Aumentano ancora i rifugiati nel mondo. Ma li accolgono i paesi in via di sviluppo
Maurizio Ambrosini | 28 Giugno 2021
Nel 2020 altre cattive notizie, a partire dal Covid, hanno scacciato le guerre dalle prime pagine dei notiziari. Anche di sbarchi e rifugiati si parla meno, a parte sporadici picchi di allarmismo quando si verifica qualche sbarco, e una compassione sempre più stanca e debole in occasione delle tragedie del mare. Si potrebbe pensare che il Covid stesso, bloccando gli spostamenti, abbia abbattuto anche il fenomeno delle migrazioni forzate. Visto dalla sponda europea, in effetti il fenomeno si è molto ridotto. L’anno scorso hanno chiesto asilo nell’Unione Europea circa 416.600 persone, oltre 200.000 in meno rispetto al dato 2019 (631.300), e soprattutto un terzo rispetto al picco toccato nel 2015-2016 (rispettivamente, 1.321.000 e 1.259.000 richieste di asilo nell’UE).
I rifugiati e richiedenti asilo nel mondo
Ma se allarghiamo lo sguardo al mondo, gli spostamenti in cerca di scampo sono tutt’altro che in declino. In occasione della giornata internazionale dei rifugiati del 20 giugno, l’UNHCR, l’Alto Commissariato dell’ONU che ha il compito di tutelarli, ha pubblicato il suo rapporto annuale. Ne emerge un quadro ancora una volta allarmante, e ancora una volta più grave di quello dell’anno precedente. Il numero dei migranti forzati nel mondo, nonostante la diminuzione degli arrivi nell’UE, ha toccato nel 2020 un nuovo picco, con 82,4 milioni di persone scacciate dalle loro case. Di questi, 11 milioni sono stati i nuovi entrati in questa dolorosa situazione nel corso del 2020.
Nel frattempo, le suddivisioni interne al popolo dei rifugiati diventano più complesse, a causa delle fughe dal Venezuela di profughi che non hanno un chiaro status giuridico, insieme al perdurare di problemi ormai vecchi di decenni, come quello palestinese. Come nel passato, la maggioranza dei rifugiati (48 milioni) sono per la precisione sfollati interni (in inglese IDP: Internally Displaced People), ossia persone che hanno cercato scampo in un’altra regione del proprio paese. Ciò non significa che stiano meglio dei rifugiati internazionali, non essendo protetti dalle convenzioni sull’asilo e dalla tutela dell’UNHCR. In pratica, sono alla mercé delle decisioni del governo del loro paese, quello stesso che non è stato in grado di proteggerli, ha tollerato il loro sradicamento, a volte li ha direttamente perseguitati.
I rifugiati internazionali hanno raggiunto la cifra di 26,4 milioni, di cui 5,7 palestinesi. Vanno poi aggiunti 4,1 milioni di richiedenti asilo oltre confine e 3,9 milioni di profughi venezuelani, che negli ultimi anni rappresentano la principale componente dei nuovi contingenti di persone in fuga.
I principali paesi di origine dei rifugiati non sono cambiati rispetto allo scorso anno (tab.1), che aveva visto l’inserimento del Venezuela al secondo posto di questa drammatica classifica dopo la Siria, che da diversi anni ormai è la maggiore fonte di rifugiati nel mondo.
Tab.1 – I dieci principali paesi di origine dei rifugiati nel mondo
Paese | Cifra (in milioni) |
Siria | 6,7 |
Venezuela | 4,0 |
Afghanistan | 2,6 |
Sud Sudan | 2,2 |
Myanmar | 1,1 |
Repubblica Democratica del Congo | 0,8 |
Somalia | 0,8 |
Sudan | 0,8 |
Repubblica Centrafricana | 0,6 |
Eritrea | 0,5 |
I primi cinque paesi di origine raccolgono quasi il 70% dei rifugiati internazionali globali. Questi paesi sono teatri di crisi che hanno provocato uno spostamento di milioni di persone, e il dramma non sembra destinato a risolversi nei prossimi anni: dopo Siria e Venezuela troviamo l’Afghanistan, da decenni coinvolto in vari conflitti, e in cui il ritiro delle truppe occidentali rischia di provocare nuove fughe di massa. Segue il Sud Sudan, dove è stata raggiunto l’ennesimo fragile accordo fra le fazioni in guerra, ma le speranze di pace rimangono appese a un filo. In quinta posizione troviamo il Myanmar, che ha perseguitato ed espulso la minoranza mussulmana royingia.
Nelle successive posizioni incontriamo altri profughi che vivono sulla loro pelle le conseguenze di conflitti di cui a stento si parla nel nostro paese: la Repubblica Democratica del Congo, balzata nei titoli di testa solo quando è stato ucciso l’ambasciatore italiano Attanasio; la Somalia, ex-colonia italiana in cui la sovranità statale è cronicamente assediata da milizie jihadiste e forze tribali; il Sudan, che ha nel Darfur un’area di crisi mai pacificata; la Repubblica Centrafricana, attanagliata da contese intracomunitarie alimentate dalle grandi ricchezze del suo sottosuolo; infine l’Eritrea, altra ex-colonia italiana che è stata negli anni scorsi una delle maggiori aree di provenienza di richiedenti asilo che attraversavano il Mediterraneo.
Chi accoglie effettivamente i rifugiati internazionali
Spostandoci ora sul versante dell’accoglienza, i dati confermano anche per il 2020 un quadro assai distante dalle narrazioni che continuano a circolare in Italia e in Europa. Aggravando un dato già evidente negli scorsi anni, risulta che l’86% dei rifugiati internazionali è accolto in paesi in via di sviluppo, o al più intermedi, perlopiù confinanti con il paese da cui provengono le persone in fuga (73%). Quasi sette milioni sono accolti in realtà in paesi poverissimi, quelli che occupano le ultime posizioni secondo l’indice di sviluppo umano dell’ONU. Qui popolazioni molto fragili sono in qualche modo accolte in contesti altrettanto fragili, se non ancora più precari di quello da cui sono fuggite.
Tab.2 – I dodici primi paesi di accoglienza di rifugiati internazionali e richiedenti asilo nel mondo
Paese | Cifra (in milioni) |
Turchia | 3,7 |
Colombia | 1,7 |
Pakistan | 1,4 |
Uganda | 1,4 |
Germania | 1,2 |
USA | 1,3 (di cui 1,0 richiedenti asilo) |
Perù | 1,0 (di cui 0,5 richiedenti asilo) |
Sudan | 1,0 |
Libano | 0,9 |
Bangladesh | 0,9 |
Etiopia | 0,8 |
Iran | 0,8 |
Nel 2020 sono state presentate 1,1 milioni di nuove domande di asilo: un dato in verità in cui l’aspetto formale, ossia la richiesta di protezione internazionale, rispecchia solo in parte i numeri effettivi. Molti Stati infatti, per esempio il Libano, non accettano domande di asilo e non riconoscono ufficialmente la presenza di rifugiati. Questa precisazione consente di meglio comprendere perché in questo caso i paesi occidentali salgano in primo piano: gli Stati Uniti figurano al primo posto, con circa 251.000 domande di asilo, seguiti dalla Germania (103.000), dalla Spagna (89.000), dalla Francia (88.000) e dal Perù (53.000).
Resta però molto eloquente il rapporto proporzionale tra rifugiati e residenti (tab.3).
Tab.3 – I primi dieci paesi per rifugiati accolti ogni 1.000 abitanti1
Paese | Cifra |
Aruba | 159 |
Libano | 128 |
Curaçao | 102 |
Giordania | 69 |
Turchia | 43 |
Armenia | 36 |
Colombia | 34 |
Uganda | 31 |
Guyana | 30 |
Ciad | 29 |
In questa graduatoria il caso venezuelano ha portato alla ribalta due piccoli paesi caraibici, Aruba e Curaçao, che accolgono in proporzione agli abitanti un alto numero di rifugiati, anche se pochi in valore assoluto. A parte questa situazione peculiare, si concentra nell’area mediorientale il maggiore carico sociale dell’accoglienza, con il Libano sempre in primo piano, seguito da Giordania e Turchia.
Il conflitto dell’autunno scorso con l’Azerbaijan ha riportato anche l’Armenia nelle prime posizioni per numero di rifugiati accolti in rapporto alla popolazione. La crisi venezuelana manifesta i suoi effetti anche in Colombia e Guyana, producendo una notevole incidenza dei rifugiati sul complesso dei residenti. Uganda e Ciad testimoniano invece come l’ospitalità verso i migranti forzati coinvolga anche paesi con redditi medi molto bassi.
La situazione europea
Focalizzando ora l’attenzione sull’Unione Europea, abbiamo già commentato alcuni dati essenziali: le richieste di asilo sono nettamente diminuite, e s’indirizzano principalmente verso alcuni paesi, tra cui non compare l’Italia.
In media, le domande di asilo nel 2020 sono state circa 900 per milione di residenti, ma ancora una volta con notevoli differenze tra un paese e l’altro: da questo punto di vista, Cipro capeggia la classifica, con 8.400 domande di asilo per milione di residenti, mentre in coda si colloca l’Ungheria, con nove richieste di asilo per milione. Si situano nettamente sopra la media anche la Grecia, con 5.300 per milione e Malta, con 4.700 per milione.
Forse può sorprendere invece il dato italiano: 21.200 richieste di asilo, contro le 35.000 del 2019 (un calo quindi del 39%), poco più del 5% di quelle registrate nell’UE. L’Italia è quinta nell’UE per numeri assoluti, dopo Germania, Spagna, Francia e Grecia, con un’incidenza notevolmente inferiore alla media: 355 richiedenti per milione.
In Italia continuiamo a ripetere che sopportiamo un carico eccessivo di richiedenti asilo, chiediamo più solidarietà ai nostri partner dell’UE e ci lamentiamo di non riuscire a ottenerla. L’istanza di revisione del quadro degli accordi di Dublino è giusta in termini generali, per la responsabilità disuguale nella protezione umanitaria assegnata ai paesi membri in relazione alla loro posizione geografica. Ma sul merito i dati non confortano la posizione italiana. L’idea di una redistribuzione dei rifugiati in proporzione alla popolazione potrebbe rivelarsi un boomerang.