Fa più paura la denatalità o il debadantato?


Sergio Pasquinelli | 2 Luglio 2024

Il lavoro domestico è ai minimi. A fine 2023 Inps certifica 833.874 contratti, mai così pochi da vent’anni a questa parte, quasi equamente distribuiti tra colf (50,4%) e badanti (49,6%). La curva del numero dei lavoratori domestici continua a flettersi, regredendo in un mercato sempre più sommerso.

La diminuzione di badanti tocca tutto il Paese con un meno 4,4% rispetto all’anno precedente ma, in proporzione, di più il Sud, in particolare regioni come la Campania (che registra un calo record del 16%), la Calabria, la Basilicata, la Sicilia, il Molise. È evidente che la spinta alla regolarizzazione provocata dalla pandemia si è totalmente esaurita, così come marginale sia stato l’effetto della sanatoria del 2020.

Guardate il grafico che segue: in un paese in cui gli over 65enni aumentano al ritmo di 200.000 l’anno, perché le badanti (regolari) diminuiscono? Perché il mercato nero risulta troppo conveniente e la distanza di costo con quello regolare si mantiene netta, anche per gli aumenti delle retribuzioni minime legate all’inflazione, che nel 2023 hanno registrato un più 9%. È altamente probabile che la discesa proseguirà nell’anno in corso1, mentre nel 2025, con la prevista sperimentazione della Prestazione universale (850 euro in più agli ultraottantenni poveri, già beneficiari di indennità di accompagnamento e in gravissime condizioni di salute), il calo potrebbe rallentare.

Tra mercato sommerso e non, si conferma la proporzione “60/40”, la stima elaborata da chi scrive secondo cui sono in regola solo circa il 40 per cento delle assistenti familiari. Ciò significa che le badanti totali, con e senza contratto, superano il milione in Italia.

Fonte: Osservatorio Inps sul lavoro domestico

 

Un secondo motivo per cui il numero di assistenti familiari non cresce è legato a flussi migratori ancora troppo ridotti: per il triennio 2023-2025 è previsto l’ingresso, ogni anno, di soli 9.500 lavoratori non comunitari nel settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria.

Dimensioni numeriche totalmente inadeguate, per un mercato che conta complessivamente un milione di lavoratori, di cui per tre quarti stranieri. Il Rapporto 2024 Family (Net) Work di Assindatcolf stima un fabbisogno per quest’anno di oltre 18.000 lavoratori extracomunitari, ed è una stima cauta.

Il basso turn over produce una manodopera a invecchiamento spinto: oggi il 65% delle badanti ha più di 50 anni, il 29% ne ha più di 60. Dieci anni fa la quota di ultra 50enni era solo del 43%. Lavoratrici che invecchiano sono anche lavoratrici sempre meno disposte a un carico assistenziale oneroso, e inclini a ridurre e semplificare le proprie mansioni. Come già evidenziavamo nella ricerca “Badanti dopo la pandemia”, un mercato a rapido invecchiamento presenta inoltre una ridotta disponibilità alla coresidenza tra assistente familiare e persona non autosufficiente. La convivenza ricorre in meno di un caso su tre, mentre per tutto il primo decennio del secolo è stata largamente maggioritaria.

Inoltre, la presenza delle italiane emerge come un tema nuovo: da sempre in lieve aumento, negli ultimi dieci anni c’è stato un balzo. Le badanti italiane sono aumentate nel mercato dichiarato dal 18% dieci anni fa al 27% di oggi. È ragionevole supporre che esse siano sovra rappresentate in questo mercato per i benefici che possono trarre, previdenziali soprattutto, da un regolare contratto di lavoro, benefici che rimangono preclusi a molte straniere. E tuttavia non possiamo escludere che la loro presenza si sia consolidata anche nel mercato irregolare, soprattutto a ore, dove la linea di confine tra colf e badante diventa molto sottile.

Come si stanno muovendo le politiche nazionali sul lavoro privato di cura? Il decreto attuativo della legge delega sulla non autosufficienza (d. lgs. 29/2024) tratta il settore solo dal punto di vista di standard e percorsi formativi delle assistenti familiari, rinviando a linee guida che avrebbero dovuto già essere pubblicate. È solo grazie ai molti tentativi, progetti, iniziative di Regioni e Comuni che si creano, non senza fatica e risultati parziali, dei ponti con la rete pubblica dei servizi, superando la logica dei binari paralleli. Una realtà, quella di Regioni e Comuni, costantemente monitorata all’interno dell’Atlante di Fidaldo, una mappa interattiva delle misure territoriali promosso dall’organo di rappresentanza dei datori di lavoro domestico, attivo sul suo sito.

In particolare, quando servizi sociali e quelli per l’impiego collaborano (non succede spesso) si possono generare esperienze di grande interesse per l’impatto sulle famiglie e le assistenti familiari, in termini di incontro tra domanda e offerta di cura. Tuttavia, la capacità dei Centri per l’impiego di intervenire in questo settore è da rafforzare. Per servizi abituati a muoversi in altri contesti trattare famiglie, e non imprese, come “datori di lavoro” richiede attenzioni particolari: per la complessità, la variabilità delle esigenze, la dialettica che esiste tra richieste formulate e bisogni reali – non sempre corrispondenti. Pesa anche la forte sotto dotazione dei Centri per l’impiego nel nostro paese. Basta guardare alla realtà dei Jobcentre Plus inglesi: 750 servizi con circa 70.000 operatori, rispetto ai 540 Centri per l’impiego italiani e ai loro 12.000 addetti.

  1. Limitato sarà infatti l’impatto del cosiddetto bonus badanti (d. l. 19/2024), l’esonero totale degli oneri contributivi per gli ultraottantenni con indennità di accompagnamento e un Isee sociosanitario inferiore a 6.000 euro. In tali condizioni economiche c’è da chiedersi quanti riescono a permettersi di assumere una badante. La misura ha la durata di 24 mesi.