Formazione e competenze digitali degli assistenti sociali
Giorgio MarcelloSabina Licursi | 19 Luglio 2022
La partecipazione al webinar “L’aggiornamento dei curricula formativi per i professionisti del Servizio sociale alla luce della transizione digitale” di inizio anno ha permesso di condividere alcuni elementi di riflessione a partire dall’esperienza quasi decennale nel coordinamento del tirocinio del corso di laurea magistrale in Scienze delle Politiche e dei Servizi Sociali e da una attività di terza missione svolta durante l’emergenza Covid-19. Entrambe le esperienze devono essere ricondotte al frame politico-istituzionale calabrese e alla sempre più evidente desertificazione dei servizi. Il sistema di welfare regionale è strutturalmente debole, a causa di una serie di fattori (culturali, istituzionali, sociali ed economici) che, nel tempo, ne hanno condizionato le possibilità di sviluppo. La Calabria è ancora l’unica regione italiana a non aver realizzato forme neanche embrionali di integrazione socio-sanitaria. Il lungo periodo di commissariamento imposto alla sanità regionale è stato caratterizzato da una serie di interventi orientati al contenimento della spesa – con il conseguente blocco del turn over degli operatori del settore – che hanno però determinato una riduzione drastica della quantità e della qualità dei servizi, rendendo evidente il divario civile (Bianchi, Fraschilla, 2020) che distanzia la regione considerata dagli standard medi di funzionamento dei sistemi di protezione sociale nazionale e locali. Solo da pochi mesi inoltre, alcuni ambiti territoriali sociali hanno avviato la prima esperienza di programmazione della rete dei servizi socio assistenziali mediante la predisposizione di piani di zona, con un ritardo di più di venti anni dalla legge di riforma del settore, la n. 328 del 2000 (Pascuzzi, Marcello, 2020). Per effetto di questi percorsi accidentati, la rete locale dei servizi alla persona è fragilissima, e ai cittadini calabresi non è assicurato il diritto di accedere a quelle fondamentali risorse di cittadinanza da cui dipendono le possibilità di uno sviluppo umano autentico. La questione della transizione digitale vista dalla Calabria non può perciò non tener conto degli elementi di contesto appena tratteggiati, sia pure a grandi linee. Per questa regione, è innanzitutto necessario provvedere alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza, sia in ambito sanitario, sia in ambito socio-assistenziale (Martinelli, 2019). Tale condizione appare come la condizione minima essenziale per poter prendere in considerazione in maniera sensata le possibilità operative e innovative consentite dalle nuove tecnologie. I due percorsi esperienziali a cui si fa riferimento in questo contributo non possono perciò ignorare tali elementi di scenario, da cui sono stati inevitabilmente condizionati.
L’esperienza di tirocinio
Nella formazione degli assistenti sociali occupa un peso rilevante il tirocinio, che costituisce il primo affaccio sul mondo della professione e sulla trama dei servizi presenti su un territorio. Esso infatti consente la maturazione di attitudini operative, valorizzando il potenziale formativo dell’esperienza sul campo (Dellavalle, 2011) e del continuo ri-attraversamento riflessivo di essa (Sicora, 2010). Il tirocinio punta all’acquisizione di una professionalità specifica (Campanini, 2015 e 1999) e comporta un confronto continuo con i cambiamenti che intercorrono nella professione e nella società (Gui, 1999). Il tirocinio costituisce uno spazio privilegiato per la costruzione di una identità professionale dinamica, cioè capace di ridefinirsi all’interno di un quadro sociale e istituzionale in continuo cambiamento (Olivetti Manoukian, 2015; Luppi, 2019; Tognetti Bordogna, 2015). In particolare, il tirocinio di magistrale, a seconda di come viene organizzato, può favorire l’affinamento di competenze manageriali, in grado di consentire agli assistenti sociali specialisti di proporsi come figure chiave nelle reti locali dei servizi alla persona (Franzoni, Anconelli, 2003; Rossi, 2014); oppure può incoraggiare l’approfondimento specialistico di attività di aiuto e supporto, con una particolare attenzione ai nuovi bisogni sociali. Andando all’esperienza che si voleva qui richiamare, negli ultimi due anni, le restrizioni dovute alla pandemia hanno di fatto impedito la presenza di studenti Unical nei servizi e, quindi, hanno imposto una riorganizzazione delle attività di tirocinio, anche attraverso l’adozione di percorsi formativi/esperienziali a distanza. La valutazione del percorso, realizzata con il coinvolgimento degli studenti, dei tutor e dei supervisori del tirocinio, ha messo in evidenza che l’adozione di strumenti digitali per la comunicazione di contenuti, per il lavoro di gruppo da parte degli studenti e per le attività di supervisione ha consentito di maturare o rafforzare apprendimenti che potranno essere valorizzati anche nel tempo ordinario da parte di studenti-futuri assistenti sociali, docenti e supervisori. Gli studenti, in particolare, hanno sperimentato che, anche a distanza, è possibile lavorare in gruppo e adottare una mentalità cooperativa, responsabilizzandosi rispetto allo svolgimento di specifici compiti e alla tenuta di una regolarità del percorso. La riorganizzazione della rete dei contatti con i servizi e i supervisori ha, inoltre, consentito al Dipartimento di rinsaldare legami con il mondo della professione e con l’Ordine, sia favorendo l’avvio di un rinnovato dialogo sui nuovi bisogni sociali sia definendo spazi di co-progettazione dei contenuti del tirocinio. L’uso della tecnologia per i collegamenti a distanza, inoltre, ha consentito l’incontro con professionisti molto competenti difficilmente coinvolgibili in presenza, impegnati in pratiche innovative di servizio sociale. I professionisti coinvolti, nel racconto della loro esperienza lavorativa o in qualità di supervisori, sono stati sollecitati a ripensare il confronto interattivo con gli studenti, usando strumenti comunicativi efficaci, portando virtualmente i tirocinanti nei loro servizi, dentro e fuori dai confini regionali. Nel suo complesso questa esperienza ha mostrato che ci sono spazi fertili per l’adozione di strumenti tecnologici e digitali già nella formazione delle competenze degli assistenti sociali, e nella tessitura di rapporti collaborativi tra il mondo della ricerca-formazione e quello della professione (Licursi, Marcello, 2020).
L’attività di terza missione durante la pandemia
L’emergenza pandemica ha costretto, in qualche modo, a fare i conti con la necessità di avvicinarsi all’uso delle tecnologie anche per rispondere a bisogni verso i quali prima non si immaginava la possibilità di un contatto mediato da strumenti tecnologici e/o digitali. Le esperienze in questo ambito sono istruttive, mostrano potenzialità e limiti. L’Università della Calabria, a partire dal primo lockdown, ha cercato di allestire un piano di terza missione, denominato UnicalVSCovid, che favorisse la cooperazione tra ricerca e territorio. Al suo interno è nato un protocollo di intesa tra l’Università, il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, il Centro ICT di Ateneo, una società privata – il Laboratorio di ricerca congiunto per l’innovazione di reti e servizi S.r.l – e l’Ordine Professionale degli Assistenti Sociali della Calabria. L’obiettivo del Protocollo è stato organizzare un servizio di ascolto socio-assistenziale rivolto alla popolazione calabrese in condizione di vulnerabilità, determinata o aggravata dall’epidemia di Covid-19, fornendo attività di segretariato sociale a distanza con il coinvolgimento di assistenti sociali professionisti. Il servizio ha offerto: ascolto attivo, vicinanza e possibilità di un confronto informato sull’emergenza; informazioni su servizi e prestazioni sociali, sanitarie, educative accessibili nella fase di emergenza e attivati da soggetti pubblici e privati, reti di professionisti; segnalazione e trasmissione di richieste dei cittadini ai servizi competenti; allestimento di risposte ad esigenze specifiche. La vera innovazione è consistita nella messa in comune di risorse, conoscenze e competenze, e quindi il dialogo avviato tra informatici e social workers. In particolare, tra il Centro ICT e gli assistenti sociali volontari si è creata una sinergia originale: l’ICT ha adattato la piattaforma web ticket.unical.it per la raccolta e la gestione delle richieste da parte degli operatori assistenti sociali e ha fornito il necessario affiancamento agli operatori. Tuttavia, le criticità non sono mancate e sono derivate dalle difficoltà sperimentate nell’accesso al servizio da parte dei cittadini: ha fatto ricorso allo sportello di ascolto chi aveva le competenze minime digitali per poter accedere e non chi aveva più bisogno, gli anziani in particolare. Per questi ultimi, in particolare, si pone un problema di affiancamento nell’apprendimento dell’uso delle nuove tecnologie. Guardando alla Calabria e alle sue aree interne in particolare, c’è da considerare che lo spopolamento di molti territori comporta la difficoltà di intercettare persone, soprattutto familiari, che possano mediare l’uso della tecnologia e mostrarne l’utilità per la salute e il benessere psico-fisico. La mediazione necessaria non sempre può essere facilmente assicurata. E, soprattutto dove a occuparsi della cura degli anziani sono badanti, occorre pensare a percorsi di formazione e motivazionali specifici affinché le potenzialità della digitalizzazione dei servizi produca effetti. Per favorire l’introduzione delle nuove tecnologie e delle competenze digitali nella cassetta degli attrezzi degli assistenti sociali si possono praticare più strade, sempre tenendo conto sia delle opportunità, sia dei vincoli che caratterizzano i contesti che si prendono in considerazione. Una via potrebbe essere quella dei tirocini sperimentali, che consentano di vedere come altri stiano già utilizzando tecnologie e con quali risultati. Un’altra strada è quella dell’offerta di opportunità post laurea specifiche (corsi di alta formazione o master) e della formazione continua. Alla acquisizione di sapere e competenze bisognerebbe affiancare sperimentazioni applicative, attraverso la definizione di specifici protocolli e con il coinvolgimento di più attori (Università, singoli servizi, professionisti, associazioni di cittadini), al fine di valutarne le ricadute sulla professione, sui servizi esistenti e sulla programmazione degli interventi.