Il REI, come sappiamo, chiama in causa alleanze ed accordi anche con il Terzo settore. In questo contributo si descriveranno le esperienze di collaborazione tra Servizi pubblici, Caritas diocesana, ed altri soggetti del territorio, nell’area di Benevento, che si sono consolidate negli ultimi anni con particolare riferimento al tema della povertà.
Si tratta di un territorio che conta circa 290 mila abitanti per 78 Comuni, 60 dei quali con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti. È un’area rurale vasta che in passato si era caratterizzata per la coltivazione del tabacco e che poi ha visto ridursi drasticamente la produzione, mentre restano forti le filiere agroalimentari (del torrone in particolare) e vitivinicole. Si assiste inoltre ad alcuni fenomeni di deindustrializzazione; il distretto tessile del Tammaro Fortore contava 2000 addetti 20 anni fa, oggi meno di 40. Negli ultimi 10 anni diverse graduatorie nazionali pongono la città capoluogo e la provincia tra le più povere di Italia.
La collaborazione tra Servizi e Terzo settore affonda le proprie radici in periodi precedenti, ma negli ultimi anni ha assunto un carattere più strutturato e ha oggi tra i propri esiti una significativa cooperazione per la gestione del REI.
Una prima collaborazione significativa ha luogo tra il 2010 ed il 2014: la Caritas di Benevento, con il progetto Market Solidale, aveva lanciato una campagna di contrasto all’indigenza alimentare, attraverso una collaborazione pubblico-privata che coinvolgeva oltre alla Caritas la Provincia e gli Ambiti territoriali a cui si affidava la selezione dell’utenza in base a criteri di nuclei familiari e reddito. Il Market Solidale prevedeva la possibilità per la famiglia indigente di prelevare gratuitamente una volta al mese una borsa alimentare con l’insieme di beni necessari. Si sono sperimentate dinamiche di lavoro comune tra gli operatori pubblici e della Caritas, si è tentato – anche se non sempre con successo – di strutturare un sistema di condivisione delle informazioni dando vita ad una piattaforma online; e in ogni caso questo progetto ha rappresentato comunque la prima esperienza assoluta in provincia di lotta all’indigenza in ottica di rete, in cui sono stati fatti convergere fondi della provincia di Benevento, degli Ambiti sociali e dell’otto per mille.
Una seconda esperienza di collaborazione riguarda l’area penale: la Caritas di Benevento, grazie ad un fondo straordinario della Conferenza Episcopale Italiana per il mondo del carcere, ha avviato dal 2012 un’esperienza di case management nel campo dell’esecuzione penale di persone appartenenti a nuclei familiari multiproblematici. La Caritas ha riunito intorno a sé una rete di organizzazioni di terzo settore che insieme all’Ufficio Esecuzione Penale Esterna hanno dato vita ad una esperienza strutturata di collaborazione denominata “Libertà Partecipate”, basata su un piano di collaborazione quinquennale, rinnovato alla scadenza e quindi oggi attivo. Secondo questo accordo, i soggetti che vi partecipano prendano parte, ciascuno con propri operatori, a patti personalizzati di uscita dalla devianza da proporre ai destinatari; questi patti prevedono la formazione di una micro-equipe composta, a seconda dei casi, da operatori dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna, del Carcere, del Terzo settore, dei Servizi Sociali e del SerT, individuando all’interno di questo gruppo di lavoro un operatore perno (operatore keyworker); la micro equipe si incontra periodicamente per fare il punto sull’andamento del progetto. In questi sei anni sono state prese in carico in questo modo 88 persone. Questa rete aggrega e integra risorse che spesso sono state significative per il detenuto già nelle precedenti vicende biografiche e che sono rimaste in contatto con lui durante la pena e dopo che la pena è stata scontata. I patti personalizzati riguardano l’area delle relazioni familiari, dell’habitat, della salute (con particolare attenzione alle dipendenze patologiche), alla socialità sana, alla formazione ed al lavoro. In particolare, sono state offerte oltre 50 borse lavoro nei primi 5 anni e 12 detenuti ed ex detenuti sono stati ora assunti all’interno del Consorzio Sale della Terra, espressione della rete del Terzo Settore generata dalla Caritas Diocesana di Benevento. Lo studio della recidiva è in atto, ma al terzo anno i risultati erano già molto significativi: su 27 recidivanti abituali, solo 5 avevano commesso nuovi reati.
Grazie alle reti sopra esplicitate, a cui si è aggiunta una nuova importante rete di imprese sociali ed agricole createsi attorno alle esperienze dei Budget di Salute e degli Sprar, il territorio si è oltremodo vivacizzato, creando nuove connessioni tra Terzo Settore e altri soggetti del mondo dell’agricoltura, dell’artigianato e del turismo, come Coldiretti, Cia, CNA , dell’associazionismo familiare, come La Rete Sociale in difesa della salute mentale e l’Associazione per le famiglie con ADHD, e creando nuove intese tra soggetti della società civile fino ad ora “distanti” da questo tipo di interventi; ad esempio la Caritas Benevento ha aperto un Charity Shop in collaborazione con la Croce Rossa Italiana.
Oggi queste alleanze agiscono in sinergia anche per l’attuazione del REI. È stato stipulato a questo proposito un protocollo di intesa tra Caritas Benevento ed Ambiti Sociali per la condivisione dei patti personalizzati per i destinatari del REI e per collaborare nella diffusione della conoscenza del REI ai suoi potenziali destinatari attraverso un help desk allestito alla Caritas di Benevento. Come per “Libertà Partecipate”, il protocollo di intesa prevede il funzionamento di micro-equipe di case management, la definizione di un patto personalizzato condiviso con l’utente e l’individuazione di un operatore perno che faccia da unico accesso alla rete per i contatti con l’utente del REI. Caritas, Ambiti sociali e altre associazione condividono alcuni dati relativi agli interventi sulla piattaforma online Caritas Italiana, Ospoweb.
La collaborazione può assumere varie forme, che hanno come comune denominatore un’azione coordinata tra i diversi soggetti firmatari del protocollo. Ad esempio può accadere che, a fronte di un bisogno impellente, la Caritas anticipi l’intervento con una propria presa in carico di urgenza, in attesa che il Comune attivi il processo di presa in carico con i tempi propri del REI e riconduca l’intervento nell’ambito istituzionale non appena il REI entra concretamente in funzione. In questo esempio, oltre ad avere migliorato l’efficacia della risposta, si è dato al cittadino un messaggio chiaro rispetto al fatto che il “patto” che egli stipula in occasione del ReI non è solo con i Servizi sociali, ma con una rete civica che si è mobilitata per dare una risposta ai suoi bisogni. In altri casi la Caritas interviene nella progettazione strategica per la formazione e il job placement all’interno della rete di cooperazione del Consorzio Sale della Terra, avviando persone beneficiarie del REI in processi formativi e di inclusione lavorativa nel campo dell’agricoltura e dell’impresa artigiana. Ancora, Servizi sociali, Caritas e altre organizzazioni di Terzo settore possono lavorare insieme alla ricerca di soluzioni abitative per le famiglie; in questo caso la Caritas offre degli alloggi per l’urgenza e cerca, insieme alle famiglie, le migliori soluzioni abitative che verranno poi mantenute in seguito al riconoscimento della carta REI. Non sono mancati i casi in cui la Caritas è stata il tramite per il ricorso alla rete di famiglie affidatarie volontarie in sostegno a nucleo in difficoltà e di avvio di esperienze di co-housing sociale.
Questi esempi ben evidenziano come le esperienze di collaborazione consentano una modalità di presa in carico molto più ampia rispetto a quella che ciascun soggetto potrebbe fare se agisse in modo isolato; d’altra parte sono altrettanto evidenti possibili margini di ulteriore miglioramento.
Manca ancora, ad esempio, da parte della politica locale, una visione di insieme che innesti il REI all’interno dei processi di sviluppo economico locale, delle misure strategiche come il Piano di Sviluppo Rurale, la Strategia delle Aree Interne e gli incentivi del programma “Resto al Sud”; insomma a misure, anche dotate di risorse rilevanti, che insistono sull’area dello sviluppo locale e quindi delle opportunità di crescita economica e di lavoro. Mettere in atto questo legame potrebbe fare la differenza tra una misura gestita – pur, come si è visto, in forma avanzata – di assistenza e un approccio che valorizzi appieno i possibili percorsi di autonomia e fuoriuscita dalla povertà. Questo si somma, almeno al momento attuale, al ben noto problema dello sfasamento temporale tra avvio della misura e disponibilità delle risorse: gli ambiti sociali pur avendo stipulato i patti personalizzati sono ancora in attesa delle risorse delle misure di accompagnamento in capo ai PON Inclusione per farle partire; è vero che in futuro queste risorse saranno disponibili, ma ad oggi stanno partendo percorsi in cui spesso, contraddicendo lo spirito del ReI, ci si limita all’erogazione monetaria e questo rischia di compromettere la misura facendola percepire al cittadino in modo limitativo rispetto a quanto in realtà potrebbe rappresentare.