Il rapporto europeo sulla sostenibilità sociale


Chiara Crepaldi | 5 Maggio 2020

È appena stato pubblicato il report realizzato per il Parlamento Europeo Social Sustainability: Concepts and Benchmarks (il report è scaricabile qui) al quale come IRS abbiamo ampiamente collaborato.

Lo studio è stato richiesto dalla Commissione Employment del Parlamento Europeo in considerazione delle aperture su questi temi da parte della Presidente della Commissione Europea Von Der Leyen, che ne suo discorso di insediamento ha proposto di perseguire la «via europea» valorizzando tutto il nostro potenziale fatto dai nostri popoli, i nostri talenti e le nostre diversità per creare un’Unione più giusta e più egualitaria. Per muovere in questa direzione ed assicurare l’interconnessione necessaria tra gli obiettivi di mandato la Presidente Von Der Leyen ha chiesto ai Commissari di garantire, in ciascun settore, la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

Lo studio ha innanzitutto ricostruito, attraverso un’analisi della letteratura internazionale, le differenti e spesso divergenti definizioni del concetto di sostenibilità sociale andando ad evidenziare le sfide e le lacune da colmare. Ha poi approfondito il tema della misurazione del concetto andando ad identificare i diversi sistemi di indicatori e di indici compositi, per metterne in luce i punti di forza e di criticità. Un’ampia porzione dello studio è poi stata dedicata alla individuazione delle modalità con le quali il concetto è stato implementato nel policy making europeo. Lo studio ha poi anche fornito una panoramica della sua integrazione nella pratica attraverso un approfondimento di progetti, iniziative e programmi realizzati in diversi paesi europei nell’ambito dei quali il concetto è stato sviluppato concretamente.

 

Il concetto di sviluppo sostenibile è stato definito per la prima volta nel 1987 nel Report Brundtland come lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. L’agenda 2030 lo descrive come articolato su tre pilastri: quello della sostenibilità ambientale, della sostenibilità economica e della sostenibilità sociale. L’ultimo pilastro non è finora stato posto sullo stesso piano dei primi due, sebbene intersechi le dimensioni del benessere, dell’equità sociale, dell’accesso ai servizi sociali e sanitari e all’istruzione, un’equa distribuzione del reddito, buone condizioni di lavoro, uguaglianza dei diritti, coesione sociale e inclusione, responsabilizzazione e partecipazione nell’elaborazione delle politiche.

 

L’Europa si è trovata negli ultimi anni ad affrontare diverse sfide che presentano un chiaro impatto sociale, e che richiedono una risposta globale all’azione politica locale, nazionale europea e mondiale: la crescente disuguaglianza tra le generazioni, le migrazioni climatiche, l’iniquità nelle condizioni di lavoro e la crisi produttiva che hanno determinato una crescita della in–work poverty sono questioni strettamente interconnesse nell’ambito degli obiettivi dell’Agenda 2030 e che non possono che essere trattate nell’ambito di una piattaforma comune capace di coniugare politiche di sviluppo economico sempre più verde, capaci di produrre lavoro dignitoso, retribuito equamente, su un piano di parità di genere e di uguaglianza tra i lavoratori, in un contesto nel quale promuovere il superamento della discriminazione nei confronti di migranti, delle persone vulnerabili, delle donne e più in generale delle minoranze. Si tratta di sfide che possono essere affrontate solo con politiche economiche, industriali, sociali, migratorie ed ambientali integrate, seguendo l’approccio dell’Agenda 2030.

 

Nonostante l’uso frequente del concetto nella letteratura accademica e nel dibattito politico, non esiste una definizione e una concettualizzazione pienamente condivisa del termine “sostenibilità sociale”. Lo studio ne presenta l’evoluzione in relazione agli altri due pilastri e ne mette a fuoco i termini principali e le principali fonti di riferimento, giungendo a delinearne gli aspetti sostantivi (quali gli obiettivi da raggiungere) e quelli procedurali (come raggiungerli). Boyer et al. nel 2016 per esempio hanno individuato cinque diversi modi in cui il concetto di sostenibilità sociale è stato applicato nella letteratura e nella pratica:

  1. La sostenibilità sociale come pilastro autonomo e separato dalle dimensioni della sostenibilità ambientale ed economica;
  2. La sostenibilità sociale come vincolo per i pilastri economici e ambientali: lo sviluppo sostenibile in questo caso è considerato un processo di riconciliazione tra le priorità confliggenti di equità sociale, sviluppo economico e protezione dell’ambiente;
  3. La sostenibilità sociale come fondamento per gli altri pilastri, perché costituisce lo stock di capitale sociale necessario per lo sviluppo economico e ambientale, consentendo di compensarne le criticità e le carenze;
  4. La sostenibilità sociale come stimolo per il progresso economico e ambientale e come meccanismo causale di cambiamento ambientale ed economico perché capace di promuovere modi alternativi di pensare, interagire o governare;
  5. La sostenibilità sociale come processo di sviluppo integrato di comunità e di territorio.

Quest’ultimo rappresenta evidentemente l’approccio più coerente ed efficace al tema dello sviluppo sostenibile, per come è espresso nell’Agenda 2030.

 

Lo studio presenta anche le sfide con cui diversi sistemi di indicatori e di indici compositi stanno confrontandosi nel tentativo di individuare modalità per misurare la distanza dal raggiungimento di un effettivo sviluppo sostenibile, capace di integrare i tre pilatri, nella consapevolezza che solo la loro omogenea ed armoniosa compresenza sia capace di promuovere un equo e duraturo sviluppo sostenibile.

Lo studio presenta infine alcuni esempi a livello europeo, nazionale e locale di sviluppo di iniziative capaci di internalizzare concretamente i tre pilastri del concetto. Sono state individuate iniziative politiche a livello nazionale o locale volte alla promozione di esperienze concrete di sostenibilità economica, sociale e ambientale; modelli di sviluppo urbanistico e dell’abitare capaci di essere verdi ed inclusivi, capaci di promuovere la coesione sociale e la vita sociale nei quartieri svantaggiati; iniziative imprenditoriali sostenibili e verdi in grado di promuovere equità salariale e posti di lavoro di qualità. Sono infine state analizzate esperienze di partecipazione e coinvolgimento delle comunità nei processi di sviluppo e crescita locale e nella promozione del benessere dei cittadini.

 

Il report offre spunti di sicuro interesse anche per il contesto italiano in particolare per quanto attiene ai cambiamenti che necessariamente dovranno essere introdotti nella programmazione dei servizi e delle politiche ai diversi livelli di governo in conseguenza della crisi legata all’emergenza COVID-19.

I concetti di sviluppo sostenibile e in particolare di sostenibilità sociale si prestano molto bene infatti ad una nuova visione, riformulata sulla base dei principi e sulle metriche proprie dell’Agenda 2030, della programmazione zonale. Traendo spunto dall’analisi critica realizzata da ASVIS, che ha letto la Legge di bilancio 2020 alla luce degli obiettivi di sviluppo sostenibile, una strada che si potrebbe ipotizzare di percorrere nel prossimo futuro è quella di costruire un modello di valutazione della programmazione zonale in chiave di sostenibilità andando a delineare delle linee programmatiche che abbiamo quali criteri di riferimento, proprio quelli di una crescita equa, sostenibile, verde, volta a promuovere il benessere dei cittadini. La programmazione zonale, che dovrebbe, già ora essere orientata allo sviluppo del benessere delle comunità locali, si presta molto bene ad una lettura integrata, sebbene a tutt’oggi sia generalmente esclusivamente focalizzata sulle dimensioni della programmazione socio sanitaria.

 

La drammatica crisi economica e sociale legata all’emergenza Covid-19 e le ripercussioni che avrà sull’intero sistema dei servizi sociali, sanitari, sul mondo del lavoro e su quello delle imprese, e probabilmente su qualsiasi dimensione del nostro vivere, richiede fin da ora di porsi in una ottica completamente nuova. Sarà probabilmente necessario rivoluzionare l’intero approccio al sistema dei servizi. Il tema della sostenibilità sociale delle azioni da intraprendere per l’uscita dal tunnel, in un periodo di probabile aumento di bisogni e diminuzione delle risorse pubbliche, potrebbe diventare il punto di riferimento, anche per evitare anacronistiche derive assistenzialistiche.  In questo contesto la carenza di risorse renderà sempre più necessario promuovere il coordinamento tra le politiche, provando a re-immaginare le politiche “settoriali” perchè possano mutualmente contribuire al raggiungimento di tutti gli aspetti rilevanti della sostenibilità, attraverso l’identificazione di sinergie e un uso più efficiente delle risorse.