Grossomodo nel decreto per il Reddito di Cittadinanza vengono disciplinate cinque misure, tra grandi e piccole: un beneficio monetario che ingloba l’analoga misura REI, una misura previdenziale, una misura di politica attiva per il lavoro composta da più azioni, una misura di politica attiva per l’inclusione composta dalle azioni di sistema già avviate nel REI, una misura per il sostegno all’abitazione. Ovviamente le complesse e inedite interazioni tra queste cinque misure rendono piuttosto intricata l’analisi del provvedimento, per questo potrebbe essere utile cercare di evidenziare le maggiori distorsioni emerse finora procedendo per approfondimenti successivi.
A lungo si è cercato di capire in quale misura operativa si dovesse concretizzare l’idea del Reddito di Cittadinanza, in questo campo per molto tempo il dibattito nazionale si è concentrato sulle analisi di forme di ‘reddito minimo garantito’. Nel marzo del 2017 la mozione “Robotica e intelligenza artificiale”1 metteva in relazione il RdC con una forma di “reddito di base non condizionato allo status di attività”, mentre nel luglio del 2018 la mozione “Istituzione del Reddito di Cittadinanza”2 ha definito il RdC come una “misura per il contrasto alla povertà, alla diseguaglianza e all’esclusione sociale nonché a favorire la promozione delle condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro e alla formazione”, la stessa mozione ha anche impegnato il governo nell’istituzione della ‘pensione di cittadinanza’ introducendo esplicitamente il riferimento dei 780 euro.
Come è noto, nel decreto tutta questa imponente discussione si è concretizzata in un beneficio economico sussidiario ai 780 euro, recato da una carta acquisti rilasciata da Poste, che ingloba l’analoga misura REI. La differenza è fatta dalla platea dei destinatari e dall’ammontare del beneficio, caratteristiche che dipendono sostanzialmente dal finanziamento che la programmazione del bilancio statale ha messo a disposizione. La misura del beneficio economico viene definita come Livello Essenziale della Prestazioni ereditando il ‘salto costituzionale’ operato dalla normativa nazionale in occasione del REI. Tuttavia il LEP in questione viene definito come “misura fondamentale di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale…” 3, si tratta dunque di un LEP centrato sul lavoro che però viene attivato sulla base di un beneficio economico costruito per la protezione sociale. Questa dipendenza è sancita dal punto più esposto di tutto il sistema RdC: il legame indissolubile tra la soluzione lavorativa individuale e l’elargizione del beneficio monetario.
Questioni operative
In linea generale, quindi, non si tratta ancora di un ‘reddito di cittadinanza’ vero e proprio poiché una misura di questo genere dovrebbe basarsi su una forma di reddito di base incondizionato, come delineato nel marzo 2017 in un documento ufficiale della Camera dei Deputati.
Si tratta di una misura condizionata di politica attiva del lavoro che però, per innescarsi, si basa concretamente su un emolumento costruito con le logiche e le finalità della protezione sociale.
Tale emolumento può essere definito, utilizzando volutamente una locuzione grezza e antica, come una forma di ‘integrazione al minimo vitale’; anche se i 780 euro sono individuati in virtù della soglia di povertà, e quindi il vetusto concetto di minimo vitale comincia finalmente ad acquisire un contenuto qualificante.
Questa forma aggiornata di ‘integrazione al minimo vitale – soglia della povertà’ non è assolutamente da sottovalutare. Prima del SIA-REI non esisteva una misura nazionale, generale e permanente, di integrazione al reddito. Adesso il valore monetario di questa integrazione è stato portato fino alla soglia di povertà, e il beneficio economico così costruito è stato comunque confermato come Livello Essenziale delle Prestazioni. Chiunque si sia occupato di servizi sociali, regolamenti comunali e bilanci comunali, astraendosi per un attimo dall’animosità del dibattito attuale sul RdC, può facilmente rendersi conto del passo avanti fatto con il REI e confermato nel RdC. Fattore da non sottovalutare se pensiamo alle reali condizioni del nostro sistema di protezione sociale.
Uno dei problemi è che, purtroppo, nel meccanismo attuale la misura di protezione sociale è totalmente condizionata al reperimento e alla accettazione della soluzione lavorativa individuale. Alla fine è la rigidità di questo meccanismo che ingenera preoccupazione nel mondo di coloro che lavorano in campo sociale. Proprio la condizionalità che dovrebbe garantire la finalizzazione positiva del RdC come misura lavoristica, nel mondo della promozione sociale potrebbe risultare viceversa un elemento problematico perché la sua rigidità rischia di annullare il contenuto di protezione legato in generale al beneficio economico (quando supportato da un programma di inclusione, ovviamente). Dal punto di vista tecnico questa sarebbe una questione relativa all’appropriatezza dell’intervento da articolare in ambito multidimensionale. Dal punto di vista più generale, ci si chiede cosa potrebbe accadere se il RdC non dovesse produrre in breve tempo un numero cospicuo di soluzioni lavorative individuali. Salterà tutto, compresa la misura di integrazione al minimo vitale per i nuclei complessi?
In ogni caso l’impostazione attuale costituisce già un miglioramento significativo rispetto alle proposte iniziali del RdC, tuttavia forse varrebbe la pena concentrare gli sforzi per farla evolvere ulteriormente in sede di conversione del decreto, bilanciando in modo più equilibrato la dimensione del lavoro e quella dell’inclusione sociale. Potrebbe essere interessante costruire un emendamento che, per i casi complessi in carico ai servizi sociali attraverso il patto per l’inclusione, elimini il legame tra la percezione del beneficio economico e la condizionalità relativa alle soluzioni lavorative individuali; o che perlomeno ne affievolisca l’obbligatorietà automatica, lasciando questo vincolo alle decisioni dell’equipe multidisciplinare che deve valutare i bisogni complessi dei nuclei familiari ed elaborare il piano assistenziale personalizzato. Invece l’obbligatorietà potrebbe essere mantenuta per le persone che accedono al RdC e presentano bisogni legati solo al patto per il lavoro, in questi casi accettare una delle tre proposte di lavoro è una condizione coerente con la natura della misura esclusivamente lavoristica attivata. D’altra parte la prima esperienza di politiche attive per il lavoro organizzate su larga scala in modo omogeneo sul territorio nazionale avrà bisogno di tempo per attivarsi, evolvere e assestarsi, evitando che sia ridotta alla semplice concessione di incentivi a sostegno di lavoro povero per i poveri.
Questioni culturali
Purtroppo però, avanzando proposte di questo tipo si corre il rischio di rinfocolare le solite critiche ascoltate diffusamente in questi mesi, perché riemergono gli spauracchi dell’assistenzialismo, delle furberie strumentali dei singoli, dell’utilizzo finalizzato del lavoro nero. Se i passaggi descritti nel paragrafo precedente evidenziavano alcuni meccanismi di metonimia operativa, in cui vengono scambiati tra loro contenuti e significati tecnici appartenenti ad ambiti differenti seppure contigui; nel caso di queste critiche strumentali siamo di fronte a delle metonimie culturali, poiché le condizioni generali in cui è costretto a operare il RdC vengono scambiati come fattori intrinseci di debolezza del RdC. Il nostro Paese è al primo posto in Europa per la corruzione4, i lavoratori irregolari stimati nel 2016 sono circa 3,7 milioni per un tasso di irregolarità pari al 15,6%,5 nel periodo 2014-2016 l’evasione fiscale è stimata in circa 108 miliardi di euro annui6. Quindi di fronte a tutto questo cosa facciamo? Fermiamo tutti gli appalti, perché qualsiasi appalto può essere oggetto di distorsione vista la condizione endemica di corruzione? Fermiamo tutte le politiche per il lavoro, perché qualsiasi misura può essere distorta vista la condizione endemica di lavoro nero? Fermiamo tutte le politiche fiscali, perché qualsiasi forma di tassazione può essere distorta vista la condizione endemica di evasione intenzionale?
Perché, di fronte a tutto questo, dovremmo fermare solo la misura di ’integrazione al minimo vitale’ per le famiglie più povere e più fragili? O fermiamo tutto, o combattiamo delle giuste battaglie per l’equità, la trasparenza e l’appropriatezza in tutti i settori, non fermando le singole misure ma costruendole bene e, soprattutto, facendo bene i relativi controlli su larga scala. Se mai il nostro Paese troverà il coraggio di controllare veramente sé stesso.
Come sappiamo bene il punto invece è un altro. Le povertà e le fragilità sono condizioni complesse e multidimensionali, il beneficio economico non è che una delle leve da mettere in campo, mentre sono fondamentali un sistema di servizi per l’inclusione che sia forte ed evoluto insieme ad una comunità attiva e generativa. Anche in questo caso forse sarebbe opportuno cercare nella conversione del decreto uno spazio normativo per rinforzare l’attuale connessione tra il RdC e i servizi di sistema della ex misura REI, che restano attivi e si concretizzano nel patto per l’inclusione. A questo scopo sembrerebbe utile, in particolare, ricostruire con precisione i passaggi che legano il RdC al D.Lgs. 147/2017 dando forza e chiarezza ai rapporti tra patto per l’inclusione, servizi di sistema dell’ex misura REI, quota servizi del Fondo Povertà, pianificazione di settore, governance della Rete della protezione e dell’inclusione sociale.
La prospettiva di lungo periodo creata dai LEP
Al di là delle metonimie operative e culturali in corso, e dei gravi problemi causati dai cambiamenti nei processi di accesso e di governance, non dobbiamo dimenticare quanto tempo è stato necessario per arrivare a sviluppare il REI (che in molti speravano potesse progredire ulteriormente). Di fatto l’inizio del percorso è stato segnato dalla carta acquisti, il SIA è stato promosso dalle politiche europee, il passaggio al REI ha aperto per la prima volta la strada per una misura nazionale omogenea, strutturale e permanente che attiva anche la costruzione di sistemi professionali dedicati. Ci sono voluti anni per arrivare a quello stadio. Mentre la definizione dei piani personalizzati ex REI non è ancora stata del tutto completata, e il punto più debole di tutta l’esperienza è sempre stato quello del lavoro.
La conferma dei LEP riferiti al sistema di supporto ex REI e l’avvio del LEP relativo al Reddito di Cittadinanza, seppure nella sua torsione a predominanza lavoristica, proseguono una stagione costituzionalmente orientata che non può essere ridotta alle vicende di queste primissime settimane. La strada sarà lunga e densa di lavoro, a cominciare dalla prossima legge di conversione, ma difficilmente si potrà tornare indietro dopo aver acceso dei Livelli Essenziali di Assistenza. Per quanto riguarda la legge di conversione, dunque, è forse utile concentrarsi su alcuni punti decisivi e sviluppare le più ampie interlocuzioni possibili:
- Bilanciare meglio il rapporto tra patto per il lavoro e patto per l’inclusione, normando la possibilità di mantenere il beneficio economico per i casi complessi anche indipendentemente dalle soluzioni lavorative individuali.
- Sancire con precisione la connessione tra RdC e D.Lgs 147/2019 con particolare attenzione al rapporto tra contenuti dei LEP, dotazioni finanziarie, pianificazione di settore, Rete dell’inclusione.
Il movimento civico e istituzionale che si è formato attorno alla lotta per la povertà e alla misura amministrativa REI, potrebbe svolgere un ruolo fondamentale per fare riemergere le istanze di promozione e di protezione sociale già nelle prossime settimane. La conversione del decreto RdC è la prima occasione concreta da non lasciarsi sfuggire. Poi occorrerà riuscire a portare nel cuore della pubblica amministrazione e delle comunità locali la capacità di leggere queste misure nella prospettiva della progressiva affermazione dei diritti soggettivi recati dai livelli essenziali di assistenza.
- Mozione “Robotica e Intelligenza artificiale” nella versione iniziale presentata il 27.3.2017 alla Camera dei Deputati da Claudio Cominardi.
- Mozione “Istituzione del Reddito di Cittadinanza”, presentata il 16.7.2018 alla Camera dei Deputati da D’Uva, Molinari e altri.
- Decreto Legge ‘Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni’ – articolo 1, comma 1.
- Fonte: Transparency International Italia.
- Fonte: Istat 2018 su dati 2016.
- Fonte: Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva anno 2018 – Commissione istituita con Decreto del MEF.