Co-progettazione e gare d’appalto: è una contaminazione positiva?


Alceste Santuari | 27 Giugno 2022

Attraverso quello che in gergo si definisce “public procurement”, le pubbliche amministrazioni ricorrono al mercato degli operatori economici per acquisire beni, servizi e prestazioni in conformità alla disciplina che regola le procedure ad evidenza pubblica.

Queste ultime presuppongono la presenza di prestazioni corrispettive aventi natura sinallagmatica: l’operatore economico selezionato per produrre il bene, e/o erogare il servizio o la prestazione, matura un diritto a vedersi riconosciuto un corrispettivo a fronte del suo obbligo a realizzare l’attività ovvero ad erogare il servizio/prestazione.

I rapporti giuridici di natura sinallagmatica che interessano l’azione delle pubbliche amministrazioni trovano una loro fonte normativa specifica nell’art. 3, lett. ii) del d. lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici). La disposizione citata identifica gli appalti pubblici quali contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi.

Si tratta di una previsione di derivazione eurounitaria: già l’art. 130 F dell’Atto Unico Europeo, firmato il 7 febbraio 1986, costituisce la prima fonte normativa dalla quale è possibile inferire l’orientamento delle istituzioni europee a favore della costruzione di uno spazio comune nell’ambito del quale promuovere la concorrenza tra le imprese. Dalle fonti normative di diritto primario, nel corso degli ultimi decenni, sono discese numerose disposizioni di diritto derivato, le ultime delle quali sono contenute nelle Direttive del 2014 sugli appalti (cfr. art. 2, par. 5) e le concessioni, che sono state recepite nell’ordinamento italiano nel Codice dei Contratti pubblici.

Le Direttive del 2014 e il d. lgs. n. 50/2016 disciplinano, dunque, le procedure amministrative finalizzate ad instaurare rapporti giuridici di carattere oneroso, nell’ambito delle quali le pubbliche amministrazioni possono ricorrere alla gamma di strumenti offerti dal Codice dei contratti pubblici. Essi prevedono, inter alia, l’inserimento nei bandi di gara di clausole sociali (art. 50), l’accordo quadro (art. 54), il sistema dinamico di acquisizione (art. 55), il partenariato per l’innovazione (art. 65), nonché la comparazione sull’offerta qualitativa e non sul prezzo (art. 95, comma 7).

Alle procedure ad evidenza pubblica di natura concorrenziale si contrappone la “procedimentalizzazione del principio di sussidiarietà” (Corte costituzionale, sentenza n. 131/2020) prevista nell’art. 55 del Codice del Terzo settore, “espressione di un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato”, che come tale non è “fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico” (sentenza citata).

 

Sebbene possa dirsi superata la posizione che postulava l’asserita primazia del d. lgs. n. 50/2016 rispetto al d. lgs. n. 117/20171 ad opera, prima, della citata sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020 e, poi, della legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha convertito in legge il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali» (Decreto Semplificazioni), che hanno confermato l’equiordinazione dei due Codici, questi due provvedimenti legislativi appartengono a due “mondi paralleli”.

In questa prospettiva, si potrebbe affermare che gli istituti giuridici cooperativi di cui al Codice del Terzo settore si applichino ogni qualvolta la pubblica amministrazione e gli enti non profit condividano gli obiettivi, gli strumenti, le modalità e finanche le risorse da destinare alla realizzazione delle attività/progetti/interventi, le quali possono derivare direttamente dagli enti del terzo settore, quale forma di contributo o di autofinanziamento.

Un simile approccio condiviso esclude che si sia in presenza di un processo di esternalizzazione dei servizi da parte degli enti locali. La co-progettazione, invero, si fonda sulla valorizzazione delle funzioni e delle attività di interesse generale svolte dagli enti non profit nell’ottica del principio di sussidiarietà2.

 

Le procedure ad evidenza pubblica di natura concorrenziale, per contro, sono definite ontologicamente da una diversa funzione, la quale pone in capo alle pubbliche amministrazioni la responsabilità di svolgere l’azione di stazioni appaltanti, finalizzata a selezionare l’operatore economico secondo le logiche di mercato competitivo3. In quest’ottica, gli operatori economici partecipano alla competizione assumendosi, tra gli altri, il rischio imprenditoriale dell’attività/progetto/intervento/servizio da realizzare, dovendosi conformare alla lex specialis dei bandi di gara.

Nel contesto sopra delineato, è possibile rintracciare taluni bandi di gara competitivi che “ibridano” disposizioni tipiche delle procedure concorrenziali con gli istituti della co-progettazione e della co-programmazione. Sebbene i giudici amministrativi abbiano riconosciuto, da un lato, la legittimità di clausole che contemplano anche forme di apporto di risorse aggiuntive da parte dei concorrenti4 e, dall’altro, la possibilità che la co-progettazione sia individuata nella partecipazione degli operatori ammessi a un sistema dinamico di acquisizione e che, quindi, sia l’esito di una procedura selettiva finalizzata a valutare il progetto che presenta la migliore qualità5.

 

Le formule sopra richiamate hanno il pregio di dimostrare che il “sistema appalti”, così come disegnato dalle Direttive europee del 2014 e, anche attraverso diverse modifiche e integrazioni, peraltro in progress, riportate nel Codice dei contratti pubblici, si caratterizza per un grado apprezzabile di duttilità e flessibilità, in specie in funzione di ricercare quelle soluzioni gestionali che siano in grado di rispondere in modo più efficace ed efficiente ai bisogni socio-sanitari dei cittadini. L’innovatività delle formule impiegate dalle pubbliche amministrazioni, in particolare, se orientate a favorire una maggiore coesione e inclusione sociale delle persone più fragili, risultano coerenti con l’impianto normativo eurounitario e nazionale, i cui obiettivi ultimi sono proprio quelli di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni e la loro effettiva esigibilità.

 

Cionondimeno, si ritiene che procedure ad evidenza pubblica di natura concorrenziale e istituti giuridici cooperativi di cui al Codice del Terzo settore rimangano e debbano rimanere distinti. La distinzione è stata ribadita dalla sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020, dal d.l. “Semplificazioni” (legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha convertito in legge il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76), nonché da ultimo dal d.m. n. 72/2021, che ha approvato le linee guida in materia di co-progettazione, co-programmazione e accreditamento.

Si ritiene che detta distinzione debba essere mantenuta anche (e soprattutto) negli avvisi e nei bandi di gara per non ingenerare dubbi o equivoci circa la procedura attivata, poiché gli enti del terzo settore devono conoscere ex ante e con chiarezza il “terreno di gioco” nel quale e sul quale sono chiamati a giocare la loro partita.

È chiaro che, forse, la distinzione tra prestazioni richieste dalle stazioni appaltanti e attività, interventi e progetti, oggetto delle procedure di co-progettazione è andata nel tempo sfumando, anche in considerazione del fatto che, nello specifico dei servizi sociosanitari, prestazioni, servizi, interventi e progettualità sono spesso aggregabili e riconducibili ad un’unica gamma di attività che gli enti del terzo settore si impegnano a realizzare.

Tuttavia, non può revocarsi in dubbio che le prestazioni, in particolare quelle “predeterminate”, quali ad esempio, la gestione di una casa protetta, di una casa per anziani, di un centro diurno et similia, richiedano alle pubbliche amministrazioni di effettuare delle valutazioni economico-finanziarie, a seguito delle quali – come nei casi sopra richiamati – discende la volontà di selezionare gli operatori economici in grado di assicurare l’erogazione di quelle prestazioni.

In questa prospettiva, per quanto le procedure ad evidenza pubblica di natura competitiva possano prevedere modalità di “ingaggio” degli operatori più avanzate rispetto a quanto avveniva in passato, esse rimangono ancorate alla realizzazione dell’obiettivo che l’ordinamento giuridico assegna alle medesime. Le pubbliche amministrazioni agiscono in qualità di stazioni appaltanti, che, chiamate ad esternalizzare taluni servizi (nello specifico, per quanto di interesse in questa sede, i servizi socio-sanitari), devono selezionare un soggetto erogatore/prestatore, al quale, a fronte del servizio/prestazione resi, deve essere riconosciuto un corrispettivo adeguato. Le procedure competitive, pertanto, “tratto inconfondibile” delle dinamiche di mercato, sono funzionali a realizzare il principio eurounitario della libertà di concorrenza, che postula, necessariamente, il confronto selettivo tra più operatori economici sulla base di criteri di valutazione di natura economica.

Per contro, così come ribadito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020, l’istituto giuridico della co-progettazione è finalizzato a delineare il quadro di azione nell’ambito del quale pubbliche amministrazioni e soggetti non profit condividono la definizione, ed eventualmente, la realizzazione dei progetti e degli interventi specifici da realizzare, anche con riferimento agli strumenti di co-programmazione. Nella co-progettazione, la pubblica amministrazione agisce in qualità di ente procedente, i progetti possono essere presentati da più soggetti giuridici (non profit), i quali potrebbero anche essere i soggetti attuatori dei medesimi progetti e la selezione avviene sulla base di criteri esclusivamente qualitativi. Quest’ultimo aspetto, in particolare, si differenzia da quanto previsto dall’art. 95, comma 7 del Codice dei contratti pubblici6, poiché, ancorché l’intenzione della stazione appaltante, in questo caso specifico, può essere quello di valorizzare gli elementi tecnici dell’offerta7, le pubbliche amministrazioni debbono pur sempre fissare un prezzo.

 

Alla luce delle riflessioni che precedono, si ritiene utile mantenere e rispettare i “due mondi paralleli” della concorrenza e della collaborazione: una loro ibridazione, ancorchè comprensibile nell’ottica di integrare elementi e requisiti che potrebbero rafforzare le procedure di affidamento in taluni comparti di servizi alla persona, rischierebbe tuttavia di ingenerare incertezze interpretative e forse anche una eccessiva “neutralizzazione” delle diverse tipologie giuridiche soggettive.

  1. In questo senso, si vedano il parere reso dal Consiglio di Stato, Commissione speciale del 26 luglio 2018, Numero 02052/2018 e la delibera ANAC n. 613 del 4 luglio 2018, fasc. n. 301/2017.
  2. In questo senso, si veda ANAC, 21 settembre 2020: in quell’occasione, l’Autorità nazionale anticorruzione ha chiuso una procedura riguardante il Comune di Bologna, riconoscendo che l’amministrazione civica felsinea aveva correttamente esperito una procedura di co-progettazione, alternativa alla procedura di gara, in quanto le Case di Quartiere, oggetto del procedimento di amministrazione condivisa, “non possono essere ricondotte nella nozione di “servizi sociali” del Comune di Bologna, atteso che manca, in re ipsa, la causa, ossia non è previsto alcun affidamento a terzi di un servizio”.
  3. Sul punto, di recente, la giurisprudenza amministrativa ha ribadito la piena facoltà delle pubbliche amministrazioni di fare ricorso alle procedure competitive quando esse si rivolgono “al mercato per procacciarsi le prestazioni di carattere sanitario, socio-sanitario e assistenziale di cui le comunità locali necessitano”. Tar Toscana, sez. III, 4 ottobre 2021, n. 1260.
  4. Consiglio di Stato, sez. III, 20 aprile 2022, n. 2997.
  5. Tar Toscana, sez. III, 12 maggio 2022, n. 661. Nel caso di specie, la valutazione si è svolta, in analogia con l’aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa individuata in base a soli criteri qualitativi ai sensi dell’art. 95, comma 7 del Codice dei Contratti pubblici.
  6. “L’elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 2, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi.”
  7. Il criterio di cui all’art. 95, comma 7, d. lgs. n. 50/2016 intende “valorizzare i contenuti organizzativi e innovativi delle offerte tecniche e rafforzare il tenore della clausola sociale ex art. 50 d.lgs. n. 50/2016”. Tar Toscana, sez. III, 4 ottobre 2021, n. 1260.