Accompagnamento delle fragilità
Integrazione tra servizi sociali e per le dipendenze
Cristina Greco | 12 Ottobre 2022
Breve evoluzione storica dell’integrazione tra servizi
Sul territorio dell’ambito di S. Giuliano Milanese, già Distretto Sociale Sud Est Milano, l’integrazione tra sociale e sanitario è sempre stato un obiettivo presente e prioritario nel Piano di Zona. Concretamente questa forma di collaborazione si è sviluppata attraverso l’accesso a fondi nazionali e regionali e, in seguito, con la messa a sistema di alcuni servizi e prassi di lavoro condivise. Con la nascita dell’Azienda Sociale Sud Est Milano (A.S.S.E.MI.) nel 2009, si è data stabilità anche al personale operativo e ai servizi presenti nell’Ambito Territoriale, favorendo quindi la continuità di politiche sociali, del lavoro per obiettivi e di una maggiore integrazione fra servizi, grazie anche alla reciproca conoscenza di operatori collocati nello stesso territorio per diverso tempo. A.S.S.E.MI., essendo capofila del Piano di Zona, si occupa della programmazione e progettazione degli interventi sociali previsti dalla normativa regionale in materia, tenendo conto di tutti i Comuni dell’Ambito: alla sua funzione programmatoria si affianca la gestione associata di servizi socio-assistenziali e dei servizi alla persona.
Già dai primi anni 2000, attraverso il “Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze” (L. 45/99) e ai fondi della Legge Regionale 6 dicembre 1999, n. 23 “Politiche regionali per la famiglia”, sul territorio sono stati sviluppati diversi progetti che coinvolgevano soggetti del pubblico e del privato sociale con l’obiettivo di portare i temi della prevenzione all’uso e abuso di sostanze, con un approccio volto alla limitazione dei rischi, in contesti sia formali – come quello scolastico – sia informali – come i Centri di Aggregazione Giovanile (CAG). Nella progettazione e nell’esecuzione delle attività si è iniziato ad interagire sempre di più con il Dipartimento Dipendenze dell’allora Asl MI 2, oggi ASST Melegnano e della Martesana.
È proprio con i soggetti gestori dei CAG, i referenti dei progetti in area prevenzione, i servizi minori e famiglia e i responsabili di SerD e NOA che si è dato vita, nel 2008, al Comitato Scientifico Prevenzione in Adolescenza, un tavolo permanente che ha visto nel tempo aumentare i partecipanti in un’ottica di integrazione e allargamento degli sguardi: dalla NPI al Consultorio Adolescenti, dai coordinatori dei servizi per il benessere scolastico a quelli dell’assistenza domiciliare ai minori. Il Comitato Scientifico è tuttora attivo, quale osservatorio integrato sui fenomeni adolescenziali e giovanili, con particolare attenzione al rischio evolutivo. L’incontro periodico e costante permette l’attivazione di legami comunitari e fra servizi differenti, sviluppando un’integrazione del pensiero e degli sguardi, e la costruzione di una cultura e di prassi condivise nell’ambito della prevenzione e dell’intervento precoce in adolescenza (Cormaio, 2005).
È all’interno del Comitato Scientifico che sono nati i progetti presentati in risposta ai bandi di Regione Lombardia finanziati dal POR FSE 2014-2020: “Consolidamento di percorsi di inclusione sociale a favore di persone, giovani e adulte, a grave rischio di marginalità”, fra il 2016 e il 2019, e al bando per la “Messa a sistema del modello di intervento integrato a favore di giovani e adulti a grave rischio di marginalità” nel 2020 (tre edizioni del progetto “Passi Prossimi” e un’edizione del progetto “Ponti di Prossimità”).
Un altro tassello importante dell’integrazione fra servizi sociali e servizi per le dipendenze è stato fissato grazie al Piano Distrettuale di Prevenzione e di Contrasto al GAP, sottoscritto nel 2015 da tutti i Sindaci dell’Ambito: in quel momento è nata l’idea di finanziare un servizio che potesse rispondere ai bisogni del territorio in merito al tema delle dipendenze senza sostanza, in particolare del gioco d’azzardo. Il Servizio dedicato alle dipendenze senza sostanza è da sempre stato collocato in una sede fuori dall’Ambito di San Giuliano Milanese, così come il NOA, che ha aperto una sede sul territorio solo nel settembre 2019. Un’altra difficoltà riportata dagli operatori del SerD riguarda il lavoro con i minorenni (Motta, 2015) e le loro famiglie: avendo il Servizio sede nell’Ospedale di Vizzolo Predabissi, con una forte connotazione sanitaria, non prevede spazi dedicati esclusivamente ai ragazzi e ai loro genitori, ma nell’accesso è inevitabile l’incontro anche con l’utenza più storica, fragile e compromessa, come chi vi accede per la somministrazione del metadone.
Da una visione congiunta fra l’allora direttore del Dipartimento Dipendenze e Psichiatria e l’allora direttore di A.S.S.E.MI. è nato, nel giugno 2015, il Punto Intervento Dipendenze (PID): un servizio pensato non per sostituirsi ai servizi già esistenti, ma per fare da ponte verso di essi al bisogno, oltre che per fungere da primo appoggio a situazioni delicate (riguardanti in particolare minorenni e adolescenti problematici con le loro famiglie), permettendo un confronto fra vari attori con l’intento di incidere precocemente e in modo più discreto sul disagio rilevato (Lucchini, 2002). Il PID rappresenta, inoltre, un servizio di prossimità agile e di facile accesso.
Dal 1° marzo 2016 l’équipe del Servizio è stata integrata dalla presenza di un/una psicologo/a e un/una pedagogista, grazie ai sopracitati progetti “Passi Prossimi”, mentre nei periodi in cui i progetti finanziati dal POR FSE non erano attivi ha proseguito le sue attività con la normale conformazione dell’équipe, composta da dipendenti ASST: un medico, un’assistente sociale e una psicologa del SerD, due psicologhe e un’assistente sociale del NOA e del servizio GAP. Rispetto all’équipe di potenziamento del PID, il lavoro svolto da psicologo/a e da pedagogista è consistito nell’accoglienza dei pazienti e dei loro familiari, nell’orientamento ai servizi del territorio e nel supporto ai familiari.
Gli obiettivi specifici del PID e quelli individuati nei progetti che con esso si sono integrati sono molto simili:
- favorire l’informazione, la conoscenza e l’aumento della consapevolezza dei rischi associati a comportamenti di “addiction”, legali e non;
- favorire la conoscenza del sistema dei servizi sociosanitari del territorio di riferimento;
- intercettare con interventi di bassa soglia e di pronto intervento sociale singoli e gruppi a rischio marginalità e con comportamenti additivi;
- migliorare e potenziare l’accesso ai servizi dei soggetti a rischio di marginalità o con comportamenti problematici, e il loro orientamento alle risorse;
- rafforzare la rete formale e delle reti locali, con rinnovata attenzione ai rischi di marginalità ed all’esclusione sociale adolescenziale e giovanile, in primis sul versante del consumo di sostanze legali e illegali e di comportamenti.
Alcuni dati del Punto Intervento Dipendenze
In questi anni il PID ha intercettato 151 persone (di cui 57 minori, 12 coppie di genitori, 40 persone con problemi di GAP e 42 persone con problemi di alcol): di queste solo il 10% aveva già ricevuto un precedente intervento trattamentale (quindi il 90% degli utenti si rivolgeva per la prima volta al Servizio).
Il fatto che il Servizio non fosse fortemente connotato ha probabilmente reso più facile l’accesso a minori e giovani adulti (30%), ma anche alle donne, che risultano maggiormente rappresentate nel genere (25%). Significativa è anche la ritenzione in trattamento, che riguarda il 62% dell’utenza, con una significativa diminuzione dei drop-out. Un ulteriore dato interessante è che solo per 6 minorenni utenti su 28 si è reso necessario l’inserimento in strutture residenziali, sottolineando dunque l’importanza dell’intervento integrato sul territorio.
È da rilevare che lo spostamento del NOA da Pieve Emanuele a San Giuliano Milanese, avvenuto nel settembre 2019, ha comportato un evidente calo dei primi accessi poiché le persone hanno preso contatto direttamente con il servizio specialistico.
Il potenziamento del PID attraverso altre linee progettuali collaterali, che hanno sempre avuto nomi evocativi rispetto alla prossimità e al ruolo di ponte fra servizi (“Passi Prossimi”, “Ponti di Prossimità”), ha sempre avuto una doppia valenza: da un lato, attraverso i progetti si sono potute finanziare nuove figure professionali che hanno lavorato direttamente nel PID; dall’altro lato, l’équipe di educativa di strada (diventata in seguito Unità Mobile) ha potuto progettare e realizzare attività anche con l’aiuto degli operatori ASST del PID. Sono stati, per esempio, attivati la supervisione pedagogica al Centro di Formazione professionale di AfolMet e di Fondazione Clerici (ente di formazione professionale); un laboratorio di prevenzione specifica chiesto da un gruppo di genitori legato a un oratorio; momenti formativi/informativi per genitori di ragazzi che frequentano i CAG e per gli operatori stessi. Tutte queste attività sono state svolte anche da alcuni operatori del PID, che sono quindi usciti dal loro contesto abituale di servizio, andando verso la comunità e costruendo reti territoriali. Questi nuovi spazi in cui i professionisti hanno potuto realizzare i loro interventi hanno permesso, da un lato, di potenziare le loro stesse competenze e, dall’altro, di scoprirsi capaci di uscire dai setting, incontrando saperi esperienziali e lavorando per potenziarli e valorizzarli nel percorso di limitazione dei rischi (Fornero, 2022) intrapreso.
Con il progetto “Ponti di Prossimità” (attivo da settembre 2020 a giugno 2022) si è voluto mettere a sistema l’attività di accompagnamento educativo ai servizi del territorio a favore di quei pazienti che risultavano carenti nell’autonomia e privi di una rete familiare e di supporto. Nei primi mesi di progetto sono state condivise con le diverse amministrazioni comunali, con i servizi del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze (CPS, NPI SerD e NOA) le necessità e le metodologie rispetto allo spazio di ascolto dedicato e ai percorsi di accompagnamento. Sono stati effettuati incontri all’interno delle diverse équipe dei servizi e individuati i primi profili per i percorsi di accompagnamento. Sono stati, inoltre, impostati periodici incontri di raccordo tra questi servizi e il team di progetto al fine di migliorare le procedure di invio e di accompagnamento. Nei restanti 12 mesi di progetto sono stati attivati 8 accompagnamenti educativi.
Il modello di intervento sviluppato in questi anni è passato quindi da un’ottica “servizio-centrica” a un paradigma che mette al centro la persona e il territorio: si lavora con interventi di prossimità e di accompagnamento educativo costruiti ad hoc, attraverso un approccio pedagogico ed educativo che favorisce lo sviluppo di risorse individuali e sociali all’interno della comunità locale e del contesto sociale. Il modello che si è tentato di costruire risulta dunque sostenibile e replicabile a partire dagli aspetti di paradigma indicati: prossimità e flessibilità, mettendo al centro le persone in un’ottica pedagogica. Va tenuto a mente che i giovani, le persone a grave rischio di marginalità e in generale le persone con percorsi di vita caratterizzati da fattori di rischio elevato presentano bisogni complessi. Pertanto, risultano maggiormente efficaci quegli interventi che ricompongono e che favoriscono l’integrazione tra servizi già esistenti, piuttosto che quelli che puntano a crearne di nuovi, andando invece incontro al rischio di frammentazione delle risposte e a alla creazione di un sistema dis-integrato e non integrato.