CISL: Il nuovo welfare? Costruiamolo insieme!


La Redazione di Welforum.it | 24 Giugno 2022

Si è tenuto a Roma dal 25 al 28 maggio il XIX Congresso Confederale della CISL dal titolo “Esserci per cambiare. Persona, Lavoro, Partecipazione per il futuro del Paese”.

Nella sua mozione finale, la CISL sottolinea il proprio impegno nel dare respiro e valore al lavoro buono; promuovere un maggiore raccordo tra educazione, istruzione e lavoro; potenziare le misure a sostegno dell’occupazione femminile; sostenere i bisogni emergenti mediante la contrattazione; riformare il sistema previdenziale per renderlo maggiormente inclusivo, equo e flessibile; sostenere una politica dell’accoglienza; individuare nuove forme di collaborazione e sinergia con il Terzo settore; dar vita a un modello di relazioni sindacali, sociali e industriali improntato alla responsabilità e alla partecipazione attiva.

Per quanto riguarda i temi del welfare sociale, sintetizziamo di seguito un estratto del documento finale elaborato dalla Commissione “Il nuovo welfare? Costruiamolo insieme!”, a cui si aggiungono le riflessioni relative a sanità, previdenza, welfare contrattuale e contrattazione sociale, visionabili nel documento interamente scaricabile.

 

Le politiche sociali secondo la CISL

La pandemia ha evidenziato l’esigenza di dotare il nostro Paese di un sistema di welfare che offra sicurezze universali ed inclusione sociale, nonché il ruolo cruciale dello Stato affinché sia garantito il benessere delle persone. La crescita della domanda sociale degli ultimi anni ha stimolato l’ambizione di superare i nodi strutturali del welfare in ordine alle politiche sociali, sanitarie, sociosanitarie e previdenziali.

Anche grazie agli investimenti ed alle riforme previste dal PNRR, la CISL intende sostenere le scelte già avviate negli ultimi anni attraverso:

  • l’incremento strutturale della dotazione dei fondi sociali nazionali;
  • il coordinamento e la loro programmazione nazionale, che deve essere trasparente e coerente con quella regionale;
  • gli investimenti sul sistema dei servizi e delle strutture sociali e sociosanitarie territoriali, che debbono puntare a colmare i divari territoriali ed a potenziare gli Ambiti sociali territoriali;
  • la definizione e la garanzia di obiettivi di servizio e livelli essenziali delle prestazioni sociali e delle dotazioni organiche.

 

Occorre dunque strutturare una rete capace non solo di accogliere, orientare, accompagnare, educare ed assistere un numero sempre più ampio di individui e famiglie in difficoltà, ma che sia anche in grado di rispondere alla futura riorganizzazione della loro vita. In questo quadro evolutivo del welfare un ruolo fondamentale deve essere attribuito al Terzo settore, valorizzandolo, garantendone il profilo partecipativo nelle organizzazioni, riconoscendone i diritti del lavoro, la gratuità del volontariato e la trasparenza. È urgente quindi completare il processo riformatore, dando così certezza agli enti, specie sul versante della loro disciplina fiscale.

Va inoltre portato a compimento il percorso intrapreso sui livelli essenziali delle prestazioni sociali, vanno potenziate le infrastrutture per alcune specifiche tematiche (non autosufficienza, famiglia e minori, anziani e invecchiamento attivo, abitare), innovati i principi di riferimento delle politiche (promozione ed attivazione dei beneficiari, equità e proporzionalità per modulare ed ampliare la gamma delle prestazioni, presa in carico integrata) e rafforzate le reti di partenariato tra attori sociali ed istituzioni.

 

Il Family Act per avviare politiche integrate

Le famiglie italiane formate da un solo componente o da due rappresentano ormai il 60% del totale, ben lungi dagli stereotipi che popolano l’immaginario quotidiano. A queste trasformazioni si somma la persistenza del binomio bassa natalità-bassa occupazione femminile, nonché le penalizzazioni che ancora colpiscono le lavoratrici madri. La situazione potrà essere invertita solo agendo sinergicamente nell’ambito dei servizi educativi alla prima infanzia, dei congedi rivolti alla genitorialità, del sostegno economico alle famiglie, assieme agli incentivi per l’occupazione femminile. È importante che, dopo decenni, si metta in campo una strumentazione organica attraverso la Legge 32/2022, comunemente chiamata “Family Act”, che si pone l’obiettivo di agevolare la formazione di nuove famiglie e di sostenere quelle già in essere, incidendo sulle funzioni genitoriali e favorendo la natalità.

L’introduzione dell’Assegno Unico e Universale (AUU), prima pietra del Family Act, inizia a far intravedere una nuova strategia esplicita, organica e strutturale di aiuto alle famiglie. In un’ottica di uguaglianza, secondo la CISL risulta importante però garantire la situazione dei nuclei a basso-medio reddito, che dovessero risultare particolarmente penalizzati nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema, attraverso una clausola di salvaguardia integrale di almeno 3 anni e la revisione della scelta dell’utilizzo dell’intero ISEE per la selezione dei beneficiari. Consequenzialmente occorrerebbe risolvere il problema dell’esclusione dalla prestazione dei figli residenti all’estero per quei lavoratori che prestano la loro attività nel nostro Paese.

Negli anni più recenti, la fruizione dei congedi parentali ha visto un trend in costante crescita in tutte le aree del Paese, con un’accelerazione più marcata nel caso siano i padri a fruirne. Questa evoluzione mostra come stia crescendo l’impegno dei padri nella cura verso i figli, in un’ottica di graduale riequilibrio nella coppia; e come, di conseguenza, la proposta di un set crescente di congedi rivolti alla genitorialità abbia favorito un avvio di evoluzione culturale. Congedi parentali più estesi nel tempo, associati a congedi di paternità strutturali offrono quindi uno scenario interessante per il futuro. Restano invece da affrontare diverse questioni legate all’indennizzo, ancora fermo al 30%, e alla definizione di congedi rivolti ai figli adolescenti.

 

Un intervento complementare e coerente viene svolto, al fine della conciliazione famiglia-lavoro, dalla contrattazione collettiva, che dovrà ricevere nuova linfa sia in diffusione che in innovazione grazie agli incentivi delineati proprio dal Family Act.

È altresì importante che i servizi educativi per l’infanzia raggiungano l’obiettivo minimo di una copertura del 33% su tutto il territorio nazionale, garantendo ai bambini ed alle loro famiglie un livello essenziale di servizi, indipendentemente dal luogo di vita e dalle condizioni economiche, sociali e lavorative. Su questo aspetto la CISL si mostra fiduciosa, alla luce della dotazione economica straordinaria di 2,4 miliardi di euro, ma al contempo preoccupata per il fallimento di bandi come quello promosso dal Ministero dell’Istruzione, che al momento attuale ne ha potuti mettere a disposizione soltanto la metà. La piena garanzia di tale livello essenziale non può infatti essere affidata solamente alla disponibilità e capacità delle amministrazioni locali di mettere in atto progetti adeguati, ma deve essere assicurata innanzitutto a livello centrale.

 

Riforme prioritarie per l’inclusione delle persone fragili: non autosufficienza e disabilità

Oggi oltre 3 milioni di persone di tutte le età – in gran parte anziani – sono non autosufficienti. Il progressivo invecchiamento della popolazione e le gravi carenze dell’assistenza di lungo periodo portano ad interrogarsi sulla necessità di agire velocemente con una politica unitaria nazionale, che scardini un sistema basato su rigide prestazioni economiche di entità insufficiente alle necessità delle famiglie, una rete di servizi fortemente inadeguata, la presenza di mercato nero o “grigio” spesso foriero di bassa qualificazione professionale e un impegno diretto dei familiari come caregiver. A tal fin è stato quanto mai importante aver dato strutturalità al Fondo nazionale per la non autosufficienza, incrementandolo fino agli attuali 882 milioni di euro, e aver varato il Piano e la definizione di primi livelli essenziali delle prestazioni. La riforma, inserita nel PNRR e anticipata come Legge delega collegata alla recente manovra di bilancio, deve però proseguire, individuando alcune direttrici:

  • potenziare e riorganizzare il sistema di valutazione multidisciplinare, presa in carico ed erogazione delle prestazioni sulla base di progetti personalizzati;
  • favorire iniziative di prevenzione e di invecchiamento attivo;
  • investire su servizi appropriati, che garantiscano la permanenza a domicilio, e su misure di sostegno ai caregiver;
  • garantire continuità assistenziale, qualità della vita e dell’assistenza nelle strutture residenziali.

 

È quindi necessario che il Governo presenti quanto prima la proposta di Legge delega affinché si avvii il dibattito parlamentare e con le parti sociali in vista di una sua rapida approvazione, coordinando questo provvedimento con quello già varato sulla disabilità.

Parallelamente, le fragilità ci stanno chiedendo sempre più di affrontare i grandi temi legati alle patologie croniche e degenerative di lunga durata, alle disabilità, alle difficoltà legate all’invecchiamento, alla definizione degli “accomodamenti ragionevoli” in ambiente di lavoro. La disabilità, come ci insegna la Convenzione ONU (ratificata anche in Italia), è una condizione frutto dell’interazione tra la persona e l’ambiente circostante, che dunque può interessare nelle diverse fasi di vita ogni persona, chiedendo la cooperazione di tutti gli stakeholder per essere affrontata.

Nella formulazione di risposte alla non autosufficienza, la CISL propone infine di dare un’attenzione alla contrattazione collettiva, volta a sviluppare forme collettive di risparmio finalizzato e solidaristico, finanziato con la contrattazione e gestito bilateralmente dagli attori sociali, come già sperimentato in alcuni comparti. Anche rispetto alla tutela dei caregiver, la contrattazione collettiva riveste un ruolo essenziale per alleviare il carico assistenziale e migliorarne la qualità della vita.

 

Le politiche di inclusione e di contrasto alla povertà

Il Reddito di Cittadinanza (RdC), la nostra misura nazionale di contrasto alla povertà, viene pensato anche come uno strumento di attivazione lavorativa, benché non sia questo il suo scopo principale. Se è fondamentale che lo strumento contenga una parte “attiva” volta all’inclusione socio-lavorativa, oltre che fornire un sostegno “passivo” al reddito, bisogna anche avere chiaro che questa parte riguarda oggi solo due terzi delle famiglie beneficiarie in quanto un terzo di esse risulta esente dagli obblighi della condizionalità. Di questi due terzi, solo la metà viene indirizzata ai Centri per l’Impiego perché le famiglie presentano spesso problemi multidimensionali e fragilità che non permettono ai suoi componenti di entrare nel mercato del lavoro, e che necessitano di adeguate prese in carico e percorsi d’inclusione sociale.

È evidente come oggi questo strumento possa svolgere per i più fragili un fondamentale ruolo di puntellamento, anche rispetto alle emergenti difficoltà economiche derivanti dalla guerra Russo-Ucraina. A questo riguardo, è bene che i sostegni economici straordinari messi in campo più di recente dal Governo (es. bonus 200 euro) siano integrati nel RdC, specialmente alla luce del fatto che quest’ultimo non viene adeguato all’inflazione. Si tratta di uno dei difetti della misura, che per la CISL deve essere corretto al più presto qualora la fiammata dei prezzi dovesse mostrare, come purtroppo si teme, una permanenza più lunga.

 

Altri punti importanti di riforma riguardano la necessità di accrescere il peso dei minori nella scala di equivalenza, l’allentamento del vincolo di residenza per i migranti, una maggiore flessibilità in relazione al vincolo patrimoniale aggiuntivo in modo da recuperare, almeno in parte, anche coloro che per tale vincolo sono stati esclusi dalla prestazione e hanno fatto ricorso al Reddito di Emergenza. Per quanto riguarda l’attivazione lavorativa occorre poi che lo strumento si trasformi per i beneficiari in un vero e proprio in-work benefit, che permetta una graduale inclusione lavorativa attraverso adeguati percorsi formativi che contemplino processi di formazione e trasformazione delle capacità per i beneficiari, e che al contempo consenta il cumulo parziale del reddito da lavoro con il sussidio ricevuto, in modo da evitare che i riceventi permangano in una “trappola di povertà”. Per ragioni di equità, contestualmente alla revisione della scala di equivalenza, occorrerebbe rimodulare la componente base e quella a rimborso dell’affitto, in modo da potenziarne l’importo per le famiglie con figli e in locazione, rispetto a quelli senza figli e proprietari delle loro abitazioni.

Secondo la CISL occorre infine che il RdC agisca in sinergia con gli altri ammortizzatori sociali e che vada reso organico anche con il sistema fiscale che scaturirà dalla riforma prevista dalla delega in corso di approvazione, in particolare in relazione all’Irpef, che sta passando in questo biennio di fine legislatura attraverso un importante processo di revisione.