Immigrazione e previdenza

È vero che gli stranieri pagano le pensioni degli italiani?


Franco Pesaresi | 15 Gennaio 2018

Gli immigrati stranieri sono importanti per il nostro sistema previdenziale?

Gli stranieri pensionati in realtà sono pochi. Su 16 milioni di pensionati, gli stranieri sono circa 130.000 meno dell’1% del totale, per una spesa complessiva di circa 700 milioni di euro (2015). Di queste, 80.000 sono pensioni di tipo contributivo mentre 50.000 sono di tipo assistenziale.  Per quel che riguarda invece i contributi previdenziali occorre rammentare che i 2,4 milioni di lavoratori stranieri versano all’Inps oltre 10,9 miliardi di euro l’anno (Di Pasquale et al, 2017, Filomena, 2016). Nel momento attuale, dunque, gli stranieri danno un grande beneficio al sistema previdenziale, utile per il pagamento delle pensioni attuali per tutta la popolazione anziana.

La spiegazione di questo risultato è nota. Innanzitutto gli stranieri sono giovani, quindi lavoreranno a lungo e verseranno parecchi contributi prima di arrivare al momento in cui riceveranno la pensione. L’età media degli stranieri è di 33 anni a fronte di una età media degli italiani di 45 anni. Come è noto, la sostenibilità dei sistemi pensionistici dipende in modo molto significativo dalla demografia. L’arrivo di stranieri, generalmente giovani e in età attiva per il lavoro, modifica la struttura per età della popolazione influendo positivamente sui bilanci dei sistemi previdenziali dato che la bassa età media degli stranieri per alcuni decenni ancora farà si che i contributi versati annualmente saranno superiori alle pensioni percepite dagli stessi stranieri.  Inoltre, solo una parte del totale degli immigrati rimane nel nostro paese fino all’età in cui maturano la pensione. Molti lasciano il nostro paese prima di maturare i requisiti minimi per ottenere la pensione. Altri, addirittura, partono senza farne richiesta anche dopo averli maturati. Naturalmente, nel tempo la situazione si modificherà gradualmente in modo inverso fino a far diventare neutra, nel lungo periodo, la differenza fra contributi versati e pensioni erogate.

 

Le pensioni pagate all’estero

Sono poche le pensioni pagate  all’estero a stranieri residenti in Asia (1.044),  in Africa (666) e in America latina (11.425) che dopo aver lavorato in Italia hanno deciso tornare nel loro paese. La spesa annua è di circa 128 milioni, ma in prospettiva questi numeri sono destinati ad aumentare anche se è difficile stimarne l’andamento dato che dipenderà dalla propensione futura degli stranieri che oggi vivono in Italia  a ritornare nei paesi d’origine.

 

Le simulazioni dell’INPS

L’INPS ha recentemente fatto una simulazione per cercare di misurare il peso degli stranieri nel sistema previdenziale. Nella prima parte della simulazione l’INPS ha calcolato l’effetto della chiusura totale delle nostre frontiere e nella seconda parte ha calcolato il contributo al sistema pensionistico che viene oggi fornito dagli immigrati che lavorano e che sono invece arrivati negli anni scorsi.

La prima parte della simulazione ipotizza che non arrivino più nuovi immigrati rispetto ad un flusso medio degli anni precedenti di 140.000 stranieri annui. Si tratta di un’ipotesi estrema che serve però ad evidenziare in maniera chiara l’impatto  sui conti del sistema pensionistico italiano che potrebbero derivare dalla chiusura totale delle nostre frontiere per tutti gli anni futuri. Nel suo Rapporto annuale 2017, l’INPS ha evidenziato che, in questa ipotesi, si registrerebbero dei saldi netti finanziari negativi via via crescenti fino a raggiungere, nel 2040, un saldo negativo di 37,5 miliardi. Il risultato sarebbe il frutto di minori entrate per contributi previdenziali cumulate pari a 72,6 miliardi di euro e di minori oneri per prestazioni previdenziali pari a 35,1 miliardi di euro alla fine del periodo di previsione. Il saldo negativo corrisponderebbe mediamente a 1,7 miliardi per ciascuno dei 22 anni considerati.

L’INPS provvede inoltre a  calcolare il contributo  netto complessivo degli stranieri che sono entrati in passato nel nostro paese e si sono progressivamente integrati nel nostro mercato del lavoro. Il calcolo è stato fatto sui 5.966.234 lavoratori stranieri che risultano negli archivi INPS e che, a fine 2016, non sono ancora percettori di prestazioni previdenziali. La stima della contribuzione effettivamente versata nel periodo 1960-2016 dai lavoratori migranti che appartengono alla platea assicurata dall’INPS si colloca, a seconda delle ipotesi sul rendimento dei contributi, tra un minimo di 181,1 miliardi e un massimo di 241,2 miliardi. A fronte di questa contribuzione i lavoratori stranieri hanno maturato un valore attuale delle prestazioni pensionistiche pari a 144,6 miliardi. Pertanto il contributo netto nel lungo periodo che i lavoratori stranieri stanno offrendo al sistema previdenziale italiano è di 36,5 miliardi di euro che potrebbe arrivare a 96 miliardi con una diversa ipotesi sul rendimento dei contributi (INPS, 2017). Le stime dell’INPS evidenziano dunque  come il valore economico dei versamenti contributivi effettuati  dai lavoratori stranieri che attualmente risultano occupati o che lo sono stati sia maggiore dei trattamenti pensionistici che saranno loro riconosciuti. Una parte di questo saldo positivo si deve ai contributi persi dagli immigrati. Infatti, le norme sul sistema previdenziale contributivo o misto richiedono un numero minimo di anni di contributi per accedere a qualunque trattamento previdenziale che non tutti gli stranieri  riescono a raggiungere. Gli immigrati che sono arrivati in Italia in età matura e soprattutto quelli che rientrano nel paese di origine per ragioni lavorative o familiari possono fallire questo traguardo o mancare in altri adempimenti obbligatori (come presentare la domanda di pensionamento) (Di Pasquale et al., 2017). In base a questi elementi, la “Relazione annuale del presidente INPS” del 2016 calcola che ogni anno gli immigrati abbiano lasciato nelle casse dell’Istituto circa 300 milioni di euro di contributi versati, per prestazioni cui avrebbero avuto diritto se fossero rimasti in Italia.

E’ opportuno sottolineare che nel calcolo del contributo netto positivo degli stranieri, realizzato dal Rapporto INPS,  non si fa cenno alle stime delle uscite per i trattamenti assistenziali INPS per coloro che non riusciranno a raggiungere una anzianità retributiva sufficiente. Trattamenti che non sono in grado di annullare i vantaggi finanziari per l’INPS che derivano dal lavoro degli immigrati ma sono in grado di ridurli.

 

Il peso delle prestazioni assistenziali dell’INPS

Di diversa opinione il prof. Gian Carlo Blangiardo, ordinario di demografia all’università Milano Bicocca, che in un’intervista ha affermato che è indubbia la necessità di avere bisogno ogni anno di un certo numero di nuovi lavoratori che versino contributi previdenziali. Ma non necessariamente devono essere stranieri, potrebbero anche essere donne o giovani italiani, per citare due categorie il cui tasso di partecipazione al mercato del lavoro è basso. Inoltre, a partire dal 2030 – spiega Blangiardo – avremo numerose persone non nate in Italia che raggiungeranno l’età per andare in pensione. Parliamo di circa 200.000 persone all’anno nati altrove e invecchiati qui,  molti dei quali si sono regolarizzati in età avanzata anche a quaranta anni (per esempio le badanti) spesso dopo aver fatto un certo periodo in nero. Succederà quindi che queste persone avranno diritto alla pensione, ma i loro assegni saranno così bassi da richiedere, in una certa quota, da dover essere integrati dalla fiscalità generale (Blangiardo, 2017).

 

Conclusioni

Il basso impatto sulla spesa pensionistica degli stranieri permette di affermare che il rapporto immigrati/previdenza è particolarmente vantaggioso per il sistema previdenziale,  almeno finché la distribuzione per età della popolazione straniera rimarrà simile a quella attuale.

Tuttavia, tale situazione è destinata a mutare nel tempo sia pure nel lungo periodo insieme alla crescita dei trattamenti assistenziali dell’INPS che, trascurati nelle proiezioni dell’Istituto previdenziale, sono destinati a crescere nel tempo in modo più che proporzionale tenendo conto dei percorsi lavorativi non sempre regolari degli immigrati.

L’effetto complessivo del percorso lavorativo degli stranieri (spesso iniziato tardi e con periodi di lavoro in nero), lo stipendio che è mediamente più basso del 25% di quello degli italiani e  l’applicazione del metodo contributivo determineranno delle pensioni molto basse per gli stranieri che andranno, in quote significative,   ad aumentare le schiere dei poveri a partire soprattutto dal 2030.