L’impresa sociale di fronte all’emergenza


Laura Bongiovanni | 19 Marzo 2020

Come stanno reagendo le imprese sociali all’emergenza in atto? Sui media di settore si sono lette molte dichiarazioni di rappresentanti del Terzo settore e della cooperazione sociale che evidenziano con allarme le possibili conseguenze di questa situazione sulle imprese e sui lavoratori; e queste fatiche costituiscono senz’altro un aspetto caratterizzante della fase che stiamo vivendo.

Ma, accanto a questo, vi sono esperienze che mettono in luce come almeno una parte delle imprese sociali stia assumendo caratteristiche “emergenziali”, stia mettendo in luce cioè una capacità non scontata di intervenire in risposta a sconvolgimenti del tessuto sociale ed economico che accompagnano i momenti di crisi dando risposte via via differenziate e mutevoli; e ciò sta avvenendo anche oggi nell’inedita situazione di pandemia che ci troviamo a vivere. Insomma, l’impresa sociale va considerata non solo tra le vittime di questa situazione, ma anche tra i soggetti che stanno lavorando attivamente per affrontarla.

 

Ad oggi non vi sono dati che possano documentare quanto questo fenomeno di imprese sociali “emergenziali” sia diffuso, ma è possibile riscontrare diverse esperienze che forniscono un indizio di quanto il fenomeno possa essere diffuso.

La fonte è costituita dai contatti con le imprese sociali monitorate nell’ambito dell’Osservatorio che l’Associazione Isnet realizza da ormai 13 anni su un panel di oltre 1200 imprese sociali in tutta Italia e con le quali è attivo, anche al di là dell’Osservatorio un dialogo che consente di cogliere alcune tendenze in atto.

Si sono avuti contatti in questi giorni con numerose cooperative sociali di servizi alla persona operanti nel centro e nel nord Italia che, a fronte della situazione di isolamento o rarefazione di contatti determinata dalla necessità di contenere il contagio, hanno istituito numeri verdi o linee telefoniche dedicate a servizio degli anziani in condizione di marginalità e solitudine, sia al fine di assicurare un servizio di compagnia, sia di poter rispondere ad eventuali bisogni specifici.

Una cooperativa di inserimento lavorativo in centro Italia ha dovuto interrompere l’attività lavorativa dove sono inserite persone con disabilità psichica e con altri tipi di svantaggio e si è resa conto del rischio di regressione e della condizione di solitudine che questa improvvisa sospensione poteva determinare; ha quindi attivato iniziative di accompagnamento per le persone svantaggiate inserite.

In Emilia-Romagna una cooperativa sociale del Panel Isnet che svolge attività rivolte ai migranti ha istituito un numero verde a loro dedicato per offrire informazioni sui comportamenti da adottare riscontrando la necessità di un servizio dedicato a questo scopo.

In Lombardia e Piemonte vi sono cooperative che hanno attivato servizi di supporto psicologico telefonico gratuito rivolto a garantire un primo intervento a chi si trova in quarantena o isolamento domiciliare e sono in via di attivazione interventi nelle carceri per favorire le comunicazioni dei detenuti con i familiari alla luce degli obblighi imposti dall’emergenza, intervenendo quindi su un problema che come è noto dai recenti episodi di cronaca, sta creando situazioni di grande tensione e difficoltà.

Un’impresa sociale bolognese sta attivando un supporto alle famiglie del personale ospedaliero con possibilità di utilizzare servizio di babysitting e di consegna spesa a domicilio. Nel momento in cui si scrive non si è ancora risolto il problema di trovare mascherine e altri presidi di protezione, ma il servizio dovrebbe partire quanto prima.

 

Certo è difficile rendersi conto mentre gli eventi accadono quale quota di imprese sociali sia da considerarsi solo “vittima” della crisi e quante stiano realizzando, a partire dai propri legami comunitari, una funzione “emergenziale” e quanto tale funzione sia svolta con caratteri tipici dell’organizzazione di impresa anziché del volontariato di singoli membri.

Da una prima ricognizione pare comunque che, accanto e insieme a cittadini volenterosi che offrono tempo e donazioni, accanto all’azione sinergica degli attori pubblici e privati, siano numerose anche le imprese sociali che hanno intrapreso iniziative come quelle sopra raccontate; oltre alle iniziative già realizzate, sembrano esservene altre in fase di progettazione e altre ancora che attendono solo di superare un qualche vincolo esterno – definizione di accordi, reperimento di strumenti – per essere messe in atto. Oltre all’organizzazione di servizi alle fasce di popolazione più fragili, sono di grande interesse le sperimentazioni per far evolvere i propri servizi in forme compatibili con le misure di contenimento del contagio, ad esempio attraverso modalità a distanza.

Al fine di conoscere, monitorare e rilanciare questo tipo di iniziative e di favorire opportunità di interconnessione e scambio, Isnet ha aperto una pagina web in cui raccoglie le testimonianze delle imprese sociali impegnate in azioni emergenziali.

 

L’attenzione al modo con cui le imprese sociali attraverseranno la fase della crisi dovrà comprendere poi uno sguardo alla fase post crisi, dove insieme al rilancio economico sarà necessario essere in grado di inserirsi nei processi culturali di decodifica e ricostruzione di quanto avvenuto, per mettere a frutto ciò che questo tempo lascia  e deposita, anche in termini di cambiamento del proprio modello nel senso di sviluppare la propria capacità di attivare la collaborazione sinergica degli attori in gioco e di cogliere in modo pragmatici i bisogni fondamentali delle comunità.


Commenti

Il punto di vista di Laura Bongiovanni e dell’associazione ISNET è sempre di una interessante analisi prospettica per l’intero Terzo Settore italiano. Lavoro ancor più prezioso in questo difficile momento di emergenza.