Dopo una lunga fase di gestazione, con la DGR n. 620 del 18 maggio 2020 e il Decreto Dirigenziale n.17624 del 23 ottobre dello stesso anno, la Toscana ha recepito quanto previsto dagli Accordi Stato-Regioni e Provincie Autonome del 2013 e del 20151 e istituito i “tirocini di orientamento, formazione e inserimento/reinserimento finalizzati all’inclusione sociale all’autonomia delle persone ed alla riabilitazione”.
Fino a quel momento, le principali attività educative e formative che i cittadini toscani più fragili potevano svolgere all’esterno dei propri contesti di riferimento (famiglia, associazione di volontariato, centro diurno, laboratorio, ecc.) erano gli inserimenti di carattere socioterapeutico e i tirocini extracurriculari2. I primi dedicati essenzialmente a soggetti con un bisogno prevalente di tipo terapeutico e riabilitativo in carico all’AUSL e ai servizi specialistici, i secondi a coloro considerati meno lontani dal mondo del lavoro e maggiormente abili e pronti a entrarvi, seppur in punta di piedi. Questa necessaria semplificazione si ripercuoteva sulla rappresentazione delle categorie del “si può fare”, quasi ci fossero due “poli opposti” delle opportunità per sviluppare relazioni ed apprendere competenze, di carattere più marcatamente sociale piuttosto che professionale. Una dicotomia che portava con sé la difficoltà a conciliare l’offerta che i servizi potevano mettere a disposizione con la complessità dei vissuti delle persone in carico, tanto che spesso succedeva che assistenti sociali e operatori dovessero ricorrere a questi strumenti, anche quando non del tutto appropriati, “pur di far svolgere un’attività”.
L’introduzione di questa nuova fattispecie di tirocini colma un gap significativo e va incontro alle esigenze del sistema dei servizi sociali, sociosanitari e, in un certo senso, indirettamente anche del lavoro poiché, come dichiarato fin dal primo articolo delle Disposizioni allegate alla DGR 620/2020, “costituiscono una misura di attivazione sociale, espressamente finalizzata a sostenere processi di empowerment e autonomia a livello personale, familiare e sociale […] in favore delle persone prese in carico dal servizio sociale professionale o dai servizi sanitari competenti che necessitano di percorsi personalizzati di valutazione, consulenza, orientamento ai fini dell’inclusione socio-lavorativa e dell’acquisizione di autonomia personale”.
Aver fornito agli Ambiti territoriali una cornice regolamentativa e prescrittiva di riferimento ha contribuito a dotarli di elementi interpretativi chiari e omogenei. Infatti, le Disposizioni richiamate non trattano soltanto aspetti d’inquadramento concettuale e indicazioni organizzative a cui attenersi, ma forniscono i modelli di Convenzione di tirocinio che regola i rapporti tra soggetto promotore, soggetto ospitante ed Ente che ha in carico la persona, di Progetto personalizzato che deve essere sottoscritto, oltre che dai soggetti citati, anche dal tirocinante, e di Relazione finale che attesta i risultati conseguiti in termini di competenze (anche trasversali) acquisite e di valutazione del case manager, e che potrà costituire “documentazione utile nell’ambito dei servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze”3. Tutti devono attenersi a queste Disposizioni che spiegano la natura e i criteri di calcolo4 dell’indennità di partecipazione “che costituisce un sostegno di natura economica […] di importo non superiore a 500 euro mensili, calcolata sulla base delle ore realmente effettuate il cui importo orario onnicomprensivo è pari ad euro 4,00” e che “dal punto di vista fiscale l’indennità corrisposta al tirocinante è considerata quale reddito assimilato a quelli di lavoro dipendente”5 non rientrando “nella categoria di sussidi corrisposti a titolo assistenziale” e affermano chiaramente che i tirocini “non sono configurabili come rapporti di lavoro” pur necessitando delle comunicazioni obbligatorie e dell’Unilav da parte dei soggetti ospitanti, né possono essere utilizzati “per sostituire i contratti a termine, per sostituire il personale nei periodi di malattia, maternità o ferie o per ricoprire ruoli necessari all’interno della propria organizzazione” e che possono essere registrati dal Centro per l’Impiego nel libretto formativo del cittadino che ne fa richiesta.
All’interno del rassicurante perimetro metodologico rappresentato dalle Disposizioni citate, si ritrovano chiavi di lettura che aiutano a comprendere la portata innovativa di questo strumento e i principali motivi per i quali si è diffuso celermente, sviluppandosi con l’alimentarsi della collaborazione tra servizi, ETS maturi e soggetti disponibili ad offrire opportunità inclusive e di ripartenza ai tirocinanti.
E infatti, se è vero che la finalità principale dei tirocini d’inclusione è quella di personalizzare il più possibile tali percorsi, viene da chiedersi ancora una volta chi ne siano i destinatari. Ebbene, sono tutti coloro in carico ai servizi sociali e sanitari, residenti o dimoranti in Toscana6, tra cui anche determinati gruppi target che finora erano rimasti spesso esclusi da interventi così specifici, tra cui ad es. minori di età superiore a sedici anni, anche stranieri non accompagnati. La strategia universalistica della Regione Toscana non incasella categorie precostituite di cittadini e cittadine legandole esclusivamente a determinate opportunità, ma anzi le rende accessibili alla molteplicità di profili, bisogni, storie, competenze e contesti che trovano una sintesi appropriata nel Percorso Assistenziale Personalizzato (PAP).
Nel PAP sono descritti gli obiettivi raggiungibili e monitorabili nel tempo, con quelle sfumature che possono portare il servizio titolare della presa in carico a valutare, tra i vari interventi possibili, di attivare un tirocinio d’inclusione “in risposta a bisogni complessi che richiedono interventi integrati […] in rete con le risorse e i servizi pubblici e privati del territorio, per l’accompagnamento verso l’autonomia.”
Le motivazioni per le quali viene deciso di costruire un intervento talmente personalizzato quale un tirocinio d’inclusione, che potrebbe essere rivolto a persone portatrici non solo di svantaggio socioeconomico, ma anche disabilità di varia natura e gravità, vengono addirittura dettagliate nel Progetto personalizzato, dove è necessario specificare:
- Bisogni/esigenze in relazione al contesto specifico (personale, familiare, sociale);
- Fabbisogno specifico in relazione alle potenziali capacità di inserimento lavorativo;
- Obiettivi di inclusione sociale e di autonomia indicati nel PAP;
- Attività previste per l’acquisizione delle competenze socio-relazionali;
- Obiettivi d’inclusione/abilitazione-riabilitazione.
La cura e le attenzioni prestate alla complessità dei bisogni e dei contesti, così come alle potenziali capacità di attivare processi inclusivi e abilitanti, si riverberano in molti elementi di carattere tecnico ed organizzativo che identificano i tirocini d’inclusione, rivelando la comprensione di alcuni principi fondamentali, tra cui:
- Durata. Determinati processi non possono realizzarsi nel breve periodo, ma anzi necessitano di tempo e pazienza; la durata massima dei tirocini d’inclusione è 24 mesi, prorogabile di altri 12;
- Ore settimanali. È lo strumento del tirocinio che si deve adattare alle caratteristiche e ai bisogni della persona e non viceversa; infatti, non è previsto un minimo di ore settimanali di frequenza per poter considerare “valida” l’esperienza di tirocinio;
- Soggetti coinvolti. L’esperienza è tanto più positiva se ciascun attore della rete svolge la propria parte perseguendo la propria mission e rendendosi disponibile a collaborare con gli altri, rispettandone specificità e competenze. Vengono chiariti ruoli e compiti dei soggetti promotore, titolare della funzione di presa in carico, attuatore e ospitante. Affermare che “il tirocinio può essere realizzato anche nel caso in cui il tirocinante abbia avuto precedenti rapporti di lavoro con il soggetto ospitante” significa riconoscere che le persone possono aver bisogno di questa esperienza in fasi particolarmente difficili della propria vita o di ripartenza, in cui la priorità può essere data non tanto all’acquisizione di competenze professionali, ma sociali, secondo logiche proprie dei processi di empowerment più approfonditi, in cui è fondamentale ritrovare senso, fiducia, ruolo sociale, ecc;
- Figure. Il tirocinante ha bisogno di vicinanza, ascolto, accompagnamento e sostegno. È prevista la figura del case manager dell’ente che ha in carico il tirocinante, quale figura di riferimento che presta attenzione all’accuratezza dello scouting nella ricerca del soggetto ospitante più idoneo e pratica forme di tutoraggio, tenuta delle relazioni e della documentazione. Il tutor aziendale “in possesso delle esperienze e competenze professionali adeguate, per garantire il raggiungimento degli obiettivi e la valutazione del tirocinio” presta attenzione anche ai tempi e alle dinamiche dell’inserimento del tirocinante nel contesto aziendale, cercando di favorire l’instaurazione di un clima sereno ed accogliente;
- Indennità di partecipazione e obblighi assicurativi. Dalla condivisione degli obiettivi scaturisce quell’unitarietà d’intenti che può dar vita a molteplici possibilità di garantire la corretta e puntuale erogazione delle indennità economiche e l’adeguata copertura assicurativa, nel rispetto della sicurezza e della dignità delle persone. Infatti, nel modello di Convenzione predisposto da Regione Toscana, si chiede di indicare di volta in volta per ciascun tirocinio, quale soggetto si accollerà una o entrambe tali responsabilità e spese tra promotore, ospitante e titolare della presa in carico, oppure anche altro soggetto adeguatamente identificato.
Inoltre, anche solamente leggendo il titolo di alcuni articoli, come “Presa in carico e gestione integrata dei servizi sociali e dei servizi per l’Impiego” e “Tutoraggio e funzioni di case manager”, si comprende come la DGR 620/2020 abbia rappresentato un contributo di grande rilevanza alle pratiche dei servizi sociali e sanitari in materia di inclusione e promozione del protagonismo attivo delle persone in carico, il cui impatto è andato crescendo in itinere. Eppure, sebbene i tirocini d’inclusione siano stati introdotti in Toscana in piena pandemia, l’approccio metodologico che li caratterizza può essere considerato anticipatorio di quanto sarebbe poi maturato con la DGR 544 del 2023 sulle “Linee guida dell’equipe multidisciplinare”, poiché contengono già gli elementi fondanti della valutazione multidimensionale e della gestione integrata proposti col SIIL – Servizio Integrato Inclusione e Lavoro.
Questo è stato reso possibile dall’intensa attività che ha vivacizzato i tre anni trascorsi tra le Delibere, che sono stati ricchi di confronti tra servizi ed ETS, che in alcuni casi hanno anche dato vita sui territori a percorsi formativi, di dialogo e costruzione di prassi operative tra istituzioni ed enti gestori. Un contributo decisivo è stato dato dalla stessa Regione Toscana, che ha sostenuto la diffusione dello strumento richiedendone l’applicazione in alcuni Avvisi finalizzati all’accompagnamento al lavoro di persone svantaggiate, con disabilità e fragili, oltre che invitando a utilizzarlo nell’ambito di equipe multidisciplinari.
A distanza di quattro anni dalla loro introduzione, può essere affermato che i tirocini d’inclusione rappresentano un tassello fondamentale della più ampia filiera delle opportunità integrate tra azioni e misure per “l’inclusione sociale, l’autonomia delle persone e la riabilitazione”.
- Accordo sul documento denominato “Linee-guida in materia di tirocini”, sancito in sede di Conferenza Permanente il 24 gennaio 2013; Accordo del 22 gennaio 2015 sul documento denominato “Linee-guida per i tirocini di orientamento, formazione e inserimento/reinserimento finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione”.
- Regolamento dell’A.USL Toscana Centro per gli Inserimenti Socio-Terapeutici in ambiente di lavoro, adottato con Delibera 1.385 del 25 novembre 2020; L.R. 32/2002 “Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro “e ss.mm. ii e i relativi regolamenti attuativi.
- Regolamento regionale 47/R del 2003.
- Nella Nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.16631 del 3 ottobre 2024 “Partecipazione a tirocini di inclusione sociale di beneficiari dell’Assegno di Inclusione e di nuclei e individui in simili condizioni economiche” si presentano le differenze tra i tirocini di formazione e orientamento, non curriculari, e quelli di inclusione (TIS), le cui indennità non incidono sul reddito calcolato per verificare il diritto all’ADI.
- Ai sensi dell’art. 50 del D.P.R. n. 917/1986 TUIR.
- Ai sensi della L.R.41/2005.