Le ONG al tempo del Covid-19


Alceste Santuari | 12 Marzo 2020

In questi giorni di emergenza sanitaria, alcune Organizzazioni Non Governative (ONG) hanno offerto il loro aiuto al Governo italiano, mettendo a disposizione personale ed expertise maturata sul campo.

Tuttavia, forse non sempre sono chiari i contorni giuridici delle ONG, la loro importanza “strategica” e il loro ruolo, specie nel comparto sociosanitario.

 

Le Organizzazioni non governative (ONG)1 sono, in larga parte e di norma, costituite nei Paesi maggiormente industrializzati per realizzare e gestire interventi e progetti di natura umanitaria nei Paesi in via di sviluppo. Questa loro specifica mission di interesse pubblico a livello internazionale, ha, nel corso dei decenni, permesso di inquadrare le ONG tra i principali attori che operano a favore dei diritti umani e della loro esigibilità su scala globale. Al riguardo, preme ricordare che le ONG, attraverso il metodo della consultazione, sono da tempo chiamate in modo permanente ad esprimere le loro opinioni e posizioni nell’ambito delle organizzazioni internazionali (si pensi per tutte all’OMS).

 

In epoca recente, specie a causa dei flussi migratori che hanno interessato e continuano ad interessare l’Europa, le ONG hanno cominciato ad operare anche negli ambiti territoriali in cui esse sono formalmente registrate (si pensi, per tutti, agli interventi di search and rescue – SAR – nel Mar Mediterraneo). Da tali interventi è conseguita una evoluzione delle attività svolte dalle ONG: esse non risultano più soltanto impegnate ad affrontare un’emergenza umanitaria, ma sono chiamate a realizzare una articolata e complessa gamma di azioni e di servizi “a terra”, riconducibili all’assistenza sanitaria dei migranti. In quest’ottica, dunque, le ONG, in quanto organizzazioni non profit, dotate di assetti strutturati, spesso di natura “federale”, possono essere identificate, insieme ad una pluralità di altri attori istituzionali e non lucrativi, alla stregua di erogatori di servizi sociosanitari.

 

Gli interventi umanitari delle ONG si collocano, da un lato, in un fitto sistema di relazioni e accordi internazionali, caratterizzati – inter alia – da responsabilità e funzioni pubbliche di sorveglianza delle reti di contrabbando e traffico di esseri umani. Dall’altro, le azioni delle ONG si svolgono spesso in un contesto europeo caratterizzato da una oggettiva debolezza di un’azione di coordinamento efficace da parte delle istituzioni comunitarie ed dalla costante diminuzione delle risorse pubbliche dedicate ai servizi sanitari a causa delle politiche di austerità fiscale che hanno interessato l’Europa nell’ultimo decennio.

 

Le ONG, in qualità di “unità di offerta” di servizi sanitari, accreditate nel sistema di welfare nazionale e regionale contribuiscono – nel caso specifico dell’Italia – ad assicurare i livelli essenziali garantiti dalla Costituzione a tutti i cittadini. L’art. 32, disegnando un Sistema sociale e socio-sanitario incentrato sul diritto degli individui, impedisce, infatti, che il SSN e i servizi che vengono erogati a livello regionale e locale possano discriminare gli assistiti, evitando di conseguenza che si possano verificare asimmetrie in ordine alla fruizione del diritto alla salute. Qualora ciò dovesse avverarsi, si registrerebbero due diverse tipologie di diritti essenziali, l’una relativa ai cittadini e l’altra riservata ai migranti, in specie irregolari, i quali risulterebbero attratti in una sorta di area di protezione pubblica minore. In quest’ottica, l’azione delle ONG è viepiù importante in un contesto caratterizzato, tra l’altro, dalla necessità di organizzare e gestire interventi umanitari spesso personalizzati e incentrati sulla domanda individuale. Le caratteristiche giuridiche ed organizzative delle ONG rendono questi organismi non lucrativi particolarmente adatti a progettare e gestire questa tipologia di interventi, in particolare in partnership con le autorità competenti.

 

Gli interventi delle ONG risultano finalizzati a rafforzare il diritto alla salute degli strati più vulnerabili della società. E’ su questo fronte, riteniamo, che l’azione delle ONG può svilupparsi ulteriormente: la tutela dei diritti umani, ivi compreso l’accesso all’assistenza sanitaria, non solo integra il dovere di solidarietà contenuto nella Costituzione italiana, ma realizza un altro principio costituzionale, segnatamente, il principio di sussidiarietà ex art. 118, u.c. Cost. Quest’ultimo, infatti, contempla percorsi e strumenti di integrazione umana e sociale, nei quali sia le ONG sia gli enti pubblici sono chiamati ad operare su piani di complementarietà e di condivisione – pur nell’ambito delle rispettive competenze – al fine di implementare progetti e interventi che siano in grado di rispondere ai bisogni sociali. In questo senso, si può affermare che l’azione delle ONG possa contribuire a superare la dicotomia tra una declinazione individualistica dei diritti umani e la necessità di adottare politiche pubbliche di tutela della salute di matrice comunitaria. In termini conclusivi, si può pertanto affermare che le ONG, grazie al loro radicamento territoriale, alle loro finalità statutarie, alla loro capacità di coinvolgere la società civile, nonché grazie alle loro caratteristiche organizzative siano capaci di approntare soluzioni e definire progetti di intervento coerenti con i principi costituzionali e, allo stesso tempo, adeguati ad affrontare processi globali e complessi quali i flussi migratori. In questa prospettiva, gli istituti giuridici della co-programmazione e co-progettazione possono risultare maggiormente efficaci di altri strumenti giuridici, attesa la loro flessibilità, la loro capacità di creare reti virtuose tra diversi soggetti, pubblici e privati, nonché la loro temporaneità, che, ad esito di valutazioni positive, può assumere una forma stabile nel tempo.

 

La disponibilità dimostrata dalle ONG rappresenta un elemento essenziale nella costruzione di reti capaci di reggere l’urto dell’emergenza derivante dal coronavirus, nonché una componente essenziale di quel “sistema” che – al netto delle difficoltà conseguenti ad una pressione inedita sulle strutture sanitarie – costituisce invero un elemento distintivo della capacità di risposta all’emergenza in atto.

 

Anche il quadro normativo permette una valorizzazione specifica dell’apporto delle ONG nel settore dei servizi socio-sanitari: si pensi, da un lato, all’art. 9-bis, d. lgs. n. 502/1992 (così come modificato dal d. lgs. n. 229/1999) in materia di sperimentazioni gestionali e, dall’altro, alle possibilità offerte dall’art. 55 del Codice del Terzo settore in tema di co-programmazione e co-progettazione.

Attraverso le sperimentazoni gestionali, le autorità sanitarie possono individuare formule di collaborazione stabili nel tempo, coinvolgendo l’expertise, la professionalità e l’organizzazione degli enti non lucrativi. Attraverso la co-programmazione e la co-progettazione, gli enti pubblici sono legittimati ad affrontare problemi nuovi ovvero a ricercare soluzioni diverse a problemi già esistenti.

In entrambi i casi, quello che si afferma é un metodo di “leale cooperazione” tra soggetti pubblici e soggetti privati, caratterizzata dalla ricerca (costante, consapevole, trasparente e non discriminatoria) di risposte ai bisogni sociali e alla domanda di salute.

 

Questi istituti giuridici rappresentano invero un presidio fondamentale della capacità di assicurare le prestazioni socio-sanitarie, atteso che la collaborazione tra enti pubblici e soggetti non lucrative permette di “unire le forze” al fine di conseguire il medesimo obiettivo.

Le ONG, in questa prospettiva, anche grazie alla loro dimensione internazionale e alla loro radicata capacità di operare in situazioni emergenziali possono davvero contribuire in modo decisivo ad affrontare non solo la contingenza ma anche a progettare soluzioni che possano durare nel tempo, anche quando l’emergenza sarà superata.

  1. Il termine “organizzazione non governativa” fu utilizzata per la prima volta nell’articolo 71 della Carta dell’ONU, approvata il 26 giugno 1945, che così recita: “Il Consiglio Economico e Sociale può prendere opportuni accordi per consultare le organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrino nella sua competenza. Tali accordi possono essere presi con organizzazioni internazionali e, se del caso, con organizzazioni nazionali, previa consultazione con il Membro delle Nazioni Unite interessato.”