Il lavoro sociale nella crisi ecologica


Stella Volturo | 3 Ottobre 2023

L’articolo che segue sintetizza alcuni degli esiti principali di un lavoro pubblicato sul numero 1/2023 di Politiche Sociali/Social Policies, rivista edita dal Mulino e promossa dalla rete ESPAnet-Italia. Per maggiori dettagli e citazioni: Volturo, S., Verso un welfare sostenibile? Il contributo del lavoro sociale nella lotta alla povertà in prospettiva eco-sociale, in «Politiche Sociali/Social Policies», 1/2023, pp. 123-142.

 

La dimensione sociale della crisi ecologica

Il cambiamento climatico e, più in generale, la crisi ecologica che negli ultimi decenni sta interessando il Pianeta e le società si è affermata come una delle principali sfide contemporanee. Se ci si sofferma sull’impatto sociale di tale crisi, diverse analisi (ONU 2020; Chancel et al. 2023) hanno ampiamente dimostrato come il cambiamento climatico sia un amplificatore di disuguaglianze socio-economiche. Infatti, per le persone in condizioni di povertà e per i gruppi più vulnerabili si realizza quella che alcuni analisti (Gough 2017) hanno definito come ‘tripla’ ingiustizia. Pur contribuendo in misura minore al fenomeno del cambiamento climatico, le persone povere sono maggiormente esposte ai danni che ne derivano e, al contempo, possiedono meno risorse per farvi fronte. Entro tale scenario quale ruolo possono giocare le politiche sociali e il lavoro sociale più nello specifico? La risposta a tale quesito è tutt’altro che semplice: la crisi ecologica è infatti di natura sistemica e coinvolge contemporaneamente molteplici dimensioni, intrecciando più livelli ed elementi.

Nell’ultimo quindicennio circa, alcuni studiosi hanno iniziato a riflettere sulla connessione tra dimensione ambientale e sociale nell’analisi delle politiche sociali e dei sistemi di welfare, dando vita al dibattito su welfare sostenibile e politiche eco-sociali. L’articolo pubblicato sul numero 1/2023 di Politiche Sociali/Social Policies, il cui focus è dedicato alle sfide e agli scenari delle “transizioni eco-sociali”, si è concentrato su un aspetto ancora relativamente poco dibattuto nell’ambito degli studi sul welfare sostenibile, soffermandosi sul lavoro sociale ed esplorando il punto di vista degli operatori sociali – perlopiù assistenti sociali – impegnati nei programmi di contrasto alla povertà nella regione Emilia-Romagna. Tale scelta è stata dettata da un obiettivo conoscitivo di tipo esplorativo che ha indagato percezioni, livello di consapevolezza ed eventuali pratiche all’intersezione tra ambiente e sociale.

Il contrasto alla povertà in prospettiva eco-sociale: il punto di vista degli operatori sociali

L’esplorazione condotta ha coinvolto, attraverso un’indagine qualitativa1, 16 operatori sociali attivi nel settore del contrasto alla povertà sia in ambito pubblico sia nel Terzo settore. I temi indagati sono state le idee e le concezioni relative all’impatto sociale della crisi climatica; eventuali pratiche di lavoro eco-sociale nell’ambito degli interventi di lotta alla povertà e, infine, le prospettive auspicate per lo sviluppo di un lavoro sociale integrato alle questioni ambientali in prospettiva futura.

Uno degli aspetti più rilevanti, peraltro coerente con quanto emerso da altre ricerche condotte su questo tema in differenti contesti nazionali e internazionali (Matutini et al. 2023; Stamm 2023), è il fatto che tra gli operatori sociali non vi è alcun dubbio che la crisi climatica sia urgente e che abbia ricadute importanti sulle persone più fragili. Tuttavia, a fronte di tale diffusa consapevolezza, emerge la difficoltà di immaginare piste concrete d’intervento in assenza di linee guida chiare e di una reale integrazione con altre aree di policies rilevanti per implementare percorsi eco-sociali (ad esempio, il comparto urbanistico o delle politiche ambientali a livello locale). Nello specifico, nel settore del contrasto alla povertà, il quadro normativo in continuo mutamento e la delegittimazione pubblica e politica di uno schema di reddito minimo (ci si riferisce ad esempio al dibattito pubblico sul Reddito di Cittadinanza, che spesso ha assunto toni aspri e conflittuali) costituiscono elementi di contesto imprescindibili per poter programmare e attuare interventi di lotta alla povertà in prospettiva ‘eco-sociale’. Infatti, gli operatori sociali in tale settore risultano stressati nel rincorrere le novità normative e nell’inseguire i passaggi repentini da una misura all’altra senza che si siano ancora sedimentati saperi e modalità operative delle misure precedenti. Non da ultimo, la crisi derivante dalla pandemia ha avuto effetti importanti anche sui servizi sociali e sugli stessi operatori, mettendone a dura prova la tenuta. Sebbene, dunque, si siano rilevati interesse e apertura verso le questioni ambientali, si registra al contempo un certo scetticismo sulla possibilità di attivare nell’immediato programmi e interventi strutturali che coniughino sostegno sociale e dimensione ecologica.

Dal punto di vista delle pratiche eco-sociali2, il focus prevalente degli operatori sociali è sui problemi di natura sociale (ad esempio, progetti d’inclusione sociale; accompagnamento al lavoro; sostegno abitativo, ecc.) sui quali ci sono non poche pressioni anche per via di una mutata utenza come conseguenza della pandemia. Inoltre, il lavoro sociale è spesso connotato da caratteristiche di urgenza, soprattutto nell’area del contrasto alla povertà, in cui la severità dei bisogni spinge verso interventi tempestivi. Perciò, lo spazio per una pratica ‘olistica’ auspicata negli studi sul lavoro eco-sociale (Dominelli 2012; 2018) rimane appannaggio di poche esperienze, definibili come ‘micro-pratiche’ connotate da elementi difficilmente riproducibili nel lavoro sociale tradizionale.  

Nello specifico, sul nesso tra povertà e lavoro eco-sociale, emerge la difficoltà per gli operatori sociali di individuare nei beneficiari delle politiche di contrasto alla povertà soggetti attivabili nell’ambito di interventi eco-sociali a causa delle complesse condizioni di vita in cui versano. Ne emerge un’idea della povertà legata all’urgenza del quotidiano e che interpreta i rischi di natura ambientale come distanti dalla propria esperienza di vita.

Riguardo alle prospettive future, gli operatori sociali intervistati innanzitutto ravvisano l’importanza di un supporto politico e di linee guida chiare per poter comprendere come possano essere giocate le competenze del lavoro sociale nello scenario della crisi ecologica. D’altro canto, la maggior parte degli intervistati individua nella formazione specifica su rischi ambientali e pratiche di sostenibilità un nodo cruciale per poter progettare e attuare interventi che sappiano coniugare dimensione ambientale e sociale.

Il lavoro eco-sociale tra sfide e opportunità

Nell’ambito della promozione di interventi eco-sociali, ci troviamo ad affrontare diverse sfide-chiave che richiedono un’attenzione particolare e sollecitano ad andare oltre un approccio normativo. La prima di queste sfide riguarda la mancanza di sostegno politico e di un quadro normativo che possano accompagnare gli operatori sociali nel complesso compito di introdurre la dimensione ambientale nelle pratiche quotidiane del lavoro sociale tradizionale, promuovendo e supportando interventi orientati alla sostenibilità.

Un’altra sfida significativa è rappresentata dal contesto organizzativo del lavoro sociale. Qui, le logiche manageriali spesso enfatizzano gli interventi individualizzati, mettendo in secondo piano un approccio orientato alla comunità, che consentirebbe di evidenziare la natura collettiva della crisi ecologica. Inoltre, la crescente burocratizzazione e standardizzazione delle pratiche lavorative possono limitare l’autonomia degli operatori sociali nell’adottare soluzioni innovative.

La partecipazione dei cittadini è un altro aspetto cruciale da considerare. Coinvolgere la comunità in innovazioni eco-sociali per promuovere soluzioni sostenibili richiede infatti un impegno attivo. Gli operatori sociali possono svolgere un ruolo importante in questo processo, agendo come mediatori tra diverse istanze e facilitando il coinvolgimento della comunità. Nello specifico sull’attivazione dei beneficiari di misure di reddito minimo, la ricerca condotta ha sottolineato come i PUC (Progetti Utili alla Collettività), pur a fronte di dati quantitativi che testimoniano la rilevanza di progetti nel settore ambientale3, in realtà non sono stati colti come un’occasione per lo sviluppo di pratiche eco-sociali. Tuttavia, a condizione di un adeguato supporto organizzativo e di una specifica formazione, si può ipotizzare che i Progetti di utilità collettiva previsti nell’implementazione delle misure di reddito minimo possano rappresentare un punto di partenza per immaginare nuovi spazi per la promozione di interventi eco-sociali.  In tal senso è auspicale un’agenda di ricerca che, riconoscendo la centralità della dimensione ambientale in questi progetti, individui le condizioni adeguate per garantire una reale integrazione eco-sociale.

Le percezioni degli operatori sociali riguardo a questi temi sono altrettanto rilevanti. Molti sono consapevoli dei rischi ambientali e del loro impatto sociale, ma si sentono incerti riguardo a un coinvolgimento più attivo e alle azioni concrete che possono intraprendere. Spesso, l’attenzione è focalizzata su problemi immediati, il che può limitare lo spazio per una pianificazione a lungo termine orientata alla sostenibilità.

In considerazione di tali sfide, il lavoro sociale potrebbe acquisire una centralità nell’accompagnare i gruppi più svantaggiati nel contesto della transizione ecologica ed essere di supporto alle politiche climatiche, ad esempio assicurando che queste non peggiorino le disuguaglianze sociali. In tal senso, il lavoro sociale può svolgere un ruolo importante Fine modulonel sostegno delle comunità e dei gruppi sociali vulnerabili nell’affrontare i rischi legati ai cambiamenti climatici e alle relative politiche ambientali. Non si tratta, quindi, di riformare radicalmente principi e pratiche del lavoro sociale, attribuendogli nuovi compiti e funzioni, ma di valorizzarne conoscenze e potenziarne la centralità nell’attuale crisi ecologica. Una transizione ‘giusta’ dovrebbe infatti tener conto e mettersi in ascolto del sapere del lavoro sociale da sempre impegnato nel contrasto alle disuguaglianze e nella promozione della giustizia sociale.

  1. Gli strumenti utilizzati sono stati interviste semi-strutturare e focus group.
  2. ‘Eco-sociale’ è un termine utilizzato in letteratura per indicare pratiche ed interventi che coniugano obiettivi di natura sociale e ambientale. Sotto questa etichetta sono rintracciabili una pluralità di esperienze anche molto diversificate: giardinaggio di comunità, agricoltura sociale, pratiche di riciclo, esperienze di consumo consapevole ecc.
  3. Dai dati ministeriali consultabili sulla Piattaforma GePI emerge che i PUC attivati dall’inizio della misura (2019) in ambito ambientale sono quasi 7.600 su oltre 28.200. Se poi a questi aggiungiamo i progetti dell’area “tutela dei beni comuni”, spesso connessi con finalità di tipo ambientale, si raggiunge una numerosità simile ai progetti in ambito “sociale”.