Distorsioni prodotte dall’ISEE. Parte I

Per i cittadini


Maurizio Motta | 6 Maggio 2024

Un titolo così drastico impone di esplicitare con precisione le ragioni che lo motivano, per non essere irreale o demagogico. Ed è ciò che faremo, anche se il lettore deve avere la pazienza di inoltrarsi nei meccanismi dell’ISEE.

Una valutazione della condizione economica deve servire per definire se e quanto erogare come intervento, oppure richiedere come contribuzione. Ed il meccanismo più razionale dovrebbe essere il seguente: la famiglia in un certo momento dispone di un suo reddito utilizzabile, e quindi la prestazione si fonda su questa sua disponibilità effettiva.

Ma il nodo di fondo è questo: che cosa si identifica come “reddito disponibile” del nucleo quando richiede una prestazione? Ossia quali sue risorse deve usare prima di richiedere erogazioni pubbliche o sgravi di contribuzione? Sono possibili due ipotesi:

A) Valutare come “reddito disponibile” le risorse economiche che il nucleo nel momento in cui chiede la prestazione può utilizzare, ossia “ciò che può davvero spendere”. Risorse che non possono comprendere solo i redditi cash del nucleo (il denaro disponibile), ma anche “tutte le risorse che sono monetizzabili”, e quindi i patrimoni mobiliari (il denaro “conservato”, in conti correnti e altri contenitori finanziari) ed i patrimoni immobiliari se possono generare denaro.

B) Una seconda ipotesi è l’uso dell’ISEE, che è un indicatore composito1, assimilando il suo valore al “reddito disponibile” del nucleo.

Ma B) è molto diverso da A), e il valore dell’ISEE non è per nulla il “reddito disponibile del nucleo nel momento della prestazione”, come invece spesso lo si usa. Quindi sono l’uso dell’ISEE produce molte ingiuste valutazioni che penalizzano sia i cittadini (e non poco) sia gli Enti erogatori. Iniziamo ad esporre qui 19 problemi per il cittadino, ed in un prossimo articolo discuteremo gli altri2

Nel valutare i redditi

1) I redditi dell’ISEE sono quelli del secondo anno solare precedente la DSU. Se il nucleo ha perso reddito rispetto ad allora può farlo rilevare usando l’ISEE corrente, che però si può fare solo se esiste già un altro ISEE in corso di validità, e anche se:

  • rispetto ad esso i redditi del nucleo sono diminuiti di più del 25%
  • oppure se è variata la condizione lavorativa di un componente del nucleo
  • o quando per un componente ci sia stata una interruzione (e non solo una riduzione) di prestazioni pubbliche assistenziali/previdenziali/indennitarie.

Non si può dunque far rilevare una diminuzione dei redditi se non esiste una di queste condizioni (ad esempio se i redditi sono diminuiti solo del 20%). Dunque quasi sempre l’ISEE valuta redditi “vecchi” rispetto al momento nel quale lo si usa per chiedere interventi.

2) Per identificare le risorse che il nucleo potrebbe usare bisognerebbe considerare i redditi di cui davvero dispone, e quindi al netto delle detrazioni fiscali che su di essi operano. Invece l’ISEE è costruito con il “reddito complessivo ai fini IRPEF”, che è al lordo delle ritenute fiscali, ossia le include. Perciò un lavoratore dipendente o un pensionato ha dentro il suo ISEE una parte di redditi dei quali non dispone (né che ha mai ricevuto): le detrazioni fiscali operate alla fonte prima di ricevere compensi da lavoro e pensione (anche se questi compensi sono usati entro l’ISEE applicandovi limitate detrazioni). Dunque se si usa solo l’ISEE il cittadino ad esempio paga una contribuzione più elevata, solo perché si assume che abbia disponibile un reddito maggiore di quanto quel nucleo ha mai avuto a disposizione.

3) Entro l’ISEE interagiscono dati riferiti a momenti molto diversi perché vengono detratti dai redditi del secondo anno solare precedente la DSU: l’affitto dovuto al momento della DSU (e dunque due anni dopo i redditi considerati) e le spese sanitarie dedotte o detratte dall’IRPEF nell’anno precedente la DSU. Pertanto l’ISEE considera redditi che non rappresentano mai i redditi complessivi che realmente sono stati disponibili in un qualunque momento della vita del nucleo.

4) Per evitare che l’ISEE includa trattamenti assistenziali che il nucleo non riceve più, è previsto che quando l’ISEE viene presentato per il rinnovo di una prestazione, l’Ente erogatore debba ricalcolarlo togliendo quanto l’ISEE già contiene di quella stessa prestazione che il nucleo riceveva. Il criterio è corretto, ma si applica solo ad ogni singola prestazione che viene rinnovata, e non anche per chiedere altre prestazioni. Ad esempio i servizi sociali locali devono correggere l’ISEE di un nucleo che chiede il rinnovo di un loro intervento di assistenza economica (se quell’intervento era incluso tra i redditi dell’ISEE e ora non è più percepito), ma quel sostegno del reddito percepito solo in passato non è previsto sia tolto dall’ISEE anche da altri servizi. Se quello stesso ISEE viene usato per chiedere riduzioni delle tariffe dei servizi educativi, oppure alloggi di edilizia residenziale pubblica, i relativi servizi useranno un ISEE che impropriamente contiene tra i redditi le erogazioni dei servizi sociali che da tempo non sono più in corso.

5) I redditi del nucleo entro l’ISEE sono abbattuti da franchigie che riguardano l’affitto dovuto, o riducono i redditi da lavoro e pensione. Ma se il nucleo ha usato suoi redditi per pagare spese di assistenza per un disabile o un anziano non autosufficiente (in assistenza domiciliare, o per la retta di ricovero in RSA) queste spese non sono interamente detraibili nell’ISEE, se non nella parte che produce sgravi fiscali nella dichiarazione per pagare l’IRPEF.

Confidare che l’ISEE rappresenti il reddito davvero disponibile per pagare contribuzioni, oppure per ricevere prestazioni più o meno elevate, è dunque decisamente poco realistico.

Nel valutare i patrimoni mobiliari

6) Nell’ISEE i patrimoni mobiliari sono quelli del secondo anno solare precedente la DSU; se da allora il nucleo ha perso risparmi anche per gravissime ragioni (ad esempio per il funerale di un congiunto, o perché ha dovuto usare una parte dei risparmi per spese inderogabili di assistenza ad un non autosufficiente) l’ISEE non consente di far rilevare questa diminuzione dei patrimoni, salvo ricorrano le condizioni per fare un ISEE corrente, che tuttavia:

  • si può fare solo se i patrimoni sono diminuiti di almeno il 20%. E l’ISEE corrente a causa di variazione dei patrimoni si può fare solo dal 1 aprile di ogni anno3;
  • prevede che nell’ISEE corrente i patrimoni siano comunque sempre quelli dell’anno solare precedente, e non quelli disponibili al momento della creazione dell’ISEE corrente (momento nel quale anche quei risparmi potrebbero non esistere più).

È dunque rilevante il rischio di valutare risparmi “vecchi”, che non esistono più per il nucleo.

7) Una ingiustizia tra le famiglie è quella prevista al comma 183 dell’art. 1 della legge di Bilancio per il 2024 (la 213/2023) , che prevede che i risparmi consistenti in titoli di Stato (e altri prodotti finanziari con garanzia statale) siano esclusi dall’ISEE sino al valore complessivo di 50.000 euro. Come rilevato da diversi osservatori4 è scelta che crea iniquità tra le famiglie: tra due nuclei con uguale reddito e patrimonio uno riceve prestazioni pubbliche più vantaggiose solo perché ha risparmi in titoli pubblici; e una famiglia che possiede molti titoli pubblici può ottenere interventi più di una povera che ha pochi risparmi in banca. Il decreto che deve attivare questo criterio è quello citato nella nota 2).

8) Nell’ISEE non sono incluse tra i redditi l’indennità di accompagnamento e gli altri trattamenti economici per disabilità (come le pensioni di invalidità civile). Ma queste entrate transitano nel conto corrente, e dunque, anche se non sono tra i redditi ISEE i loro importi sono comunque catturati nell’ISEE entro i patrimoni mobiliari.

9) Nei patrimoni mobiliari (ed anche in quelli immobiliari) non è possibile prevedere che non siano valutati i risparmi che sono vincolati nel loro utilizzo al raggiungimento della maggiore età del fruitore. Né patrimoni mobiliari ed immobiliari sui quali l’autorità giudiziaria abbia disposto vincoli di utilizzo a specifico favore di persone, minori e/o adulti (ad esempio il divieto di vendere un immobile, oppure una somma a titolo di risarcimento di danni). Ossia benché vincolati ad un uso di protezione (sino ad essere non utilizzabili) questi beni sono invece entro l’ISEE considerati come utilizzabili.

Nel valutare i patrimoni immobiliari

10) Nell’ISEE i patrimoni immobiliari sono quelli del 31 dicembre del secondo anno solare precedente la DSU; se da allora il nucleo ha perso patrimoni l’ISEE non consente di far rilevare questa diminuzione, salvo ricorrano le condizioni per fare un ISEE corrente, che tuttavia:

  • si può fare solo se i patrimoni sono diminuiti di almeno il 20%. E l’ISEE corrente a causa di variazione dei patrimoni si può fare solo dal 1 aprile di ogni anno;
  • implica che nell’ISEE corrente i patrimoni siano comunque quelli dell’anno solare precedente, e non quelli disponibili al momento della creazione dell’ISEE corrente (momento nel quale anche quei patrimoni potrebbero non esistere più).

11) Per valutare le risorse che il nucleo potrebbe usare sarebbe utile considerare i patrimoni immobiliari (terreni e fabbricati) che sono “trasformabili in denaro”, ossia se ne possono ricavare risorse spendibili. Invece l’ISEE considera anche fabbricati dai quali il nucleo non può “ricavare denaro”, come immobili pignorati o La normativa IMU prevede una riduzione della base imponibile per fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili, e i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza del fabbricato. Ma, seppur con riduzione, su tali fabbricati opera l’IMU, e perciò ai fini ISEE sono in ogni caso considerati, col valore IMU loro attribuito, anche fabbricati dai quali il nucleo non può ricavare redditi.

12) Vi possono essere nuclei con un ISEE non basso solo a causa di patrimoni immobiliari non monetizzabili. Ad esempio anziani che avevano acquistato la casa in cui vivono con i risparmi di una vita di lavoro, ma adesso non hanno redditi mensili adeguati. Oppure nuclei con bassi redditi che sono proprietari di terreni invendibili, o comproprietari di seconde case fatiscenti o con altri proprietari che non vogliono vendere. Ossia situazioni nelle quali l’ISEE è elevato solo a causa di immobili non vendibili, e il nucleo non ha denaro utilizzabile. E’ un nodo molto frequente e molto delicato.

13) Quando si costruisce un ISEE sociosanitario per l’inserimento in strutture residenziali, le donazioni di patrimoni immobiliari fatte dal richiedente la prestazione a chiunque dopo la richiesta di prestazione, o nei 3 anni prima se a parenti tenuti agli alimenti, sono contate nel suo patrimonio come beni tuttora esistenti. L’obiettivo è scoraggiare donazioni di immobili da parte di persone che diventano anziane o fragili, ma il criterio penalizza (e non poco) solo la persona più fragile, il donante, e non chi riceve i beni donati; e non si comprende come possa operare la deterrenza per evitare donazioni improprie: l’anziano dovrebbe sapere 3 anni prima di diventare non autosufficiente che se dona immobili ai figli, poi (dopo 3 anni) non potrà ricevere integrazioni alla sua retta di ricovero.

14) Nell’ISEE il valore IMU di alloggi fruiti in usufrutto è identico a quello di alloggi in proprietà. Ma l’usufrutto dell’alloggio difficilmente può consentire di ricavarne risorse monetarie, ossia denaro spendibile, e l’usufrutto è spesso l’esito della vendita da parte di anziani della nuda proprietà dell’alloggio nel quale restano a vivere. Nell’ISEE rilevano anche i valori di abitazioni utilizzate con un “diritto di abitazione”, ad esempio la casa che resta in proprietà del coniuge divorziato e che non vi abita più, ma che il giudice ha assegnato in diritto di abitazione all’altro coniuge. Ma queste abitazioni, da parte di chi le ha in diritto di abitazione, non possono essere né vendute né affittate perché quel diritto reale non è monetizzabile ed è inalienabile. Dunque l’ISEE presume che chi fruisce di diritto di abitazione, per questa sola ragione abbia una condizione economica accresciuta dal valore della casa in cui vive, come se ciò diventasse suo “denaro spendibile”.

Altre criticità

15) Quando un anziano non autosufficiente richiede un ISEE sociosanitario per prestazioni relative al ricovero in strutture residenziali (ad esempio le contribuzioni dei Comuni al costo della retta in RSA), se ha figli non conviventi deve chiedere loro di produrre un loro ISEE che (sebbene in misura ridotta) si somma al suo ISEE come “componente aggiuntiva”. Può dunque accadere che il non autosufficiente non possa ricevere prestazioni (come l’integrazione della retta in RSA), oppure non possa nemmeno chiederle (se il valore ISEE è usato tra i criteri per l’accesso) solo perché ha figli che da anni vivono molto lontano ed hanno loro patrimoni immobiliari, anche se invendibili. Inoltre aggiungere all’ISEE dell’assistito una componente per ciascun figlio non convivente non produce alcun obbligo di compartecipazione alla spesa da parte di questi figli e quindi attiva oneri solo per il più debole, ossia il ricoverato: non solo è lui che deve far fare un ISEE ai figli non conviventi, ma ne ricava non un loro contributo, bensì soltanto una sua contribuzione maggiore da pagare, spettando poi solo a lui di riuscire ad ottenere dai figli un loro sostegno economico.

16) Tutti i problemi citati agiscono anche se si usa il solo valore dell’ISEE non per definire contribuzioni, ma per poter accedere ad un intervento; come accade quando l’ISEE si usa entro le valutazioni nelle Unità Valutative Multidimensionali per poter accedere a ricoveri in RSA o ad assistenza domiciliare (se la condizione economica è una delle variabili che determina punteggio), o per ricevere assegni di cura. Perciò se in quelle valutazioni si usa il solo ISEE si rischia che un non autosufficiente o disabile non possa ottenere la prestazione solo perché 2 anni prima aveva risparmi (o patrimoni immobiliari) che adesso non ha più, e per la variazione dei quali non può presentare un ISEE corrente.

17) L’attestazione da parte dei servizi sociali di “abbandono del coniuge” o di “estraneità nei rapporti affettivi ed economici di figli e genitori non conviventi” può produrre aumento o diminuzione degli ISEE. Ma i concetti di abbandono ed estraneità sono troppo indefiniti, e sono quindi molto diverse le prassi dei servizi per eseguire queste attestazioni, con esiti grandemente discrezionali nei territori.

18) Sino al 31/12/2023 i figli non conviventi maggiori di 26 anni (se non coniugati o con loro figli), indipendentemente dal loro reddito, non erano entro il nucleo ISEE dei genitori. Dal 1/1/2024 i figli non conviventi con i genitori, qualunque sia la loro età, fanno parte del nucleo ISEE con i genitori se hanno un reddito basso che li connoti come fiscalmente a carico del genitore, e se non sono sposati o hanno loro figli. Ciò implica che un figlio che da molti anni vive lontano dai genitori, ed ha un basso reddito, deve fare l’ISEE come parte del nucleo dei genitori, anche se non ha più rapporti con loro, o se è lontano proprio per carcare una sua piena autonomia. Né si può evitare questa attrazione nel nucleo dei genitori con una “attestazione di estraneità” dei servizi sociali.

19) L’attuale scala di equivalenza ISEE, che pesa l’apporto dei diversi componenti familiari, si basa su stime effettuate su dati di oltre 30 anni fa. Ma sono cambiati redditi e spese delle famiglie e la scala potrebbe non essere più rappresentativa dei pesi e delle economie all’interno della famiglia.

In conclusione

L’ISEE vuol essere un indicatore sintetico che descrive la condizione economica, ma se si costruiscono le prestazioni valutando la condizione economica del nucleo utilizzando solo l’ISEE (ossia assimilando l’ISEE al “denaro di cui il nucleo può disporre”) si rischiano rilevanti distorsioni, che producono:

  • falsi positivi (nuclei che sembrano poveri e invece non lo sono); ad esempio per chi ha aumentato il proprio reddito dopo il periodo dei redditi inclusi nell’ISEE, perché questi nuovi redditi non sono inclusi nell’ISEE. Oppure per chi ha aumentato i propri patrimoni mobiliari o immobiliari dopo il momento che valuta questi beni entro l’ISEE, anche in conseguenza di una eredità, di una donazione, di una riscossione di arretrati.
  • falsi negativi (nuclei che non sembrano poveri e invece lo sono); ad esempio per chi ha perso redditi dopo il periodo dei redditi inclusi nell’ISEE. Il nucleo potrebbe presentare un “ISEE corrente”, ma solo se ha perso lavoro o trattamenti assistenziali, o se l’indicatore reddituale dell’ISEE è diminuito di almeno il 25%, e non può presentare un ISEE corrente chi ha perso redditi fuori da questi criteri. Oppure per chi ha dovuto erodere il proprio patrimonio mobiliare e/o immobiliare dopo il secondo anno solare precedente la DSU, e non può farlo rilevare con un ISEE corrente.

Nei casi di “falsi positivi” l’esito della distorsione valutativa è una spesa impropria per le risorse pubbliche (si eroga anche a chi povero non è); nei “falsi negativi” l’effetto è che viene negata (o ridotta) una prestazione a chi è povero ma non viene valutato come tale; con evidenti effetti di iniquità distributiva nelle prestazioni.

I modi di calcolo usando l’ISEE sono molti, e molte sono le formule adottate nei regolamenti di Enti erogatori. Ma le distorsioni esposte, e i rischi di falsi negativi o positivi, sono presenti entro tutte le modalità di calcolo nelle quali l’erogazione o la contribuzione deriva dall’uso del solo ISEE, indipendentemente dal fatto chi si usino fasce di ISEE o altre formule. Sono infatti limiti intrinseci al valore finale dell’ISEE.

Peraltro, ed è un aspetto molto importante, nei servizi è quasi impossibile rendersi conto di quanti falsi positivi e falsi negativi si catturano, perché non li si può individuare dal solo valore dell’ISEE.

Dunque ricavare erogazioni e contribuzioni dal solo valore finale dell’ISEE, e limitarsi ad insistere solo perché ciò accada, produce danni anche per gli utenti. E sarebbe utile una più diffusa consapevolezza delle conseguenze per gli utenti, anche in loro associazioni di tutela.

  1. Una descrizione di che cosa è, e come si calcola, l’ISEE è nel file qui accessibile. E si rendono qui accessibili anche le “Istruzioni per compilare la DSU” che sono esposte nel sito dell’INPS all’aprile 2024.
  2. Questa analisi include le modifiche all’ISEE che deriveranno dal dPCM che il Governo ha proposto al parere della Conferenza unificata Stato, città ed autonomie locali, da formulare dopo il 7 maggio 2024.
  3. Il criterio ha un effetto davvero bizzarro, e deriva dal fatto che i controlli che l’Agenzia delle Entrate esegue su quanto è stato dichiarato dai cittadini nelle DSU sul patrimonio mobiliare (unico “controllo automatico” che è operante nell’ISEE) si fonda su dati che i gestori delle attività finanziarie devono inviare all’Agenzia delle Entrate per la fine di febbraio, sui patrimoni dell’anno precedente.
  4. Un breve ma acuto articolo è quello di M. Baldini e S. Toso pubblicato su lavoce.info il 3/11/2023.