Poco a pochi. Il welfare di governo


Sergio Pasquinelli | 12 Novembre 2024

C’è qualche coppia che si sente più invogliata a fare un figlio perché riceverà il bonus bebè di mille euro? Crederlo è frutto di un misto di ingenuità e demagogia. Per aiutare la natalità serve un ventaglio di interventi diversi, rilevanti, stabili, strutturali: servono per esempio più asili nido, nidi gratis o a costi molto agevolati.

Ogni bonus è un servizio in meno, un servizio che viene sottratto. Servono sostegni continuativi nei mesi, negli anni, servono aiuti in assenza di asili nido, servono congedi parentali più incisivi, e su questo la legge di bilancio fa un passo in avanti, serve un piano casa nazionale, servono contributi continuativi fino alla maggiore età dei figli, come in Francia o in Germania. Da noi prevale la distribuzione di spot qua e là, i requisiti che riducono gli impegni di spesa e la platea.

Questa legge di bilancio introduce o conferma misure “con i se e con i ma”:

  • un mese in più di congedo parentale all’80%, ma vale solo per i dipendenti;
  • la sottrazione dell’Assegno unico dal calcolo dell’Isee, ma solo per le famiglie numerose;
  • il potenziamento del bonus nidi, utile solo ai fortunati che hanno un nido nelle vicinanze (nel Sud succede a una famiglia su dieci, nelle regioni del Nord a una su quattro);
  • il bonus mamme alle donne lavoratrici, se con almeno due figli.

Dentro questo insieme vario di interventi, l’idea che un bonus, tre mesi di retta in un nido comunale, possa cambiare l’andamento delle nascite è destinata a rimanere un’illusione.

Per la popolazione con disabilità e per i non autosufficienti la logica rimane la stessa, quella di una grande limitazione della platea. Per i primi è prevista la sperimentazione dei “progetti di vita”, seguendo quanto stabilito dal decreto legislativo 62/2024. Durerà solo l’anno prossimo e avrà luogo in nove province, distribuite da Nord a Sud. Verrà sostenuta con le risorse del nuovo “Fondo per l’implementazione dei progetti di vita” pari a 25 milioni di euro (un terzo del fondo “Dopo di noi”). Una cifra che può interessare solo una piccola parte della popolazione disabile, stimabile in meno di tremila persone: una goccia nel mare.

Nel caso degli anziani non autosufficienti, a gennaio partirà il cosiddetto “assegno di assistenza” di 850 euro al mese, circoscritto ai soli ultraottantenni, poveri, in condizioni di salute gravissime e già beneficiari di indennità di accompagnamento. L’assegno è vincolato all’uso di servizi domiciliari, per un periodo sperimentale di due anni, 2025 e 2026. Qui le risorse allocate sono maggiori, per una sperimentazione che riguarda tutto il Paese, con 250 milioni per ciascun anno di sperimentazione. Soldi soavemente estratti da quanto già stanziato, che conseguentemente si riduce: il PNRR, il Fondo per le non autosufficienze, il PN Inclusione 2021-271. In altre parole non è stato impegnato un euro in più di quanto già allocato per attività e servizi precedentemente programmati. La misura interesserà circa 25.000 anziani (gli anziani non autosufficienti in Italia sono 3,8 milioni).

Nessuno di questi interventi prevede un piano di valutazione dei risultati raggiunti, e su quanto succederà dopo, il buio è molto fitto. Un’estensione di queste misure all’intera platea potenzialmente beneficiaria è del tutto improbabile, per ragioni economiche e legate alla necessaria infrastrutturazione dei servizi. Ed è proprio sui servizi che si attendono ora nuove indicazioni, e finanziamenti, sui Leps e sulle relative modalità attuative.

  1. [1]Si veda il decreto legislativo 29/2024, art. 42.