Denaro povero: cambiano le politiche, restano i vincoli


Per le politiche di contrasto alla povertà l’anno in corso segna un punto di svolta: ha inizio una terza fase delle politiche di reddito minimo in Italia. In questi mesi sta avvenendo, per chi ne ha diritto, la transizione dal Reddito di cittadinanza (RdC) all’Assegno di inclusione (Adi), che partirà il primo gennaio 2024. I poveri esclusi dalla nuova misura da settembre possono fare richiesta di Supporto alla formazione e al lavoro (SFL), l’intervento pensato per tutte le persone “occupabili” o che almeno il governo definisce tali. Dopo aver assunto carattere di universalità, prima con il Reddito di inclusione (Rei) e poi con il RdC, le misure di contrasto alla povertà in Italia ritornano quindi a essere categoriali, disponibili cioè solamente per alcune categorie di poveri (quei nuclei in cui sono presenti figli minori, disabili, over60 oppure persone in condizioni di svantaggio). Questa nuova impostazione fa dell’Italia una eccezione a livello europeo, dove uno schema di reddito minimo è sostanzialmente presente in modo continuativo per tutti i poveri (dati disponibili sulle tabelle MISSOC), pur con alcune discriminanti legate a età, nazionalità e residenza dei beneficiari. Al contempo, l’attuale Governo ha istituito un’ulteriore misura per sostenere le persone in povertà, una nuova carta acquisti chiamata “Dedicata a te”. Si tratta di un contributo una tantum di 382,5 euro, attivabile entro il 15 settembre, a cui si è recentemente aggiunto un bonus benzina di ulteriori 80 euro. Questa carta è pensata anche in questo caso non per tutti i poveri bensì solamente per famiglie con determinate caratteristiche (almeno tre componenti, nessun altro aiuto dallo stato, ecc.). Pertanto, il quadro delle misure di reddito minimo da universale ritorna categoriale e da unitario torna a essere frammentato.

Tra i molti cambiamenti, qualche elemento di continuità

Nonostante i radicali cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, prima con l’introduzione del Rei, poi del RdC e infine con la retrocessione allo schema attuale di Adi, SFL e “Dedicata a te”, alcuni elementi persistono e accomunano le varie misure. Guardando in particolare al trasferimento monetario, esso è sempre sottoposto a molteplici vincoli di erogazione (una carta prepagata) e di utilizzo (non tutti i prodotti sono acquistabili e non in tutti gli esercizi commerciali): dunque mai “libero” nella forma in cui lo sono i contanti o le carte di debito o credito nei nostri portafogli. Tuttavia, questi vincoli, già presenti nelle misure nazionali di sostegno al reddito precedenti al RdC, non sono stati oggetto di adeguata attenzione, essendo il dibattito pubblico prevalentemente concentrato sulla componente di “attivazione” dei poveri. Questo contributo si propone di colmare questa lacuna, offrendo alcuni elementi di riflessione sui significati che il denaro, nelle forme e modalità con cui viene erogato, assume per i beneficiari di RdC.

A partire da una ricerca svoltasi tra il 2021 e il 2022 in quattro regioni del Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) ci concentriamo quindi sul rapporto tra i vincoli nelle modalità di erogazione e utilizzo del denaro e il loro impatto sulla vita quotidiana dei beneficiari. Sono state raccolte, in vari contesti locali, 74 interviste a operatori dei servizi sociali, per l’impiego e navigator, e 131 interviste a percettori di RdC1, successivamente analizzate in relazione al tema del denaro ricevuto. Contestualmente, si è cercato di capire se e come i vincoli presenti nelle modalità di erogazione contribuiscano, o meno, al raggiungimento dell’obiettivo fondamentale che le misure di reddito minimo si pongono: quello, cioè, di alleviare la situazione di povertà in cui le famiglie si trovano.

I significati del denaro nel RdC

Dalle interviste ai beneficiari di RdC e agli operatori dei servizi emergono diversi significati attribuiti al trasferimento monetario, riconducibili a quattro dimensioni fondamentali. La prima è la dimensione dell’utilizzo strumentale, quella cioè del denaro “utile” a una serie di acquisti di prima necessità, quali cibo, vestiario, pagamento di affitti, bollette, ecc. Questa è anche la dimensione più facilmente comprensibile poiché si tratta degli utilizzi che comunemente ci si aspetta da una misura per i poveri. La seconda dimensione è quella protettiva, cioè il denaro come elemento di ancoraggio e di salvaguardia rispetto al rischio di sprofondamento progressivo nel disagio estremo e nella deprivazione grave. Descrivendo questa dimensione le persone utilizzano parole come sollievo, tregua, respiro, galleggiare in modo dignitoso, salvezza2, ecc. Quindi, il denaro non è solo utile, ma rappresenta una fonte di auto-protezione importante nella quotidianità. La terza dimensione è quella relazionale, in cui il denaro assume la valenza di opportunità di cura di sé e dei legami sociali, anche – ma non solo – nell’ottica di trovare un nuovo lavoro. Come racconta una beneficiaria: avere il RdC, se mi ha permesso di potermi pagare una pizza in più, in realtà mi ha consentito di entrare a contatto con altre persone che lavorano. E quindi continuare a coltivare queste relazioni. La quarta dimensione è quella emancipatoria, che ha una connotazione ancora diversa dalle precedenti: è quella in cui il denaro ricevuto diventa possibilità di mettere in discussione il ricatto sociale per cui o lavori male e da schiavo o muori di fame, con le parole di un navigator intervistato.

Accanto a queste dimensioni che sono legate a particolari utilizzi e significati del denaro (acquisto cibo, cura di sé, risparmio, ecc.), gli intervistati raccontano anche il loro rapporto con i vincoli di erogazione e allo stesso tempo rivelano le strategie adattive messe in atto per superarli. Ad esempio, la possibilità di barattare cibo acquistato con la carta (consentito) per pagare il lavoro del meccanico (non consentito), oppure i vari metodi di trasferimento del denaro per utilizzarlo poi negli acquisti online, vietati ma più convenienti. Come noto, il Reddito di cittadinanza permetteva ai beneficiari di prelevare solo una quota fissa di contante, direttamente dagli sportelli postali. È nel descrivere gli utilizzi di questo denaro che le persone intervistate esprimono la differenza tra i pagamenti in contanti e quelli fatti con la carta prepagata. Alcuni esempi di questi utilizzi “liberi” sono l’acquisto di confetti da offrire alla propria festa di laurea, la restituzione dei debiti informali contratti nel tempo, o ancora prendere un gelato e non dirlo a nessuno.

Una riflessione sulle nuove misure

Come si evince dagli esempi riportati, i significati attribuiti al denaro ricevuto risentono dei vincoli a cui si è tenuti per utilizzarlo e della forma in cui sono previsti i pagamenti (carta prepagata). Ci si può di conseguenza chiedere a quali dimensioni di significato rispondano i trasferimenti monetari che avranno luogo con le nuove misure di Adi, SFL e Dedicata a te. Senza dimenticare che gli importi e le modalità di erogazione sono molto diverse per i tre interventi. La carta di inclusione dell’Adi, che partirà a gennaio 2024, avrà vincoli simili a quelli del RdC, con la possibilità di prelevare 100 euro al mese e di fare un unico bonifico per l’affitto. Per chi riceverà questa misura, quindi, le cose non dovrebbero cambiare molto rispetto al quadro presentato. Per contro, la carta Dedicata a te permette acquisti estremamente vincolati ai beni di prima necessità. Come già fatto notare, questi acquisti sono definiti in modo arbitrario dal Ministero competente. Possiamo quindi pensare che questo denaro avrà significato esclusivamente strumentale per i beneficiari, i quali saranno costretti ad attuare strategie simili o più radicali di quelle descritte dai percettori di RdC nel caso volessero utilizzarlo per acquisti non previsti dalla normativa. Dati i bassi importi e le modalità di erogazione, il valore complessivo (quantitativo e qualitativo) di questa prestazione è davvero di poco conto. Diverso invece sarà per il SFL, che prevede una quota fissa di 350 euro al mese. Pur essendo questo un intervento a tempo (massimo 12 mesi) e di importo molto inferiore alla quota di RdC a cui avevano diritto le stesse persone in precedenza, sarà erogato tramite bonifico mensile diretto sul conto corrente dei beneficiari. Questa scelta è dettata proprio dalla logica della misura, assimilata – ma dissimile per via dei criteri di accesso – agli interventi di assegno sociale contro la disoccupazione presenti in altri paesi europei (su questo si veda il contributo di Pacifico nel Rapporto Caritas 2023 sulle politiche di contrasto della povertà). Questo denaro, paragonabile a una indennità per un’attività formativa o lavorativa e non vincolato, avrà certamente utilizzi più liberi rispetto a quello delle altre prestazioni, compreso il RdC, premiando chi accederà a questo percorso. A fronte di questo elemento positivo non si può, tuttavia, trascurare l’inadeguatezza dell’entità dell’importo e il contributo limitato nel tempo che il SFL offre: questi elementi andranno a incidere in particolare sulla possibilità delle famiglie di sentirsi protette dall’intervento. Per loro non ci sarà tregua, ma il protrarsi di quell’ansia da “sprofondamento” che spesso vive chi è in povertà. Tale prestazione economica non potrà in ogni caso assumere significati emancipatori rispetto al lavoro mal pagato o discontinuo che ai beneficiari viene spesso proposto. Viste le forti condizionalità presenti nella nuova misura, le persone dovranno accettare in ogni caso eventuali proposte di lavoro, pena la perdita completa del beneficio.

Per concludere

In continuità con il passato, anche la triade Adi, SFL e “Dedicata a te” istituita nell’arco del 2023 dal governo Meloni presenta molte criticità dal punto di vista dell’erogazione del denaro e dei relativi vincoli. Molte criticità sono assimilabili a quelle delle misure precedenti, con l’aggiunta forse che una differenziazione delle prestazioni e delle loro modalità e condizioni di erogazione potrà aumentare lo smarrimento e le possibili frizioni tra chi riceve l’una o l’altra.

Pensando alle nuove misure, sono a nostro avviso particolarmente auspicabili due interventi di revisione. Il primo è legato all’Adi, ma sarebbe stato da apportare già alle misure precedenti. Riguarda l’allentamento dei vincoli presenti per l’utilizzo del sussidio: in questo modo i beneficiari potrebbero utilizzare il denaro secondo le proprie inclinazioni ed esigenze nella gestione del budget famigliare. Il secondo, legato al SFL, riguarda invece la necessità di allungare i tempi di erogazione o di permettere, a chi non riesce a ricollocarsi sul mondo del lavoro allo scadere dei 12 mesi, di accedere all’Assegno di inclusione. In questo modo sarebbe riabilitata quella dimensione protettiva che il sussidio può svolgere e che, come dichiarano spesso gli operatori dei servizi sociali e del lavoro intervistati nella nostra ricerca, rappresenta la condizione di base per poter costruire qualsiasi intervento di inclusione, sociale o lavorativa che sia.

  1. Le interviste sono state condotte nel quadro della ricerca Prin 2017 CoPInG – Contrasting Poverty through Inclusive Governance. A study on the local implementation of the national minimum income scheme in Northern Italy, finanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (protocollo: 2017KFNH4L_002). Questa nota rientra fra le attività di ricerca e disseminazione promosse da tale ricerca.
  2. Le parole in corsivo riportate sono stralci significativi provenienti dalle interviste svolte.