Solitudini


Sergio Pasquinelli | 23 Marzo 2020

Ci sono i bambini e i ragazzi che non vanno più a scuola (in Lombardia da un mese), c’è chi è a casa senza lavoro e si chiede se lo riavrà, c’è chi è in quarantena e vive giornate buie di attesa, ci sono i genitori single con figli piccoli, c’è chi non ha un tetto dove dormire, dove stare, ci sono le persone con disabilità che vedono chiusi i servizi che frequentavano, ci sono gli anziani soli.

È stato detto che il distanziamento sociale ci sta rendendo tutti un po’ più uguali. Mica tanto vero. Queste condizioni sembrano dimostrare il contrario. Perché divaricano chi ha risorse di cura, educazione, relazione da chi non ne ha.

 

A casa con i figli: un tutorial non basta

Giusta l’insistenza con cui si è parlato in queste settimane di didattica a distanza, di strumenti elettronici da mettere a disposizione, di supporti adeguati. Questi mesi segneranno un cambiamento permanente nel modo di insegnare e apprendere. Ma la didattica a distanza riguarda soprattutto un’età (le medie superiori, l’università) e, nella scuola, i licei. Già negli istituti tecnici può riguardare solo un numero limitato e meno centrale di materie. E certamente riguarda meno, in modo diverso, le età inferiori: dalle materne alla scuola media.

La rottura degli equilibri a fatica si ricompone mediando tra vita familiare e lavorativa1, perché lo smart working con figli piccoli in casa è molto, molto complicato (circolano tutorial su come passare il tempo con i figli ai tempi del Coronavirus). Ma poi c’è un altro tema che riguarda la didattica a distanza dei più piccoli: il dialogo (necessario) tra scuola e genitore. Quello che si ripete come un mantra nelle riunioni di classe – docenti e genitori devono andare d’accordo, agire in armonia e coerenza – conosce ora un piano di verifica concreta. Un piano su cui inevitabilmente si ripropongono differenze sostanziali tra genitori presenti e consapevoli e situazioni di assenza, fragilità (si pensi solo ai genitori single), distrazione, violenza e conflitto.

 

Persone con disabilità: ancora tutto in famiglia?

Sono almeno settecentomila i giovani e adulti con disabilità nel nostro Paese, molti i minori. Il decreto Cura Italia interviene come può, con gli strumenti del governo centrale, come congedi parentali di 15 giorni per i genitori che lavorano come dipendenti, retribuiti al 50%. Fish e Fand, le due maggiori organizzazioni del settore, hanno espresso apprezzamento per queste misure.

Ma c’è chi non la pensa così, come ha riportato Redattore Sociale qui.

Sara Bonanno presta la voce a tanti genitori: “nel giorno in cui il decreto governativo chiude i centri diurni e affida il destino dell’assistenza domiciliare alle scelte discrezionali delle amministrazioni. La chiusura dei centri residenziali e semi residenziali successiva all’interruzione del diritto scolastico chiarisce ormai, senza alcuna ombra di dubbio, che l’assistenza della persona con disabilità è un “affare di famiglia”. Certamente la riconversione dei centri diurni in assistenza domiciliare non può avvenire a costo zero, richiede nuove risorse.

 

Un posto dove stare

Trovare un’accoglienza alle decine di migliaia di persone senza dimora è un appello lanciato da diverse associazioni e su cui un numero crescente di Comuni si è attivato.

Anche per i migranti e i richiedenti asilo l’emergenza è difficile da affrontare. Secondo le stime dell’ultimo rapporto di Medici senza frontiere “Fuori campo” sono almeno 10.000 le persone (in prevalenza richiedenti asilo o titolari di protezione internazionale o umanitaria) che vivono in diversi insediamenti informali sul territorio nazionale, in condizioni che potrebbero rapidamente deflagrare dal punto di vista sanitario e sociale, nelle campagne del Sud ma anche in molte aree metropolitane. La Fondazione Migrantes stima in 620.000 i migranti irregolari nel nostro Paese.

 

Anziani soli e caregiver sotto pressione

Sono i più esposti al virus, e i più soli: sono 4,4 milioni gli anziani che vivono per conto proprio nel nostro Paese, su un totale di 13,8 milioni. Di questi molti non godono di nessun aiuto. Una condizione, quella dell’assenza di aiuti, che cresce drammaticamente con l’età, per diventare prevalente – esattamente nel 52% dei casi – tra gli oltre 4 milioni ultra-ottantenni (Istat, “Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita”, 2016).

Pensiamo a chi vive a casa con problemi cognitivi, per non parlare di demenze conclamate: oltre un milione di persone. E pensiamo all’esercito dei caregiver familiari, molti stretti nel “sandwich” di un impegno parallelo per i figli minori e i genitori che invecchiano, i quali già normalmente vivono i compiti che assolvono dentro una frequente solitudine, che oggi si sta esasperando. Per i caregiver sono previsti a marzo e aprile 12 giorni in più di permesso ex l. 104/92. Bene, ma ne beneficiano com’è noto solo i lavoratori dipendenti per situazioni di non autosufficienza conclamata.

La reclusione domestica per chi è solo può facilmente diventare un dramma: umano, psicologico, sociale. Sono innumerevoli le iniziative di vicinato, di welfare collaborativo portate avanti in questi giorni, anche su iniziativa di associazioni come Auser e Anteas: per milioni di anziani poter avere la spesa o il pasto a domicilio è diventata, per esempio, un’esigenza impellente. Queste progettualità dal basso non trovano sostegni nel decreto “Cura l’Italia” ma andrebbero previste azioni urgenti di sostegno, da governo, Regioni, enti locali, perché sono quelle che generano prossimità efficace ed evitano un logoramento esasperante. Per questo andrà previsto un rifinanziamento consistente di alcuni fondi nazionali (Fondo per le politiche sociali e Fondo non autosufficienza in modo particolare). Rimane aperto il tema di come i volontari si possano spostare per aiutare gli anziani soli, se possono vedere riconosciuti dei permessi speciali di spostamento.

Se la badante non viene più

È completamente stravolto il mondo del lavoro. L’apparato produttivo italiano, settori come il commercio e il turismo sono in ginocchio: alle misure iniziali appena introdotte ne dovranno seguire altre, per evitare il rischio di fallimento di un numero inimmaginabile di imprese. Costrette oggi a sostenere costi senza ricavi. Nella cooperazione sociale si calcola che almeno un terzo degli operatori sia oggi senza lavoro. Poi ci sono settori un po’ particolari, dove le fragilità del datore di lavoro e del lavoratore quasi si toccano: il lavoro di cura.

Badanti e colf sono le vere escluse dal decreto governativo: non possono accedere alla cassa integrazione in deroga, aperta a tutti gli altri lavoratori. Inoltre, sembrano numerosi i casi di chi ha chiuso il rapporto di lavoro per evitare un contatto diretto tra persona assistita e badante, possibile fonte di contagio, per non parlare del crollo delle nuove assunzioni. C’è poi chi invece ha assunto il lavoratore, regolarizzando un rapporto già esistente, per dargli la possibilità di raggiungere la persona assistita senza problemi nel caso di controlli negli spostamenti. Il saldo netto di questo doppio movimento lo conosceremo solo fra diversi mesi. Ma temo che il primo gruppo sia di gran lunga più numeroso del secondo.

 

Attraversiamo giorni di solitudine: apprezziamone la componente di intimità, la possibilità di reinventarci un tempo nuovo, il valore dei cortili, di un vicinato vicino. Ma attiviamoci per chi tra noi vive questo tempo come un vuoto senza alternative, privo di relazioni: d’aiuto, di vicinanza, di comunità. Perché per stare bene da soli, bisogna avere tanti amici. Ognuno per conto proprio, ma insieme.

  1. Su questo tema vedi anche l’articolo di Stefania Sabatinelli pubblicato su welforum.it