Inclusione e lavoro: buone pratiche fra CpI e SSP dell’Ambito Pratese
Francesco Di MariaNoemi Imprescia | 3 Dicembre 2021
La multidimensionalità della povertà, ora più che mai, rende necessaria un’integrazione tra politiche, interventi e settori diversi. Vediamo insieme come si è sviluppata e si sta consolidando la rete tra servizi sociali e servizi per l’impiego, per la presa in carico e l’accompagnamento delle famiglie nella zona del Pratese. L’esperienza, preceduta da quella dell’Ambito di Livorno, della Piana di Lucca e dell’Ambito Valdarno Aretino, è stata presentata nell’ambito della Comunità di Pratica sull’inclusione sociale in Regione Toscana, che dal 2020 si propone di stimolare il confronto e lo scambio di pratiche tra territori nel sostegno delle fragilità.
La relazione di collaborazione fra i due servizi
Nell’Ambito della SdS dell’Area Pratese, i rapporti tra i Servizi sociali professionali (SSP) e il Centro per l’Impiego (CpI) si sono consolidati attraverso una relazione continua, formatasi e rafforzatasi nel corso degli anni, anche grazie alla disponibilità dei singoli operatori. L’esigenza di costruire una progettualità personalizzata che tenesse conto di una visione olistica della persona, sia rispetto ai bisogni lavorativi sia rispetto alle difficoltà economico-sociali, ha portato gli enti territoriali a riconoscere il valore di una pratica di lavoro integrata. Ciascun ente ha messo in campo le risorse e messo in gioco le rispettive competenze e professionalità. Questo approccio inclusivo ha favorito il superamento di una modalità di lavoro a compartimenti stagni (ossia alla tendenza secondo la quale le problematiche legate all’aspetto lavorativo siano solo di competenza del CpI e le problematiche economico-sociali solo di competenza dei Servizi sociali) al fine di dare al cittadino risposte appropriate e condivise.
I primi incontri, tra operatori del CpI e assistenti sociali, risalgono a circa 15 anni fa ed erano finalizzati a interventi comuni rivolti ai cittadini in situazione di svantaggio sociale. Gli operatori del CpI si recavano periodicamente presso i Comuni dell’Ambito per discutere sui singoli casi con gli assistenti sociali; da tale pratica operativa sono scaturiti tra CpI, Servizi sociali comunali e ASL diversi protocolli di intesa, legati in particolare alle problematiche dello svantaggio socio-economico. La vera svolta è però avvenuta con l’introduzione delle misure universali di contrasto alla povertà (SIA/REI) e delle linee guida ministeriali che prevedono per gli Ambiti territoriali la valutazione multidimensionale e integrata dei bisogni e l’attivazione di equipe multiprofessionali (EM). L’obiettivo è quello di dare risposte integrate ai bisogni di tutta la famiglia, direttamente coinvolta nei momenti di confronto tra professionisti.
Oltre a ciò le progettualità regionali in favore dei cittadini di paesi terzi (Teams- Tuscany Empowerment Actions for Migrants System) hanno favorito lo sviluppo di punti di accesso unitari e integrati con gli altri servizi della rete territoriali tra cui il CpI. L’Ambito Pratese ha colto così l’occasione per rafforzare ancora di più la collaborazione tra ambito sociale e lavorativo, realizzando un flusso virtuoso di invii fra CpI e Servizio sociale professionale attraverso il rafforzamento del primo livello di accesso, il Punto Unico di Accesso (PUA) e il Segretariato Sociale. Il Comune di Prato ha, ulteriormente, favorito l’organizzazione di un unico punto di accesso di primo livello dedicato a tutta la cittadinanza, indipendentemente dal paese di provenienza, in condizione di vulnerabilità e svantaggio. Nello specifico, il PUA, attraverso operatori dedicati e assistenti sociali, prenota appuntamenti settimanali verso il CpI, che a sua volta, dopo un primo orientamento, prende in carico il caso e re-invia l’informazione ai servizi territoriali per la realizzazione, se necessario, di una presa in carico integrata da parte dei Servizi sociali professionali, anche avvalendosi della EM.
Per facilitare la cooperazione tra gli enti, inizialmente sono stati creati dei verbali di condivisione progettuale, firmati da tutte le parti coinvolte. Solo in tempi recenti sono stati introdotti strumenti di invio/segnalazione tra Servizi sociali e CpI, e strumenti di feedback (schede di profilazione) delle azioni intraprese. La scheda di invio raccoglie informazioni preliminari (a titolo esemplificativo: precedenti contatti con i servizi, bisogni emergenti, etc.), nonché una serie di altre informazioni dettagliate riguardanti l’esperienza lavorativa pregressa, il livello di istruzione ed eventuali impedimenti alla ricerca autonoma di un impiego. La scheda di esito riporta invece informazioni aggiuntive da parte del CpI, oltre alla descrizione delle azioni attivate e dell’esito del percorso.
La rete dei servizi di inclusione socio-lavorativa
Il fulcro della rete è rappresentato dall’attività dell’equipe multidisciplinare “partecipata” che si riunisce nella sede della SdS dell’area Pratese e prevede il coinvolgimento, in presenza oppure online, degli operatori del CpI, dell’assistente sociale titolare del caso e del beneficiario/nucleo familiare, oltre ad eventuali ulteriori stakeholder coinvolti. Per agevolare questi incontri, il coordinatore della EM invia ai servizi le informazioni preliminari necessarie per la discussione in equipe, attraverso un elenco nominativo. L’alimentazione di questo elenco avviene sia attraverso le schede di esito sia – quando si tratta di percettore di Reddito di Cittadinanza – attraverso le informazioni raccolte in occasione dell’analisi preliminare. Riepilogando, nella EM approdano una molteplicità di casi per una molteplicità altrettanto variegata di percorsi (per esempio: beneficiari RdC con esito da Servizi sociali verso CpI e viceversa, beneficiari di percorsi ordinari di accesso ai servizi, etc.).
La pandemia da Covid-19 ha dimostrato come anche la buona organizzazione di un servizio possa rischiare di essere interrotta. Nel caso dell’Ambito Pratese, le difficoltà incontrate ed affrontate sono state numerose. Sia i servizi sia i cittadini non disponevano di una sufficiente competenza nell’utilizzo delle tecnologie digitali. Ciononostante, è stato possibile assicurare la continuità delle azioni, seppure con le necessarie restrizioni, grazie alla collaborazione della rete, già consolidata nella conoscenza reciproca e della pratica di lavoro condivisa fra i partecipanti.
La presa in carico dei beneficiari e delle loro famiglie
I nuclei familiari coinvolti nella presa in carico, sia beneficiari delle misure di contrasto alla povertà che non, sono in maggioranza ciò che si definisce “multiproblematici”. Da un punto di vista lavorativo sono spesso nuclei a bassissimo livello di scolarizzazione, con competenze nulle (alcuni non hanno mai lavorato) o del tutto obsolete. Talvolta i beneficiari presentano un approccio estremamente negativo nei confronti dei servizi, approccio in cui spesso prevalgono i diritti piuttosto che i doveri (per esempio: seguire un percorso di accompagnamento ed orientamento, pensare alle possibili offerte formative, dedicarsi con metodo alla ricerca attiva del lavoro). Risulta quindi evidente l’importanza strategica della fase di orientamento delle persone ed il loro coinvolgimento diretto nella discussione del loro caso che avviene in equipe, alla presenza di tutti gli attori coinvolti.
Punti di forza e criticità del lavoro di rete
I principali successi e obiettivi raggiunti nella costruzione della collaborazione tra CpI e Servizi sociali territoriali riguardano la capacità di mettere a sistema una modalità operativa sentita dagli operatori come necessaria per una progettualità comune verso le persone, e la possibilità di dotarsi di un linguaggio condiviso e di strumenti comuni in grado di verificare i risultati ottenuti dalle prese in carico.
Le difficoltà che i servizi territoriali incontrano emergono solo se si fa anche un attento lavoro di monitoraggio degli esiti dei percorsi avviati attraverso le progettualità sopra descritte. Non è sufficiente discutere e individuare i problemi complessi, e ipotizzare dei percorsi di cambiamento, se non si verificano anche periodicamente gli stati di avanzamento. Il lavoro di rete richiederebbe un costante impegno sia sul fronte della presa in carico di nuove progettualità sia nel proseguire e valutare i percorsi avviati. La mole di lavoro che ne scaturisce viene tendenzialmente sottovalutata.
Un altro elemento di criticità riguarda il fatto che le imprese vengono coinvolte da parte del CpI nel caso di azioni di inserimento lavorativo (tirocini, formazione on the job, avviamenti al lavoro) e/o da parte dei Servizi sociali nel caso di azioni di accompagnamento al lavoro (borse lavoro, stage), senza però essere al corrente delle attività di sistema tra i due servizi. Ne consegue che collaborazioni su singoli percorsi si esauriscono con essi e non contribuiscono allo sviluppo generale della rete dei servizi di inclusione socio-lavorativa. Potrebbe essere utile una riflessione congiunta sul coinvolgimento delle imprese, attraverso le loro organizzazioni di rappresentanza, nella rete dei servizi in senso lato, al fine di migliorare il sistema di incontro fra domanda e offerta di lavoro, anche esso integrato ed inclusivo.