La Treccani definisce l’ecoansia come “La profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali”. Si esprime con questo termine una nuova dimensione di disagio, che colpisce prioritariamente le giovani generazioni ma non solo, che si manifesta a seguito della crisi climatica che stiamo attraversando. La parola che ha fatto irruzione nel nostro vocabolario racchiude un insieme complesso di emozioni ambientali negative, preoccupazioni, paure che si inseriscono in un quadro di incertezza nel futuro molto più ampio. La sfida principale del nostro tempo è quello di trasformare queste incertezze in possibilità di cambiamento radicale sul piano ambientale, economico e sociale, generando comunità sostenibili e solidali capaci di promuovere il benessere collettivo.
Legambiente Campania, insieme al Circolo “La Gabbianella e il Gatto” della città di Napoli, ha realizzato un progetto intitolato “Change Climate Change: l’impegno contro le eco-ansie” dell’Avviso “I Giovani e la Cultura della Rigenerazione Sociale” della Regione Campania. Il percorso sperimentale ha avuto come obiettivo proprio quello di dare vita a strumenti condivisi per gestire le emozioni ambientali al fine di trasformarle in agire collettivo. Questo percorso affonda le proprie radici nel 2020 quando Legambiente ha iniziato a interrogarsi sul tema degli impatti psicologici dei cambiamenti climatici. In quella fase sono stati attivati gruppi di studio e momenti di confronto con psicologhe e psicologi, esperte ed esperti, con il mondo accademico fino alla sottoscrizione di un protocollo di intesa con il Dipartimento di Studi umanistici, con la cattedra di Psicologia di comunità dell’Università Federico II di Napoli che ha messo al centro il tema. Questo processo lo abbiamo raccontato in maniera approfondita in quel periodo attraverso l’articolo In Campania, nuove frontiere del lavoro sociale nel quale abbiamo raccontato la genesi di questa alleanza, per certi versi inedita, che avviava i primi percorsi mirati a promuovere il benessere psicologico e ambientale.
Alla luce di questo percorso, Legambiente Campania ha promosso iniziative concrete, attività di ricerca e progettazione sul tema dell’ecoansia. Attraverso il progetto “Change Climate Change: l’impegno contro le eco-ansie” sono stati realizzati percorsi di consapevolezza ambientale, azioni concrete per facilitare la partecipazione e l’attivismo come laboratori di biodanza al parco di Capodimonte a Napoli, attività di rigenerazione urbana presso l’Università di Salerno e percorsi artistici ad Avellino. È stato, inoltre, realizzato un percorso dedicato a educatrici ed educatori (è possibile scaricare l’ebook sul sito legambiente.campania.it) per moltiplicare le attività sperimentate nell’ambito del progetto. Inoltre, il progetto ha promosso la prima indagine conoscitiva sul tema in Campania raccogliendo i risultati nel report Ecoansia, l’altra faccia della crisi climatica. Appunti su come agire insieme.
L’indagine conoscitiva ha raccolto, nell’arco di circa un mese, 655 questionari da giovani tra i 14 e i 35 anni per indagare il fenomeno emergente al fine di reperire dati per un’analisi quantitativa del fenomeno emergente e 45 interviste (15 per ciascun target) che hanno coinvolto psicologhe e psicologi di vari orientamenti, docenti delle scuole secondarie di diverse discipline, genitori al fine di presentare un affondo qualitativo.
Il report si apre con un lavoro definitorio importante attraverso la ricognizione delle principali fonti scientifiche attualmente presenti, delimita il campo di ricerca e prosegue con l’analisi prima dei questionari e poi delle interviste. Nell’indagine conoscitiva viene poi proposto un focus sul ruolo che possono giocare i luoghi rigenerati, le aree verdi e le aree blu nella dimensione del benessere psicologico e del rapporto con la natura. Si prosegue con un approfondimento dedicato al tema delle alleanze inedite tra l’ambientalismo scientifico e sociale e le psicologhe e gli psicologi, le scuole, i genitori, altri enti del terzo settore per rispondere ai bisogni delle ragazze e dei ragazzi.
L’indagine conoscitiva, dunque, non solo inquadra il tema e i suoi effetti sulle persone ma, anche e soprattutto, ricerca nuove possibilità e strumenti per essere e agire con l’intento di superare la crisi climatica e gestire i suoi effetti. Una prospettiva sfidante che non fa rinchiudere le persone nella solitudine connessa e nell’individualismo che immobilizza e blocca qualsiasi cambiamento sociale e ambientale. L’attivismo e la partecipazione, in questa prospettiva, si configurano come processi necessari per generare benessere psicologico e ambientale. In altre parole, l’attività di ricerca e la sperimentazione si realizzano attraverso un processo di engagement giovanile, di protagonismo e di attivismo ambientale: per contrastare la crisi climatica e i suoi effetti psicologici è necessario attivarsi, insieme, in un processo collettivo.
L’indagine definisce tre dimensioni del fenomeno: clinica, quando l’ansia da cambiamento climatico si inserisce in un contesto di disagio psicologico più ampio, ad esempio in presenza di depressione; neurologica, ovvero gli effetti che i cambiamenti climatici producono sul cervello; sociale e di comunità, quando le preoccupazioni ambientali e le incertezze sul futuro generano isolamento e senso di impotenza.
Dal report emerge, ancora una volta quando si affronta il tema del cambiamento climatico, che c’è una forte connessione tra la dimensione ambientale e quella sociale. Gli effetti della crisi climatica generano impatti sociali significativi in termini psicologici e di disuguaglianze a cui è urgente rispondere nella prospettiva della giustizia climatica. Bisogna, dunque, intervenire nella complessità affrontando queste crisi in maniera articolata, progettando interventi concreti insieme alle persone, operando nell’ottica dello sviluppo ambientale e sociale della comunità.
I risultati dell’indagine
L’ecoansia collegata al cambiamento climatico rappresenta una delle nuove preoccupazioni che affliggono i giovani, e colpisce in maniera particolare le donne. Il 50,7% degli intervistati si dichiara abbastanza preoccupato dei cambiamenti climatici, il 37,4% dichiara di essere molto preoccupato, il 10,2% è poco preoccupato e 1,7% per niente. Il contesto nel quale c’è maggior spazio per parlare di benessere psicologico è il gruppo dei pari per il 50,5% dei rispondenti, segue la scuola con il 27,9% di risposte e la famiglia con il 15,4%. I partecipanti al questionario interrogati su quanto spazio dedicano al proprio benessere psicologico rispondono con abbastanza per il 31,1%, seguito dal 16,2% che dichiara di dedicare molto spazio al tema. Quasi la metà delle risposte, il 48,4%, afferma che dedica poco spazio al proprio benessere psicologico, solo il 4% risponde che non dedica spazio al proprio benessere psicologico.
Alla domanda di Legambiente “Cosa fai tu per contrastare il cambiamento climatico?” dove era stata prevista la possibilità di scegliere tra più risposte la principale azione per contrastare il cambiamento climatico è risultata quella di ridurre gli sprechi, in particolare dell’acqua (71%, 465 risposte, al primo posto) e di energia (67,2%, 440 risposte, al secondo posto). Al terzo posto l’acquisizione di informazioni per agire in maniera sostenibile con il 58,8% delle scelte (385 risposte), a seguire la riduzione dei consumi di oggetti e vestiti, più in generale un atteggiamento volto al consumo critico e consapevole, con il 50,4% di risposte. Anche alla domanda relativa alle emozioni ambientali era possibile rispondere scegliendo più opzioni. La principale sensazione è quella della preoccupazione con 461 risposte pari al 70,4% seguito dal senso di impotenza che coinvolge il 53,6% dei rispondenti, la rabbia coinvolge 239 intervistati pari al 38,5% delle risposte seguito dalla paura, 224 risposte pari al 34,2%, in ultimo la sensazione di tristezza che coinvolge 190 risposte, pari al 29%.
Il ruolo delle organizzazioni e i processi di rigenerazione urbana
I risultati dell’indagine conoscitiva vanno letti anche alla luce del dibattito in atto sul tema del benessere psicologico, che ha visto l’introduzione del bonus psicologo, seppur insufficiente, un lavoro intenso per rafforzare la psicologia scolastica, un confronto serrato sullo psicologo di base. In questo scenario si evidenziano alcune prospettive di lavoro importanti che riguardano gli enti del terzo settore e le esperienze di rigenerazione socio-urbana.
Gli enti del terzo settore possono assumere il ruolo di facilitazione stimolando il dibattito, programmando azioni concrete, connettendo mondi diversi per intervenire in modo corale incorniciando la dimensione ambientale e quella sociale. In questa prospettiva, le organizzazioni devono operare in una maniera ibrida, cambiando le modalità organizzative e progettando in maniera inedita interventi innovativi. Attraverso percorsi educativi volti a riconoscere e gestire le emozioni ambientali, le organizzazioni possono assumere il ruolo di osservatori sul campo facendo emergere il disagio psicologico e orientando le ragazze e i ragazzi verso percorsi più articolati. Dentro questa prospettiva socio-ambientale diventa necessario progettare il processo attraverso alleanze inedite, reti leggere con le psicologhe e gli psicologi, percorsi collaborativi territoriali con le scuole, i genitori, altri enti del terzo settore.
Contestualmente le esperienze di rigenerazione urbana e sociale non possono non accettare la sfida della promozione del benessere psicologico e sociale. Connettendo esperienze, mettendo a disposizione spazi e luoghi per la promozione del benessere psicologico, riconoscendo e orientando il disagio psicologico verso una presa in carico più articolata. In questa ottica l’indagine conoscitiva propone una riflessione approfondita sul ruolo dei luoghi rigenerati, delle aree verdi e delle aree blu come spazi per attivare processi, condividere le emozioni negative e trasformarle in nuove modalità di azione nella prospettiva della giustizia climatica.
Prospettive
Le suggestioni che emergono dal report sono diverse. In primo luogo, è urgente intervenire sul piano educativo attraverso percorsi di educazione alle emozioni ambientali, con interventi di gruppo, con processi di consapevolezza. In secondo luogo, è necessario stimolare la partecipazione e l’attivismo delle persone perché insieme si può sortire dalle crisi descritte. In ultimo, ma non meno importante, appare opportuno attivare processi di rigenerazione urbana e sociale volti a dare vita a spazi di partecipazione e attivismo, di condivisione, che abbiano anche il ruolo di superare il disagio psicologico. Ciò, come mette in evidenza il report, è possibile solo attraverso alleanze complesse e non convenzionali, attraverso reti leggere tra enti del terzo settore e psicologi nei territori, ordini professionali, scuole, università, centri di aggregazione e socializzazione. Il report restituisce tre prospettive decisive sulle quali intervenire: 1) Comportamenti ambientali: ridurre l’impatto ambientale, informarsi e sensibilizzare, partecipare a iniziative 2) azione collettiva e politica: advocacy, mobilitazione, sostegno alle imprese sostenibili e testimonianza di buone pratiche 3) Benessere psicologico: condivisione delle preoccupazioni, attività di mindfulness, terapia. A partire da queste tre dimensioni possiamo attivare processi collettivi capaci di trasformare l’esistente, di rispondere ai bisogni delle persone, di mutare le emozioni negative e l’ansia in processi di attivazione collettiva capaci di realizzare la giusta transizione ecologica.