L’anno prossimo verranno realizzate due importanti sperimentazioni nazionali, una in tema di disabilità, l’altra in tema di anziani non autosufficienti, esito di due lunghi processi di riforma. Nessuna, però, prevede un’azione di valutazione dei risultati raggiunti.

Si tratta nel primo caso dei “progetti di vita” delle persone con disabilità. La sperimentazione avverrà in nove province, seguendo quanto stabilito dal decreto legislativo 62/2024 e da quanto verrà precisato in un ulteriore atto, annunciato per i prossimi mesi. Il decreto si concentra diffusamente sui nuovi meccanismi di accertamento dell’invalidità civile, mentre sui progetti di vita propone una sorta di indice con indicazioni molto ampie, così come sul budget di progetto: termine quest’ultimo che si presta a declinazioni le più svariate. Senza ulteriori elementi, una sperimentazione rischia di generare esiti incomparabilmente diversi tra loro.

Essa durerà solo un anno (un periodo molto breve, considerando che alcuni mesi ci vorranno solo per identificare e coinvolgere i beneficiari) e avrà luogo nelle province di Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste. Verrà sostenuta con le risorse del nuovo “Fondo per l’implementazione dei progetti di vita” pari a 25 milioni di euro annui a partire dal 2025.

Nel secondo caso la sperimentazione riguarda l’indennità di accompagnamento (d. lgs. 29/20241), la quale non è stata riformata, come prevedeva la legge delega (33/2023), ma maggiorata di una cifra fissa, un “assegno di assistenza” di 850 euro al mese, vincolato all’uso di servizi domiciliari, per un periodo sperimentale di due anni, 2025 e 2026, e per una platea molto ristretta: ultraottantenni poveri, in condizioni di salute gravissime. Qui le risorse allocate sono maggiori, per una sperimentazione che riguarda tutto il Paese. Con 250 milioni per ciascun anno di sperimentazione, la misura interesserà circa 25.000 anziani.

Le ragioni di un serio progetto di valutazione, in entrambi i casi, sono evidenti, riassumibili in una domanda: quali apprendimenti possiamo trarre dalla fase sperimentale, per ciò che accadrà dopo? E ancora, parafrasando Alberto Martini e Ugo Trivellato, i fondi stanziati saranno soldi ben spesi?

Le due sperimentazioni aggiungono risorse che andranno a beneficio di persone con disabilità e non autosufficienti gravi. Sarà solo un aumento quantitativo dei servizi, o miglioreranno gli aiuti, le cure, i sostegni? Perché con più soldi è evidente che i sostegni aumentano. Ma come? Quali? Si riprodurranno i limiti del passato, o si svilupperanno nuove risposte, nuove forme di governance, nuove geometrie di intervento?

Ormai non si contano le sperimentazioni che hanno lasciato poco o nulla nel nostro Paese, perché si è solo aggiunto, ma non si è inciso su ciò che già esiste. E quando i soldi sono finiti si è tornati come prima. Una vecchia storia. Qui la sfida – soprattutto sulla disabilità – è invece ricomporre servizi e prestazioni, investire sulla loro qualità, diversificare, modificare le relazioni tra attori diversi. E per questo serve analisi, monitoraggio, valutazione.

Immaginiamoci se queste sperimentazioni venissero realizzate a costo zero. Senza risorse ci si troverebbe obbligati a cambiare l’esistente: una diversa composizione di possibilità a favore delle persone con disabilità, e una diversa indennità di accompagnamento, misura rimasta graniticamente uguale a sé stessa per oltre 40 anni. Le risorse stanziate costruiscono invece un mondo parallelo, difficilmente replicabile.

Nessuna delle due sperimentazioni, infatti, potrà esse riproposta su vasta scala con la medesima dotazione finanziaria. Nel caso dei progetti di vita, il nuovo Fondo dedicato, con 25 milioni di euro annui (un terzo del fondo “Dopo di noi”), può interessare solo una piccola parte della popolazione disabile, stimabile in meno di tremila persone: una goccia nel mare. Ancor più difficile per la Prestazione universale: se la maggiorazione di 850 euro venisse estesa a tutti i beneficiari anziani dell’indennità di accompagnamento costerebbe almeno 12 miliardi di euro in più di quanto si spende ora per l’indennità di accompagnamento. Una cifra improponibile.

Importante è non confondere la valutazione con il monitoraggio o una generica verifica dell’andamento di quanto si farà. Senza una valutazione puntuale degli effetti prodotti, e dei processi attraverso i quali questi effetti saranno raggiunti, sperimentare diventa poco più che un esercizio di stile, qualcosa che lascerà poco, al di là di qualche descrizione superficiale e aneddotica. Oltretutto, valutare aiuterebbe a rendere espliciti gli obiettivi di queste sperimentazioni, sotto traccia nei decreti richiamati e non così scontati.

Siamo ancora in tempo a mettere in campo seri progetti di valutazione? Sì. Occorre volerli, costruirli come parte integrante dei programmi di sperimentazione, coinvolgendo la pluralità degli attori in campo, e credere in un percorso di miglioramento incrementale delle misure che verranno sperimentate, proprio a partire dagli esiti che le valutazioni sapranno generare.

  1. Decreto che, ricordiamo, è stato bocciato dalla Conferenza delle Regioni con un parere negativo unanime, e su cui anche Anci ha espresso una mancata intesa. Le proposte di emendamento della Conferenza e delle Commissioni parlamentari consultate non sono state prese in considerazione.