Cento giorni interlocutori


Sergio Pasquinelli | 5 Settembre 2018

Dopo 100 giorni, che cosa ha deciso il Governo per il sociale? Finora poco, con l’eccezione della gestione dei flussi migratori. Ma andiamo con ordine.

 

Migranti. Le cronache, drammaticissime, dell’ultimo mese in particolare ci consegnano il quadro di un paese che non accoglie più, che accoglie solo in parte, che ha cancellato la presenza delle Ong dal sud del Mediterraneo. In un’Europa che sull’emergenza migranti continua a non assumersi responsabilità.

Ma un obiettivo sensato il Contratto di governo ce l’ha: quello di velocizzare il lavoro delle Commissioni territoriali che devono decidere sul riconoscimento dello status di rifugiato. Non è ancora chiaro come precisamente questo obiettivo venga perseguito: aumento delle Commissioni? Aumento del personale? In che misura? Il tempo medio di attesa delle decisioni è di un anno e mezzo, senza contare poi i tempi dei ricorsi. In questi lunghi mesi/anni sarebbe un’ottima idea quella di fare lavorare i richiedenti asilo. Un articolo di Linkiesta.it del 30 agosto spiega come su questo il Ministero dell’Interno tace: “L’agenzia per le politiche attive, con il ministero del Lavoro, ha emesso una circolare in cui si dice che i richiedenti asilo devono potersi iscrivere alle liste di disoccupazione dei Centri per l’impiego, come gli italiani. Ma serve un chiarimento sulla normativa”.

 

Riforma del terzo settore. Sono stati approvati due decreti correttivi degli atti applicativi della Riforma del terzo settore. Misure molto attese dalle organizzazioni, su cui da tempo circolavano versioni preliminari. In primis il decreto correttivo sull’impresa sociale, con modifiche in particolare su alcuni aspetti fiscali e sui termini di applicazione di alcuni aspetti della normativa, come il bilancio sociale. Nel mese di agosto è stato poi approvato il decreto correttivo del Codice del Terzo settore, ad oggi ancora in fase di pubblicazione. L’applicazione di questi atti è stata importante perché, se fosse decorso il termine di un anno previsto per l’emanazione dei decreti correttivi, le modifiche avrebbero dovuto attendere i tempi della legislazione ordinaria. In ogni caso la strada per la completa implementazione della riforma resta lunga: come evidenzia il prospetto pubblicato dal Forum Nazionale del Terzo settore, aggiornato al 27/8, la maggior parte degli atti rimane ancora da approvare.

 

Lotta alla povertà. Sul Reddito di cittadinanza abbiamo registrato cento giorni di annunci ma ancora nessuna decisione. Con ogni probabilità verrà proposto un disegno di legge ad hoc assieme alla legge di Stabilità (che va presentata entro il 20 ottobre). Permane un’incertezza riguardo alla copertura finanziaria della misura, che assorbirà l’attuale Reddito di inclusione e i principali sussidi di disoccupazione. Permangono poi molte incertezze sulla sua stessa configurazione, a partire dall’entità economica (780 euro al mese? di meno?), per proseguire sui criteri di accesso, le modalità di calcolo delle condizioni economiche delle famiglie, i percorsi di accompagnamento e di fuoriuscita dalla povertà.

L’organizzazione della misura si concentrerà sulle fragilissime gambe dei Centri per l’impiego, come se la povertà fosse solo una questione di mancanza di lavoro, e come se l’attivazione di questi Centri ne potrebbe magicamente aumentare l’offerta. Secondo Manuela Samek Lodovici, presidente dell’IRS ed esperta di politiche attive del lavoro, “i Centri per l’impiego in Italia, a parte alcune eccezioni, non sono oggi in grado di prendere in carico i potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza e di offrire servizi efficaci di sostegno all’inserimento lavorativo. I centri sono infatti largamente sottodimensionati, sia dal punto di vista delle dotazioni fisiche e tecnologiche che delle risorse umane. Legare il reddito di cittadinanza alle politiche attive del lavoro richiede quindi significativi investimenti nel rafforzamento della rete dei centri per l’impiego e delle politiche attive di sostegno all’inserimento lavorativo”.

Ci si augura che la riforma di tali centri non vanifichi ed anzi valorizzi i rilevanti investimenti organizzativi e professionali finora compiuti dai servizi sociali dei Comuni per il REI1.

 

Disabilità e non autosufficienza. Sulla disabilità abbiamo un nuovo Ministero, ma non ancora decisioni assunte. Il Contratto di Governo prevede il rafforzamento dei fondi nazionali, l’inclusione scolastica, l’inclusione lavorativa.

Si prevede anche “una completa revisione delle leggi esistenti” alla luce della convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Su questa linea ha fatto discutere l’annuncio del presidente del Consiglio Giuseppe Conte di voler promuovere un “Codice delle disabilità” in cui concentrare tutte le norme in materia: si veda qui la presa di posizione della Fish. E un Codice delle disabilità è stato annunciato anche dal Ministro Fontana: “con l’obiettivo di riordinare tutta la disciplina inerente ai temi della disabilità nelle loro diverse articolazioni. Quello che ho in mente non è un semplice testo ricognitivo – spiega Fontana – ma una vera riforma del sistema di tutela ispirata alla semplificazione”.

Rimangono da raggiungere, attraverso percorsi attuativi, i molti obiettivi del “Secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”, che il Contratto di governo non ha mai citato. Si veda qui per approfondire.

 

Molti altri ambiti di intervento attendono di essere affrontati: i giovani, le famiglie, le giovani coppie, affidi e adozioni, il servizio civile, le pari opportunità. Speriamo che l’attesa non sia vana.

  1. Si veda a questo proposito l’ampia ricognizione contenuta in D. Mesini (a cura di), Lotta alla Povertà: i servizi al centro, Maggioli 2018