Gli appalti pubblici e il possibile sviluppo locale
Brevi note a margine del d.l. n. 76/2020
Alceste Santuari | 3 Settembre 2020
Il sistema degli appalti pubblici è storicamente oggetto di dibattiti, richieste di modifiche, innovazione, semplificazione ed efficienza. È opportuno ricordare, anche in questa sede, che gli approvvigionamenti pubblici costituiscono una leva importante per stimolare la domanda di beni e servizi.
In questi mesi di emergenza sanitaria, in particolare, si è avvertita la richiesta da parte di molti operatori di introdurre modifiche al sistema di aggiudicazione degli appalti affinché questi ultimi possano risultare più semplici, agili, flessibili e, ultimamente, maggiormente capaci di rispondere alle esigenze della società contemporanea sia in termini di qualità sia in termini di affidabilità del “prodotto” finale ottenuto.
Gli appalti pubblici hanno trovato una precisa e completa disciplina giuridica nelle Direttive europee n. 23, 24 e 25 del 2014).
In termini generali, per quanto qui di interesse, possiamo affermare che le Direttive del 2014 hanno inteso, tra gli altri, realizzare tre obiettivi, segnatamente:
a) semplificare, snellire e rendere flessibili le procedure1;
b) promuovere un utilizzo strategico delle Direttive medesime;
c) favorire la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese (PMI).
In termini di flessibilità, in particolare, la Direttiva 2014/24/UE amplia sia la tipologia delle procedure negoziate sia le ipotesi in cui le amministrazioni possono avvalersene, assumendo quindi un nuovo ruolo2.
In tal senso, la Direttiva in oggetto articola il modello generale delle procedure negoziate con bando in tre schemi procedurali. Si tratta della procedura competitiva con negoziazione (art. 29), del dialogo competitivo (art. 30) e del partenariato per l’innovazione (art. 31), i quali hanno come comune denominatore la collaborazione tra pubblica amministrazione e privati nella definizione dell’offerta, in specie con la finalità di progettare e sviluppare nuove soluzioni3.
Le Direttive del 2014 hanno altresì abolito la differenziazione dei servizi tra lista A e lista B, nonché la categoria residuale precedentemente in vigore. In termini generali, per l’aggiudicazione di servizi si applicano tutte le disposizioni delle direttive, tranne che per alcuni servizi particolari indicati in un elenco tassativo, tra cui rientrano i servizi sociali e sanitari, accanto a quelli culturali e ricreativi, riconoscendo per queste tipologie di servizi la necessità di prevedere norme più leggere e di lasciare agli Stati membri più libertà su come regolare l’aggiudicazione.
Per quanto riguarda l’utilizzo strategico delle Direttive, valga in questa sede evidenziare che esso è conseguito attraverso la previsione di criteri ambientali e sociali nell’assegnazione degli appalti e nella promozione dell’innovazione. In forza di una “clausola orizzontale”, che rientra tra i principi generali degli appalti, un’amministrazione aggiudicatrice può decidere di non aggiudicare l’appalto all’impresa che risulterebbe aggiudicataria a seguito della valutazione, se essa constata che l’offerta non rispetta gli obblighi in materia ambientale, sociale o di diritto del lavoro. Le nuove Direttive, pertanto, stabiliscono requisiti e criteri che, laddove correttamente applicati, dovrebbero garantire appalti pubblici improntati ad una maggiore tutela ambientale, dei diritti fondamentali della collettività e dei lavoratori.
Il terzo obiettivo sopra richiamato riguarda il favor legis che le Direttive hanno inteso prevedere a beneficio delle piccole e medie imprese, garantendo alle PMI l’accesso al mercato dei contratti pubblici. In particolare, si segnalano le previsioni contenute nelle Direttive 23 e 25/2014/UE, nelle quali è stabilito che le amministrazioni aggiudicatrici sono incoraggiate a suddividere i grandi appalti in lotti. Si tratta di una suddivisione che può essere implementata su base quantitativa, facendo così in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI. In alternativa, l’approccio potrebbe essere di tipo qualitativo, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti sul mercato, al fine di adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto4.
La “riserva di legge” a favore delle PMI è un terreno delicato in quanto, recentemente, con la sentenza del 28 maggio 2020, n. 98, la Corte costituzionale ha ritenuto incostituzionale l’art. 10, comma 4, della legge regionale della Toscana 16 aprile 2019, n. 18, nella parte che disciplina le “procedure negoziate per l’affidamento di lavori di cui all’articolo 36 del d.lgs. 50/2016”, ossia quei contratti il cui valore è inferiore alla soglia comunitaria e che prevedeva che “[i]n considerazione dell’interesse meramente locale degli interventi, le stazioni appaltanti possono prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50 per cento e in tal caso la procedura informatizzata assicura la presenza delle suddette imprese fra gli operatori economici da consultare”.
La Corte costituzionale ha ritenuto che:
- l’art. 36 del Codice dei contratti pubblici prevede che, “salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie”, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento di lavori “mediante la procedura negoziata di cui all’articolo 63” in due ipotesi: quello dei lavori di importo compreso fra 150.000 euro e 350.000 euro e quello dei lavori di importo compreso fra 350.000 euro e 1.000.000 di euro. In entrambi i casi è richiesta la previa consultazione di almeno dieci o, rispettivamente, quindici operatori economici, ove esistenti, “nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici”;
- non si possono escludere a priori le imprese non toscane dalla partecipazione agli appalti in questione, essendo la riserva di partecipazione (che le stazioni appaltanti possono prevedere) limitata al massimo al 50 per cento delle imprese invitate al confronto competitivo;
- che legge regionale, prevedendo la sede legale e la sede operativa nel territorio regionale, esclude le micro, piccole e medie imprese che hanno solo una delle due sedi nel territorio regionale.
La Corte ha dunque riconosciuto che la norma regionale contrasta sia con l’art. 30, comma 1, d. lgs. n. 50/2016 cod. contratti pubblici perché viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione in esso sanciti sia con l’art. 36, comma 2, dello stesso decreto poiché introduce una possibile riserva di partecipazione (a favore delle micro, piccole e medie imprese locali) non consentita dalla legge statale.
Anche per dare una risposta alle richieste di cui sopra, è stato approvato il decreto legge c.d. “Semplificazioni” (16 luglio 2020, n. 76). Lo scopo dichiarato dell’intervento normativo, presentato dal Presidente del Consiglio come lo strumento necessario ed idoneo a “sbloccare il Paese”, è quello di snellire e velocizzare le procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.
Non essendo questa la sede per una disamina completa delle disposizioni modificative del d. lgs. n. 50/2016, di seguito si segnalano soltanto alcune novità introdotte dagli artt. 1 e 2 del d.l. in argomento.
Nell’art. 1 è previsto:
- l’innalzamento ad euro 150.000 della soglia per l’affidamento diretto anche senza obbligo di previa richiesta di preventivi a più operatori economici per lavori, forniture e servizi anche di ingegneria ed architettura;
- per gli affidamenti a partire da euro 150.000, si può ricorrere alla
- procedura negoziata con 5 inviti per servizi e forniture fino alla soglia comunitaria;
- procedura negoziata con 5 inviti per lavori fino a euro 350.000;
- procedura negoziata con 10 inviti per lavori da euro 350.000 a euro 1.000.000;
- procedura negoziata con 15 inviti per lavori da euro 1.000.000 alla soglia comunitaria.
Per tutte le procedure della punto 2) è prevista la rotazione degli inviti che tenga conto anche di una diversa dislocazione territoriale degli operatori economici invitati e l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso con esclusione automatica delle offerte anomale (in caso di almeno 5 offerte) o dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il comma 1 dell’art. 1 prevede che l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avvenga, fatta salva la sospensione disposta da provvedimenti dell’autorità giudiziaria:
- entro 2 mesi per gli affidamenti di cui alla lettera a) (fino a euro 150.000);
- entro 4 mesi per gli affidamenti di cui alla lettera b).
Eventuali ritardi rispetto ai termini sopra indicati (decorrenti dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento) o dilazioni nella firma nel contratto e/o nell’avvio dell’esecuzione possono essere imputati a titolo di danno erariale al RUP o essere causa di esclusione dell’operatore economico o di risoluzione del contratto per inadempimento.
L’articolo 2, comma 2 del d.l. 76/2020 sancisce, per le gare sopra soglia comunitaria, l’affidamento con procedura aperta, ristretta e (ricorrendone i presupposti e la motivazione) competitiva con negoziazione, prevedendo la riduzione dei termini ex artt. artt. 60 co. 3, 61 co. 6, 62 co. 5, 74 commi 2 e 3 senza obbligo di indicare in motivazione le ragioni d’urgenza.
I commi 3 e 4 dell’articolo 2 prevedono i casi di legittimo ricorso alla procedura negoziata senza bando ex artt. 63 e 125 del Codice, lasciando la libertà alle stazioni appaltanti di operare in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale (salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia, delle misure di prevenzione previste dal d.lgs. n. 159 del 2011, dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’UE e dei principi di cui agli artt. 30 co. 1, 34 e 42 del Codice).
Si tratta di lavori, forniture e servizi, compresa quelli di ingegneria ed architettura, la cui realizzazione sia necessaria in conseguenza degli effetti negativi della pandemia (ivi compresa la sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi) e per i quali vi sia una situazione di estrema urgenza tale da non consentire il rispetto dei termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie.
Le stazioni appaltanti operano in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale non solo per le procedure d’urgenza di cui al comma 3, ma anche nella gestione delle procedure nei settori dell’edilizia scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, delle infrastrutture per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche.
Per le procedure d’urgenza previste dall’art. 2 commi 3 e 4, quindi, le stazioni appaltanti potranno operare in modo più snello, pur sempre nel rispetto dei principi comunitari di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché dei criteri di sostenibilità energetica e ambientale; andranno rispettati anche gli obblighi di pubblicità previsti dal comma 6 dell’art. 2 del decreto, ovvero pubblicazione degli atti nella sezione Amministrazione Trasparente del profilo del committente. Per ogni procedura sarà nominato un RUP con il compito di validare ed approvare ogni fase progettuale o di esecuzione del contratto (comma 5).
Al comma 3 è previsto che per le procedure previste al medesimo articolo 2 del decreto l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene, fatta salva la sospensione disposta da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, entro 6 mesi dalla data di avvio della procedura. Eventuali ritardi rispetto ai termini sopra indicati (decorrenti dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento) o dilazioni nella firma nel contratto e/o nell’avvio dell’esecuzione possono essere imputati a titolo di danno erariale al RUP o essere causa di esclusione dell’operatore economico o di risoluzione del contratto per inadempimento.
Sebbene, prima facie, le disposizioni sopra sinteticamente richiamate sembrano andare nella direzione auspicata da quanti ritengono il meccanismo degli appalti pubblici eccessivamente lento, da alcune parti sono state sollevate forti perplessità sulla portata realmente innovativa e semplificatoria delle disposizioni introdotte, rilevando come la modalità di intervento – in parte derogatoria e in parte modificativa del codice, applicabile in parte solo alle nuove procedure e per altra parte alle procedure in corso – abbia l’effetto più di creare confusione che di facilitare l’operato degli addetti ai lavori.
Invero, soprattutto nel corso degli ultimi anni, al settore degli appalti pubblici è mancata la chiarezza, anzi la certezza del diritto, unitamente ad una eccessiva compressione dell’autonomia decisionale delle stazioni appaltanti. Funzionari e dirigenti pubblici, almeno in parte, sembrano essere stati “schiacciati” sulla necessità che gli appalti fungessero da “dighe” contro la corruzione e meno impegnati, invece, sulla messa a punto di bandi capaci di rispondere alla primaria esigenza delle procedure ad evidenza pubblica: assicurare ai cittadini beni e servizi di qualità, nel rispetto di un equo gioco concorrenziale.
I profili procedurali spesso hanno soppiantato i profili sostanziali; la valutazione degli effetti positivi di un bando, segnatamente, la capacità dello stesso di stimolare, sostenere, promuovere lo sviluppo locale (anche di carattere sociale) ha lasciato, in non poche occasioni, il posto all’affermazione (spesso formale) della concorrenza tra operatori economici.
È ragionevole dubitare della capacità “taumaturgica” delle modifiche introdotte dal d.l. 76/2020 di innovare il sistema complessivo, il quale avrebbe necessità di recuperare spazi di autonomia decisionale e programmatoria, attribuendo ai decisori pubblici la capacità di indirizzare i bandi e gli avvisi pubblici alla realizzazione di obiettivi di sviluppo, in specie locale.
Una rinnovata autonomia decisionale e organizzativa degli enti locali nella programmazione degli affidamenti comprende altresì la legittimità per gli stessi di attivare percorsi di co-programmazione e co-progettazione con gli Enti del Terzo Settore.
Più gare non significa necessariamente una maggiore efficienza del sistema: si potrebbe, al contrario, sostenere che il sistema economico e sociale richieda più discrezionalità, più confronto, più consapevolezza di servire la collettività.
Le deroghe per affrontare epoche eccezionali possono essere salutate con favore; allo stesso tempo tuttavia è necessario lavorare per affermare in tutte le sedi che, coerentemente con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione sancito nell’art. 97 della Costituzione, il principale obiettivo degli appalti ovvero delle altre forme di rapporto pubblico-privato (in specie con le organizzazioni non profit) è il raggiungimento del risultato.
In ultima analisi, il public procurement può contribuire a sviluppare l’economia locale e ad assicurare una migliore fruizione dei diritti sociali e civili.
- La semplificazione e snellezza procedurale è stata salutata favorevolmente, in quanto “una regolamentazione molto spinta ha prodotto forti incentivi al contenzioso, senza ottenere risultati evidenti in termini di efficacia ed efficienza[…], con conseguente grave danno per la finanza pubblica e per la qualità dei servizi offerti alla e dalla pubblica amministrazione”. Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, 21 maggio 2014, n. 3, recante “Atto di segnalazione n. 3, del 21 maggio 2014, Direttiva n. 2014/24/UE sugli appalti pubblici, n. 2014/2014/UE, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e servizi postali e n. 2014/24/UE sull’aggiudicazione dei contratti”, p. 2.
- Cfr. il Considerando n. 42 della Direttiva 2014/24/UE.
- Così, L. Torchia, La nuova direttiva europea in materia di appalti servizi e fornitura nei settori ordinari, in www.giustamm.it, n. 9/2015, p. 9.
- Sul punto, si vedano, rispettivamente, i Considerando 78 della Direttiva 24/2014/UE e 87 della Direttiva 25/2014/UE.