L’emergenza Covid ha richiesto una serie di interventi di finanziamento straordinari rispetto allo scenario già disegnato dalle manovre di finanza pubblica per il 2020. Nella lettura di questi provvedimenti finora grande attenzione è stata data alle questioni del sostegno all’impresa, al sostegno dei redditi e al contrasto alla povertà. Più raramente si è riflettuto sull’impatto sui servizi del welfare territoriale sanitario e sociale. Senza dimenticare che gli attori del welfare sono anche “imprese” e che pertanto sono interessati anche dagli interventi a supporto del sistema produttivo, è utile fare il punto sugli effetti di tali manovre emergenziali in termini di sostegno alla continuità e alla promozione dei servizi territoriali; in questa prospettiva, si tralasciano gli interventi di sostegno erogati dal sistema centrale.
Il DL “Cura Italia” e il welfare territoriale
I primi interventi governativi emergenziali (DL 18 del 17 marzo 2020, cosiddetto “Cura Italia”) si sono concentrati esclusivamente sul supporto alla rete dell’emergenza, indirizzando gli sforzi su quelle che, nelle prime settimane della pandemia, sembravano essere le priorità per il Paese, ovvero le criticità cliniche.
In particolare, sono stati introdotti finanziamenti per circa 1,4 miliardi per i seguenti obiettivi:
- l’aumento dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità di pneumologia e malattie infettive
- per consentire la messa a disposizione da parte delle strutture sanitarie private di personale, locali, attrezzature;
- per rafforzare il personale del Sistema Sanitario (nuove assunzioni e remunerazione del lavoro straordinario).
In questa fase, l’allocazione tra ospedale e territorio delle risorse umane e materiali integrative straordinarie (personale, dispositivi) è stata demandata alla discrezionalità dei decisori locali.
Pur essendo presenti incentivi alla riorganizzazione della sanità territoriale, (si pensi ad esempio alla costituzione delle USCA), tali previsioni non sono state accompagnate da appositi finanziamenti dedicati.
Rari anche i riferimenti al finanziamento dei servizi sociosanitari. Nello specifico il “Cura Italia” contiene solo alcune indicazioni riguardanti i centri diurni per anziani e disabili, nel senso di consentire la riconversione dei relativi finanziamenti in attività sostitutive, a parità di risorse. Considerato che l’attività dei suddetti centri è stata quasi integralmente sospesa nella fase Uno, il DL 18 ha previsto la possibilità di trasformare gli interventi semiresidenziali in prestazioni sostitutive (interventi domiciliari e interventi “resi a distanza” quali telefonate/videochiamate), utilizzando i fondi che il settore pubblico aveva già stanziato tali centri.
Dal punto di vista economico, con una formulazione particolarmente contorta, nel “Cura Italia” sembra essere sostenuto il principio della necessità di remunerazione (riconoscimento di quanto già stanziato dai bilanci pubblici per questo scopo) a prescindere dal livello di servizi erogati, fermo restando una vaga condizionalità all’attivazione di servizi sostitutivi (non facilmente oggettivabile/misurabile). Siamo sicuri che questa scelta, probabilmente orientata a garantire la sopravvivenza dei servizi a disposizione delle famiglie una volta terminata l’emergenza, sia in grado di promuovere tutti gli sforzi possibili per non lasciare gli utenti da soli nella fase del lock down e in quelle successive? In una situazione in cui il ritorno alla normalità è ancora lontano, dovrebbe essere prioritario riuscire a dare garanzie di continuità dei servizi per gli utenti: nel caso dei servizi diurni per anziani e disabili, dopo le prime settimane, si può continuare a considerare l’assistenza con videochiamate un efficace surrogato dei servizi alla persona? Pertanto, la relativa equiparazione economica all’attività tradizionale è davvero lo strumento più adatto a fare in modo che le famiglie non restino senza servizi? La suddetta questione sarà in ogni caso ripresa, anche se non proprio risolta, nel DL Rilancio.
In sintesi, in questa prima fase, è stata disposta un’integrazione al Fondo Sanitario Nazionale di 1,4 miliardi; parallelamente, non è stata avvertita la necessità di potenziare i finanziamenti della rete socio-assistenziale locale1.
Il DL Rilancio e il welfare territoriale
Nelle settimane successive, in concomitanza con il passaggio alla “Fase 2” e con la sempre maggiore presa di consapevolezza dell’esigenza di dare centralità al territorio – rispetto ad una prima fase in cui la maggior parte delle energie era stata riservata solo agli ospedali – si è cercato di riorientare l’allocazione delle risorse emergenziali in questa prospettiva. Il relativo DL Rilancio (DL 34 del 19/5/2020) ha peraltro esteso il perimetro degli interventi straordinari anche ai fondi per il sociale.
Ripercorriamo le principali novità del maxi Decreto, in quest’ottica.
Il DL 34 ha ulteriormente potenziato – rispetto a quanto già fatto dal “Cura Italia”- le risorse del Fondo Sanitario Nazionale 2020, con uno sforzo pari a 3,25 miliardi (Tab. 1). Tali risorse sono state allocate per il 45% su servizi ospedalieri (Covid-Hospital, Terapie intensive e sub-intensive, Pronto soccorso e ambulanze), per il 16% a sostegno delle spese per il personale (Nuove assunzioni, incentivi al personale, borse di specializzazione) e, per la restante quota, al potenziamento dei servizi territoriali.
Alla sanità territoriale sono stati destinati 1256 milioni, per potenziare non solo attività la gestione dell’emergenza (es. strutture per l’isolamento), ma anche per rafforzare la rete dei servizi sociosanitari tradizionali, nell’ottica di considerare il domicilio quale setting di erogazione da privilegiare.
Un passaggio di portata “storica”, considerata l’assenza nell’ultimo decennio di espliciti interventi di finanziamento per queste linee di attività, con un servizio sanitario ancora fortemente sbilanciato sugli interventi residenziali e diretti alle acuzie.
A titolo di confronto, dai più recenti dati sui “Conti della sanità 2018” dell’Istat, risulta che il 60% delle risorse pubbliche per la sanità sono assorbite dai servizi di cura e riabilitazione (residenziali, ambulatoriali e domiciliari per le fasi delle “acuzie”), l’11% da servizi di long term care (assistenza sanitaria a lungo termine), il 5% da attività di prevenzione e il resto da farmaci, presidi, servizi ausiliari e amministrativi.
Sulla base di queste statistiche risulta che solo il 2,3% delle risorse sanitarie sono impiegate nel setting domiciliare (acuzie+long term care). Altre fonti segnalano un assorbimento di risorse specifiche dell’assistenza domiciliare dell’ordine di meno dell’1,5% del Fondo Sanitario2.
È in questo scenario storico che si sono andati a inserire i rafforzamenti del DL Rilancio per l’assistenza territoriale.
L’attività che riceve maggior potenziamento è proprio l’assistenza sociosanitaria domiciliare (+734 milioni), accompagnata dall’introduzione di nuove figure come quella dell’infermiere di comunità/famiglia (+332 milioni), oltre che da interventi di supporto alla medicina di base (si veda tabella allegata). L’intervento di potenziamento è esteso anche ad altre figure come quella dell’assistente sociale: si prevede un coinvolgimento di questa professionalità nell’Unità di Valutazione Multidimensionale, proprio per garantire l’integrazione con i servizi sociali; tuttavia, come si avrà modo di argomentare nel proseguo, le possibilità di riconoscere un potenziamento dei servizi domiciliari erogati dalla rete sociale non ha trovato analoga spinta propulsiva in termini di finanziamenti, con il rischio, dunque, di limitare le ricercate possibilità di integrazione tra i due mondi.
La manovra di potenziamento del ruolo del territorio e il tentativo di riconoscere il domicilio come setting privilegiato per ricevere assistenza e fare prevenzione è senz’altro apprezzabile negli intenti; tuttavia, è necessario segnalare alcune possibilità di miglioramento di quanto già regolato.
Innanzi tutto, non è detto che tali interventi abbiano carattere strutturale: oggi il rafforzamento dell’ADI fa affidamento su risorse aggiuntive stanziate dal DL 34 per il 2020, ma non espressamente confermate per il 2021; le regioni sembrano infatti autorizzate a continuare gli interventi attivati anche il prossimo anno, ma con risorse a carico del Fondo Sanitario ordinario.
Inoltre, il DL Rilancio prevede che le risorse integrative per l’ADI possano essere impiegate solo per assumere personale alle dirette dipendenze delle aziende sanitarie, senza considerare che i modelli organizzativi regionali hanno portato, in alcuni contesti territoriali, ad affidare questi servizi anche a erogatori privati.
Nel DL Rilancio, al momento, nessun riferimento esplicito alle regole di remunerazione dei servizi residenziali sociosanitari: come saranno finanziati gli oneri sostenuti da queste strutture per la gestione dell’emergenza? La questione sembrerebbe demandata all’emanazione decreti attuativi (si veda art. 4), con conseguenti incertezze per tutti gli stakeholders coinvolti.
Oltre ai servizi domiciliari, il DL rilancio ha nuovamente regolato le modalità di finanziamento dei centri diurni. In questa occasione sembra essere stato ricercato l’obiettivo di una gestione integrata delle risorse economiche e professionali dei suddetti centri. Si spingono le amministrazioni competenti a individuare progetti specifici di riconversione dell’attività delle strutture (una sorta di coprogettazione pubblico-privato). Anche in questo caso, si riconosce un valore alle prestazioni erogate in forme diverse da quelle tradizionali (al domicilio o rese a distanza); una parte del pagamento dovrebbe dunque continuare a essere condizionato all’effettiva erogazione dei servizi secondo il progetto concordato; una seconda quota dovrebbe essere garantita per consentire il mantenimento delle strutture chiuse e, infine, una terza parte, sulla base della verifica dei costi incomprimibili (si presume intesi come costi fissi, che le strutture sostengono a prescindere dall’attività resa). Le regole sul finanziamento dei centri diurni continuano comunque ad essere particolarmente vaghe e contorte (ad esempio, non è chiarito qual è la quota percentuale da assegnare a ciascun componente, i riferimenti normativi sembrano essere solo quelli per l’affidamento dei servizi sociali, senza prevedere un raccordo con la normativa sanitaria, necessario considerato il coinvolgimento anche dei servizi sociosanitari); il risultato è una serie di incertezze per le pubbliche amministrazioni, i gestori e le famiglie, con un mantenimento dei livelli di servizio affidato alle sensibilità locali. A fronte di questa incertezza, si prospetta il pericolo di un ritorno al “welfare fai da te”, con le famiglie costrette a procurarsi direttamente i servizi avvalendosi di forme quali il “bonus baby sitter”, in assenza di garanzie di continuità da parte del welfare territoriale.
Ulteriori forme di sostegno ai servizi semiresidenziali (sociali o sociosanitari) per persone con disabilità sono pervenute dalla costituzione di fondi specifici per finanziare gli oneri per l’adozione di sistemi di protezione del personale e degli utenti (40 milioni), la cui erogazione è subordinata all’adozione di un decreto attuativo. L’accesso a queste diverse forme di sostegno risulta in ogni caso compatibile anche con la fruizione degli altri generali sostegni all’impresa, quali fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga.
I tradizionali Fondi per le politiche sociali (ad esempio il Fondo Nazionale Politiche Sociali) non hanno trovato un vero e proprio reintegro con questi provvedimenti; piuttosto è stata concessa la possibilità di utilizzare le risorse già stanziate per il 2020 dalle manovre di finanza pubblica, anche per le esigenze dettate dall’emergenza: dalla riorganizzazione dei servizi, all’approvvigionamento di dispositivi di protezione, all’adattamento degli spazi, queste sembrano le possibili riallocazioni. Ulteriori norme consentono un allentamento delle condizioni per ricevere le suddette quote3.
A fronte di questi mancati rafforzamenti dei fondi generici, sono stati invece incrementati alcuni sostegni specifici, come quelli diretti alla disabilità/non autosufficienza. Il Fondo Nazionale Non Autosufficienza, programmato per 620 milioni per il 2020, viene incrementato dal DL Rilancio di 90 milioni, di cui 20 da destinare esclusivamente ai “progetti di vita indipendente” (un sostanziale raddoppio della quota 2019, pari a circa 19 milioni). L’altra area oggetto di un mirato reintegro è quella del “Dopo di Noi” (Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare), con un incremento di 20 milioni rispetto ai 58 già stanziati dalla legge di bilancio per l’anno corrente4.
Nell’emergenza epidemiologica sembrano essere stati considerati prioritari gli interventi per favorire l’autonomia dei disabili adulti, mentre proporzionalmente non sembra essere stata dedicata pari attenzione al rafforzamento della rete dei servizi territoriali, quali, ad esempio l’assistenza formale alle persone anziane (è probabile che ciò significhi un maggior carico assistenziale sulle famiglie, a fronte di servizi che non hanno ancora ripreso a pieno l’operatività). Anche il rafforzamento dell’ADI sanitaria, se non accompagnato da un sostegno degli interventi socio-assistenziali al domicilio, potrebbe rivelarsi vanificato (anche la possibilità di conversione dei servizi semiresidenziali in domiciliari individualizzati avrebbe richiesto risorse specifiche per la rete sociale).
A completare il quadro del DL Rilancio alcuni interventi specifici in aree di confine tra le politiche sociali e quelle di altri settori, ovvero:
- 150 milioni per l’area dei servizi socioeducativi (potenziamento dei centri estivi diurni e degli altri servizi socioeducativi territoriali per la fascia 3-14 anni, oltre che per progetti di contrasto alla povertà educativa a cui viene riservata una quota del 10%), sottoforma di reintegro del Fondo per le politiche della famiglia (art. 105). Sul relativo riparto le regioni sembrano aver già raggiunto un’intesa che dovrebbe quindi consentire un rapido accesso ai fondi
- 140 milioni a titolo di incremento fondo per il sostegno alle locazioni (art. 29)
- 100 milioni a titolo di Incremento Fondo Terzo Settore (art. 67)
Tab. 1 – Le risorse straordinarie per il welfare territoriale
DL “Cura Italia” | DL “Rilancio” | |
Fondi sanitari | 1.410 | 3.248 |
Covid-Hospital, Terapie intensive e sub-intensive, Pronto soccorso e ambulanze | 1.467 | |
Nuove assunzioni, Incentivi al personale, Borse di specializz.) | 526 | |
USCA | 61 | |
Assistenti sociali | 14 | |
Strutture isolamento | 32 | |
Telemonitoraggio | 72 | |
Cure domiciliari ex art. 22 Lea | 734 | |
Infermiere di comunità/famiglia | 332 | |
Infermieri di supporto ai MMG | 10 | |
Fondi sociali | 3 | 110 |
Finanziamento case rifugio | 3 | |
Fondo non Autosufficienza | 90 | |
Fondo Dopo di Noi | 20 | |
Altri fondi | – | 430 |
Fondo per gli oneri per l’adozione di sistemi di protezione del personale e degli utenti dei centri diurni | 40 | |
Fondo locazioni | 140 | |
Fondo Terzo settore | 100 | |
Centri estivi diurni e altri servizi socioeducativi | 150 |
Considerazioni d’insieme
L’emergenza ha riportato all’attualità una serie di questioni annose del finanziamento del nostro welfare, quale ad esempio quella della frammentarietà delle fonti.
Nel ripercorrere gli interventi straordinari è emersa un’attenzione, specialmente a partire dalla Fase Due, al territorio. Esistono tuttavia ampi margini di miglioramento per rendere queste misure più coordinate con quelle ordinarie e per dare ai finanziamenti maggiore sistematicità.
Nel quadro attuale molti aspetti dipendono ancora dai futuri provvedimenti attuativi e sembrano demandati alla discrezionalità locale. E’ dunque necessario un costante monitoraggio dei relativi effetti su tutti i target di utenza coinvolti per evitare di vanificare gli intenti.
- A meno di un minimo fondo per le case rifugio per le vittime di violenza domestica.
- È stata confrontata la voce “Assistenza programmata a domicilio (ADI)”, (Fonte: Banca Dati Amministrazioni pubbliche (BDAP) su modelli dei costi per livello di assistenza anno 2017) con il totale del FSN di quell’anno.
- “La rendicontazione del 75% della quota relativa alla seconda annualità precedente è condizione sufficiente alla erogazione della quota annuale di spettanza” (DL Rilancio). Nel Riparto per il 2019 del FNPS si prevedeva invece che nel 2020 sarebbe stato sperimenta la rendicontazione da parte degli ambiti nel Sistema Informativo dell’offerta dei servizi sociali della quota riferita al 2018. Dal 2021 si sarebbe trattato di un adempimento a cui condizionare l’erogazione della quota annuale. Sarebbe stato peraltro monitorato il rispetto della quota del 40% che il Piano Sociale Nazionale riservava all’area dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
- Al fine di potenziare i percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine ovvero per la deistituzionalizzazione, gli interventi di supporto alla domiciliarità e i programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile, per le persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, in conseguenza della emergenza epidemiologica.