorio nazionale