Il non profit italiano, la nuova fotografia di Istat


Gianfranco Marocchi | 17 Ottobre 2024

Come di consueto, l’Istat ha presentato, in occasione delle Giornate di Bertinoro, i dati sulle istituzioni non profit, ora aggiornati al 31 dicembre 2022.
Il primo elemento sul quale viene richiamata l’attenzione è il diverso andamento del numero di organizzazioni e del numero di lavoratori: il numero di organizzazioni, 360.061 in totale, è storicamente in crescita in tutte le rilevazioni Istat sino al 2020, ma vede una diminuzione tra il 2020 e il 2021, confermata da una ulteriore e più lieve diminuzione tra i 2021 e il 2022, dato che parrebbe confermare una tendenza non meramente legata agli effetti dell’emergenza sanitaria. Ma, allo stesso tempo, il numero di dipendenti continua a crescere, raggiungendo nel 2022 le 919.431 unità, 26 mila in più rispetto all’anno precedente e quasi 50 mila in più rispetto al 2020.

L’aumento del numero di lavoratori è nell’ultimo biennio più accentuato rispetto agli anni precedenti; infatti, mentre nel precedente triennio l’aumento era nell’ordine dell1% rispetto agli anni precedenti, nell’ultimo biennio risulta rispettivamente del 2.7% (2021 su 2020) e del 2.9% (2022 su 2021). In generale, appare evidente dall’analisi di quanto avvenuto dal 2018 ad oggi che, a fronte di un numero di enti sostanzialmente invariato (aumento di 487 unità su oltre 359 mila, pari allo 0.1%), il numero di lavoratori aumenta di 65.955 unità, pari al 7.7%.

Uno sguardo più approfondito rispetto a quanto avvenuto nell’ultimo anno mette in luce tendenze non scontate, sia sul fronte delle diverse dinamiche territoriali, sia dell’andamento dei fenomeni studiati per le diverse forme giuridiche. Partendo dalle dinamiche territoriali, il dato netto finale di una diminuzione di 564 enti tra il 2021 e il 2022 (pari appunto al -0.2%) è frutto di situazioni diverse tra il centro nord, che registra una diminuzione di 2210 unità (tendenza accentuata soprattutto nel nord est, -1.2%) e l’Italia sud insulare, dove il numero di enti non profit cresce di 1646 unità (+2% nel Mezzogiorno). Sul fronte dei lavoratori, invece, l’aumento riguarda tutte le macroaree del paese; si evidenzia in particolare un aumento di 8628 unità nel nord ovest, pari al 2.9% e soprattutto l’aumento di 7831 unità al sud, pari al 6.9% dei lavoratori presenti nel 2021, dato questo che non può non richiamare l’attenzione rispetto al ruolo occupazionale degli enti non profit nel Mezzogiorno.

Guardando invece alle diverse forme giuridiche, va preliminarmente ricordata la diversa distribuzione del numero di enti – dove le associazioni risultano nettamente maggioritarie, rappresentando l’85% del totale – e del numero di lavoratori. Con riferimento a quest’ultimo dato, le cooperative sociali, che rappresentano il 4% degli enti, assorbono il 53% dei lavoratori (491 mila unità) e le fondazioni, pari al 2% degli enti, danno lavoro a 113.213 persone, pari a circa il 12% dei lavoratori totali. D’altra parte, nelle associazioni, che abbiamo visto essere del tutto maggioritarie con riferimento al numero di enti, lavorano 171.281 persone, pari al 19% del totale. Mentre vi è in media un occupato ogni due associazioni, vi sono 33 occupati per ciascuna cooperativa sociale (aumentati di una unità rispetto al 2021), 13 occupati per fondazione e quasi 5 occupati ogni ente non profit con forma diversa dalle precedenti.

Ciò detto, guardando alle dinamiche dell’ultimo anno relativamente alle forme giuridiche, aumentano le associazioni e soprattutto le fondazioni (141 unità in più, pari all’1.7%) e diminuiscono le cooperative sociali e le altre forme giuridiche, con un netto di -564 enti. Rispetto invece ai lavoratori, tutte le forme giuridiche evidenziano un aumento del numero di occupati in quota abbastanza omogenea, intorno al 3%. La considerazione combinata dei dati precedenti porta al quadro sintetizzato nella tabella che segue e che rende ragione delle differenze territoriali nell’ambito delle quali si genera la differenza di occupati sopra evidenziata.

Le cooperative sociali che, come si è visto, occupano la maggior parte dei lavoratori del non profit, nel nord ovest danno lavoro in media 49.3 persone, in crescita di 2.6 unità rispetto all’anno precedente, nel nord est a 56.1 persone, in crescita di 1.7 unità, mentre nell’Italia sud insulare la dimensione occupazionale è ridotta a meno di un terzo.

Al contrario, nelle associazioni la quota di lavoratori è simile – ed è minima – in tutto il paese. Le fondazioni hanno una dimensione occupazionale rilevante soprattutto nel nord ovest (17 unità), anche se la differenza rispetto al sud e isole è minore rispetto a quanto avviene nelle cooperative sociali; l’occupazione nelle fondazioni registra una certa crescita al centro (+1.1 unità).

In coerenza con i dati sopra richiamati, l’Istat registra una tendenza alla concentrazione dei lavoratori negli Enti che occupano più personale: “Nel 2022 l’85,2% delle istituzioni non profit opera senza dipendenti, il 6,1% ne impiega fino a 2 e il 4,8% tra 3 e 9, mentre la quota di istituzioni con almeno 10 dipendenti è pari al 3,9%. Queste ultime, oltre ad impiegare l’87,0% dei dipendenti, sono quelle in cui tale personale è cresciuto di più (+3,2%) rispetto all’anno precedente”.

Si rimanda invece al rapporto sintetico dell’Istat e alle tavole dati presenti sul sito dell’Istituto per ulteriori analisi relative al settore di attività degli Enti non profit e alle caratteristiche occupazionali di settore.

Interessante anche il dato, ricavabile per differenza dal report Istat, relativo alla forma giuridica delle imprese sociali. Il 90% delle imprese sociali hanno forma di cooperativa sociale, anche se appare un non invisibile 10% con forme giuridiche diverse (cooperative non sociali, associazioni, fondazioni, s.r.l., S.p.a., ecc.); va allo stesso tempo evidenziato come tali imprese sociali con forma diversa da quella di cooperativa hanno generalmente dimensioni minori (9.6 occupati contro i 33.4 delle imprese sociali in forma di cooperativa sociale).

Non viene rilevato il numero di volontari (che l’anno scorso, con riferimento al 2021, appariva in calo di circa 900 mila unità rispetto al 2015), ma è proposto un confronto con taluni fenomeni di partecipazione civica rilevati dalle indagini Istat sugli “Aspetti della vita quotidiana” (commentati da Welforum in questo articolo), che mostrano, nella seconda metà degli anni Dieci, una diminuzione di fenomeni quali la partecipazione a riunioni in associazioni culturali, ricreative o di altro tipo e lo svolgimento di attività gratuite sia in associazioni di volontariato sia in altri contesti. Questi dati, come evidenziato nel successivo grafico, mostrano una decisa accentuazione del calo nel 2020 – questo sì, presumibilmente, legato almeno in parte all’emergenza sanitaria – seguito da un aumento tra il 2021 e il 2022. Ad oggi l’aumento rilevato nell’ultimo anno potrebbe essere compatibile con un semplice “rimbalzo” post pandemia nell’ambito di una tendenziale diminuzione di medio periodo, ma saranno i dati futuri a chiarire la natura del fenomeno.

Infine, tra i molti dati presenti nel report Istat, si evidenzia una statistica relativa agli enti che beneficiano del 5 per mille. Vi sono, in totale, 65.439 enti beneficiari, che percepiscono gli oltre 455 milioni, frutto delle scelte di oltre 12 milioni di contribuenti. Sono le organizzazioni di volontariato a intercettare la parte maggioritaria di queste risorse (circa 160 milioni), mentre le imprese sociali accedono a tale istituto in misura residuale, soprattutto, in considerazione del loro fatturato complessivo.