Dove va il welfare lombardo?

Intervista a Cristiano Gori


A cura di Sergio Pasquinelli | 24 Settembre 2018

Si intitola “Il welfare delle riforme?” l’ultimo libro realizzato dal gruppo di esperti dell’osservatorio lombardiasociale.it e curato da Cristiano Gori per l’editore Maggioli1.

Il testo fa il punto, a tutto tondo, delle politiche sociali in questa regione, traccia un bilancio della passata legislatura regionale (2013-2018), indica direzioni di sviluppo. Sia a livello di tematiche complessive e trasversali, come la governance e il finanziamento dei servizi, sia all’interno delle principali aree di bisogno: anziani, giovani e adulti con disabilità, minori e famiglie, povertà ed esclusione sociale. Conclude il volume una “visione d’insieme” dei principali elementi di policy regionale.

Il punto interrogativo posto nel titolo introduce ad un approccio che si interroga, non dà nulla per scontato, propone delle tesi, porta molte evidenze, ne discute le implicazioni. Rivolgiamo a Cristiano Gori, docente all’Università di Trento e ideatore di lombardiasociale.it, alcune domande.

“Tell the truth to the power” (per riprendere il titolo di un celebre testo2) sembra essere stata una delle missioni di questo progetto: dire la verità al potere. Però al plurale: perché le verità possono essere diverse, e i luoghi di decisione sono molti, per livelli e funzioni. Se dovessi sintetizzare il messaggio che questo libro intende trasmettere, quale sceglieresti?

L’analisi delle politiche di welfare lombarde del periodo 2013-2018 è sintetizzabile in un unico messaggio: la configurazione di fondo del sistema è rimasta sostanzialmente immutata mentre, nel contempo, sono emerse maggiori difficoltà rispetto al passato a rispondere adeguatamente ai bisogni presenti nella società. Il mix tra continuità ed affaticamento, dunque, ha rappresentato il tratto essenziale del quinquennio.

 

In che cosa consiste la continuità?

Si tratta della realizzazione solo parziale delle finalità di riforma dichiarate, concernenti: lo sviluppo di percorsi di presa in carico della persona, il rafforzamento dell’integrazione socio-sanitaria, la rimodulazione del sistema di offerta, l’incremento del peso del welfare, attraverso l’aumento dei finanziamenti dedicati. Gli obiettivi della precedente Giunta erano in netta discontinuità con le politiche realizzate in Lombardia dall’inizio del secolo. La cesura con il precedente modello, tuttavia, è risultata netta nelle enunciazioni ma blanda nella realtà. La ragione ultima risiede nel mancato allineamento tra obiettivi e strumenti. È stata prodotta, infatti, un’ampia mole di leggi, delibere e regolamenti, in ognuno dei quali si ribadiscono i fini menzionati: una profonda sottovalutazione della strumentazione necessaria a tradurli in pratica, tuttavia, ha permeato tanto il disegno delle norme quanto il modo in cui queste sono state agite dall’amministrazione regionale.

 

Puoi farci alcuni esempi della distanza tra gli obiettivi dichiarati e la strumentazione prevista per la loro effettiva realizzazione?

Primo, la scarsa considerazione della complessità insita nei percorsi d’implementazione delle politiche a livello locale, che avrebbe richiesto la costruzione di adeguate condizioni per il cambiamento nei territori ed il loro effettivo accompagnamento nell’impegnativo cammino in tale direzione. Secondo, la separazione tra il nutrito pacchetto d’interventi sperimentali/innovativi e la rete delle risposte a regime: i risultati emersi dagli stimolanti laboratori messi in campo non sono stati utilizzati per migliorarle. Terzo, lo spostamento dell’attenzione dell’intero sistema verso il ridisegno dell’assetto istituzionale richiesto dalla riforma sanitaria (LR 23/15), che ha determinato una lunga fase d’incertezza ed ha assorbito gran parte delle energie dei soggetti coinvolti. Gli effettivi legami tra questa complessa operazione d’ingegneria istituzionale e la realizzazione degli obiettivi dichiarati sono, tuttavia, assai tenui.

 

Insieme alla continuità, secondo la vostra analisi, è stato l’affaticamento l’elemento preponderante del quinquennio.

Infatti, perché sono cresciute le difficoltà del sistema di welfare nel rispondere alle esigenze che si manifestano nella società lombarda. Per trovare le radici di questo affaticamento bisogna guardare ai finanziamenti ed al modello d’intervento. Da una parte, si registra il contrasto tra l’incremento dei bisogni e la limitatezza degli stanziamenti disponibili, dovuta all’intreccio tra i vincoli di spesa posti dallo Stato e la ridotta priorità politica assegnata al settore dalla Regione Dall’altra, si allarga la distanza tra una società in trasformazione ed un ventaglio di risposte che, invece, rimane perlopiù immutato. Si pensi alla mancata innovazione del menù di unità di offerta presenti a regime, così come alle persistenti criticità riguardanti le connessioni tra i diversi interventi e l’accompagnamento di utenti e famiglie nel loro percorso

 

Sulla base delle vostre analisi, quali sono le prospettive del welfare lombardo per il futuro?

Esistono due prospettive, opposte ed ugualmente inutili, con le quali è possibile leggere i risultati del libro in prospettiva futura. Quella “catastrofista” induce a sottovalutare i punti di forza che tuttora caratterizzano il welfare lombardo, a partire dalla dotazione di servizi e dai livelli di qualità assicurati. La prospettiva “della rimozione”, a sua volta, porta a non vedere le difficoltà in essere ed il loro aumento. Qualora si voglia adottare uno sguardo “realista”, invece, il testo restituisce una fotografia del welfare lombardo che mette in luce le aree su cui è prioritario agire affinchè quelle che oggi sono difficoltà in aumento, ma affrontabili, non diventino domani sempre più preponderanti, richiedendo sforzi ben maggiori – ai limiti del possibile – per essere fronteggiate.

LombardiaSociale.it, progetto dell’Ars, è un osservatorio unico in Italia, sito indipendente attivo da sette anni e ormai realtà consolidata. Mantiene una duplice vocazione: una più informativa e interpretativa degli atti regionali, ed una più valutativa, con attenzione ai livelli di attuazione delle politiche. Come intendete bilanciare queste due “anime”, in una regione in cui la distanza tra il piano del programmato e quello dell’effettivamente realizzato sembra talvolta rilevante? Che progetti avete per il futuro?

In effetti in sito è attivo da sette anni mentre il percorso di analisi del welfare lombardo da parte del nostro gruppo di lavoro è cominciato prima. Infatti, la nostra prima valutazione indipendente delle politiche regionali di welfare è stata pubblicata nel 2005 (Politiche sociale di centro-destra, Carocci Editore), la successiva nel 2010 (Come cambia il welfare lombardo, Maggioli editore) ed ora è uscito appunto “Il welfare delle riforme”. Tutto ciò è stato ed è possibile grazie ad un gruppo di lavoro contraddistinto da spirito di collaborazione e competenza, con Valentina Ghetti, Cecilia Guidetti e tanti altri.

E’ vero che un osservatorio con le nostre caratteristiche è unico in Italia, ma è anche vero che esistono alcune esperienze sotto alcuni aspetti similari. Ad esempio, per me è stato e continua ad essere di grande ispirazione il lavoro del Gruppo Solidarietà nelle Marche. Io spero che possano nascere esperienze come le nostre in altre Regioni italiane.

Per il futuro, vorremmo rafforzarci ulteriormente nell’ambito del monitoraggio e valutazione delle politiche realizzate, da una parte, ed aprire un filone di riflessione sugli scenari futuri, dall’altra. Sinora, infatti, ci siamo dedicati esclusivamente ad esaminare “ciò che è stato fatto” mentre sentiamo, sempre più, l’esigenza di riflettere anche su “ciò che si potrebbe fare”. L’impressione, infatti, è che oggi esista un forte deficit di riflessione sulle strade che potrebbe intraprendere il welfare lombardo in futuro. Se riuscissimo a fornire un contributo in merito saremmo contenti.

  1. Il testo è scaricabile gratuitamente dal sito lombardiasociale.it
  2. Aaron Wildavsky, Speaking Truth to Power: The Art and Craft of Policy Analysis, Palgrave Macmillan, 1979.

Commenti

A proposito di “ciò che si potrebbe fare” c’è senz’altro un riordino e una razionalizzazione delle varie misure regionali che prevedono trasferimenti economici, così da evitare che ci siano bisogni scoperti e altri coperti due volte. Penso alla marginalità adulta, che può contare nella migliore delle ipotesi su un assegno di invalidità o sul ReI, evidentemente insufficienti. Per contro, abbiamo persone non autosufficienti che possono contare su accompagnamento, B2, Dopo di noi…

Inoltre, la regia regionale può spingere verso una maggiore omogeneità territoriale in termini di servizi, visto che ci sono ambiti territoriali molto ricchi e altri piuttosto desertici. Ad oggi, invece, alcune misure sembrano fatte apposta per enfatizzare le differenze. Un esempio sono i “Nidi gratis”. Se hai la fortuna di riuscire a iscrivere tuo figlio in un nido pubblico o convenzionato, non solo paghi in base all’ISEE ma la Regione ti restituisce pure quella retta. Se invece vivi in un territorio dove ci sono solo nidi privati, ti tocca pagare una retta piena e la Regione ti lascia solo.

In ogni caso, è opportuno che il decisore regionale non si nasconda dietro il dito del “non ci sono soldi”. Cominciamo a spenderli meglio. E se son pochi, a maggior ragione.