Sotto la pressione dell’emergenza epidemica, e in previsione delle nuove risorse pubbliche disponibili, si sono riaperti temi un tempo di primissimo piano ma che sono stati progressivamente messi nella bacheca delle cose belle e mai usate. Si torna a discutere apertamente di livelli essenziali delle prestazioni, integrazione sociosanitaria, riorganizzazione per processi e non per categorie assistenziali, programmazione territoriale, reti comunitarie. A venti anni dalla legge 328/2000 e dal D.Lgs. 229/1999 si riprendono esattamente i principali istituti introdotti in quella stagione di inizio secolo per riproporli dopo un periodo così lungo di sostanziale inutilizzo. Temi perennemente evocati in tutte le occasioni possibili ma scarsamente praticati, se non in esperienze basate sulla volontà esplicita di poche persone o di qualche organizzazione particolarmente impegnata. L’irruzione dell’emergenza sanitaria, con le sue ricadute in termini economici e sociali e culturali, ha marcato con durezza inappellabile tutti i ritardi accumulati dalla costruzione di compiuti sistemi territoriali nelle materie sociali, sociosanitarie e sanitarie.
Come tutti ci ripetiamo, la speranza comune è che “il Covid sia anche un’opportunità” per dare uno scossone profondo al sistema e costruire finalmente quello che avremmo dovuto impiantare da venti anni. Tuttavia sarebbe un errore realizzare ora quell’impianto con le stesse modalità che avremmo utilizzato in quel tempo, occorre riprendere lo slancio e gli istituti di allora ma cercando di tradurli in strumenti operativi più evoluti e adeguati alla contemporaneità.
A questo scopo forse può essere utile cercare di ricostruire a grandi linee quello che è effettivamente accaduto dal 2000 ad oggi, nel tentativo di far emergere qualche indicazione adatta a stimolare un approccio evolutivo dei principali istituti che, nel loro insieme, dovrebbero andare a comporre il sistema integrato di interventi e servizi sociali. Nel caso di questo breve scritto si avanzano delle considerazioni sul tema decisivo dei Livelli Essenziali delle Prestazioni nelle materie socioassistenziali.
Le due radici (interrotte) dei LEP nelle materie socioassistenziali
Come è universalmente noto la prima previsione normativa dei livelli essenziali di assistenza sociale è stata disciplinata dalla Legge 328/2000. L’articolo 22 (che è rubricato “Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”) al comma 2 determina gli interventi che costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali in riferimento a specifici settori assistenziali: contrasto alla povertà, persone totalmente dipendenti, infanzia-adolescenza, responsabilità familiari, donne in difficolta, persone disabili, persone anziane, persone dipendenti da sostanze, iniziative di auto-aiuto. In riferimento al comma 2, il comma 4 prevede l’erogazione di prestazioni a livello di ambito territoriale relative a: servizio sociale professionale e segretariato sociale, servizio di pronto intervento sociale, assistenza domiciliare, strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali, centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario. Di solito sono questi cinque gruppi di prestazioni ad essere considerati i “LEPS della 328”, che purtroppo non sono mai stati attivati perché la riforma costituzionale del 2001 ha reso cedevoli le norme nazionali su queste materie rispetto alle normative regionali, vanificando la portata da “legge-quadro” della 328. Almeno questa sembra essere l’opinione generalizzata e del tutto prevalente che si è stratificata nel tempo.
La seconda radice dei LEP è invece rintracciabile nel corpo normativo statale che fa riferimento al cosiddetto ‘federalismo fiscale’ prodotto grossomodo tra il 2009 e il 2012. La L. 42/2009 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione” e i successivi nove decreti attuativi entrano nel merito delle funzioni fondamentali esercitate dai diversi livelli di governo: statale, regionale, provinciale, comunale. In questo corpo normativo i riferimenti sono molto diversi da quelli della Legge 328 e riguardano la definizione dei LEP in relazione a costi e fabbisogni standard, obiettivi di servizio, entrate proprie degli enti locali, fondi di perequazione. Oltre a definire numerosità, denominazione e ambito delle funzioni fondamentali, nel corso dello sviluppo normativo sono stati affrontati anche i contenuti realizzativi in cui si traducono concretamente le funzioni e le modalità con cui esse possono essere esercitate. Oltre l’ambito sanitario con i LEA, l’ordinamento italiano individua altri tre settori in cui devono essere determinati i livelli essenziali delle prestazioni: Assistenza sociale, Istruzione e Trasporto pubblico locale. In questi quattro casi i LEP definiscono i contenuti realizzativi della funzione che devono essere assicurati in modo uniforme e adeguato su tutto il territorio nazionale. Tuttavia anche per il cosiddetto ‘federalismo fiscale’, a un certo punto, il grande processo di riforma si è bruscamente interrotto.
Nel 2017 la Legge Delega 33 “Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali” torna a proporre importantissime novità. La terza delega della legge è molto esplicita in questo senso e difatti ha come oggetto “il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni, nell’ambito dei princìpi di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328”. Vengono quindi ripresi i principi e gli istituti della Legge 328 e riattivati in una lettura costituzionalmente orientata dalla riforma del Titolo V del 2001. Difatti la legge delega e il successivo decreto attuativo affrontano esplicitamente la definizione di LEP sia nelle parti relative al Reddito d’Inserimento (approccio che proseguirà anche con le modifiche recate dall’introduzione del RdC), sia nelle parti relative ai piani nazionali del sociale, della povertà e della non autosufficienza e dei relativi fondi strutturali. Anche in questo caso, purtroppo, l’attenzione generale a questa nuova fioritura della 328 è stata molto scarsa, tanto è vero che si può quasi parlare di una “riforma inconsapevole”. Nel senso che la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori è quasi del tutto inconsapevole del portato reale della Legge Delega 33/2017.
In ogni caso, che si tratti di grandi riforme interrotte o di nuove fioriture inconsapevoli, al momento sono chiari almeno due elementi: occorre cercare di superare l’attuale pluralità dei riferimenti fondativi in materia di Livelli Essenziali delle Prestazioni in campo sociale; è davvero difficile pensare di riaprire una stagione importante parlando di LEP in modo del tutto slegato dall’esercizio della funzione fondamentale sociale a cui si riferiscono (difatti i livelli non rappresentano altro che contenuti essenziali della funzione sociale, contenuti da assicurare in modo omogeneo e adeguato su tutto il territorio nazionale). Appare abbastanza evidente che qualsiasi percorso di rinnovata attuazione dei LEP debba quindi confrontarsi in modo esplicito con l’articolazione verticale dei livelli di governo statale, regionale e comunale, e con il legame indissolubile tra LEP ed esigibilità dei diritti di cittadinanza sociale.
Possibili elementi evolutivi dei LEP
In campo sociale il primo esempio di approccio evoluto ai livelli essenziali delle prestazioni è rappresentato dal Reddito d’Inclusione, difatti il D.Lgs 147/2017 definisce attorno a questa misura unitaria un insieme coerente di “LEP di erogazione” e “LEP di processo”, spingendosi fino a definire anche una sorta di “LEP di sistema”.
- L’erogazione del beneficio economico REI (LEP di erogazione)1.
- Il processo di presa in carico e di valutazione (LEP di processo)2.
- L’insieme dei sostegni ulteriori al beneficio economico definiti nel piano personalizzato (un altro LEP di erogazione)3.
- L’organizzazione delle reti dei servizi nell’ambito territoriale4.
Approccio evoluto che è stato del tutto confermato anche in occasione del successivo passaggio al Reddito di Cittadinanza. Anche in questo caso il beneficio economico è definito come LEP di erogazione (nelle sue due componenti riferite al reddito e all’affitto), il patto per il lavoro e il patto per l’inclusione sono definiti come due LEP di processo, i sostegni al patto per l’inclusione come ulteriori LEP di erogazione finanziati dalla quota servizi del Fondo nazionale povertà. Ovviamente sono tutti LEP da realizzare nei limiti delle risorse programmate, esattamente come già previsto dalla Legge 328/2000, art. 22, c. 2.
A differenza del REI, invece, nel RdC l’organizzazione delle reti di servizio nell’ambito territoriale non è stata riproposta come LEP. Probabilmente la scelta è dovuta alle note caratteristiche della governance della nuova misura, che include contemporaneamente i settori del lavoro e quelli del sociale. È stata comunque confermata la dimensione dell’ambito territoriale come quella in cui va composto il sistema dei servizi locali di sostegno al RdC. Questa riflessione potrebbe forse condurre a ipotizzare la costruzione in futuro di “LEP di organizzazione” da articolare insieme ai LEP che trattano l’erogazione di prestazioni e LEP che trattano i processi assistenziali. Si tratta di ipotizzare una tipologia molto particolare di LEP, in cui siano opportunamente definite le ‘pertinenze organizzative’ di riferimento in cui i livelli di erogazione e di processo trovano contemporaneamente la maggiore appropriatezza, tempestività, omogeneità, uniformità, efficienza ed efficacia. Esattamente come il sistema dei sostegni al REI e al RdC ha trovato nell’ambito territoriale sociale la pertinenza organizzativa più appropriata (soprattutto se si tratta dello stesso ambito territoriale della sanità, del lavoro e dell’istruzione). Naturalmente sono passaggi molto delicati, in cui la prerogativa statale della definizione dei livelli essenziali potrebbe trovare una reale capacità di azione orientata a ridurre le profonde differenze organizzative e regolamentari che tanto affliggono i sistemi sociali e sociosanitari a livello regionale e locale.
Altri contenuti che si pongono a metà tra gli obiettivi di servizio e i livelli essenziali delle prestazioni sono stati definiti dal Piano sociale nazionale e dal Piano nazionale per la non autosufficienza, ma al momento non presentano ancora un approccio sistematico, coerente ed evoluto come nel caso del REI prima e del RdC in seguito.
L’apertura di una stagione così decisiva per la definizione di nuovi LEP nel socioassistenziale, come quella che vivremo nei prossimi mesi o settimane, avrebbe forse bisogno di acquisire in modo esplicito e irreversibile un approccio evoluto allo strumento. Una logica capace di identificare delle misure assistenziali complesse che sono costituite da un insieme coerente di LEP di erogazione, di processo e di organizzazione, articolati secondo una visione multilivello tra Stato, Regioni e Comuni.
L’esigenza di coordinare LEP e LEA in modo sistematico e completo
Evitare la definizione di un semplice “catalogo” delle prestazioni LEP appare dunque come un primo passaggio decisivo, come altrettanto fondamentale è la capacità del sistema di ragionare contemporaneamente sia di LEP sociali che di LEA sanitari. Uno degli elementi centrali per l’integrazione sociosanitaria non è quello di giustapporre prestazioni sanitarie a rilevanza sociale accanto a prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ma è quello di ripensare interi gruppi di servizi e di processi assistenziali come nativamente integrati. Sono questi i grandi temi posti dall’esigenza di creare dei veri impianti per le domiciliarità o dalle proposte di budget di cura o di salute o di autonomia.
Si tratta di immaginare e impostare delle misure complesse costituite in modo strutturale dall’incrocio di LEP e LEA di erogazione, di processo e di organizzazione. L’eventuale possibilità di definire dei comuni livelli essenziali di organizzazione acquisterebbe una rilevanza ulteriore, vista l’estrema difficoltà che le organizzazioni territoriali hanno dimostrato per tanti anni nel costruire dei veri sistemi di servizi integrati. Qualcosa alla fine bisognerà pur decidersi a fare, o si smette di parlare di integrazione (e quindi di evocare attività complesse come le vere domiciliarità o i veri budget di salute) oppure si prende atto che occorre qualcosa di profondamente diverso.
La forte preoccupazione è che l’uscita dal Covid non ci condurrà verso un’occasione di cambiamento. Si teme che le tematiche assistenziali, ora riaperte in modo così tragico, possano essere colmate dall’arrivo di maggiori risorse utilizzate semplicemente per rinforzare le crepe e le debolezze attuali. È chiaro che i servizi hanno evidentemente bisogno di maggiori finanziamenti, di personale, di strumenti, strutture e infrastrutture; ma è altrettanto chiaro che c’è ugualmente bisogno di forti investimenti nel cambiamento organizzativo e nel cambiamento di sistema. Altrimenti si corre il rischio di rinforzare dei silos che certamente diventeranno più solidi e capaci, ma che continueranno a restare separati senza produrre evoluzioni significative per il futuro.
Per questi motivi cominciare nelle prossime settimane a ragionare per costruire misure composte in modo strutturale da LEA sanitari e da LEP sociali, potrebbe iniziare a rompere questi silos invece che rinforzarli. Occorre molta attenzione perché da un lato la sanità territoriale rischia di diventare solo un campo in cui vengono sviluppati quei servizi che servono a proteggere le strutture ospedaliere dall’emergenza nel breve, e a far riconquistare gradi di tolleranza rispetto alla durata delle degenze per acuti nel medio periodo. Dall’altro lato i servizi sociali rischiano di ricevere lo scarico di tutti quei bisogni complessi che in questo periodo si sono saldati con livelli accresciuti di fragilità e di impoverimento. Pensare per LEA e per LEP in modo strutturalmente connesso ci costringe a lavorare nelle complessità senza scorciatoie o vie di fuga, e a considerare gli ambiti territoriali integrati come i grandi metabolizzatoti dei nuovi processi di assistenza e di cittadinanza da costruire insieme alle nostre comunità, aprendo così le porte alla sussidiarietà orizzontale.
Non sembra questo il momento di cedere alla tentazione delle soluzioni semplici, immediate e pratiche, così da portare a casa qualcosa di concreto che ci dia respiro mentre seguiamo le strade già segnate. Sembra essere invece il momento in cui sforzarsi di capitalizzare le esperienze e le non-esperienze fatte in questi venti anni di mancato progresso, a partire dalla non-applicazione del D.Lgs. 229/1999 e della Legge 328/2000, per riaprire una stagione molto difficile di evoluzione e di cambiamento.
- D.Lgs 147/2017 – Art. 2, Comma 13: ‘”l ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, nel limite delle risorse disponibili nel Fondo Povertà”. Il comma citato si riferisce appunto al beneficio economico e potrebbe essere interpretato come l’effettivo atto di nascita del primo ‘LEP di erogazione’ dopo le previsioni iniziali introdotte a suo tempo dalla L.328/2000.
- D.Lgs 147/2017 – Art. 5, Comma 10: “I servizi per l’informazione e l’accesso al ReI e la valutazione multidimensionale costituiscono livelli essenziali delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente”. In questo caso è forse possibile parlare nello specifico di un “LEP di processo” poiché i contenuti regolati si riferiscono al sistema dei punti di accesso, al percorso di presa in carico, alla valutazione preliminare ed eventuale valutazione multidimensionale nei casi complessi.
- D.Lgs 147/2017 – Art. 6, Comma 13: “Il progetto personalizzato e i sostegni in esso previsti costituiscono livelli essenziali delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente”. In questo caso si tratta dell’introduzione di un livello essenziale che viene riferito sia a un elemento di processo che completa il LEP precedente, il progetto personalizzato da elaborare nei casi complessi; sia a un elemento di erogazione poiché i “sostegni” citati sono definiti dall’Art. 6, Comma 2., Lettera b), come “… specifici interventi e servizi, di cui il nucleo necessita, oltre al beneficio economico connesso al ReI”. Il successivo Comma 4 dello stesso articolo precisa che: “I sostegni di cui al comma 2, lettera b), includono gli interventi e i servizi sociali per il contrasto alla povertà di cui all’articolo 7, nonché gli interventi afferenti alle politiche del lavoro, della formazione, sanitarie e sociosanitarie, educative, abitative, e delle altre aree di intervento eventualmente coinvolte nella valutazione e progettazione, a cui i beneficiari possono accedere ai sensi della legislazione vigente…”.
- D.Lgs 147/2017 – Art. 23., Comma 4: “L’offerta integrata di interventi e servizi secondo le modalità coordinate definite dalle regioni e province autonome ai sensi del presente articolo, costituisce livello essenziale delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili.” Se possibile, si tratta di un passaggio ancora più avanzato e significativo dei precedenti perché il LEP tratta contemporaneamente sia contenuti trasversali a diversi settori (comparto sociale, sanitario e delle politiche per il lavoro) sia elementi programmatori di forte impatto che riguardano l’organizzazione degli ambiti territoriali e delle gestioni associate.