Accesso strategico ai fondi PNRR e programmatori sociali territoriali
Ugo De Ambrogio | 28 Aprile 2022
In queste settimane si vanno definendo le attribuzioni dei fondi PNRR riferite alla Missione 5, componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” del programma Next Generation EU, in tutte le Regioni italiane. Si tratta di un processo importante e delicato sul quale vale la pena di soffermarsi.
Sul sito LombardiaSociale.it, Valentina Ghetti, in un suo recente articolo “PNRR: opportunità da cogliere e rischi da evitare“, illustra efficacemente come si sta svolgendo tale processo e i risultati in itinere in Lombardia. Si tratta per questa Regione, di un percorso da circa 280 milioni di euro. In tale articolo l’autrice afferma che “si sta articolando un percorso poco usuale, almeno per come si era abituati a gestire le candidature per i precedenti avvisi a valere su risorse europee”.
Il percorso è infatti cominciato con una manifestazione di interesse, e successivamente si è giunti all’emissione dell’Avviso pubblico 1/2022 da parte del Ministero, che ha richiesto uno step di presentazione formale delle istanze da parte di Ambiti territoriali o di Comuni singoli.
Va infatti sottolineato che, contrariamente alle ormai consolidate abitudini di progettazione e coprogettazione, con tale procedura si presenta una candidatura formale e una richiesta ufficiale del finanziamento senza elaborare alcun progetto vero e proprio.
Effettivamente si tratta di un fatto diverso dalle prassi più recenti, poiché è da anni che per accedere a plurime fonti di finanziamento, non solo europee ma anche nazionali e regionali (per esempio i bandi delle fondazioni), è richiesto ai policy makers territoriali un preliminare lavoro progettuale, articolato e ampio.
Per quanto riguarda i fondi PNRR ci sembra invece che si stia andando in una direzione diversa, anche in altre Regioni oltre che in Lombardia. In effetti sembra prevalere una tendenza ad una distribuzione delle risorse avulsa dalle progettazioni e pertanto anche per i programmatori territoriali la “tentazione” di non progettare è forte, perché il Ministero del lavoro valuterà l’ammissione al finanziamento sulla base di criteri generali ed oggettivi e solo ad ammissione avvenuta, in sede di stipula della convenzione, si potranno chiedere informazioni più analitiche circa le azioni che si intendono intraprendere e l’articolazione del budget e del cronoprogramma.
Le ragioni di tale percorso sono dettate sicuramente dai tempi stretti per l’utilizzo delle risorse del PNRR ma comportano, a mio parere, molti rischi, perché, come sottolinea la stessa Ghetti, si tratta di “un percorso inverso” rispetto a quanto la prassi cultura della progettazione sociale ha prodotto in questi anni1.
Ben inteso, per i territori è molto importante, in prima battuta, poter reperire i fondi e in questo è opportuno seguire le procedure proposte dal Ministero, tuttavia successivamente questi soldi vanno spesi bene, e per poterli spendere bene occorre programmare e progettare ovvero assumere quella logica anticipatoria e creativa che trasforma un obiettivo generale in obiettivi specifici, azioni concrete, interventi fra loro connessi e in sinergia, caratterizzati da idee innovative e di promozione dello sviluppo.
Parlando di fondi PNRR, stiamo peraltro parlando di risorse rilevanti, che impattano su obiettivi cruciali per il futuro delle nostre politiche sociali, quali il sostegno alle capacità genitoriali la prevenzione della vulnerabilità delle famiglie e dei bambini, lo sviluppo dell’autonomia degli anziani non autosufficienti, il rafforzamento dei servizi sociali domiciliari, lo sviluppo dell’integrazione sociosanitaria, l’aumento dell’autonomia delle persone con disabilità, il contrasto della povertà estrema.
Tali obiettivi generali, se non troveranno una cornice programmatoria e strategica, corrono il rischio di essere trattati procedendo settorialmente, limitando gli sguardi alle singole aree di intervento, senza cogliere le opportunità di connessione e sinergia tra programmi e opportunità diverse. In questo quadro si rischia un risultato disfunzionale: che si proceda nello spendere le risorse rifacendo acriticamente servizi già fatti, riproponendo modalità di intervento obsolete e non vedendo le soluzioni integrate, generative, che un attento uso delle risorse, invece, potrebbe offrire.
Le risorse PNRR per essere utilizzate al meglio, si dovranno trasformare in interventi nuovi, che tengano conto dell’esistente e lo migliorino offrendo opzioni anche e principalmente diverse dal solito, strettamente correlate all’evoluzione dei bisogni e dei desideri di cittadini, provati, e spesso traumatizzati dalle drammatiche vicende degli ultimi mesi. Penso che ciò sarà possibile solo se si riuscirà ad adottare, nel trattamento di questi fondi, un’ottica programmatoria, progettuale e strategica. Le risorse in arrivo vanno infatti canalizzate all’interno di un quadro strategico, che le connetta e trasformi in opportunità di miglioramento strutturale di un sistema che ha una interessante e forse irripetibile opportunità da cogliere.
Si tratta di una responsabilità che non è, in questo scenario, stimolata dall’alto, come ci hanno abituato i programmi europei e i recenti finanziamenti nazionali e regionali, ma va esercitata a livello di governance territoriale. Non si tratta infatti di ottemperare ad un obbligo (“se non progetti non ti do i finanziamenti”), ma di soddisfare un’esigenza che i programmatori territoriali devono realizzare a partire dal loro ruolo, di policy makers locali, perché tale processo orienterà gli sviluppi futuri del welfare sociale (“se non programmerò in modo strategico, perderò una visione di sistema e rischierò di non cogliere l’opportunità di ripresa e resilienza che anima lo stesso finanziamento”).
L’uso virtuoso dei fondi PNRR passa infatti senz’altro da una programmazione sociale puntuale, che sia in grado di allargare lo sguardo al di là dell’uso immediato e contingente di tali risorse, nella prospettiva di rivedere l’intero sistema, in una direzione prospettica e pertanto strategica.
Sono pertanto i Comuni associati in Aziende, Consorzi Unioni, o singoli che a mio avviso si devono in prima persona assumere tale responsabilità, prendendo la leadership del processo programmatorio, facendosi promotori di processi di coprogrammazione e coprogettazione dei fondi PNRR, e sfruttando anche le opportunità che il Codice del terzo settore (art. 55) e i recenti atti normativi che lo hanno rafforzato, offrono.
L’art. 55 del CTS è infatti lo strumento che consente ai territori di governare in proprio i percorsi progettuali valorizzando al massimo le sinergie possibili fra i diversi attori, assumendo un’ottica di partenariato nel quale ciascuno (Comuni e Comuni associati, Aziende sanitarie, scuole, Agenzie per il lavoro e Enti del Terzo settore) possa agire esercitando corresponsabilità nello sviluppo di politiche pubbliche insieme pensate e programmate.
L’arrivo dei fondi sarebbe pertanto opportuno che fosse preceduto o comunque accompagnato da un percorso partecipato di coprogrammazione nel quale coinvolgere le migliori energie pubbliche e del terzo settore di un territorio e giungere (come suggerito dalle linee guida Ministeriali su coprogrammazione e coprogettazione) ad un documento quadro che riprendendo quanto già ipotizzato nei piani di zona (nelle regioni come la Lombardia che li hanno redatti di recente) o anticipandone la stesura (nelle regioni come il Veneto che li prevede prossimamente) definisca la vision che illumina l’utilizzo delle risorse in arrivo. Il suggerimento è che tale coprogrammazione sia realizzata secondo i dettami anche amministrativi previsti dalla normativa ed esiti in una sottoscrizione di un documento finale da parte di tutti gli attori coinvolti, redatto anche al fine di determinare un’alleanza strategica per lo sviluppo delle politiche sociali del territorio attraverso i fondi PNRR.
Si tratterebbe pertanto di partire con un avviso pubblico, di realizzare un percorso partecipato e metodologicamente rigoroso di coprogrammazione e di concludere con un atto condiviso2. Tale documento potrebbe essere la base di partenza per realizzare coprogettazioni specifiche, coerenti con la vision complessiva, e pertanto destinare verso le direzioni maggiormente coerenti con una strategia complessiva le diverse risorse in arrivo evitando il rischio di procedere, come denuncia Ghetti, “per canne d’organo”.
Infine andrebbe costruito e condiviso un comune disegno valutativo dei progetti elaborati, che possa consentire, in itinere e nel 2026, al termine dei finanziamenti, contezza di quanto di buono costruito, sia dal punto di vista dei modelli organizzativi di riferimento (équipe multidisciplinari, progettazione individualizzata, supervisione e formazione), sia da quello dei nuovi servizi e interventi realizzati, e consolidare, sviluppare e migliorare.
Per un uso strategico dei fondi PNRR e la promozione di un welfare sociale territoriale in ripresa e sviluppo, sono i programmatori territoriali che possono e devono cogliere l’attimo.
- Cfr, tra gli altri, De Ambrogio U., Ghetti V., Dessi C., Progettare e valutare nel sociale, Carocci, Roma, 2013 e il sito curato da Giorgio Merlo dedicato alla programmazione sociale
- Si veda a questo proposito le Linee guida del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del n.72/2021