Accanto ai LEPS: come complicare la vita alle persone più fragili


Maurizio Motta | 14 Gennaio 2025

La tesi di questi tre articoli in successione è che una pur robusta definizione normativa dei LEPS richiede anche azioni su altri aspetti del sistema socioassistenziale, pena indebolire o deformare gli effetti concreti delle norme sui diritti; e non si tratta solo di garantire le risorse finanziarie. Invito il lettore a esplorare questa breve carrellata di alcuni esempi, per poi ricavarne qualche conclusione:

1) L’INPS attiva periodicamente bandi per fruire di contributi mirati a due tipologie di interventi: Home Care Premium (HCP, per interventi di assistenza domiciliare) e Long Term Care (LTC, per il costo della retta di ricovero in RSA). Stante la grave carenza di sostegni pubblici per non autosufficienti merita riflettere su alcune possibili criticità dei due programmi (peraltro alimentati con rilevanti risorse):

  • Per chiedere il contributo occorre presentare domanda per partecipare ad un apposito bando che l’INPS emette periodicamente; il che (come tutte le prestazioni “a bando”) implica la possibile esclusione di chi non sa o non riesce a presentare domanda nei termini previsti.
  • Per poter ottenere in Home Care Premium anche prestazioni domiciliari “integrative” (ore di OSS e/o educatori professionali, fisioterapisti/logopedisti/psicologi, inserimenti in centri diurni per disabili e/o di aggregazione e/o per l’infanzia, forniture di protesi ed ausili) è necessario che aderisca a Home Care Premium l’Ambito Territoriale Sociale di residenza del cittadino. Il che rende casuale per il cittadino la fruibilità di questi interventi
  • Possono fruire dei due bandi persone con disabilità e anziani non autosufficienti, che siano dipendenti pubblici, o pensionati da pubbliche amministrazioni, o loro parenti. Solo a Long Term Care possono accedere anche dipendenti, pensionati (e parenti) di Poste Italiane. Differenza con effetti irrazionali dal punto di vista delle fruibilità dei cittadini.
  • I fondi che alimentano i due progetti derivano da prelievi sulle retribuzioni della platea dei possibili richiedenti. Questo però riproduce la purtroppo consueta criticità di frammentare le offerte del welfare per non autosufficienti e persone con disabilità, per i quali esistono in modo del tutto separato tra loro più interventi (dagli assegni di cura del Piano Non Autosufficienza, ai contributi per i care giver, ai progetti di “vita indipendente”, ad interventi ad hoc promossi dalle Regioni, a questi bandi INPS). Ma non ha senso proseguire nel perverso meccanismo attuale che costringe i cittadini deboli a peregrinare tra diversi separati accessi ad interventi.

Bisogna invece poter offrire tutto entro un unico budget di cura/progetto, da usare tutto (e nello stesso momento) per fare il piano di assistenza. E la famiglia deve poterlo costruire con un unico interlocutore che utilizzi tutte le risorse, senza dover peregrinare tra diversi servizi e sedi1

Muovere verso questo obiettivo richiederebbe anche che, allo scopo di ricomporre in un sistema unitario diversi flussi di offerta pubblica a favore dei non autosufficienti nonché evitare disparità di trattamento tra pazienti non fondate su motivi diversi dal loro bisogno, le risorse attivate dall’INPS per gli interventi nel programma Home Care Premium confluissero entro il Fondo Nazionale per la Non autosufficienza. E questo non implica tradire il vincolo di dedicare prestazioni alla platea di lavoratori e pensionati dalla quale derivano i finanziamenti per i due interventi INPS: basterebbe che entro il budget di cura che si attiva per tutti (usando tutte le risorse in modo organico nello stesso momento) per questi cittadini si utilizzasse la parte del Fondo che ha assorbito HCP ed LTC.

2) Verso la fine del 2024 il Governo ha attivato il “Bonus Natale 2024”, che consisteva in un massimo di 100 euro per i lavoratori di datori pubblici e privati, che avevano avuto un reddito di lavoro dipendente nel 2024, da ricevere in busta paga con la tredicesima. Il Bonus Natale 2024 aveva un importo proporzionato ai giorni lavorati nell’anno; quindi, l’importo pieno di 100 euro spettava solo a chi aveva lavorato per tutti i 365 giorni del 2024, e per riceverlo occorreva soddisfare congiuntamente i seguenti tre requisiti:

  • avere un reddito complessivo personale, nell’anno d’imposta 2024, non superiore a 28.000,00 euro;
  • avere “capienza fiscale”, ovvero l’imposta lorda sui redditi di lavoro dipendente dell’anno precedente, cioè l’Irpef del 2023, doveva avere un importo superiore alle proprie detrazioni fiscali (per lavoro dipendente e/o figli a carico)
  • avere almeno un figlio a carico, con propri redditi complessivi nel 2023 inferiori a limiti diversi in base alle fasce di età dei figli

È davvero difficile non vedere in questo intervento almeno le seguenti criticità:

  1. nonostante assomigli ad una sorta di occasionale regalia natalizia si tratta pur sempre di un intervento pubblico a sostegno della povertà, visto che è destinato a persone con redditi entro limiti definiti. Dunque è davvero bizzarro che l’importo del bonus sia più alto per chi ha lavorato più giorni nel 2024, invece di essere più elevato per chi ha lavorato di meno
  2. anche qui permane la terribile moda dei “bonus” occasionali, che implica dispersione di risorse contro la povertà invece di compattarle in un unico progetto di aiuto, nonché il rischio dei più fragili ed incapaci di non saper o poter accedere

3) Sulla base di successivi decreti della Presidenza del Consiglio del 2023, diverse Regioni hanno attivato anche nel 2024 un fondo per il sostegno del ruolo di cura e assistenza del caregiver familiare (in genere piuttosto esiguo), che di norma viene utilizzato per erogare contributi ai familiari che svolgono attività di assistenza al domicilio a persone con disabilità o anziani non autosufficienti. Sul tema sono in discussione diverse proposte di legge nazionale, ma intanto merita riflettere su cosa accade per l’accesso a questi fondi regionali:

  1. salvo stringenti norme regionali accade che anche entro la stessa regione i cittadini possano presentare richiesta di accesso a questi contributi in qualunque momento oppure solo entro i termini previsti da un apposito bando. E questa scelta è in genere in capo ai Comuni o agli Enti Gestori dei loro servizi sociali, ed implica che le richieste vincolate ad un bando (come sempre accade in questi casi) rischiano di escludere a priori chi non ha l’esigenza di sostegno proprio nei momenti previsti dal bando, nonché chi non riesce a usare le procedure di accesso (se ad esempio richiedono lo SPID), o ad inoltrare in tempo la richiesta.
  2. si reitera la frammentazione di interventi paralleli già descritta al termine del precedente punto 1)

4) Si diffonde il fascino dell’accesso informatizzato agli interventi sociali, facendo presentare ai cittadini richieste di prestazioni tramite procedure informatiche.  Ma usando questa modalità come si garantisce che non si renda difficile il percorso per chi non ha competenze adeguate per usarle, o non ha strumenti informatici, sino a escludere i più fragili e incapaci2? E come si evita che il sistema di offerte diventi una serie di procedure informatiche di richieste parallele tra loro, riducendo le possibilità sia di approfondire l’insieme dei bisogni in una relazione con il cittadino (faccia a faccia, e non tramite un pc), sia di comporre i diversi interventi in un progetto organico di sostegno? Esasperare questo scenario di offerte trasforma il welfare degli interventi sociali in una sorta di supermercato nel quale il cittadino deve da solo trovarsi il “prodotto” che può usare. Gestire interventi tramite accessi informatizzati a bandi è peraltro molto comodo per i servizi: nessuna istruttoria valutativa salvo la verifica di requisiti oggettivi già presentati, nessuna valutazione professionale, priorità e liste d’attesa automaticamente gestite dal programma. E’ anche questo il rischio di una tentazione?

Molti Comuni, ed anche alcuni CAF, hanno attivato la possibilità di utilizzare “facilitatori digitali” che supportano i cittadini; ma è una funzione non obbligatoria da allestire, e dunque casualmente presente.

Inoltre vi sono stati alcuni interventi nazionali (e ve ne sono di locali) per chiedere i quali è previsto un ”Click Day”, ossia una giornata specifica nella quale i cittadini interessati devono inviare telematicamente le loro richieste su siti predisposti, accedendo con il loro Spid o Carta d’identità elettronica. La procedura ha inizio ad un orario prestabilito di accesso, e si chiude a risorse esaurite. Si tratta ad esempio della procedura in uso per attuare i decreti sui flussi di ingresso di lavoratori stranieri, ma in passato è stata applicata anche ai “bonus trasporti” e ai “bonus elettrodomestici”, riduzioni di costo per chi ha condizioni economiche sotto una soglia prefissata.

Il click day è certo un comodo metodo per chi gestisce l’intervento di dislocare le risorse senza dover esercitare valutazioni, in base alla brutale logica del “chi arriva tardi perde”. Ma se lo si immagina per interventi di natura sociale è bene riflettere che non si tratta di prenotare l’ingresso ad un concerto di una star famosa.

5) I confini tra diverse Regioni sono spesso linee invisibili, o costituite da una strada od un fiume. Abitare pochi metri da un lato o dall’altro di queste linee determina la possibilità di ricevere interventi sociali anche molto diversi, e con riferimento a quasi tutti gli interventi socioassistenziali (dall’assistenza economica alla tutela dei minori in condizioni di pregiudizio, dal sostegno domiciliare per non autosufficienti alle integrazioni delle rette per il loro ricovero in RSA, dalla articolazione delle comunità alloggio di diverso tipo alle opportunità di inserimento lavorativo per fasce deboli). Dunque siamo molto lontani dalla possibilità dei cittadini di ricevere livelli essenziali di assistenza sociale uguali nei diversi territori, sino a dover navigare di fatto in “diritti solo locali”. Questo scenario deriva da diverse cause:

  • la mancanza di LEPS su diversi interventi socioassistenziali
  • il modo col quale sono definiti i LEPS, che da un lato mancano spesso di criteri erogativi precisi e standard di offerta da rispettare, e dall’altro prevedono ampi margini delle Regioni nel prevedere la loro messa in opera
  • l’assenza di robuste procedure formali per il controllo della messa in opera dei LEPS nei diversi territori
  • i modelli di offerta assunti dalle diverse Regioni, speso non adeguatamente fondati su sostanziali motivazioni di diversità dell’offerta. E vi sono Regioni entro le quali i meccanismi cruciali delle prestazioni sono definiti solo da scelte dei Comuni o degli Enti Gestori dei loro servizi, producendo differenze di tutela dei cittadini anche tra i territori infraregionali

Questa differenza di fatto dei livelli essenziali sociali nei territori esiste indipendentemente e “prima” di qualunque ipotesi di aumento delle autonomie regionali differenziate;  e trasforma per i cittadini il diritto a ricevere tutele nella fortuna/sfortuna di abitare in un territorio. Invece introdurre livelli essenziali più uniformi non dovrebbe essere vissuto come un attentato all’autonomia regionale, o uno svilimento della programmazione locale, perché se si vuole che l’ordinamento includa i LEPS, le Regioni non dovrebbero poterli deformare nei contenuti essenziali, ma solo adattare (ma quando davvero sia il caso) alle esigenze del territorio

Qualche conclusione

Ma cosa c’entra questo scenario con i LEPS? Quelli sin qui proposti non sono solo esempi di irrazionalità e stranezze presenti nel welfare, ma sintomi della mancanza di una strategia di governo complessivo delle offerte socioassistenziali. Dunque definire normativamente  LEPS richiede di attivare in parallelo anche azioni di riordino su più terreni, pena svuotare di fatto molta efficacia dei LEPS stessi:

  1. ricomporre le frammentate e caotiche misure contro la povertà, per muovere verso un sostegno di “reddito minimo” unitario, che non imponga ad operatori e cittadini la faticosa navigazione nel mare di diversi bonus;
  2. e ricomporre anche i diversi possibili interventi per non autosufficienti, per poter offrire a utente e famiglia tutte le opportunità insieme, in un unico momento ed in un unico progetto;
  3. muovere verso modalità di accesso agli interventi che non rischino di escludere impropriamente i più fragili, ed anzi che siano “accoglienti”3;
  4. evitare che i LEPS si frantumino in meri “diritti diversi in base a dove si vive”, tradendo sia che la lettera dell’art. 117 della Costituzione;
  5. l’art 22 della legge 328/2000 espone nove aree di interventi assistenziali e dispone che le leggi regionali prevedano cinque classi di prestazioni (servizio sociale professionale e segretariato sociale, servizio di pronto intervento sociale, assistenza domiciliare, strutture residenziali e semiresidenziali, centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario). Questa fonte normativa dei LEPS riguarda gli interventi dei servizi sociali territoriali, ma il welfare socioassistenziale pubblico include in realtà due sistemi, perché a quello degli interventi dei servizi sociali locali si affianca quello dei trasferimenti monetari erogate dallo Stato (di norma tramite l’INPS). E anche secondo sistema meriterebbe LEPS più solidi. Ma se accanto a nuova normativa sui LEPS permane l’attuale caotica frammentazione di interventi, di fatto il welfare resta diviso in rami incomunicabili: da un lato gli interventi dei servizi sociali locali e dall’altro il caos di diverse altre opportunità. Il che non solo rende le seconde a rischio di mancato accesso da parte dei più fragili, ma impedisce che sia costruito per il nucleo familiare un progetto unico ed organico che usi tutte le risorse possibili. E questo sarebbe un bell’obiettivo anche per un riordino complessivo dei LEPS.4
  1. Questa discussione è sviluppata in M. Motta “Come Costruire i budget di Cura/progetto e per quali interventi“ in Prospettive Sociali e Sanitarie, n° 3-4, novembre 2024
  2. Un direttore di distretto sanitario ha raccontato a chi scrive come una persona sola e molto anziana ha reagito all’informazione su un bando da usare inviando la domanda : “Siamo da poco usciti dal Covid e adesso ci arriva anche il mistero dello SPID!”
  3. Sul tema sarà a breve proposto in questo sito il terzo (ed ultimo) articolo di questa serie tematica
  4. Un’analisi approfondita sui LEPS sarà pubblicata nel numero 1-2, inverno-primavera 2025, della rivista Prospettive Sociali e Sanitarie