Dal basso e dall’alto


Sergio Pasquinelli | 3 Ottobre 2017

Il welfare “in azione” si è dato appuntamento a Milano, il 22 settembre, al convegno promosso da Fondazione Cariplo al Teatro Elfo Puccini di Milano.

Una giornata densa di contenuti: 27 i progetti attualmente attivi, nove dei quali, quelli della prima edizione del bando lanciato nel 2014, sono entrati nell’ultimo anno di vita, mentre è in avvio la quarta edizione1. Non proprio un primo bilancio, ma quasi. Il senso dell’operazione è stato riassunto bene dal presidente Guzzetti in apertura: a fronte di un welfare pubblico che è insostituibile ma mostra molti limiti, occorre liberare le energie presenti nella società, rendere propulsivo un welfare dal basso che fa leva sulle comunità locali e che può dimostrare nuovi e virtuosi meccanismi di risposta alle fragilità2.

 

C’è consenso nell’aspettarsi dal welfare “dal basso” – quello dei progetti, delle comunità locali, delle sperimentazioni territoriali – i cambiamenti che quello “dall’alto” – quello dei servizi e dei diritti, dell’equità delle misure, dei livelli essenziali – fatica a proporre e diffondere. Non c’è antitesi, ma è vero che il nostro paese vive una grande distanza: tra questi diversi livelli sono poche le connessioni, gli “ascensori” per mettere a valore l’esperienza maturata e renderla fruibile, mainstream. Dal piccolo al grande i ponti vanno costruiti.

Perché si tratta di mondi diversi, mai vissuti l’uno al servizio dell’altro, molto poco dialoganti tra loro, col risultato che conosciamo bene: progettazioni che lasciano poco una volta cessati i finanziamenti. O viceversa servizi che conosciamo bene perché divenuti obsoleti e che faticano a rinnovarsi: valga per tutti il caso dei servizi domiciliari comunali (i Sad). Abbiamo bisogno di canali nuovi, che rendano porosi il basso e l’alto, che consentano a ciascuno di parlarsi e di utilizzarsi a vicenda.

Gino Mazzoli e Flaviano Zandonai, discussant della mattina nel convegno di Fondazione Cariplo, ciascuno a modo suo e da punti di vista diversi, questo lo hanno tematizzato. Il primo discutendo proprio di come i servizi sociali possono essere riorientati grazie agli apprendimenti dei progetti in tema di vulnerabilità, come alimentare un mix tra vecchio e nuovo, tra l’esistente e ciò che viene sperimentato; il secondo toccando i nodi della ricomposizione e della governance delle nuove piattaforme digitali.

La sfida non riguarda solo progettazioni promosse dalle Fondazioni bancarie, ma anche quelle promosse da un numero crescente di enti locali e di Regioni, tra cui Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e numerose altre.

 

Dall’accoglienza all’integrazione

Il Ministero dell’Interno ha finalmente varato un Piano per l’integrazione dei rifugiati. Ne parliamo in un articolo dedicato, su questo portale. Il consenso sulla sua importanza è pressoché unanime. Un Piano ampiamente condivisibile, che chiama in causa l’ampia compagine di attori, pubblici e del terzo settore, coinvolti sul tema, e che ora che l’emergenza sull’accoglienza sembra al momento ridimensionata, può finalmente trovare i giusti investimenti che i processi di integrazione richiedono.

Il Piano costituisce un insieme di linee di indirizzo che devono trovare declinazioni operative concrete, soprattutto in termini di governance dei progetti territoriali e dei relativi finanziamenti. Ma costituisce una base importante, là dove sancisce direzioni di intervento, priorità, e soprattutto quando sposa l’approccio della accoglienza – e dell’integrazione – diffusa.

Ciò che il Piano non tocca, peraltro non poteva farlo, riguarda la configurazione giuridica legata ai processi di accoglienza e di integrazione. Configurazione caratterizzata da tempi – misurati non in mesi ma nella maggior parte dei casi in anni – per raggiungere la certezza del proprio status giuridico e che nella maggior parte dei casi risultano incompatibili, o semplicemente non accettati, dai progetti di vita dei 200.000 migranti attualmente ospiti nei centri di accoglienza. E che li porta a costruirsi percorsi di integrazione fai da te, fuori da un sistema di accoglienza che è un lungo parcheggio sospeso.

 

Welfare high cost

Cgil, Cisl e Uil hanno proposto al governo un documento con richieste di modifiche sul sistema previdenziale che includono, tra l’altro, un aumento dei contributi previdenziali per colf a e badanti, a carico delle famiglie. Attualmente i contributi variano al variare del numero di ore settimanali per cui il lavoratore è impiegato, con contribuzioni standard fino a 24 ore settimanali, e ridotte per chi impiega un numero maggiore di ore, fino alla convivenza. Gli aumenti prospettati graverebbero intorno ai 500 euro in più all’anno per contratti di 25 ore settimanali, fino a oltre mille per un tempo pieno.

In questi termini, senza un parallelo aumento delle detrazioni, la proposta rischia di essere un’ulteriore spinta al mercato sommerso. Ma forse vanno pensate riforme di sistema, che guardino complessivamente agli attori in campo, le risorse spese e le prestazioni esistenti. A cominciare dall’indennità di accompagnamento, misura su cui si concentra il prossimo, primo Dossier che Welforum.it proporrà fra pochi giorni.

  1. Per i 27 progetti finanziati nelle prime tre edizioni del bando “Welfare di Comunità e Innovazione Sociale” sono stati complessivamente stanziati 30 milioni di euro.
  2. I video della giornata si possono rivedere qui: mattina https://vimeo.com/235117412 e pomeriggio https://vimeo.com/235129730