Il progetto Trame in Lombardia
Modalità di ingaggio, comunicazione e riflessioni sulla partecipazione negli ETS
Maurizio Trezzi | 18 Marzo 2022
Fra le molte analisi, indagini e disamine sulle attività di comunicazione svolte dal mondo dell’associazionismo sociale, o più in generale del Terzo Settore, una in particolare merita un approfondimento, per i tratti distintivi e innovativi che si possono ritrovare al suo interno.
Il progetto Trame – promosso in Lombardia negli ultimi tre anni grazie ai finanziamenti dei bandi regionali per il sostegno alle associazioni di volontariato – è stato realizzato a partire dal settembre 2018 e si sviluppa in tre momenti: Trame di Futuro, di Partecipazione e di Condivisione1.
Ai diversi step, intimamente connessi e collegati da un filo rosso – vale a dire le tematiche del confronto, della riflessione e dell’organizzazione, anche dei processi di comunicazione – hanno a vario titolo partecipato numerosi enti regionali di Terzo Settore e fondazioni di comunità, Enti pubblici e filantropici.
L’universo di riferimento è certamente particolarmente rappresentativo. Secondo i dati dell’Osservatorio permanente sul settore no profit di Istat, in Italia sono 362.634 le Istituzioni non profit (dati anno 2019) delle quali quasi il 20% sono in Lombardia. Oltre 5 milioni di persone, a vario titolo, partecipano ad attività di volontariato, di questi 1 milione circa sono in Lombardia, la regione che di gran lunga vede la maggior presenza numerica e di attività in questo settore (davanti a Lazio e Toscana con circa la metà degli attivi). La maggior parte dei volontari, il 56%, è occupata nel settore cultura, sport e attività ricreative, il 16% nell’assistenza sociale e civile, l’8% nei servizi legati alla sanità. Tra i soggetti più attivi i giovani tra i 18 e i 24 anni insieme adulti tra 45 e i 74 anni mentre il livello di istruzione vede coinvolte, come confermano i trend europei i laureati (15%) rispetto che possiede soltanto una licenza media 6,2%. Dati che saranno nuovamente aggiornati grazie al nuovo censimento del settore non profit, partito il 10 marzo scorso e che si concluderà nel settembre 2022.
Un’iniziativa progettuale in evoluzione
Trame di Futuro ha inizialmente lavorato per determinare modalità di confronto fra enti del Terzo Settore, filantropici, pubblici e imprese su un piano programmatico e non solo progettuale. Si sono raccolti elementi, osservazioni e proposte per consentire associazioni non profit di poter avere un ruolo attivo nell’organizzazione dei bandi e dei progetti regionali che prevedono linee di indirizzo condivise e strategiche.
È con Trame di Partecipazione che l’elemento della comunicazione entra maggiormente nel vivo del progetto. Il tema della partecipazione ha infatti assunto nell’era Covid nuove caratteristiche e risvolti. Le associazioni non profit sono state costrette a interrogarsi sul valore della partecipazione, sulle modalità con cui praticarla e sui risultati che questa possa generare. Per dare risposte a tali quesiti è stata svolta un’indagine2 di cui sono stati protagonisti i leader associativi di 35 realtà lombarde.
Il primo concetto emerso è il valore, intrinseco e caratteristico, della partecipazione come essenza fondante del concetto stesso di associazione. Resta però anche un rovescio della medaglia. Perché se da un lato la partecipazione è obiettivo primario, questione centrale, elemento identitario, dall’altro può rappresentare una minaccia, quando costringe ad aprire le proprie porte e, a volte, a prestare il fianco a punti di vista diversi e critiche che mettono in discussione l’operato e la rotta su cui le associazioni navigano. Entra in gioco, dunque, un problema di gestione, e anche di rappresentazione e percepito, che rischia, in alcuni casi, di depotenziare l’elemento partecipativo, derubricandolo a pura attività istituzionalizzata senza che questa diventi effettivamente una risorsa. Con una notevole difficoltà nella gestione, soprattutto quando gli interlocutori sono i giovani e quindi soggetti per cui occorre promuovere differenti approcci, linguaggi e modalità. La partecipazione diventa così quasi accessoria e più che un vantaggio può diventare un problema.
Classico esempio, il rapporto con i volontari – protagonisti delle attività di un gran numero di associazioni – con i quali si possono innescare forti problematiche nel momento in cui non sono disponibili o disposti a rientrare negli alvei dei programmi e degli schemi organizzativi in cui si inseriscono. L’approccio con i volontari va gestito con una corretta comunicazione e prassi rivolti alla trasparenza, al coinvolgimento e al contraddittorio, per cercare un confronto utile a innescare reazioni positive e virtuose. Modalità molto affini a quelle con cui interfacciarsi ai cittadini “comuni”, a chi si avvicina al mondo delle associazioni in una fase ancora propedeutica a quella della scelta di adesione. Persone, e la pandemia ne ha fatto aumentare i numeri in valore assoluto, con un desiderio di partecipazione alla vita sociale che va al di fuori del Terzo Settore o del sociale organizzato, e che si esprime in forme non tradizionali, spontanee, occasionali.
Come è possibile intercettare questi soggetti e incanalare le loro energie positive? Le associazioni, molto spesso, paiono non curarsi di questi potenziali “prospect” – come si potrebbe dire con un termine mutuato dal marketing – in realtà molto interessanti per allargare perimetri e contesti di presenza e influenza. Anche in questo frangente, secondo quanto è emerso nel lavoro di Trame di Partecipazione, i leader associativi mostrano una certa difficoltà nel considerare questi episodi nel loro complesso. Risulta difficile colmare una distanza, descritta come reciproca, fra chi è coinvolto in azioni di cura di beni comuni o di interesse pubblico e quelle persone che inizialmente non sentono l’esigenza di avere relazioni con soggetti da anni impegnati sullo stesso tema. Il pericolo è disperdere energie, duplicare gli sforzi, creare interlocuzioni multiple con le Istituzioni e quindi polverizzare progettualità e sostegni, anche economici.
Appare evidente come siano proprio le organizzazioni strutturate a dover svolgere una funzione di aggregazione, a dover esprimere sostegno e vicinanza alle forma autonome di partecipazione dei cittadini alla vita sociale. Un ruolo probabilmente non ancora maturo, forse per mancanza di una reale cultura alla partecipazione diffusa – si direbbe liquida – che resta però certamente un fondamento del mandato associativo e un’opportunità di crescita e sviluppo.
Per questo occorre, proprio all’interno e dall’interno del mondo associativo e del sociale organizzato, promuovere e sostenere un’idea di partecipazione considerata non come azione privata, ma doverosa, necessaria e inevitabile. Posizione ancora non del tutto consapevole, certamente diffusa e convinta, ma non correttamente organizzata. Se da un lato appare chiaro come le associazioni si debbano attivare con iniziative specifiche e intenzionali a vantaggio della partecipazione, emerge altresì la necessità di rimodulare le attività e la progettualità per gestire la richiesta di protagonismo – nel senso di essere attori principali e non comparse nelle attività sociali – dei cittadini ed esprimere così i benefici della partecipazione e di chi la esercita.
Fare – comunicare
In questo contesto la comunicazione, ovvero la relazione tra le associazioni e la realtà sociale più ampia, sembra connotarsi in modo “strumentale”, cioè finalizzata all’accreditamento pubblico delle organizzazioni e dei loro temi, delle loro esigenze e alla diffusione dei risultati ottenuti. Le attività di comunicazione, da quelle più semplici a quelle più strutturare, sono pensate e realizzate con finalità di contorno come le raccolte fondi, la promozione del volontariato, la pubblicizzazione di iniziative e di eventi.
Il rischio, di cui emerge ancora poca consapevolezza, è offrire una rappresentazione della propria organizzazione sempre come “bisognosa” e “impegnata a fare”. Si trascura così di mettere a fuoco il proprio punto di vista sulla società, sui principi su cui è fondata. Quello che appare è che la comunicazione non è pensata come possibile campo di azione in sé. Non si tratta di una modalità propria di azione associativa per promuovere valori e il raggiungimento dei propri scopi sociali fondamentali. È certamente necessaria una riflessione sulle modalità attraverso cui le associazioni comunicano con questi mondi e sui temi e i contenuti oggetto dell’attività di comunicazione. Per potersi aprire e incentivare nuove forme di partecipazione, il Terzo settore deve quindi riscoprire e valorizzare la propria vocazione aggregativa, a volte sacrificata sull’altare di un forte attivismo e protagonismo sociale e politico.
Le associazioni, come detto, comunicano nella stragrande maggioranza dei casi come organizzazione del fare, in tutte le iniziative di relazioni con i media, con gli stakeholder, con i decisori, con l’opinione pubblica. Tutte le energie sono dedicate quasi esclusivamente a gestire, rispondere, offrire soluzioni ai bisogni della persona e ai problemi della comunità. Una via che porta a smarrire quel senso, verrebbe da dire di genesi e fondativo, basato sulla relazione, l’incontro, l’aggregazione. A-Socius – cioè andare verso il compagno – è lo scopo, è quella scelta per cui si sviluppano tutte le attività “di servizio”. Per questo la comunicazione dovrebbe maggiormente puntare ed esaltare gli aspetti di relazione piuttosto che quelli meramente prestazionali.
In tempi di lockdown e quarantene, chiusure e isolamenti, quando alcuni dei servizi non sono stati erogati perché non più esercitabili (volontariato in ospedale, assistenza alle persone nelle RSA, ausilio nelle strutture per persone con disabilità) chi non ha mai imperniato o non ha saputo virare, la sua comunicazione sul tema della relazione, è completamente scomparso dal dibattito pubblico. È stato messo in panchina, se non fuori rosa per utilizzare una metafora sportiva, rispetto a chi, con l’arresto delle attività consolidate, ha quasi naturalmente sviluppato nelle diverse forme possibili occasioni di relazione, di prossimità e di aiuto. La pandemia ha innescato una straordinaria crescita di disponibilità delle persone, in particolare dei giovani, alla partecipazione ad attività socialmente utili. Questo tesoretto deve essere coltivato e incrementato per evitare di non riuscire a dare continuità nel tempo a questa disponibilità perché le associazioni non si sono attrezzate per gestirlo.
Ciò mette in risalto il nodo critico del rapporto del mondo associativo con la partecipazione dei cittadini. Partecipazione richiesta, invocata, in alcuni casi rimpianta, ma considerata pericolosa se esercitata in tempi e modi non previsti e programmati, tanto da indurre timori e preoccupazione che ne minano l’efficacia e soprattutto ne impediscono la valorizzazione. Il lavoro di Trame di Partecipazione ha quindi consentito di segnare un importante punto di partenza e di riflessione per tutte le associazioni che nel prossimo futuro vorranno mettere la partecipazione al centro dei loro processi di evoluzione e di sviluppo. La sfida è comprendere le procedure per coniugare la volontà di essere al servizio delle persone in difficoltà con l’attivazione della comunità e di riconoscere al tempo stesso i tempi e i modi della partecipazione dei cittadini alla cura dei beni comuni. Occorre quindi sforzarsi per intraprendere un cammino che sappia intercettare e sostenere il desiderio di partecipazione e di protagonismo dei cittadini attivi nel momento in cui viene manifestato per favorire una maggiore analisi e valutazione sulle modalità e sui contenuti con cui la partecipazione prende forma.
Conclusioni
L’evoluzione del progetto – Trame di Condivisione – è ancora in corso. Avviato nelle seconda parte del 2021 prevede la realizzazione di una campagna di comunicazione che sarà svolta nei mesi di aprile e maggio del 2022. L’obiettivo è quello di avviare una nuova forma di comunicazione che sappia rappresentare le associazioni e il loro mondo in basi alla propria identità, ai valori fondanti e all’essenza dell’essere soggetto fondamentale per la società civile e non solamente con contenuti legati alle prestazioni e servizi offerti. Un superamento anche culturale utile a sostenere e ad alimentare la partecipazione dei cittadini attivi e a favorirne il coinvolgimento nelle attività di cura dei beni comuni e nella gestione e sviluppo degli enti. Il progetto intende inoltre attivare la sottoscrizione di un patto di collaborazione tra Terzo Settore, Pubbliche Istituzioni ed Enti filantropici, in un’ottica di convergenza di risorse, attività e competenze fra queste realtà.
L’importanza della partecipazione nelle attività di programmazione e progettazione di politiche e interventi delle attività solidali appare oggi sempre più necessaria. Una partecipazione consapevole rende infatti possibile potenziare le competenze e moltiplicare le esperienze, trovare nuove economie per produrre risorse necessarie a prendersi cura delle comunità oltre a identificare risposte ai nuovi bisogni emersi durante la pandemia, per gestire le attività di cura dei beni comuni.
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