Benvenuti nell’Italia fra vent’anni


Sergio Pasquinelli | 14 Ottobre 2024

Italia, anno 2044. Gli anziani sono un terzo della popolazione, che nel frattempo è scesa a 56 milioni di abitanti. I Boomer, ultraottantenni, si stanno assottigliando, i Millenial stanno per entrare nella terza età, mentre bambini e ragazzi fino ai 14 anni, la generazione Beta, non arrivano a 6 milioni (vent’anni fa erano un milione in più), e di questi circa 800mila hanno un background migratorio. Il numero medio di figli per donna, 1,2, è da sessant’anni sotto la soglia di sostituzione1.

I progressi nella cura delle cronicità, la telemedicina e le politiche per una longevità in salute limitano il numero degli anziani non autosufficienti, pari a 4,6 milioni. Tuttavia metà di loro, una quota che continuerà a salire negli anni, vive senza familiari che li possano aiutare.

L’intelligenza artificiale pervade la vita quotidiana delle persone con un impatto significativo in diversi ambiti. Tecnologie come la robotica assistiva, i sensori intelligenti e i dispositivi indossabili sono utilizzati per assistere persone anziane o con disabilità. Questo ha ridotto il carico di lavoro degli operatori del welfare e sta migliorando la qualità dell’assistenza.

I servizi sanitari e sociali si sono così sviluppati anche grazie alla tecnologia, soprattutto le Rsa e le cure domiciliari a lungo termine, ma in diversi casi si tratta di attività a pagamento. Chi non se le può permettere deve affidarsi al welfare familiare, che tuttavia si è molto ridotto, per il calo delle nascite e la crescita delle separazioni coniugali. Soluzioni abitative come il cohousing, gli alloggi assisiti e le residenze protette, su cui si era investito, non sono mai veramente decollate. Intanto presentano costi difficilmente sostenibili su ampia scala, inoltre gli anziani mostrano una certa riluttanza a lasciare la propria casa a favore di coabitazioni insieme a sconosciuti. È invece cresciuto il mercato della nuda proprietà e dei prestiti vitalizi ipotecari, nell’ambito della cosiddetta silver economy, che ha riorientato ampi settori dell’economia verso la popolazione più matura.

Le badanti sono diventate merce rara. Della loro riduzione avevamo iniziato a renderci conto già vent’anni fa, quando aumentavano i segnali di una domanda di lavoro insoddisfatta. L’attrattività del settore è andata scemando, per una popolazione migrante con diverse e migliori opportunità lavorative. Una sperimentazione nazionale tra il 2025 e il 2026 ha cercato di sostenere il ricorso al lavoro privato di cura, ma ha riguardato una ristretta minoranza di cittadini, molto anziani e molto poveri, e non è stata valutata.

Le assistenti familiari straniere, la larga maggioranza, sono sempre meno giovani: molte hanno smesso di lavorare e sono ritornate nel paese d’origine. Flussi migratori esigui non hanno prodotto turn over e hanno reso statico il mercato, quando diversi osservatori evidenziavano il rilevante bisogno di nuova manodopera. Un’esigenza condivisa da molti ma che non si è mai tradotta in politiche migratorie aperte. E lavoratrici che invecchiano sono anche lavoratrici sempre meno disposte a un carico assistenziale oneroso, inclini a ridurre e semplificare le proprie mansioni. Un mercato a rapido invecchiamento ha portato inoltre alla riduzione della disponibilità alla coresidenza tra assistente familiare e persona non autosufficiente. La convivenza tra anziano e badante, una formula prevalente all’inizio del secolo, è pressoché scomparsa.

La povertà previdenziale riguarda molti di quelli che vanno e andranno in pensione, ormai dopo i 70 anni. Le pensioni pubbliche offrono cifre modeste e alla previdenza integrativa aderisce una minoranza di lavoratori. Così per molti i costi dell’assistenza e della cura (che siano attraverso badanti, Rsa o servizi domiciliari) stanno diventando sempre meno sopportabili.

A livello nazionale sono stati promossi programmi di formazione per le assistenti familiari, ma senza reali incentivi non hanno avuto il seguito sperato. Le patologie che determinano la non autosufficienza, prevalentemente di tipo cognitivo, avrebbero invece grande bisogno di personale preparato a trattare malattie come l’Alzheimer e le varie forme di demenza.

Nel contesto di una società longeva sono stati potenziati interventi a favore dell’invecchiamento in salute, più lento e malleabile di un tempo, misure che vanno dalla cultura allo sport, all’educazione alimentare, all’uso del tempo, alla salute, alla sicurezza. Linee che si sono mosse secondo una geometria variabile rispetto alla terza età. Nel frattempo si è affermata una nuova figura professionale, il community manager, che si occupa di sviluppo territoriale, azioni di animazione e sostegno delle fragilità, in particolare a favore di chi rimane più solo e isolato in età matura, un esercito in costante crescita,.

Gli anziani continueranno a rappresentare almeno un terzo della popolazione ma, dato che questa va riducendosi di un milione di individui ogni quattro anni, in valori assoluti anche gli anziani stanno diminuendo. La buona notizia è che questo calo ridurrà via via i bisogni di cura della popolazione non autosufficiente: un problema che la demografia risolverà per noi.

  1. I dati riportati sono proiezioni Istat, scenario mediano.