Giovani e alcol: il coinvolgimento come fattore di protezione


Eleonora Maglia | 19 Novembre 2018

Le dimensioni del fenomeno in Italia

Secondo le rilevazioni Istat, la popolazione italiana che ricorre giornalmente a bevande alcoliche è il 29,2% del totale e il fenomeno presenta forti differenziazioni geografiche, di genere e di livello di istruzione. Si riscontra, infatti, soprattutto al Nord-est (69,1%), tra gli uomini (79,4%) e i laureati (fino all’86,5%). Tra i consumatori, il ricorso abituale eccedentario di alcol con consumi elevati e concentrati in un ristretto arco di tempo (definiti con il termine binge drinking) coinvolge 8 milioni e 643 mila persone ed è più frequente nei giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (22,8%) e negli adolescenti di 11-17 anni (22,9%). L’abuso, come dichiarano i ragazzi stessi, avviene soprattutto durante i momenti di socializzazione: difatti, tra i frequentatori di discoteche, spettacoli sportivi e concerti, il binge drinking, sale fino al 32,2%, mentre tra i coetanei che non frequentano eventi si attesta attorno al 6,5%. Una classifica dei luoghi a rischio vede ai primi posti l’abitazione di amici o parenti (39,3% dei casi), i bar o i pub (29,4%) e i ristoranti o le pizzerie (27,5%). Anche la familiarità è un fattore di rischio consistente e il ricorso all’alcol dei genitori influenza l’orientamento dei figli sul tema. Il 30,5% di under24 convivente con un genitore che eccede nel bere, difatti, ha a sua volta un consumo non moderato, quando, se i genitori non bevono, i giovani interessati a fenomeni di binge drinking scendono a quota 16,2%. Con l’età, poi, il consumo giornaliero tende ad aumentare e tra le persone over60 raggiunge anche quote superiori al 50% degli individui (Istat, 2017).

 

Gli effetti avversi dell’abuso di alcol

Il Ministero della Salute raccomanda, invece, di non eccedere le quantità definite di minor rischio (lower-risk drinking) tra gli adulti, pari a 12 grammi di sostanza pura (Società Italiana di Nutrizione Umana, 2014), e ribadisce che, tra i minorenni, il ricorso all’alcol va evitato, per non incorrere in problemi di salute diretti e conseguenti all’abbassamento della percezione del rischio e all’aumentata propensione a comportamenti incontrollati.

Lo sviluppo cerebrale e la capacità di metabolizzare le sostanze alcoliche si realizzano, difatti, solo dopo i 20 anni e, quindi, qualsiasi quantità assunta nei minorenni viene veicolata intonsa nel sangue ed espone a danni cellulari negli organi (soprattutto nel cervello, nel fegato e nel cuore), oltre a produrre perdita di coordinamento e di orientamento e diminuzione della memoria (Ministero della Salute, 2017).

L’alcol risulta classificato come il terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura, dopo il fumo e l’ipertensione, e, secondo le ultime rilevazioni, in Italia il numero di decessi totalmente alcol-attribuibili per patologie croniche (come cirrosi epatiche, disturbi cardio-vascolari e cancro) o per cause violente (come incidenti, omicidi o suicidi) in un anno è pari a 1.308 casi, corrispondenti a 43 casi per milione di abitanti tra gli uomini e uno tra le donne (Osservatorio nazionale alcol, 2012).

 

I costi e le opzioni politiche europee

Posti gli elevati livelli di consumo rilevati in Europa, il costo totale tangibile del ricorso all’alcol (misurato dalla somma delle spese per cure sanitarie, per perdita di produttività e per ricerca) è stato stimato in 125 miliardi di euro, ossia l’1,3% dell’intero prodotto interno lordo. In risposta a questa situazione, il Piano d’Azione Europeo per ridurre l’uso nocivo di alcol 2012-2020 ha fissato cinque obiettivi principali: (1) incrementare la consapevolezza, (2) rafforzare le conoscenze di base, (3) aumentare le capacità di gestire e trattare i disturbi alcol-correlati, (4) accrescere la mobilitazione delle risorse per azioni correlate e (5) migliorare la sorveglianza e la tutela. Propone, inoltre, una serie di opzioni politiche (come le regolazioni dei prezzi e del marketing nonché della guida), la cui capacità di ridurre i danni causati dall’alcol è acclarata. Le prove sull’efficacia di forme di tassazione e di restrizioni sulla densità di punti vendita, di limiti per l’età minima di acquisto e dell’abbassamento dei livelli legali di alcol nel sangue alla guida, oltre a programmi di counselling e di trattamento sono difatti molto convincenti (WHO, 2011).

 

Un’analisi dei comportamenti correlati alla salute in ragazzi europei di età scolare rilevati nel corso di dodici anni mostra, in effetti, una certa riduzione complessiva di consumi di alcol, ma comunque disomogenea e minima o nulla in alcuni Paesi e, in nove, addirittura si osserva un aumento dell’ordine del 20%. Consultando i dati che mostrano la situazione giovanile italiana risulta soprattutto preoccupante sapere che l’alcool viene consumato regolarmente dal 31,3% dei ragazzi, che l’iniziazione precoce riguarda il 26,1% degli adolescenti e che il 22,9% risulta dedito al consumo di superalcoolici (WHO, 2014). Tutto ciò attesta la necessità di continue e innovative forme di intervento, non solo a livello pubblico e centrale.

Coinvolgimento e reti di stakeholder

Tra gli interventi locali, una sperimentazione territoriale realizzata in Lombardia (Rete Feste Discobus) mostra come sia possibile ottenere un’efficace prevenzione nell’abuso di alcol tra i minori, intercettando attori sociali e privati in iniziative in rete, secondo una logica di welfare comunitario, che “invita a riscoprire e valorizzare l’apporto degli interventi gestiti dalla comunità e/o posti in essere nell’ambito di contesti di vita quotidiana” (Cugno, 2017, p.225).

Il promotore dell’iniziativa è la Cooperativa lotta contro l’emarginazione (Colce), una Onlus attiva sul territorio lombardo, dal 1980, con interventi di accoglienza e di cura per adolescenti e giovani adulti, allo scopo di rispondere ai rischi di esclusione sociale imputabili a provenienza straniera, disabilità o dipendenze. Focalizzandosi su questo ultimo aspetto, una delle sedi territoriali ha avviato in Provincia di Varese nel 2010 un progetto di informazione specifica sui rischi personali, sociali e sanitari connessi all’abuso di sostanze legali ed illegali. Il servizio viene erogato da peer educator che, una volta ingaggiati con call lanciate tramite i canali social e formati dagli educatori professionali attivi presso Colce, compongono un’Unità Mobile.

 

In origine l’azione di sensibilizzazione sul tema dell’abuso di sostanze è stata realizzata in prossimità dei luoghi di incontro giovanile, mentre attualmente avviene in stand collocati all’interno dei locali e dei festival. Ciò è stato possibile grazie all’inclusione nel progetto di altri attori sociali, strutturando una rete eterogenea e territoriale (cui si accede sottoscrivendo un decalogo di buone pratiche e impegnandosi ad implementarlo durante gli eventi e le feste), che annovera Pubbliche amministrazioni (l’Assessorato alle Politiche giovanili e l’Agenzia Formativa della Provincia) e associazioni giovanili e di categoria (Conf-Esercenti e Conf-Commercio).

 

Tutti gli enti citati promuovono anche un evento organizzato con cadenza annuale (Alcol Prevention Yeah), in cui, al fine di sensibilizzare i giovanissimi, si ricorre a spettacoli, slogan e manifesti di impatto, concorsi tra gli esercenti per il miglior aperitivo “al limite 0,5” (0,5 g/litro è il massimo tasso di alcolemia oltre il quale la legge non consente la guida di veicoli), premi per i guidatori designati virtuosi, accesso a etilometri, simulatori di guida e occhiali distorcenti la normale percezione e anche, con Croce Rossa, una ruota della fortuna sui rischi delle malattie sessualmente trasmissibili.

 

Risultati e punti di forza della rete

Questa sperimentazione ha riscosso tra i destinatari riscontri positivi: il numero delle adesioni alla rete tra gli organizzatori di festival ed eventi è difatti crescente nel tempo, come pure aumentano le percentuali di giovani intercettati e le zone incluse nell’area di azione. Inoltre, Rete Feste Discobus rientra tra le buone pratiche di intervento in alcologia (Lucchini e Strepparola, 2011 e Lucchini et al., 2008) e, all’interno del Programma di Regione Lombardia POR FSE 2014/2020 (la cui dotazione con contributi a fondo perduto è pari complessivamente a 5.000.000 euro), ha ottenuto il finanziamento quale efficace percorso di inclusione sociale a favore di giovani e adulti a grave rischio di marginalità, anche con problemi di abuso.

 

Dalle interviste ai promotori e agli operatori attivi nell’iniziativa è risultato chiaro che la chiave di tanto successo è l’approccio attivante, pratico e partecipativo che viene adottato come metodo comunicativo, utilizzando come collante il desiderio di divertimento e calibrando le aspirazioni di protagonismo e il bisogno di inclusione dei ragazzi intercettati. Una caratteristica di interesse risiede nella capacità di riuscire veicolare un messaggio complesso, senza parlare di divieti, ma spiegando in modo ludico gli effetti di sostanze sul corpo e creando ponti comunicativi alternativi. Gli operatori infatti ‘informano divertendo’, consci di avere a che fare con un problema che difficilmente si potrà eliminare, ma certamente si può contenere (Maglia, 2018).

 

Il progetto Rete Feste Discobus di Colce conferma insomma la letteratura sull’alfabetizzazione sanitaria (health literacy), secondo cui sviluppando l’empowerment si producono le risorse cognitive che portano ad un coinvolgimento nelle scelte inerenti la propria condizione di salute (Schulz e Nakamoto, 2013) e che sono l’equipaggiamento, l’abilitazione e il coinvolgimento a portare gli individui a svolgere un ruolo attivo nella cura di sé (Nelson e Staggers, 2016). In più mostra come, in aggiunta agli interventi attivati a livello centrale, possano sortire effetti positivi le azioni informative inclusive che, a livello locale, attivino e sensibilizzino anche gli esercenti (che dalla vendita di alcol traggono profitto) e siano erogate nelle aree di consumo stesso, utilizzando canali comunicativi calibrati sull’età dei destinatari per raggiungere maggiori livelli di efficacia.