Accreditamento sanitario e co-progettazione possono coesistere, anzi integrarsi?
Alceste Santuari | 3 Aprile 2024
Il sistema di welfare sociosanitario è caratterizzato, da un lato, da elementi di garanzia del cittadino quali l’accesso universalistico alle prestazioni e il rilievo del soggetto pubblico cui l’ordinamento ha affidato la funzione di programmazione, di pianificazione e regolazione dell’erogazione delle prestazioni in una dimensione di supervisione generale della spesa sanitaria, nonché di acquirente, in molti casi, delle prestazioni stesse. Dall’altro, il sistema di welfare si caratterizza come “spazio” in cui operatori economici e soggetti del terzo settore possono operare, anche in concorrenza tra loro, in coerenza con gli elementi di garanzia sopra richiamati.
In questo senso, l’istituto dell’accreditamento costituisce uno strumento funzionale a contemperare le esigenze sopra richiamate e finalizzato ad assolvere le funzioni di regolazione della presenza di soggetti privati in ambito sanitario e sociosanitario, in specie in un momento storico caratterizzato, tra gli altri, dalla contrazione delle risorse pubbliche e dalla necessità di razionalizzare la spesa pubblica. In quest’ottica, dunque, attraverso l’accreditamento, la committenza pubblica disciplina i rapporti che, in un contesto di partecipazione dei soggetti privati all’erogazione delle prestazioni sociosanitarie, richiedono comunque la responsabilità ultima in capo alle pubbliche amministrazioni.
Come si è avuto modo di segnalare su questo sito (cfr. l’articolo di Alceste Santuari, e l’articolo di Laura Pelliccia,), le Regioni sono chiamate a riscrivere le regole che informano la disciplina dell’accreditamento istituzionale ai sensi dell’art. 15 della legge 5 agosto 2022, n. 118, “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”. Ricordiamo che, inter alia, l’articolo in parola prevede che “I soggetti privati … [accreditati] sono individuati, ai fini della stipula degli accordi contrattuali, mediante procedure trasparenti, eque e non discriminatorie, previa pubblicazione da parte delle regioni di un avviso contenente criteri oggettivi di selezione, che valorizzino prioritariamente la qualità delle specifiche prestazioni sanitarie da erogare. La selezione di tali soggetti deve essere effettuata periodicamente, tenuto conto della programmazione sanitaria regionale e sulla base di verifiche delle eventuali esigenze di razionalizzazione della rete in convenzionamento…”.
L’art. 15 della legge n. 118/2022 ha inteso rendere il regime dell’accreditamento istituzionale maggiormente conforme e coerente con il principio eurounitario di concorrenza, da un lato, e maggiormente orientato ai canoni dell’efficienza e di risultato, dall’altro. Da ciò discende che le Regioni, nell’esercitare la propria potestà programmatoria sui limiti di spesa sanitaria (o sociosanitaria), sono chiamate ad assicurare un equilibrato bilanciamento tra diversi principi costituzionali, segnatamente, l’interesse pubblico al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di prestazioni sanitarie adeguate, nonché le legittime aspettative dei soggetti privati, i quali operano nell’ambito della loro libertà di iniziativa economica.
È opportuno ricordare che anche gli Enti del Terzo settore, ex art. 4, d. lgs. n. 117/2017, possono risultare tra i soggetti erogatori accreditati a livello regionale. Essi, dunque, sono inseriti a pieno titolo tra quelle organizzazioni che il sistema sanitario nazionale e regionale riconoscono come unità d’offerta che agiscono in nome e per conto del sistema medesimo, assicurando così i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie.
È nel contesto sopra brevemente descritto che si colloca la recente delibera n. 243 del 4 marzo 2024, approvata dalla Regione Toscana, recante “Piano miglioramento Liste di attesa Anno 2024”. Essa contiene una previsione che merita la nostra attenzione, atteso che essa sembra costruire un “ponte” tra gli istituti dell’accreditamento istituzionale e gli istituti giuridici cooperativi di cui all’art. 55 del Codice del Terzo settore. Invero, nel paragrafo dedicato alla “Specialistica ambulatoriale: Metodologia per la ripartizione delle risorse e obiettivi 2024”, la delibera in parola dispone in ordine alla possibilità che le aziende sanitarie territoriali possano impiegare le risorse definite nella delibera “anche per progetti specifici elaborati con gli Enti del Terzo settore” e “titolari di strutture sanitarie accreditate con la Regione Toscana, mediante l’utilizzo degli strumenti dell’Amministrazione condivisa” (co-programmazione e co-progettazione) di cui all’art. 55 del Codice del Terzo settore.
“… ogni azienda territoriale può impiegare le risorse di cui al presente atto anche per progetti specifici elaborati con gli Enti del Terzo settore, individuati ai sensi dell’art. 4 del D.lgs. 117/2017 e titolari di strutture sanitarie accreditate con la Regione Toscana, mediante l’utilizzo degli strumenti dell’“Amministrazione condivisa” (co-programmazione e co-progettazione) di cui all’art. 55 co. I II e III del sopra citato Decreto legislativo.”
Il dispositivo riconosce quindi agli enti del terzo settore accreditati con la Regione di poter elaborare progetti, proposte e interventi finalizzati ad affrontare il tema specifico delle liste d’attesa in una dimensione collaborativa, sia in quanto coinvolti dalle aziende sanitarie sia in qualità di “agenti” proponenti, sfruttando la possibilità offerta dal d.m. 72/2021 agli Enti del Terzo settore di presentare istanze di parte. Il riconoscimento del coinvolgimento attivo degli Enti del terzo settore, oltre quello di soggetti impegnati nella realizzazione del sistema di servizi in forza dell’accreditamento sanitario, testimonia la possibilità che all’istituto concessorio possano collegarsi interventi e azioni per così dire “supplementari” e specifiche. Questi, tuttavia, esulano dallo schema necessariamente rigido dell’accreditamento istituzionale, vincolato sia in termini di programmazione sia di erogazione, per essere ricondotti in una cornice collaborativa che, invero, può permettere di individuare soluzioni maggiormente flessibili e adattabili non soltanto al contesto territoriale, ma anche alla mutevole domanda di salute.
La soluzione individuata nella delibera in oggetto delinea uno schema di partenariato tra aziende sanitarie locali ed Enti del terzo settore, rispettosa di alcuni dei principi che devono informare l’azione amministrativa, segnatamente, il principio di concorrenza e il principio di sussidiarietà. Il primo principio è garantito dal fatto che i soggetti di terzo settore coinvolgibili risultano già accreditati secondo le regole proprie dell’accreditamento sanitario. Il secondo, invece, impiegando la definizione utilizzata dal Giudice delle Leggi nella nota sentenza n. 131 del 2020, è “procedimentalizzato” attraverso il percorso di co-progettazione. Per vero, la delibera richiama anche la procedura di co-programmazione, la quale potrebbe risultare prodromica alla definizione delle priorità e dei bisogni da affrontare, in termini specifici, attraverso la successiva fase di co-progettazione.
La disposizione in commento, in conformità con il contenuto dell’art. 1, comma 1 del Codice del Terzo settore, intende valorizzare il munus pubblico che l’ordinamento giuridico ha inteso assegnare ai soggetti non lucrativi, in una delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del medesimo Codice. Per la loro organizzazione, gestione, erogazione e, quindi, fruizione, le attività in oggetto, infatti, richiedono sia strumenti ed istituti giuridici non riconducibili alle logiche di mercato, sia procedure che, invece, per la loro natura e le loro caratteristiche, non possono non trovare nelle regole competitive il loro fondamento giuridico. Al riguardo, è opportuno segnalare che, ancorché l’istituto dell’accreditamento risulti estraneo alla disciplina dei contratti pubblici (cfr. ANAC, Linee guida n. 17 del 2022), in specie alla luce delle previsioni dell’art. 15, l. n. 118/2022, esso mantiene pur sempre una dimensione di contendibilità, espressa nella fase degli accordi contrattuali con i soggetti erogatori accreditati.
La coesistenza di strumenti e procedure appartenenti a “universi” diversi, segnatamente, quello della concorrenza e quello della partnership, obbligano le pubbliche amministrazioni procedenti a riflettere con attenzione sugli obiettivi che esse intendono realizzare. Dall’identificazione degli obiettivi da conseguire discendono strumenti giuridici e procedure amministrative diverse, che seppure richiedano, in particolare in situazioni articolate e complesse come caratteristiche dell’ambito sanitario ###, appartengono a “filosofie” di intervento diverse, che devono rimanere inalterate nella loro ontologia e genesi. Ma che non necessariamente non possono trovare “punti di contatto” ovvero “ponti” che permettano di dialogare tra impostazioni che sono informate ad obiettivi diversi.
Si potrebbe affermare che, mentre l’accreditamento seleziona “a monte” i soggetti (nel caso di specie, di terzo settore) da inserire nel sistema di offerta pubblica dei servizi sanitari, il ricorso alle procedure collaborative di cui al Codice del Terzo settore permettono di coinvolgere “a valle” i medesimi soggetti, la cui professionalità, expertise, capacità di intervento e competenza sono già stati vagliati nella fase di “selezione” che ha condotto al loro accreditamento. In questo senso, la procedura di co-progettazione risulterà semplificata, in quanto essa avrà come obiettivo soltanto quello di condividere le azioni e i progetti specifici ritenuti maggiormente efficaci per affrontare la tematica relativa alle liste d’attesa. Infatti, la valutazione circa la capacità organizzativa, la sostenibilità economico-finanziaria, l’esperienza maturata nel settore e gli altri elementi che di norma gli avvisi che danno avvio alle procedure di co-progettazione stabiliscono sono già stati apprezzati nella fase prodromica all’accreditamento istituzionale. Volendo per ulteriore chiarezza esemplificare, se il meccanismo ipotizzato dalla Regione Toscana sul tema delle liste di attesa si generalizzasse ai diversi ambiti sanitari e sociosanitari, una volta definiti – con le regole attuali o con quelle innovate ai sensi dell’art. 15 della legge 118/2022 – chi sono i soggetti accreditati (ad esempio per interventi di contrasto alle dipendenze, nelle cure palliative, negli interventi a favore di persone con disabilità, ecc.), quelli tra questi che hanno la qualifica di ETS, in quanto tra l’altro già transitati per il momento di evidenza pubblica in sede di conseguimento dell’accreditamento, oltre ad essere coinvolti nella gestione degli interventi potrebbero essere parte di un tavolo di lavoro con le aziende sanitarie per coprogrammare e coprogettare. Questa puntualizzazione evidenzia altresì una peculiarità del Terzo settore in quanto soggetto di interesse generale rispetto ad altri soggetti accreditati: come gli altri operatori economici, gli ETS realizzano servizi; diversamente dagli altri operatori economici, gli ETS contribuiscono insieme alle istituzioni pubbliche a definire quali servizi attivare.
D’altra parte, quanto disposto dalla Regione Toscana è altresì un esempio di come gli istituti dell’amministrazione condivisa stiano – lentamente, ma con continuità – penetrando le politiche e le strategie di intervento. Coprogrammazione e coprogettazione sono, infatti, sempre più spesso richiamate non solo in atti dedicati specificamente all’amministrazione condivisa, ma in atti che trattano di varie materie di interesse generale e in cui il legislatore non rinuncia ad indicare come le finalità auspicate siano meglio perseguite all’interno di un contesto collaborativo.
Alla luce di quanto sopra descritto, avuto riguardo alle prestazioni, alle attività e ai progetti contemplati nella delibera della Regione Toscana ben si comprende la necessità di individuare percorsi e procedure che siano in grado di assicurare al contempo i livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie, escludendo motivazioni egoistiche e lucrative, la libertà degli operatori economici a fornire ed erogare i servizi e le prestazioni necessari al conseguimento degli obiettivi di integrazione socio-sanitaria, nonché il coinvolgimento attivo dei medesimi operatori economici quando essi rivestono la qualifica di Enti del Terzo settore.