Come costruire il Sistema Informativo Unico dei servizi sociali (SIUSS) – (I)
Maurizio Motta | 3 Ottobre 2018
Quando si pensa ad un nuovo sistema informativo è istintivo iniziare a discutere di “quali dati” deve comprendere e gestire; invece in questa fase di edificazione è decisamente più importante occuparsi, prima che dei dati, dell’architettura del sistema, ossia di come deve connettere diverse banche dati, e quali funzioni deve permettere ai servizi. Cercheremo di farlo evitando astratte formulazioni ed invece esponendo concreti esempi e funzionalità utili, nonché conseguenti possibili soluzioni che il nascente SIUSS non dovrebbe dimenticare1.
Questo primo articolo riguarda le connessioni da promuovere tra le anagrafi comunali dei residenti ed i sistemi informativi che gestiscono utenza e prestazioni2.
Attualmente i sistemi informativi per gestire le prestazioni sociali sono separati in base alla prestazione (un sistema per il reddito di inclusione, un altro per gli assegni per i nuclei con nuovi nati o 3 minori, un terzo per i bonus energia, e così via) nonchè alla natura istituzionale dell’intervento (sistemi nazionali per le prestazioni statali, e “cartelle informatizzate” locali per gestire utenza e interventi degli enti gestori territoriali). Questa frantumazione è una delle criticità strutturali più importanti, e ci torneremo anche nei prossimi articoli. Ma ce n’è un’altra: quando un servizio deve introdurre una persona o famiglia che richiede prestazioni, deve in ogni sistema digitare “a mano” i suoi principali dati anagrafici; ossia non operano automatismi che consentano di catturare queste informazioni dalla base dati naturale nella quale si trovano, che è l’anagrafe dei comuni.
Ma perché questo legame è importante? Vediamolo descrivendo funzionalità utili offerte da questo legame, peraltro già da tempo in atto nei Comuni che hanno connesso (con robusti link automatici) le loro anagrafi ai sistemi che gestiscono utenza e prestazioni sociali.
1) L’architettura opera in questo modo: quando il cittadino di presenta a richiedere la prestazione, il servizio inserisce nel sistema il suo nominativo e la data di nascita (o il codice fiscale), ed il sistema scarica dagli archivi anagrafici entro una cartella informatizzata dei servizi l’intera composizione del suo nucleo familiare, ovvero tutti i dati dei componenti la sua scheda anagrafica, nonché l’indirizzo di residenza. Se esiste già un fascicolo aperto per quel nucleo, il sistema invece di aprirne un altro riporta a quello già esistente. Con periodicità molto ravvicinate (anche tutte le notti), dagli archivi anagrafici viene scaricato sui sistemi dei servizi un aggiornamento del nucleo, che esponga decessi, emigrazioni ed immigrazioni (o altre variazioni dei componenti). Ed i sistemi dei servizi aggiornano in automatico il nucleo di conseguenza.
2) Questo link produce le seguenti funzionalità:
- consente all’operatore di front office di verificare subito on line, leggendo gli archivi anagrafici, dove risiede il cittadino che si rivolge al servizio, e quindi la competenza territoriale alla presa in carico.
- Evita di dover richiedere alle anagrafi dei comuni di comunicare e verificare le informazioni sulla residenza e composizione del nucleo
- Evita di dover digitare a cura dell’operatore tutti i dati entro i diversi sistemi che gestiscono le differenti richieste di prestazioni e gli interventi; ed elimina gli errori di scrittura dei nominativi e dei dati anagrafici
- Consente di importare nei sistemi che gestiscono le prestazioni non solo il singolo cittadino ma tutti i componenti del suo attuale nucleo anagrafico. Funzione molto importante non solo perché alcune prestazioni sono ritagliate sul nucleo (come il REI), ma anche perché il nucleo è sempre ed inevitabilmente il destinatario di qualunque intervento, come è evidente non solo negli interventi sociali e sociosanitari (ad esempio verso la disabilità e la non autosufficienza), ma anche in offerte di servizi solo sanitari, come quelli psichiatrici e per il contrasto delle dipendenze
- Consente in automatico di verificare se il nucleo che chiede le prestazioni possiede i requisiti anagrafici previsti per specifici interventi (età, sesso, località di residenza, composizione del nucleo familiare). Ad esempio il REI al momento prevede che almeno il richiedente sia residente in Italia da almeno 24 mesi e (se straniero non UE) in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo. Questi due criteri nel merito sono decisamente criticabili3, ma la loro applicazione impone ai servizi azioni non agevoli (e che allungano i tempi di istruttoria): se un richiedente ha avuto residenze in diversi Comuni negli ultimi 24 mesi occorre richiedere in sequenza una verifica ai singoli differenti Comuni, perché non esiste una specifica lettura dello “storico anagrafico” di tutte le residenze avute in Italia.
- Permette un aggiornamento automatico cruciale delle conseguenze delle variazioni anagrafiche sulle prestazioni: qualora un utente deceda o emigri non è l’operatore sociale che deve di conseguenza aggiornare il sistema che gestisce le prestazioni (inclusa la cartella locale), ma automaticamente nel sistema dei servizi vengono variati i dati anagrafici mutati (decesso, emigrazione, scomposizione e fusione di nuclei familiari, acquisizione di residenza e cittadinanza, etc.) importando le modifiche dagli archivi anagrafici. Questo automatismo non è solo “una comodità per gli operatori”, perché consente importanti funzionalità: se dal sistema gestionale dei servizi (inclusa la cartella informatizzata) si generano procedure automatizzate di erogazione degli interventi, la variazione anagrafica produce automaticamente variazioni o sospensioni di prestazioni. Ad esempio se è tramite i dati inseriti nel sistema che si attiva un intervento di sostegno al reddito (nazionale o locale), quando decede un beneficiario l’erogazione viene automaticamente sospesa dal sistema che importa dall’anagrafe l’informazione del decesso, senza che occorra alcun intervento da parte degli operatori dei servizi. Lo stesso accade al variare del numero dei componenti il nucleo familiare, se il contributo economico è stato attivato anche in base a questo dato. E lo stesso automatismo può essere applicato a sistemi informativi dei servizi che gestiscono altre prestazioni per le quali è cruciale aver conoscenza tempestiva delle variazioni anagrafiche; si pensi all’esigenza di bloccare l’erogazione di un assegno di cura alla famiglia di un non autosufficiente in caso di decesso o emigrazione del beneficiario. È evidente la possibilità di evitare in tal modo erogazioni indebite (visto che i servizi possono venir a conoscenza delle variazioni del nucleo diverso tempo dopo il loro verificarsi), e di successive onerose attività di rivalsa.
- Se si desidera costruire proiezioni di spesa e controlli di budget annuali a partire dalle prestazioni che sono in corso nel sistema, la mancata cancellazione dei beneficiari deceduti produce una sovrastima della spesa attesa in futuro, perché si presume continuino a ricevere le prestazioni. Lo stesso automatismo consente di poter disporre di liste d’attesa e di prenotazioni che siano sempre automaticamente “ripulite” da deceduti ed emigrati.
- Diventa possibile elaborare dati e distribuzioni degli assistiti, o dei richiedenti, che li descrivano in relazione al territorio di residenza: numero, distribuzione e percentuale sui residenti di porzioni del territorio, mappato tramite l’archivio toponomastico delle residenze (indirizzo) che è strutturalmente sotteso a quello anagrafico.
- Diventa possibile distinguere (e gestire se lo si desidera) richiedenti e assistiti non ancora anagraficamente residenti, oppure residenti in convivenze anagrafiche convenzionali (come quelle che i Comuni devono attivare per le persone senza fissa dimora).
- Si importa dagli archivi anagrafici un identificativo univoco del cittadino (il codice fiscale) che è comune anche ad altri archivi (es. Aziende Sanitarie, Centri per l’Impiego, INPS, Ente gestore dell’edilizia residenziale pubblica, etc.), come presupposto per connettere automaticamente le cartelle dei servizi sociali con tali archivi. Questa funzionalità è decisiva per muovere verso sistemi informativi interoperabili tra diversi servizi (come il D.lgs 16/9/2017 n°147 prevede sia il SIUSS), in una architettura ove la base dati anagrafica comune (fondata sul nucleo familiare) è il primo collante dei diversi sistemi. Dunque ciò che qui si suggerisce è che l’ANPR diventi la base informativa non solo dei sistemi informativi dei servizi contro la povertà o socioassistenziali, ma anche per tutti i servizi del welfare, o almeno quelli sanitari, per il lavoro, per l’abitazione (nazionali e locali).
Il legame dei sistemi informativi gestionali delle prestazioni con gli archivi anagrafici può generare, come si è visto, anche importanti risparmi di tempo lavoro per gli operatori. Se uno degli obiettivi del contrasto alla povertà, esplicitamente esposto nel Piano Nazionale contro la povertà ed in molti analoghi Piani regionali, è il rafforzamento dei servizi locali, muovere verso sistemi che riducano tempo lavoro tramite funzioni automatizzate è certo uno dei modi per mettere in opera questo rafforzamento.
Ma qualcuno che sta dedicando pensieri e lavoro alla costruzione dell’ANPR e del SIUSS può sviluppare attenzioni sulla strategia qui proposta? Le azioni utili potrebbero essere:
- Modellare il sistema dell’ANPR in modo che possa alimentare in automatico i sistemi informativi che gestiscono le prestazioni. Ma non solo consentendo di interrogare gli archivi anagrafici per visualizzarne i dati, bensì impostando una interazione strutturale come quella prima descritta. Le possibili riserve connesse alla privacy sono superabili solo che si pensi che questa interazione altro non farebbe che sostituire la ricerca ed utilizzo di dati anagrafici che comunque tutti i servizi devono gestire.
- Costruire il SIUSS come struttura che poggia sulla scheda anagrafica del nucleo richiedente le prestazioni. Anche se questo impianto richiede un insieme di altri criteri ed attenzioni che discuteremo nei prossimi articoli.
- Connettere all’ANPR anche i sistemi informativi locali che gli Enti locali gestori dei servizi sociali utilizzano per gestire richieste di interventi e loro erogazioni. Sebbene muovendo verso un sistema che unifichi gli strumenti locali con quelli nazionali (ad esempio il sistema del REI), come discuteremo nei prossimi articoli.
Potrebbero essere valutate anche iniziative diverse:
- Quasi tutte le regioni hanno creato archivi anagrafici dei Comuni inclusi entro una stessa Azienda Sanitaria, come strumento almeno per alcune funzioni, come gestire scelte e revoca dei medici di medicina generale da parte dei cittadini residenti. Anche in attesa dell’ANPR le Regioni potrebbe rendere disponibili queste basi dati anagrafiche per interagire con i sistemi informativi degli Enti gestori delle prestazioni sociali locali e con le loro “cartelle informatizzate” degli utenti.
- L’ANPR potrebbe interagire automaticamente in modo costante con la Tessera Sanitaria (popolandola dei dati anagrafici aggiornati), la quale potrebbe diventare lo strumento che il cittadino presenta per l’ingresso in tutti i sistemi che gestiscono prestazioni. Ma questo snodo sarà ripreso meglio nei prossimi articoli.
Allorché gli archivi che contengono i dati anagrafici siano attrezzati per esportarli verso i sistemi informativi sociali che gestiscono le prestazioni, è certo da prevedere un costo per adattare questi ultimi alla connessione; ma sarebbe un onere incomparabilmente inferiore a quello attuale, permanente in termini di tempo lavoro e reiterate immissioni di dati.
Il sito del Ministero dell’interno dedicato all’ANPR espone tra l’altro un file aggiornato su quanti sono i Comuni (ed i relativi abitanti) che hanno già effettuato il subentro in ANPR: alla data del 19/9/2018 sono 552 Comuni (su un totale esistente di 19.277), per un totale di 7.960.690 abitanti.
- Analisi e discussioni più ampie sul tema sono in M. Motta, REI. Contrasto alla povertà e reddito minimo, Maggioli editore, 2018, e anche nel capitolo IX di AA.VV. “Il Reddito d’inclusione sociale (REIS). La proposta dell’Alleanza contro la povertà in Italia “, Il Mulino, 2016.
- Qui i link ai successivi articoli della serie: parte II; parte III; parte IV
- Due anni di residenza in Italia escludono dal reddito contro la povertà non solo immigrati stranieri, ma anche italiani che rientrano dall’emigrazione, e poveri senza dimora da poco iscritti nelle anagrafi. Il permesso di soggiorno di lungo periodo (che implica un reddito) produce questo paradosso: per ricevere un reddito minimo contro la povertà bisogna non essere poveri. Inoltre, non essendo un limite previsto per accedere all’istruzione obbligatoria e al sistema sanitario, genera un welfare nel quale appare più importante essere curati o venir istruiti, rispetto al poter avere i mezzi economici minimi per sopravvivere. Per approfondimenti cfr. M. Motta, REI. Contrasto alla povertà e reddito minimo (citato).