Albo delle Famiglie Accoglienti. Una nuova frontiera per l’accoglienza in Italia
Matteo BassoliElisa De Matteis | 7 Novembre 2024
I Policy Highlights di Politiche Sociali/Social Policies.
L’articolo che segue sintetizza alcuni degli esiti del lavoro pubblicato sul numero 2/2024 di Politiche Sociali/Social Policies, rivista edita dal Mulino e promossa dalla rete ESPAnet-Italia. Per maggiori dettagli e citazioni: M. Bassoli e E. De Matteis, Albo delle famiglie accoglienti: innovazione per l’accoglienza, in «Politiche Sociali/Social Policies», 2/2024, pp. 409-434.
In Italia, l’accoglienza e l’inclusione delle persone rifugiate rimangono questioni centrali e complesse. Il sistema di accoglienza italiano, pur prevedendo programmi consolidati come il Sistema di Accoglienza e Inclusione (SAI) e prassi emergenziali altrettanto patologicamente consolidate come i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), è caratterizzato da importanti carenze. Uno dei principali punti critici è rappresentato dalla mancanza di soluzioni durature per l’inclusione socio-economica delle persone rifugiate una volta concluso il percorso istituzionale. È proprio dalla volontà di colmare questa lacuna che nasce la pratica dell’accoglienza domestica1 e in seguito l’iniziativa dell’Albo delle Famiglie Accoglienti, un registro che struttura l’accoglienza nelle case di cittadini e cittadine disponibili. Tale strumento, così come realizzato in maniera sperimentale in diversi Comuni italiani, mira a un coinvolgimento attivo della cittadinanza nei percorsi di accoglienza e scommette sul potenziale di un lavoro sinergico tra società civile e istituzioni locali al fine di potenziare il processo di inclusione e autonomia delle persone rifugiate.
In questo articolo offriamo alcuni spunti di riflessione a partire da quanto emerso da una ricerca qualitativa da noi realizzata e di cui diamo più diffusamente conto in un articolo recentemente pubblicato nel numero 2/2024 di Politiche Sociali/Social Policies.
Le difficoltà nell’accoglienza e nell’inclusione
Il sistema di accoglienza in Italia è caratterizzato da significative criticità, soprattutto nella fase che segue l’accoglienza istituzionale. In altre parole, i percorsi ad oggi previsti spesso non permettono una transizione efficace dall’accoglienza istituzionale all’autonomia economica e abitativa per le persone rifugiate: un passaggio che rischia di rimanere incompleto, con conseguenze significative sulla qualità della vita degli stessi. Strutture come i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), pensati per rispondere a situazioni di emergenza, ma che oggi si occupano di circa l’80% delle accoglienze2, sono sprovvisti dei servizi necessari per garantire una futura autonomia e un inserimento strutturato nel tessuto sociale. Secondo i dati del Sistema di Accoglienza e Inclusione (SAI), solo il 49% dei beneficiari completa con successo il percorso di accoglienza, senza però fornire informazioni dettagliate sul loro status abitativo e lavorativo3. Di conseguenza, molte persone rifugiate, al termine del proprio percorso all’interno del sistema nazionale di accoglienza rimangono in una condizione di vulnerabilità, caratterizzata da precarietà abitativa e occupazionale e finiscono per dipendere dagli interventi dei servizi sociali o dalle azioni spontanee e informali di privati cittadini, comunità religiose e associazioni di volontariato.
Appare quindi evidente la necessità di ripensare gli interventi di accoglienza, dando spazio anche a quelle iniziative sperimentali come l’Albo delle Famiglie Accoglienti, per accompagnare le persone rifugiate in tutte le fasi del percorso di ingresso nel tessuto sociale.
L’Albo delle Famiglie Accoglienti
L’Albo delle Famiglie Accoglienti è un registro che si appoggia su una piattaforma online per raccogliere le candidature di famiglie e singoli disponibili ad accogliere persone rifugiate. Una volta registrate, le candidature vengono poi vagliate, un lavoro generalmente gestito dai Servizi Sociali territoriali o da enti accreditati, per avere l’elenco dei nominativi delle famiglie che si rendono disponibili ad accogliere temporaneamente migranti. La prima fase del processo di iscrizione coincide con una “messa a disposizione” dei cittadini che non necessariamente determina l’iscrizione nell’Albo. Infatti, le famiglie iscritte vengono selezionate in base a criteri specifici stabiliti ex-ante e solamente quelle ritenute idonee alla fine del processo di valutazione sono coinvolte nei progetti di accoglienza. Questo registro, quindi, da un lato semplifica il processo di dichiarazione di intenti per i cittadini volontari, dall’altro aiuta a sistematizzare le procedure per gli addetti ai lavori: il risultato garantisce che le famiglie iscritte abbiano i requisiti necessari e abbiano superato un percorso di valutazione adeguato ad affrontare un’esperienza delicata come quella dell’accoglienza4. Il registro serve quindi a garantire che il processo di accoglienza avvenga in modo trasparente e regolamentato, tutelando il benessere di tutte le persone coinvolte e non si venga presi dalla frenesia emergenziale, così come accaduto con l’Emergenza Ucraina.
Un caso di innovazione sociale?
L’Albo delle Famiglie Accoglienti va inteso come una soluzione alternativa e complementare.
L’idea alla base di questo registro è semplice ma rivoluzionaria: formalizzare l’impegno dei cittadini e delle famiglie che vogliono accogliere persone rifugiate, strutturando un percorso che integri le iniziative spontanee in un quadro istituzionale. In questo senso, l’utilizzo di un albo consente di strutturare la pratica dell’accoglienza domestica fornendo un bacino perpetuo di volontari cui attingere per far partire nuove convivenze. Il registro crea infatti un meccanismo formale che facilita l’incontro tra domanda e offerta di accoglienza incanalando l’impegno volontario in un percorso istituzionale.
Il portato innovativo dell’Albo delle Famiglie Accoglienti è riscontrabile in parte proprio a partire dalla formalizzazione del coinvolgimento della cittadinanza nella realizzazione delle convivenze5. Le famiglie sono riconosciute così come parte integrante del welfare locale, in un’ottica che valorizza il capitale sociale come risorsa preziosa nelle pratiche di accoglienza. Le famiglie volontarie, infatti, non si limitano ad offrire un’abitazione temporanea: la convivenza facilita l’apprendimento della lingua, la conoscenza del territorio e lo sviluppo di reti sociali, e rappresenta un’opportunità di scambio culturale e sociale che arricchisce entrambe le parti6.
Anche alla luce di quanto emerso dall’attività di mappatura del fenomeno e di approfondimento delle dinamiche locali – che abbiamo indagato tramite interviste a rappresentanti di enti pubblici e enti del Terzo settore coinvolti nella messa a punto e nell’utilizzo dell’Albo in sei diversi Comuni – , appare evidente come l’Albo delle Famiglie Accoglienti si configuri come una forma innovativa di co-produzione di servizi di accoglienza, capace di promuovere un lavoro sinergico tra le istituzioni locali e gli enti del Terzo settore e valorizzare forme di cittadinanza attiva.
Letti nella traiettoria di sviluppo dei singoli contesti e soprattutto se paragonati alla fase precedente (2015-2022), i casi presi in esame nel nostro studio mostrano numeri di tutto rispetto: il progetto Vesta a Bologna nel biennio 2022-2023 attiva 41 accoglienze, Refugees Welcome a Roma gestisce 100 accoglienze, a Padova 23, a Bari 13, a Ravenna 5, mentre 1 sola a Bergamo7.
Un grande potenziale e tante sfide
Le esperienze dei diversi Comuni italiani analizzate nello studio dimostrano il potenziale dell’Albo delle Famiglie Accoglienti come politica innovativa nel campo dell’accoglienza. Allo stesso tempo, nonostante i riscontri promettenti, emergono le sfide che ne limitano, ad oggi, una diffusione su larga scala.
Una delle principali difficoltà riguarda la sostenibilità economica dell’accoglienza domestica. Infatti, sebbene con l’Albo la pratica si trovi inserita in una cornice istituzionale, solo in pochi casi si è riscontrata la presenza di un supporto economico per le famiglie volontarie: molte famiglie, quindi, pur animate da una forte motivazione solidale, si trovano in difficoltà a mantenere l’ospitalità senza un adeguato sostegno finanziario. Per garantire la replicabilità del modello su scala nazionale è quindi necessario che – accanto al supporto psicologico, logistico e formativo – le istituzioni pubbliche forniscano anche un supporto economico adeguato, introducendo incentivi che possano coprire i costi associati all’accoglienza.
In conclusione, l’Albo delle Famiglie Accoglienti si configura come una delle iniziative innovative negli ultimi anni nel panorama delle politiche italiane di accoglienza. È uno strumento che fonda il proprio successo sul coordinamento del lavoro delle istituzioni pubbliche e degli enti del Terzo settore in una logica di co-progettazione degli interventi. Questo strumento promuove una nuova maniera di intendere l’accoglienza e la comunità: in un contesto spesso segnato da pregiudizi e stereotipi verso i migranti, concepisce imprescindibile il coinvolgimento attivo delle istituzioni, della società civile e della cittadinanza al fine di realizzare esperienze dal portato benefico per tutta la comunità.
- Cfr. Campomori, F. e M. Feraco (2018), Integrare i rifugiati dopo i percorsi di accoglienza: tra le lacune della politica e l’emergere di (fragili) pratiche socialmente innovative, in «Rivista Italiana di Politiche Pubbliche», 1, pp. 127-157; Marchetti, C. (2018), L’accoglienza dei rifugiati in famiglia. Prove di comunità interculturali, in Fondazione Migrantes (a cura di), Il diritto d’asilo. Report 2018. Accogliere, proteggere, promuovere, integrare, Todi, Tau, pp. 179-214.
- Per approfondire la situazione patologica dei CAS, si faccia riferimento a Openpolis e ActionAid (2024), Un fallimento annunciato, (14 aprile 2024).
- Belloni, M., E. Fravega e D. Giudici (2020), Fuori dall’accoglienza: insediamenti informali di rifugiati tra marginalità e autonomia, in «Politiche Sociali/Social Policies», 2, pp. 225-244.
- È bene ricordare che un medesimo processo di vagliatura dei requisiti è riservato anche ai beneficiari delle accoglienze.
- Moulaert, F., F. Martinelli, E. Swyngedouw e S. Gonzalez (2005), Towards Alternative Model(s) of Local Innovation, in «Urban Studies», 42, 11, pp. 1969-1990; Sinclair, S. e S. Baglioni (2014), Social Innovation and Social Policy – Promises and Risks, in «Social Policy and Society», 13, 3, pp. 469-476.
- Per una disamina degli studi sull’accoglienza domestica si faccia riferimento a Bassoli, M. e C. Luccioni (2023), Homestay Accommodation for Refugees (in Europe). A Literature Review, in «International Migration Review», July.
- Chi fosse interessato a conoscere più nel dettaglio in che modo è possibile partecipare all’iniziativa dell’Albo delle famiglie accoglienti può trovare maggiori informazioni sul sito web del Comune di riferimento: Comune di Bologna; Comune di Roma; Comune di Padova; Comune di Ravenna; Comune di Bergamo. In alternativa, può collegarsi al portale nazionale di Refugees Welcome Italia per informazioni su altri territori.