Negli ultimi anni l’utilizzo del termine condizionalità1 si è diffuso notevolmente nel nostro Paese in ambito sociale e sociosanitario, così come in quello afferente alle politiche per il lavoro, in quanto è stato associato alle diverse misure di contrasto alla povertà e a progetti per favorire l’occupazione, ma anche ad ambiti più prettamente economici, se non addirittura politici (basti pensare alle norme europee che regolano l’accesso a determinati finanziamenti2). Quello della condizionalità è un principio generale che regolamenta i rapporti tra gli Stati, determina dinamiche di mercato, orienta la relazione tra le Istituzioni e i cittadini, legando indissolubilmente il possesso di determinati requisiti all’accesso a benefici e prestazioni.
Le espressioni “a condizione che”, “a patto che” esprimono bene concetti che, culturalmente, facciamo fatica a non legare a una consecutio logica premiale riconducibile all’esperienze di vita vissute lungo le diverse fasi della nostra esistenza, a partire da situazioni relativamente semplici fino ad altre molto più complesse. La ripetizione nel tempo di espressioni idealtipiche delle relazioni familiari primarie, quale ad esempio “se farai il bravo, babbo e mamma ti daranno un regalo” favorisce l’introiezione di un processo logico di per sé piuttosto lineare, che viene consolidato da meccanismi di rinforzo positivo e motivazionale, che però non sempre considerano adeguatamente possibili elementi di complessità. Infatti, se è vero che ogni bambino desidera ricevere una ricompensa, è altrettanto vero che fin da subito tutti sperimentano diverse condizioni di partenza – personali, familiari, sociali – e un differente livello di impegno richiesto nel fronteggiare le difficoltà per raggiungere gli obiettivi ambiti.
Verrebbe dunque da chiedersi se, effettivamente, siano le condizioni di partenza a definire il risultato in maniera quasi deterministica o, piuttosto, non sia l’impegno per raggiungerlo che decide l’esito del percorso di trasformazione in realtà di quanto espresso “in potenza” nella condizionalità? Oppure se il risultato non possa essere frutto di una diversa calibratura di entrambi i fattori? Analizzando le condizioni di partenza e volendo raggiungere determinati obiettivi, il percorso che sta nel mezzo è definibile, inquadrabile, segmentabile e dunque può essere pensato, progettato e realizzato in modo da essere verificato in itinere, misurato, monitorato per fasi e per raggiungimento di risultati intermedi?
Queste riflessioni caratterizzano da sempre il pensiero sui servizi sociali, stimolando risposte in termini di strategie d’intervento, organizzazione del lavoro, metodologie operative. Quel se racchiude il potenziale di cambiamento che le politiche sociali e del lavoro possono agire su scenari, condizioni e situazioni, promuovendo l’attivazione responsabile dei cittadini. In quest’accezione, questo se non è più rigido classificatore di chi sta dentro e chi fuori da un beneficio o da un contributo, ma diventa un noi responsabilizzante e incoraggiante, motiva, sostiene, accompagna; è un se che sta alla base della personalizzazione degli interventi e costruisce le condizioni per rendere raggiungibili specifici obiettivi. È un se che sviluppa le sue potenzialità in termini di analisi, valutazioni e visione futura, nel principio dell’universalismo selettivo, un ossimoro che accosta due termini apparentemente molto distanti tra loro e rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale per i servizi sociali.
Universalistica è una misura o prestazione rivolta a tutti; selettiva è quella rivolta pochi, in relazione a determinate regole, condizioni, caratteristiche, fragilità, esperienze. Il se di cui parliamo può rappresentare il punto d’incontro che tiene insieme due forze centrifughe e le bilancia al punto da farne il perno di una progettualità personalizzata e multidimensionale, che mette al centro la persona.
Il concetto di requisito in senso categoriale è riferibile a varie misure che hanno caratterizzato le politiche sociali più recenti, tra cui ad esempio la misura sperimentale della Carta Acquisti attivata nelle Città metropolitane nel 20083 e i nuovi Assegno di Inclusione (AdI) e Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL)4; mentre l’approccio universalistico ha caratterizzato, seppur con diversa intensità, misure quali REIS, SIA, REI e RdC.
Nella proposta del 2014 formulata dall’Alleanza contro la povertà di introdurre un Reddito di Inclusione Sociale si sottolineava con forza come “il beneficiario non debba solo essere titolare di doveri, ma anche di diritti, a ottenere le prestazioni e i servizi previsti nel Patto di servizio, che è un patto bilaterale tra beneficiario e amministrazione pubblica. Vige dunque una condizionalità reciproca tra beneficiario del REIS e amministrazione pubblica, entrambi impegnati a prestazioni corrispettive: il primo ad attivarsi e a rispettare i termini del percorso di inserimento; la seconda ad erogare in modo rapido, tempestivo ed efficace entrambe le componenti del REIS, denaro e servizi”5. È dunque sancito il principio di condizionalità reciproca, che responsabilizza, motiva, fa acquisire autoconsapevolezza e senso di autoefficacia al cittadino che si relaziona coi servizi sociali da “pari”, tanto che il patto funziona se lo si rispetta in due. Si comprende allora come questo genere di condizionalità non sia lassista, ma punti piuttosto a generare un sistema sanzionatorio regolato secondo principi di gradualità non vessatoria che, proprio per questo, possono attivare ulteriormente la motivazione all’impegno e al cambiamento delle condizioni di svantaggio.
Il 2016 registra un ulteriore passaggio nel processo di maturazione del significato responsabilizzante del concetto di condizionalità con l’introduzione del Sostegno all’Inclusione Attiva6 che, metodologicamente, riprende importanti spunti introdotti con la sperimentazione nazionale P.I.P.P.I.7 e apporta alcuni elementi destinati a cambiare (definitivamente?) il lavoro sociale. La valutazione multidimensionale viene riconosciuta quale elemento metodologico imprescindibile per consentire l’accesso a quanto previsto dalla misura, che vede il beneficio economico quale leva per il cambiamento e lo associa a una serie di interventi attivabili in relazione alla situazione personale e familiare. Le Linee Guida per la predisposizione di e attuazione dei progetti di presa in carico del SIA definiscono obiettivi, interventi e condizionalità come strettamente interconnessi8, secondo una lettura multidimensionale e multifattoriale, in parte anticipatoria di quanto verrà poi ulteriormente approfondito con le misure successive, portata avanti da servizi sociali e del lavoro, chiamati a collaborare per favorire la realizzazione di progetti personalizzati di attivazione sociale e lavorativa dei beneficiari.
Nel 2018 entra in vigore il Reddito di Inclusione9 che, di fatto può essere considerato la prima misura dichiaratamente associabile all’universalismo selettivo in Italia; è il legislatore stesso che all’art. 2 afferma “Il REI è una misura a carattere universale, condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato all’affrancamento dalla condizione di povertà”, per poi arrivare a dire, all’art. 6, a proposito del progetto personalizzato “In esito alla valutazione multidimensionale, è definito un progetto personalizzato che […] individua, sulla base dei fabbisogni del nucleo familiare come emersi nell’ambito della valutazione multidimensionale10:
- gli obiettivi generali e i risultati specifici che si intendono raggiungere in un percorso volto al superamento della condizione di povertà, all’inserimento o reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale;
- i sostegni, in termini di specifici interventi e servizi, di cui il nucleo necessita, oltre al beneficio economico;
- gli impegni a svolgere specifiche attività, a cui il beneficio economico è condizionato, da parte dei componenti il nucleo familiare.
Gli obiettivi e i risultati […] sono definiti nel progetto personalizzato e devono:
- esprimere in maniera specifica e concreta i cambiamenti che si intendono perseguire come effetto dei sostegni attivati;
- costituire l’esito di un processo di negoziazione con i beneficiari, di cui si favorisce la piena condivisione evitando espressioni tecniche, generiche e astratte;
- essere individuati coerentemente con quanto emerso in sede di valutazione, con l’indicazione dei tempi attesi di realizzazione.”
Passa dunque il concetto per il quale i cittadini devono comprendere e condividere quanto definito nel progetto personalizzato per potervi aderire consapevolmente, secondo un vero e proprio processo di negoziazione che, di fatto, amplia il concetto di condizionalità trasformandola in condizionalità in divenire, non immutabile, ma pronta ad essere ridiscussa in relazione ad aggiornamenti, monitoraggio, verifiche, finanche possibili rivalutazioni in equipe.
Il 2019 è stato l’anno del Reddito di Cittadinanza, “una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari […] associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale”11. Un grande merito del RdC è stato quello di aver “istituzionalizzato” e strutturato il lavoro dell’equipe multidisciplinare, riconoscendo nel Patto per il Lavoro e nel Patto per l’Inclusione Sociale il fulcro metodologico ed educativo della relazione tra servizi e beneficiari. Questa relazione è fondata sulla condivisione di valutazioni e proposte che articolano la progettazione personalizzata fondata sulle condizionalità che, ad esempio, “riguardano l’immediata disponibilità al lavoro, l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che può prevedere attività di servizio alla comunità, per la riqualificazione professionale o il completamento degli studi nonché altri impegni finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale”[13]. Tra le attività possibili trovano risalto e grande interesse i Progetti Utili alla Collettività12 che, sulla base di un’adesione volontaria da parte dei beneficiari che accettano di impegnarsi a favore della propria comunità locale, pur nascendo secondo logiche restitutive col tempo si sono rivelati esperienze generative di una cittadinanza rinnovata, responsabile e consapevole.
In questa logica, la lettura multidimensionale dello svantaggio e la collaborazione tra servizi rappresentano principi che rinnovano il significato del concetto di condizionalità superando quello della somma di requisiti che escludono, per arricchirlo di contenuti che lo rendono una condivisione di diritti e doveri che genera attivazione personale e sociale13.
- Per approfondimenti sul tema della condizionalità si veda: Remo Siza, Che cos’è il welfare condizionale?, Prospettive Sociali e Sanitarie, n. 3/2022, pp. 1-3.
- Si veda, a tal proposito, il Regolamento sulla condizionalità legata al rispetto dello Stato di diritto.
- La Carta Acquisti è stata introdotta nel 2008 a fronte della pesante crisi economica di quegli anni; prevedeva una ricarica di 80 euro a bimestre ed era dedicata a persone di età maggiore ai 65 anni o con figli di età inferiore ai 3 anni che si trovavano in condizioni di particolare difficoltà economica (ISEE > 7.640,18€ euro ed altri requisiti) residenti nelle 12 Città metropolitane d’Italia.
- La L. 85 del 3 luglio 2023 Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro e il Decreto 8 agosto 2023 introducono l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la Formazione e il Lavoro, che tra gli elementi discriminanti per beneficarvi riconoscono fattori quali età, presenza di figli/carichi di cura/familiari con disabilità, oltre a requisiti reddituali.
- “REIS – Reddito di Inclusione Sociale”. Proposta dell’Alleanza contro la povertà, ottobre 2014, p. 54.
- Linee Guida per la predisposizione di e attuazione dei progetti di presa in carico del Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, febbraio 2016.
- P.I.P.P.I. – Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione” ideato dall’Università di Padova, oggi riconosciuto quale Livello Essenziale delle Prestazioni Sociali, rivolto a famiglie e minori in situazioni di vulnerabilità.
- L’organizzazione della scheda di monitoraggio dei progetti di presa in carico dei beneficiari predisposta da ISFOL e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali aiuta a comprendere come tutti gli elementi facciano parte di un unicum organico e flessibile.
- D.Lgs. 147 del 15 settembre 2017, Decreto per l’introduzione di una nuova misura nazionale di contrasto alla povertà, a partire dal 1° gennaio 2018.
- L’analisi multidimensionale di cui si parla viene centrata sui seguenti ambiti: condizioni e funzionamenti personali e sociali; situazione economica; situazione lavorativa e profilo di occupabilità; educazione, istruzione e formazione; condizione abitativa; reti familiari, di prossimità e sociali.
- Decreto-legge n. 4 del 28 gennaio 2019.
- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Decreto per la definizione, forme, caratteristiche e modalità di attuazione dei Progetti utili alla collettività (PUC) del 22 ottobre 2019. A tal proposito si veda La fiera dei PUC in Regione Toscana e su Welforum l’articolo di Deborah Attene, di Andrea De Conno e quello di Nunzia De Capite.
- Recentemente stanno prendendo forma modelli di intervento di presa in carico integrata attraverso porte d’accesso unitarie ed equipe uniche sociale-lavoro, che sviluppano ulteriormente gli apporti normativi, scientifici, metodologici e culturali richiamati, dando vita a progettazioni personalizzate. Vedasi, ad esempio, l’esperienza toscana dove sono state introdotte le Linee Guida Integrazione Sociale-Lavoro, elaborate dal Tavolo regionale per la protezione e inclusione sociale ed approvate con la D.G.R.T. 544 del 15/05/2023.