Assegni di cura per gli anziani: si cambia?


Franco Pesaresi | 3 Maggio 2023

Gli assegni di cura

L’assegno di cura è un contributo economico erogato agli anziani non autosufficienti o ai loro familiari per finanziarne l’assistenza.

In Europa, gli assegni di cura si sono sviluppati a partire dagli anni novanta  del secolo scorso soprattutto per i seguenti motivi:

  • la presenza di una domanda sempre crescente di lavoro di cura a cui i servizi non riuscivano, almeno in parte, a far fronte;
  • le pressioni esercitate, soprattutto dalle organizzazioni dei disabili, che preferivano un contributo in danaro, che avrebbe consentito maggiore autonomia di scelta;
  • la fiducia nel mercato del lavoro  in grado di fornire servizi migliori e meno costosi;
  • la volontà politica di sviluppare il lavoro di cura domiciliare in alternativa alla più dispendiosa assistenza istituzionale (Pijl, 1999).

Anche in Italia, gli assegni di cura vengono introdotti nella seconda metà degli anni ’90 su iniziativa di regioni ed enti locali e sono finalizzati a sostenere economicamente la cura al domicilio o a disincentivare il ricorso alle strutture residenziali  degli anziani non autosufficienti.  

Gli assegni possono essere utilizzati per acquistare assistenza privata sul mercato (operatori professionali o non professionali a pagamento) oppure per remunerare caregiver familiari che si prendono cura dell’anziano (Gori, 2004).

Tutte o quasi tutte le regioni li hanno previsti. È un intervento che incontra il favore sia delle famiglie sia delle persone anziane. Le condizioni per l’accesso all’assegno di cura variano da Regione a Regione ma sono sostanzialmente riconducibili ad alcuni elementi essenziali: la valutazione di un certo grado di non autosufficienza; l’accertamento di condizioni reddituali del nucleo familiare al di sotto di una determinata soglia (solo in alcuni casi non sono previsti limiti di reddito), la capacità del nucleo familiare di accudire la persona anziana. Le modalità di erogazione dell’assegno di cura sono poi spesso caratterizzate da un percorso di valutazione iniziale, di presa in carico, di stesura del piano assistenziale individualizzato, di monitoraggio e di verifica nel corso del tempo (Gori, 2004; Pesaresi, 2005).

Le novità introdotte dalla Legge di bilancio 2022

La Legge di bilancio 2022 (L. 234/2021) ha introdotto una novità sostanziale nell’organizzazione degli assegni di cura. La norma (art. comma 164) ha infatti stabilito che gli Ambiti territoriali sociali possono erogare contributi (ovvero assegni di cura), diversi dall’indennità di accompagnamento, per il sostegno della domiciliarità e dell’autonomia personale delle persone anziane non autosufficienti e il supporto ai familiari che partecipano all’assistenza.

Però, attenzione, tali contributi sono utilizzabili esclusivamente per remunerare il lavoro di cura svolto da operatori titolari di rapporto di lavoro conforme ai contratti collettivi nazionali di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, o per l’acquisto di servizi forniti da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale.

La novità è concentrata nella frase precedente. Gli assegni di cura possono essere utilizzati solo per:

  • remunerare il lavoro di cura svolto da operatori titolari di rapporto di lavoro conforme ai contratti collettivi nazionali di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 ovvero per assumere regolarmente assistenti familiari;
  • oppure per l’acquisto di servizi forniti da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale (cooperative ed altro).

Queste due possibilità sono già previste dalle normative regionali ma la novità non sta in ciò che c’è ma in ciò che manca.

Oggi, molte regioni (Emilia Romagna, Marche, Toscana, ecc.) prevedono che l’assegno di cura si possa erogare anche per supportare l’attività assistenziale dei caregiver familiari che invece adesso è un’ipotesi non più prevista. Nella nuova normativa manca questa ultima possibilità.

Qualche valutazione

In sostanza, la Legge di Bilancio 2022 ha stabilito che gli assegni di cura per gli anziani non autosufficienti dovranno essere utilizzati solo per acquistare servizi sul mercato privato acquisendo prestazioni da imprese (cooperative ed altro) o da assistenti familiari. Non sono più previsti assegni di cura per gli anziani non autosufficienti che vengono assistiti dai loro familiari.

È questo il senso della norma anche se la stessa si esprime in modo contraddittorio laddove, nello stesso comma, afferma che gli assegni cura servono anche per il supporto ai familiari che partecipano all’assistenza.

Che succederà ora?

Questa è una materia che rientra nella postestà legislativa esclusiva delle regioni ma non quando le risorse che vengono utilizzate per questo intervento sono erogate dallo Stato che chiede una rendicontazione coerente alla destinazione delle risorse stabilita dalle norme statali.

La maggior parte delle regioni utilizza le risorse del Fondo nazionale per le non autosufficienze (FNNA) per finanziare gli assegni di cura che poi sono materialmente erogati dagli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) o dai Comuni per cui in questi casi dovremo attenderci una modificazione dei requisiti di accesso al contributo economico.

Nei casi in cui gli assegni di cura siano finanziati da Fondi regionali, le stesse regioni potranno stabilire se adeguarsi o meno alla legge di bilancio 2022.

La decisione contenuta nella Legge di Bilancio 2022 si presta a valutazioni di segno diverso. È noto che i servizi assistenziali italiani sono caratterizzati da un eccessivo peso dei contributi economici a scapito dei servizi in natura e questo non ha permesso uno sviluppo adeguato dei servizi formali e ha favorito il lavoro nero. Per cui indirizzare gli assegni di cura verso  l’acquisto di prestazioni formali va valutato positivamente anche per la garanzia che le risorse vengano effettivamente utilizzate per l’assistenza.

Per contro, eliminare i caregiver familiari dai possibili beneficiari dell’assegno di cura potrebbe essere un grave errore perché ci sono caregiver familiari che hanno perso reddito per dedicarsi interamente o parzialmente all’assistenza di un suo caro. I caregiver familiari svolgono un ruolo enorme e insostituibile nell’assistenza degli anziani non autosufficienti e l’Italia non si può permettere di perdere il loro contributo. Ma non solo. I caregiver familiari vanno sostenuti nella loro attività tanto più in Italia che ha ancora una legislazione di sostegno ai caregiver familiari sottosviluppata rispetto agli altri principali paesi europei.

Forse si potrebbe trovare un’ipotesi intermedia che potrebbe vedere ancora i caregiver familiari, se conviventi, possibili beneficiari degli assegni cura con esclusione però di quei caregiver familiari che beneficiano di trattamenti pensionistici. In questo modo si sosterrebbero quei caregiver familiari conviventi in età da lavoro che hanno perso reddito o possibilità di lavoro per assistere un loro caro. Ma bisognerebbe cambiare la legge.